Il 21 agosto 1930 nasce ad Aix-les-Bains, in Francia, Christiane Legrand, una delle più importanti voci femminili del jazz europeo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. La sua è una famiglia destinata a lasciare più d'una traccia nella storia musicale del Novecento. Il padre, infatti, è il clarinettista, sassofonista e compositore Raymond Legrand, mentre il fratello minore, il pianista Michel Legrand, otterrà uno straordinario successo sia come strumentista e compositore jazz che come autore e interprete di musiche e brani per il cinema. Chiusa tra i due talenti della famiglia Christiane fatica non poco a imporsi in un ambiente chiuso e un po' maschilista come la scena jazz francese degli anni Cinquanta. Dopo gli studi di piano non si rassegna alla carriera dell'insegnamento. A partire dal 1954 inizia a cantare in varie band, comprese quelle del fratellino. Contemporaneamente, nel 1955, trova ospitalità in un gruppo vocale considerato all'avanguardia per l'epoca. Sono i Blue Stars. Successivamente cambieranno nome in Double-Six e finiranno per essere osannati dalla critica come il primo gruppo europeo capace di cimentarsi in un nuovo stile vocale basato sui virtuosismi e l'arte quasi surrealista dell'allitterazione. Sono gli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta e Christiane diventa una delle voci francesi più importanti di quel periodo. La sua popolarità non resta, però, confinata nei ristretti confini del jazz. Più volte spazia nel pop attraverso la porta del cinema. È sua la voce femminile che canta nel film "Les Parapluies de Cherbourg" di Jacques Demy, la cui colonna sonora porta la firma del "fratellino" Michel Legrand. L'avventura con i Double-Six finisce nel 1965. Per un po' si esibisce con Ward Swingle, ma poi lascia. Preferisce seguire da vicino i nuovi gruppi vocali che si ispirano allo stile che l'ha resa famosa. Muore il 1° novembre 2011. Del suo periodo con i Double Six resta una testimonianza straordinaria nell'album Dizzy Gillespie et Les Double-Six.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
21 agosto, 2018
17 agosto, 2018
17 agosto 1964 – You really got me
Il 17 agosto 1964 la Pye Records pubblica You really got me. Il brano sarà il primo grande successo dei Kinks, uno dei gruppi più spigolosi degli anni Sessanta che più di altri incarna lo spirito ribelle delle bande giovanili dell'epoca. La loro selvaggia irruenza sul palco piace ai Mods, ma è amata anche dai Rockers e verrà presa a esempio dai protagonisti del punk. I Kinks nascono, di fatto, nel 1962 intorno ai fratelli Davies, Ray e Dave soprannominati "Rock Brothers" per la mania di ascoltare i dischi ad altissimo volume. Entrambi chitarristi formano il primo nucleo della band con il batterista Mick Avory e il bassista Peter Quaife. Per un po' si fanno le ossa come gruppo d'accompagnamento del cantante Robert Wace, un onesto mestierante che diventerà il loro manager. La storia non va avanti per molto, perché alla fine del 1963 decidono di proseguire da soli. Notati dal produttore Shel Talmy ottengono il primo contratto discografico con la Pye Records e si mettono subito al lavoro in sala di registrazione. Nel mese di febbraio del 1964 pubblicano il loro primo singolo, una cover di Long tall Sally, il brano di Little Richard. Il disco passa quasi inosservato e non va meglio al successivo You do something to me. Decisi a non mollare i quattro lavorano all'idea di realizzare un brano che possa avere la stessa carica esplosiva delle loro esibizioni dal vivo. Nasce così You really got me. Nonostante sia già pronto alla fine della primavera la loro casa discografica prende tempo tentando di convincerli ad ammorbidirne l'impatto con un arrangiamento meno selvaggio e duro. Sono in molti a dubitare che quel selvaggio e grezzo miscuglio di rock urlato e blues nero possa interessare a un mercato che si sta ormai evolvendo in forme più raffinate, ma Ray Davies e i suoi compagni tengono duro. You really got me esce così com'è. In pochi mesi conquista i giovani di tutto il mondo e diventa uno dei più longevi brani della storia del rock.
05 agosto, 2018
5 agosto 1975 - Stevie Wonder, quel miliardario ragazzo del ghetto
C’è chi pensa sia una vergogna, chi invece sostiene che è la rivincita di un ragazzo nero non vedente contro il suo destino. In ogni caso la notizia è di quelle che sembrano nate apposta per far discutere. Il 5 agosto 1975 Stevie Wonder rinnova il contratto discografico con la Motown per sette anni. Per quel che riguarda l’entità finanziaria del contratto, non vengono emessi comunicati ufficiali, ma voci bene informate parlano di una cifra che si aggira intorno ai tredici milioni di dollari. È una somma da capogiro, un record per quegli anni, il più ricco contratto mai stipulato fino ad allora tra un artista e una casa discografica. Non resterà né l’unico, né il più alto, ma tredici milioni di dollari sono decisamente troppi, anche per un personaggio come Wonder cui sembrava che la vita non dovesse regalare nulla. Nato prematuro a Saginaw, nel Michigan, Steveland Morris, questo è il suo vero nome, perde l’uso della vista per il malfunzionamento della sua incubatrice. È l’ultimo di tre fratelli e la madre, Lula Hardway, giura a se stessa di non fargli pesare la sua condizione. Mantiene il giuramento anche quando il padre se ne va. Stringe i denti e con i tre figli si trasferisce a Breckenridge, uno dei quartieri più poveri di Detroit. Il piccolo Stevie passa il tempo con il gioco che più gli piace: la musica. Il suo primo strumento musicale è una batteria giocattolo con la quale batte il tempo delle canzoni della radio. I regali dei vicini arricchiscono la sua strumentazione. Il piccolo canterino anima con la sua voce il quartiere finché, un giorno, un altro ragazzo del ghetto, Gerald White parla di lui a suo fratello Ronnie, che canta nei Miracles di Smokey Robinson. “Fammi sentire quello che sai fare con la voce, ragazzo!” Quello che ascolta lo lascia di stucco. Lo porta negli studi della Motown per farlo ascoltare da Brian Holland. A dodici anni Stevie Wonder ottiene così il suo primo contratto discografico. D’ora in poi la sua famiglia non avrà più problemi economici.
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