Il 10 giugno 1940, mentre Benito Mussolini annuncia che l’Italia fascista ha dichiarato guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, un provvedimento specifico vieta di ballare in pubblico e procede alla chiusura dei locali notturni. Da tempo, nel suo processo di normalizzazione della cultura e dello spettacolo, il regime fascista alterna provvedimenti durissimi a momenti di liberalizzazione di fatto. Più si stringono i rapporti con la Germania nazista e maggiori si fanno le restrizioni alla libertà di espressione, non solo in campo musicale. Dopo la promulgazione delle famigerate leggi razziali si è assistito a un progressivo giro di vite contro tutto ciò che può essere occasione di scambio di idee o che appare, sia pur velatamente, "straniero". La dichiarazione di guerra peggiora ancora la situazione. Un bando apposito comunica agli italiani che la "musica americana" o anche solo "d’ispirazione americana" debba intendersi categoricamente proibita. Dopo gli autori di origine ebrea vengono anche il jazz viene cancellato, nonostante uno dei figli di Mussolini, Romano, riscuota la stima dei musicisti che lo considerano uno dei più promettenti esponenti del genere. Di fronte all'attacco inizia la resistenza. Con fantasia e genialità c’è chi aggira i divieti, spesso rischiando la carriera e, in qualche caso, la vita stessa. Uno dei personaggi più singolari del periodo fascista è il jazzista Luigi Redaelli che, con lo pseudonimo di Pippo Starnazza, se ne frega dei divieti e continua a cantare in un inglese strampalato e inventato riproponendo al pubblico classici proibiti come Dinah, Sweet Sue o St. Louis blues. Lo fa giocando sull'ironia. Con una buffa voce da nero americano, un inglese maccheronico con un forte accento milanese e le smorfie della sua faccia di gomma confonde le idee della censura provinciale e ignorante dell’italietta fascista che vede in lui più una macchietta che un grande batterista jazz quale egli è. Si costruisce un personaggio unico come la grancassa della sua batteria, sulla quale sono dipinti un buffo ritratto e lo scudetto dell’Inter. Al di là degli aspetti più coloriti, il suo lavoro resta un momento di resistenza importante perché, oltre a mantenere in vita un genere musicale che si vuol cancellare, dà la possibilità a vari strumentisti di continuare a lavorare nonostante la censura.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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