Il 5 dicembre 1958 il batterista Danny Alvin muore a New York City, la città dov’è nato il 29 novembre 1902. Figlio d’italiani e registrato all’anagrafe con il nome di Daniele Viniello inizia a fare della musica il suo mestiere nel 1918 quando entra a far parte della band che accompagna la cantante Sophie Tucker, l'ultima delle Red-Hot Mamas. Ci resta tre anni. Nel 1922 si esibisce a Chicago con vari gruppi d’ispirazione jazz, tra i quali spiccano quelli di Frankie Quartell e di Charlie Straight. Dopo un periodo trascorso con grandi orchestre da ballo dal 1930 al 1933 forma e dirige una propria band. Chiusa l’esperienza come leader si unisce al pianista Art Hodes con cui lavora senza interruzioni per tre anni. Nel 1936 si trasferisce a New York dove suona prima con il gruppo di Wingy Manone e poi con quello di Georg Brunis al Nick's. Proprio al Nick’s, dopo essere stato ingaggiato come musicista fisso, accompagna Brad Gowans, Mezz Mezzrow ed Eddie Condon. Nel 1947 è a Chicago col cornettista Doc Evans e con il pianista George Zack. Negli anni Cinquanta torna a sperimentarsi in qualità di leader formando una propria orchestra cui dà il nome di The Kings of Dixieland. Ritiratosi dalle scene dal 1955 fino alla morte gestisce un frequentatissimo jazz club.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento