Il 9 giugno 1991 Keith Wozencroft, un rappresentante di dischi della EMI, è particolarmente loquace e allegro. Al commesso del negozio di Oxford che gliene chiede la ragione risponde: «Sto per cambiare settore, mi mettono a caccia di nuovi talenti». Il commesso risponde: «Davvero? Pensa che fortuna, io suono in un gruppo. Ci chiamiamo On A Freeday e raggranelliamo qualche soldo intrattenendo la gente nei locali della zona. Io sono il bassista». Poi gli consegna un demo. Wozencroft ascolta le registrazioni, più che dai suoni dei ragazzi rimane colpito da quella che chiama “la loro intelligenza musicale” e si dà da fare. Trova nuovi ingaggi e cerca di far conoscere la band nel giro dei locali e degli addetti ai lavori. In breve tempo il gruppo viene scritturato dalla EMI. Il commesso di Oxford che fa il bassista per hobby si chiama Colin Greenwood. Un anno dopo il la band pubblica il suo primo disco. È un EP che si intitola Drill e, cedendo alle insistenze di manager e discografici i ragazzi hanno accettato di cambiare nome. Gli On A Freeday vengono ribattezzati Radiohead prendendo in prestito titolo di una canzone dei Talking Heads incisa nell'album True Stories. Inizia così la storia di una delle rockband più geniali dell’ultimo decennio del Novecento.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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