Il 2 ottobre 2002, mentre qualcuno conia nuove medaglie per gli eroi della Santa Crociata dell'occidente contro il nemico della fede e della civiltà che arriva dal mare, c'è anche chi ricorda a tutti che il Mediterraneo è una grande madre per un crogiolo di culture i cui crediti e debiti si confondono. È il caso di Eugenio Bennato che quel giorno pubblica l’album Che il Mediterraneo sia. L'artista napoletano non vuole sentire parlare di "scontro di civiltà. «Le radici del nostro sud ci portano direttamente all'idea di un Mediterraneo della pace e degli scambi. Quando ho suonato ad Algeri ho visto cadere in un attimo la diffidenza di un pubblico arroccato su posizioni di sospetto verso l’europeo privilegiato e colonizzatore: dopo i primi colpi di tamburello e di chitarra battente i ragazzi algerini si sono sentiti partecipi e protagonisti di una musica che appartiene anche a loro». Il disco, nato dai viaggi e dalle esperienze maturate in questi ultimi anni dal musicista partenopeo, continua il discorso iniziato con Taranta power incrociando le suggestioni di una mescola culturale che abbraccia senza stritolare una serie straordinaria di forme musicali e poetiche. Gli echi della lunga ricerca storica e musicale di Eugenio Bennato arricchiscono un lavoro che pur attualizzandone le sonorità, continua un discorso rigoroso iniziato negli anni Settanta con la Nuova Compagnia di Canto Popolare. È intero il fascino di un Sud che cessa di essere una imprecisa definizione geografica per diventare un luogo della fantasia. Ci sono (e come potrebbero non esserci?) le danze, le donne, il mare, i navigatori, i mercanti e i contadini, protagonisti di leggende antiche e nuove, ma c'è anche la realtà di oggi con la sua cupa disperazione e con le nuove emigrazioni. In Ninna nanna 2002, per esempio, è esplicito l'omaggio ai profughi che inseguono un sogno che spesso è di morte e non di vita. Affascinante, infine, è l'incrocio tra l'Africa, il Maghreb e il Salento che apre Taranta sound, uno dei brani più suggestivi e danzabili di un album che fa bene all'anima e alla mente.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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