Il 4 luglio 2002 inizia il Folkest, più che un Festival musicale la manifestazione è un luogo dove John Trudell, il cantore dell'epopea e dei drammi dei nativi americani e le musiche zingare del serbo Goran Bragovic si prendono per mano mentre la fisarmonica diatonica del basco Kepa Junkera fa da controcanto a un tappeto di note israeliane e palestinesi. In questo mondo di barriere e ingiustizie planetarie fa bene al cuore sapere che non esiste davvero in un triangolo di terra compreso tra Friuli, Veneto e Istria. Assomiglia all'Isola che non c'è di Peter Pan, ma non è frutto della fantasia. Occidente e Oriente, Nord e Sud del mondo, infatti, si incontrano al Folkest 2002, considerato il più importante festival folk dell'Europa meridionale, dedicato in particolare alle culture etnicamente minoritarie. Dopo più di vent’anni di storia nel 2002 ottiene anche il patrocinio dell'Unesco. Oltre trenta comuni del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e dell'Istria ex Yugoslava fanno da scenario agli eventi in programma. L'apertura avviene il 4 luglio con due concerti, quasi in contemporanea, degli irlandesi Niall O'Callanain & S. T. Band a San Quirino e della European Youth Folk Orchestra a Crevatini, in terra istriana. Alla faccia delle frontiere tracciate dagli uomini la musica fin dall'inizio si libra alta, in nome dell'incontro tra i popoli e le loro culture. Tra le ragioni del successo di questo appuntamento, oltre alla capacità di operare scelte artistiche senza compromessi, c'è da considerare anche lo straordinario scenario in cui si svolge. Il suo girovagare tra ville, castelli e antiche piazze ne fa una sorta di festival "zingaro" che si srotola, giorno dopo giorno, abbinando itinerari inconsueti ai suoni di tradizioni spesso dimenticate. Vent'anni di storia hanno consentito al Folkest di diventare adulto e gli interpreti meno noti godono della stessa accoglienza riservata ai grandi nomi, perché ormai del Folkest "ci si fida", e si sa che la qualità dell'offerta è sempre all'altezza. Le proposte del 2002 spaziano come sempre in tutto il mondo e fin dalle prime battute offrono più di una sorpresa con molte perle da conservare, in particolare quella European Youth Folk Orchestra, un gruppo formato da dodici tra i migliori giovani talenti del folk europeo, che ha fatto da apripista. Ogni artista porta il suo bagaglio e lo regala volentieri. Tanta Europa, nei primi giorni, con escursioni tra le atmosfere scozzesi e irlandesi e la presenza del "cavaliere elettrico" Massimo Bubola, seguito dagli spagnoli Azarbe. La serie degli ospiti è infinita: da Vinicio Capossela ai messicani Los de Abajo, dai leggendari cubani Los Van Van agli ottoni della Wedding & Funeral Band, al canto dell'israeliana Noa, alle suggestioni palestinesi dei Radiodervish e a tanti altri momenti di grande emozione. Piccolo esempio della globalizzazione solidale, il Folkest mescola le culture e la sapienza dei popoli in un'unica colonna sonora. Ogni diversità, lungi dall'essere nemica, è apprezzata e, insieme, costituisce l'humus che alimenta la vita stessa della manifestazione.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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