Il 26 dicembre 1996 una polmonite si porta via Mireille, cantante e compositrice di successo, artefice della svolta swing della canzone francese. Pianista mancata perchè, secondo gli esperti dell’epoca, le sue mani erano troppo piccole per poter servire un’abile e veloce concertista, in Francia ancora oggi è ricordata come “La pédagogue de la chanson”, la pedagoga della canzone, scopritrice e maestra di artisti destinati a lasciare un segno tutt’altro che marginale nella storia della canzone francese. Da Françoise Hardy a Hugues Aufray, da Michel Berger ad Alain Souchon sono moltissimi i giovani talenti che hanno potuto imboccare la strada del successo grazie al “Petit Conservatoire de la Chanson”, i corsi radiofonici da lei inventati nel 1954. Le ragioni della sua vocazione sono riassumibili in poche parole: se la genialità e il talento sono doni, tutto il resto si può imparare a patto che qualcuno te l’insegni. Il succo della sua missione pedagogica è tutto qui. «Non tutti possono disporre di quel fluido magico che cattura il pubblico. Il sorriso magnetico di Maurice Chevalier, la capacità di trasmettere le emozioni di Edith Piaf, la freschezza ingenua di Bourvil sono qualità personali e innate. Non ho l’ambizione di poterle insegnare. Credo però che sia necessario un luogo dove i giovani poeti, i parolieri, i musicisti e gli interpreti di quella che sarà la canzone francese del futuro possano incontrarsi, scambiarsi le esperienze e fare tesoro della lezione di chi prima di loro ha avuto la fortuna di frequentare il mondo dello spettacolo. Il talento non te lo regala nessuno, ma tutto il resto si può imparare. Io sogno che nessuno debba essere costretto ad attraversare da solo e senza riferimenti il pantano delle incertezze in cui molto spesso finisce per affondare il talento». Mireille nasce a Parigi il 30 settembre 1906. Il suo cognome è Hartuch e dalla madre, cantante lirica, assorbe la passione per la musica. Si dedica con impegno allo studio del pianoforte intenzionata a diventare concertista, ma prima ancora di entrare nell’età dell’adolescenza è costretta ad abbandonare il sogno stroncata dal giudizio di maestri troppo tradizionalisti e severi che rilevano come le sue mani siano troppo piccole per potersi muovere con eleganza sulla tastiera. Oggi il suo destino sarebbe stato probabilmente diverso. Qualcuno avrebbe ideato, progettato e costruito una tastiera adatta alle sue mani e Mireille terrebbe concerti in tutto il mondo. In quell’epoca, però, nessuno immagina che debbano essere gli strumenti a mettersi al servizio del talento e non viceversa. Il giudizio è senza appello: nella musica cosiddetta “colta” non c’è posto per lei. Mireille fa buon viso a cattivo gioco. In fondo la musica non è soltanto quella delle sale da concerto. Per questo continua con impegno a pigiare sui tasti bianchi e neri senza curarsi troppo della destinazione finale di tanta dedizione e, grazie alle conoscenze della madre, frequenta l’ambiente del cinema e del teatro. A sedici anni ottiene la prima scrittura dal Théâtre de l’Odéon dove recita piccole parti. Non abbandona, però, la musica. Canta accompagnandosi al pianoforte e compone canzoni. A vent’anni, quasi per buttarsi alle spalle i giudizi dei suoi vecchi maestri, quelli che avevano ritenuto le sue mani troppo piccole per una tastiera, partecipa a uno spettacolo di rivista con un numero particolare in cui suona il pianoforte con... i piedi. Nel 1928 Mireille incontra Jean Nohain, un giovane avvocato che si diletta a scrivere testi per le canzoni e che le regala i versi per alcune melodie da lei composte. Inizia così una collaborazione destinata a lasciare un segno importante nella storia della musica francese. L’inizio non è però esaltante. I primi due brani nati dalla collaborazione tra Mireille e Nohain, Le petit chemin e Couchés dans le foin, non suscitano particolari reazioni. In pochi sembrano interessati al loro lavoro e quei pochi non sono disposti a fare granché per promuoverlo. Mireille decide allora di cambiare aria. Se ne va a prima a Londra e poi negli Stati Uniti dove resta per molto tempo. A New York conosce George Gershwin e Irving Berlin che l’apprezzano e l’aiutano a trovare qualche scrittura. Suona a Broadway e a Hollywood dove partecipa anche ad alcune produzioni cinematografiche tra cui un cortometraggio con Buster Keaton. La giovane francese è affascinata dalle possibilità che le offrono gli States e per qualche tempo accarezza anche l’idea di non tornare più nel suo paese natale. Il destino, però, ha previsto diversamente. Mentre Mireille si trova negli Stati Uniti, Pills et Tabet, un duo all’epoca popolarissimo, inseriscono nel loro repertorio il brano Le petit chemin che ottiene uno straordinario successo. È la svolta. Quando Mireille, rintracciata da Jean Nohain, torna in Francia il suo nome è già famoso e nel 1931 i locali se la contendono come una star. Proprio insieme a Nohain inizia a sfornare una serie lunghissima di successi. Sono di quel periodo brani come Une demoiselle sur une balançoire, che verrà ripreso da Yves Montand nel 1951, Papa n’a pas voulu, 27 rue des Acacias, Le jardinier qui boite e tanti altri compreso Quand un vicomte, destinato a diventare uno dei cavalli di battaglia di Maurice Chevalier nel 1935. Oggi la critica è unanime nel considerare il viaggio di Mireille negli Stati Uniti determinante per la cifra stilistica che caratterizza il suo grande successo. Il principale pregio della ragazza è infatti la sua capacità di innervare la canzone francese con le suggestioni dello swing senza snaturarne né reciderne le radici. Scrive Jacques Pessis, l’autore di uno spettacolo musicale a lei dedicato, che il suo stile «...cancella di colpo tutti i cantanti e le cantanti dagli occhi tristi che avevano conquistato la scena nel decennio precedente...». Le novità stilistiche da lei introdotte aprono la struttura tradizionale della canzone francese all’apporto del jazz e condizionano tutti i protagonisti successivi, a partire da Charles Trenet per finire, molto più tardi, a Georges Brassens. I suoi brani accompagnano la scalata al successo di decine di interpreti, soprattutto di Jean Sablon, il cui repertorio è caratterizzato prevalentemente dai suoi brani. Nel 1937 Mireille sposa Emmanuel Bert, uno scrittore, filosofo e intellettuale i cui interessi e la cui vita sono lontanissimi dal mondo dello spettacolo. Si tratta di un’unione destinata a fare scalpore anche per le modalità della convivenza tra due persone così diverse che prevedono, per esempio, la separazione della casa in due ambiti distinti e separati da una linea di confine particolare perchè imperniata su una serie di fiocchi rossi. Nessuno dei due, salvo in casi rarissimi, parteciperà alle vicende e agli appuntamenti artistici dell’altro. Nonostante la singolarità delle regole o, forse, proprio grazie a questa caratteristica il matrimonio reggerà allo scorrere del tempo fino al 1976, quando lo scrittore e filosofo muore. È Sacha Guitry che nel 1954 spinge Mireille a concretizzare il Petit Conservatoire de la Chanson, una corso radiofonico per giovani talenti che nel 1960 diventa anche televisivo e complessivamente accompagna la vita dei francesi per trent’anni. La sua popolare figura di insegnante televisiva finisce però per sovrapporsi e annebbiare un po’ quella dell’interprete. Negli anni Settanta in pochi si ricordano che Mireille è stata anche una straordinaria cantante. Per i distratti, gli immemori e per chi non era ancora nato all’epoca dei suoi grandi trionfi, Michel Berger la convince a tornare sulle scene. Nel 1976 la cantante incide un nuovo disco e presenta sul palcoscenico del Bobino uno spettacolo che viene replicato per ben tre settimane di fila. Non sarà l’ultima apparizione perchè nel 1995, grazie all’insistenza dei suoi vecchi allievi divenuti personaggi famosi, tornerà ancora a esibirsi su un palcoscenico, prima su quello del Piccolo Teatro della Poitinière e poi su quello del Théâtre national de Chaillot. Sono gli ultimi regali di un’artista unica nel suo genere prima che una polmonite se la porti via.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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