Il 4 dicembre 2005 muore d’infarto a Cuernavaca, in Messico, l’ottantatreenne cantante e attrice Gloria Lasso, la spagnola che negli anni Cinquanta ha ammaliato i francesi con la sua voce sensuale. «Eccessi? Forse nel matrimonio, visto che mi sono sposata sei volte. Il resto sono invenzioni dei media...». Così nel 2003 l’ottantenne Gloria Lasso dalle colonne di “France Soir” risponde a chi la vuole espressione dell’anticonformismo eccessivo del dopoguerra. Nata in Spagna, o meglio in Catalogna, ma francese d’adozione negli anni Cinquanta ammalia i francesi con la sua voce e con la sua sensualità diventando una delle stelle più luminose del firmamento musicale di quel periodo. È anche la prima cantante di music hall a vendere più di un milione di dischi. Per lungo tempo con il suo delicato accento “straniero” da spagnola è la voce e il simbolo della “chanson exotique”, un genere in cui la melodia degli chansonnier si mescola con le suggestioni sensuali dei profumi di paesi immaginari e lontani. Gran parte delle sue canzoni, adorate dal pubblico, vengono maltrattate dalla critica dell’epoca che le definisce «paccottiglia pseudoesotica buona per gli allocchi». Questi giudizi non la sfiorano neppure. Le basta l’amore del pubblico per farsi scivolare addosso la ferocia dei critici suoi contemporanei. Ha ragione lei. È ormai dimostrato che soprattutto di fronte a fenomeni di massa la critica che li vive “in diretta” fatica a separare il successo commerciale dai contenuti artistici. Paradossalmente si fa abbagliare dai lustrini e dagli eccessi legati alla commercializzazione e non riesce a guardare oltre. In genere accade che qualche anno dopo, esauritasi la spinta commerciale, il fenomeno venga analizzato con un occhio meno legato alle passioni del contingente e spesso recuperato anche dalla critica. Gloria Lasso non sfugge alla regola. Rivalutata dai critici a partire dagli anni Ottanta diventa un’icona della comunità gay che vede negli eccessi kitsch del periodo della “chanson exotique” un simbolo di ribellione al perbenismo della società francese del dopoguerra. Rosa Maria Coscolin, la futura Gloria Lasso, nasce il 22 dicembre 1922 a Barcellona. Il racconto della sua infanzia è complicato da ricostruzioni spesso fantasiose di cui la stessa cantante si è fatta talvolta complice non curandosi di smentirle o lasciando cadere allusioni che sembravano confermarle. La piccola Rosa Maria non conoscerà mai la donna che l’ha data alla luce. Di lei non si sa niente. Muore nel parto? Se ne va? Chissà... Di certo si sa che dopo la nascita della bambina la madre non c’è più visto che di lei si occupa la seconda moglie di suo padre. Molti anni dopo la stessa Gloria non sarà tenera nella descrizione di quel periodo e non risparmierà quasi nessuna delle persone che hanno popolato la sua infanzia, nemmeno il padre, un maestro elementare descritto come un despota violento che la costringeva a mendicare. Del resto non è facile la sopravvivenza per chi è costretto ad abitare nella Spagna di quel periodo, attraversata per tre lunghi anni dal 1936 al 1939 da una crudele, sanguinaria e devastante Guerra Civile tra le forze fedeli al governo repubblicano e i seguaci del fascista Francisco Franco. All’inizio della guerra Rosa Maria Coscolin ha quattordici anni. Racconta che in quel periodo si è nutrita di carne di topo e ha subito abusi «…da parte di molti uomini prima ancora di diventare donna». Quando finisce la bufera della Guerra Civile ciascuno, dopo aver seppellito i propri morti, cerca di continuare a vivere. Per l’adolescente Gloria arriva anche il primo lavoro come assistente in un gabinetto medico. Il suo compito è quello di raccogliere le prenotazioni, accogliere e mettere a proprio agio i pazienti in attesa. È una tappa di passaggio. Qualche anno dopo grazie alla sua facilità nelle relazioni, al suo linguaggio sciolto e fluente e alla sua innata simpatia viene assunta come presentatrice alla radio spagnola. Rosa Maria Coscolin adora le canzoni. Guarda le cantanti che arrivano negli studi radiofonici dove lavora e un po’ le invidia. Vede in loro delle privilegiate che hanno maggior possibilità di esprimersi di quanta non ne abbia lei. Più il tempo passa e più si sente come una sorta di pappagallo che ripete parole a comando. A volte, per rompere la noia, canta a squarciagola le canzoni più ascoltate in quel frizzante inizio degli anni Cinquanta. Per interrompere la monotonia di una vita nella quale ogni giorno è uguale all’altro ci vorrebbe un colpo di fortuna. La svolta arriva quando una cantante che dovrebbe esibirsi dai microfoni della radio dove la ragazza lavora viene bloccata da un contrattempo. La produzione, disperata, non sa con chi sostituirla. Con una buona dose di faccia tosta Rosa Maria, che conosce tutto le canzoni in voga in quel periodo, si propone come sostituta. Non avendo altre scelte la produzione accetta. La sua esibizione conquista il cuore del pubblico. Da quel giorno Rosa Maria Coscolin diventa per sempre Gloria Lasso, la bellissima cantante dalla voce sensuale capace di far perdere la testa a un numero incalcolabile di uomini. Ben presto, nonostante il successo, comincia a sentirsi un po’ soffocata dalle censure e dalle limitazioni che le vengono imposte nella Spagna grigia e conservatrice della dittatura franchista. Per questa ragione nel 1954 coglie al volo l’offerta di una breve tournée parigina. Arrivata a Parigi con un contratto che prevede alcune esibizioni nei cabaret spagnoli viene notata a “La Puerta del Sol” dal produttore Maurice Tézé e convinta a non tornare in patria. Se Maurice Tézé è l’uomo che convince Gloria Lasso a restare in Francia, dietro ai suoi primi successi c’è la mano esperta del compositore basco Francis Lopez, uno dei protagonisti del periodo di maggior splendore dell’Operetta parigina. Ben presto grazie al suo accento spagnoleggiante e a una serie di astuti brani costruiti appositamente per le sue caratteristiche contende a Rina Ketty lo scettro di regina della “chanson exotique”. Brani come Hola que tal, Amour, castagnettes et tango, Le pauvre muletier o Le valse mexicaine ne accompagnano la scalata al successo. Nel 1956 la sua versione di Étranger au Paradis, un adattamento di un brano del compositore russo Alexander Borodin con un testo di Francis Blanche fa di Gloria Lasso la prima cantante di music hall capace di vendere un milione di dischi. Al grande successo non è estraneo l’aiuto di Lucien Morisse, il direttore artistico della nuova e ascoltatissima emittente radiofonica Europe 1. Proprio con la sua canzone, infatti, il geniale produttore sperimenta per la prima volta quello che i francesi chiamano “matraquage”, cioè la trasmissione ripetuta di un brano nel corso della programmazione giornaliera. Fino alla fine degli anni Cinquanta il suo successo è scandito da brani come La cuillette du coton, Toi, mon démon, Bon voyage, Muchas gracias o Buenas noches mi amor, ripresa anche da Henri Salvador in un’esilarante versione umoristica. Con l’inizio degli anni Sessanta la popolarità di Gloria Lasso deve fare i conti con le nuove stelle emergenti della “chanson exotique”, soprattutto l’italo-egiziana Dalida, la nuova pupilla di Lucien Morisse che con la sua Bambino, versione francese dell’italiana Guaglione, ha ottenuto un successo maggiore di quello che a suo tempo aveva benedetto la sua Étranger au Paradis. Gloria capisce che i temi stanno cambiando e cerca di reagire. Trova nuovi autori in Serge Gainsbourg e Gilbert Bécaud, modifica gli arrangiamenti e nel 1962 si ripropone con grande successo sul palcoscenico dell’ABC. Poi lascia la Francia e si trasferisce in Messico da dove parte alla conquista del Sudamerica. Il suo non è un addio definitivo al paese che più l’ha amata e che per primo ha saputo valorizzare le sue doti. Gloria Lasso torna più volte in Francia e nel 1985 si esibsce ancora sul palcoscenico de l’Olympia. Non si ritira mai dalle scene fino alla morte per infarto che arriva all’improvviso alle ore 16 di domenica 4 dicembre 2005 mentre la cantante è nella sua casa di Cuernavaca, in Messico. Gloria Lasso ha ottantatre anni e soltanto quindici giorni prima si è esibita in concerto proprio a Cuernavaca.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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2 commenti:
la storia e la fama di questa cantante mi ricorda i tanto sbeffeggiati film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia
e perché mai?
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