Il 12 aprile 1988 nella hollywoodiana “Notte degli Oscar” un regista italiano fa la parte del leone. È Bernardo Bertolucci il cui film “L’ultimo imperatore” conquista ben nove statuette: miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura adattata a Mark Peploe ed Enzo Ungari, miglior fotografia a Vittorio Storaro, miglior montaggio a Gabriella Cristiani, migliore colonna sonora a Ryuichi Sakamoto, David Byrne e Cong Su, migliori scenografie a Ferdinando Scarfiotti, Osvaldo Desideri e Bruno Cesari, migliori costumi a James Acheson, miglior sonoro a Bill Rowe e Ivan Sharrock. Per il regista-poeta (nel 1962 ha vinto il Premio Viareggio con la raccolta di poesie “In cerca di mistero”) il riconoscimento rappresenta la definitiva consacrazione sulla scena internazionale, dopo una serie di capolavori come il discusso “Ultimo tango a Parigi” o il grande affresco storico-politico di “Novecento”. “L’ultimo imperatore” verrà premiato anche in Francia con il César per il miglior film straniero e a New York con il Golden Globe per il miglior film dell'anno.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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