Il 7 luglio 1901 a Sora, una cittadina che all’epoca è in provincia di Caserta e oggi in quella di Frosinone nasce Vittorio De Sica. Per ragioni di studio si trasferisce a Napoli, città cui resterà per sempre legato da grande affetto. Il suo esordio nel cinema avviene nel 1918 quando interpreta una parte di secondo piano nel film “Il processo Clémenceau”. Nel 1924, conclusi gli studi, decide di dedicarsi a tempo pieno al teatro specializzandosi nel personaggio del giovanotto brillante e scanzonato. Parallelamente all’attività teatrale continua a frequentare i set cinematografici e dopo una serie di film minori arriva al successo nel 1932 con “Gli uomini, che mascalzoni...”, un film di Mario Camerini nel quale canta Parlami d'amore Mariù, il primo successo come cantante della sua carriera. In breve tempo diventa il primo vero divo italiano del cinema sonoro grazie a una fortunata serie di commedie sentimentali. Anche sul piano musicale centra una lunga serie di successi con brani come Ludovico, Tu solamente tu, Dicevo al cuore, Dammi un bacio e ti dico di sì e Allegro yankee. Nel 1943 dirige “I bambini ci guardano”, il film che segna l’inizio della sua collaborazione con lo sceneggiatore Cesare Zavattini. La storia anticipa le novità tecniche e tematiche della sua produzione successiva. Nel dopoguerra realizzando due capolavori del neorealismo: “Sciuscià” del 1946 e “Ladri di biciclette” del 1948, entrambi premiati con l’Oscar. Nonostante gli impegni cinematografici non abbandona mai del tutto la musica leggera. Tre anni prima della sua morte, avvenuta nel 1974 a Parigi realizza l’album De Sica anni Trenta in collaborazione con il figlio Manuel. Attore e regista di grande talento Vittorio De Sica ha lasciato un segno chiaro anche nella storia della canzone italiana. Il suo primo grande successo come cantante arriva all’inizio degli anni Trenta con Parlami d’amore Mariù. È proprio in quel periodo che una parte della critica italiana inizia a paragonarlo al grande Maurice Chevalier, uno dei grandi protagonisti dello spettacolo internazionale. Il giovane De Sica mostra però di non apprezzare particolarmente il paragone e nel 1936 approfitta di un’intervista per farlo sapere a tutti: «Mi si chiama in giro lo Chevalier italiano. Si tratta di un ingiusto battesimo al quale mi ribello per infinite ragioni…». Espone le differenze tra lui e lo chansonnier francese e alla fine spiega quale sia la canzone principale: lui non si ritiene un semplice cantante ma «…un autore drammatico che per proprio diletto, prima che per altrui, canta anche canzoni…». Nonostante l’atteggiamento personale un po’ scontroso nei confronti della canzone, negli anni Trenta Vittorio De Sica è uno dei protagonisti più importanti e di maggior successo della scena musicale italiana come dimostra il numero notevole di suoi dischi a 78 giri pubblicati dalla Columbia. Nel 1932 sono cinque, salgono a ventisei nel catalogo della stessa etichetta del 1934 e raddoppiano ancora in quello del 1942. La casa discografica non dà troppo retta alle sue prese di distanza dalla canzone e ne sfrutta fino in fondo la popolarità e il talento. L’unica concessione alla sua richiesta di non essere confuso con gli altri cantanti è nella presentazione sulle pagine dei cataloghi della casa discografica dove viene descritto con questa frase un po’ contorta: «L’aristocratico artista della scena di prosa che ha dimostrato brillantemente come si possa fare dell’arte anche fuori dalla ribalta».
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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