
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio...
30 aprile, 2021
30 aprile 2004 - Gang e Crifiu insieme a Cutrofiano

29 aprile, 2021
29 aprile 1986 - Chernobyl, una lezione da non dimenticare

28 aprile, 2021
28 aprile 1916 – Ferruccio, l’inventore della Lamborghini

27 aprile, 2021
27 aprile 2002 – Giovanna Marini, domande e risposte su un disco e un concerto

«È inesatto parlare di me e Francesco De Gregori insieme in concerto, perché il concerto è suo e io sono ospite». Così, con la sua consueta modestia Giovanna Marini, il 27 aprile 2002 si schernisce di fronte al cronista che cerca di strapparle qualche impressione su “Viva l’Italia”, il concerto in programma quella sera e la successiva all’Auditorium – Parco della musica di Roma che la vede sullo stesso palco con De Gregori. «Conosco Francesco da almeno trent’anni, quando lo ascoltavo o, meglio, ci ascoltavamo, al Folkstudio. Mi piacciono i suoi pezzi anche se, come ho già detto tante volte, non capisco niente di country, rock e generi simili. Non appartengono alla mia cultura musicale e quindi non me li sento addosso. Trovo, però, che quello sia un mondo sonoro che ci sta vicino, che è prossimo alla nostra esperienza di cantanti della tradizione popolare. Canzoni come le mie, quelle di Gualtiero Bertelli o Ivan Della Mea, pur viaggiando su onde differenti da quelle di De Gregori, finiscono per incontrarsi». E per due sere si incontreranno a Roma in uno spettacolo che ha per titolo “Viva l’Italia”. A proposito, c’è una ragione speciale per il titolo? «La risposta più banale che potrei darti è che si tratta del titolo di una canzone di Francesco, ma, appunto, sarebbe banale. Le ragioni sono più complesse e nascono dal fatto che in quel brano c’è un passaggio in cui si dice “viva l’Italia che resiste”. Trovo che, come ha dimostrato questo 25 aprile, nel nostro paese ci sia un’ondata di nuovo patriottismo in cui alla parola “patria” si sostituiscono libertà, diritti, democrazia. È una sorta di patriottismo senza patria che trovo stimolante e coinvolgente, una nuova resistenza». Come vivi questo periodo? «Non so se è politicamente corretto definirsi “ansiosi”, ma se devo definire il mio stato d’animo non conosco parole più precise. A me non vengono facili i discorsi politici, mi è più facile dare risposte emotive». Nessuna speranza, dunque? «No, non volevo dire questo. Non sono pessimista. Mi sembra, anzi, che in questi tempi si sia alzato il livello d’attenzione. Vedo atti politici di segno negativo ai quali corrispondono risposte immediate che fino a qualche tempo fa erano impensabili. Sentiamo che si sta giocando una partita difficile, forse decisiva sulla nostra vita e stiamo tutti sul chi vive. C’è una disponibilità maggiore a muoversi, a darsi da fare, a stare al fianco dei più deboli. Chissà, forse perché non sono l’unica a vivere emotivamente questi tempi…» Poi, pian piano, si scioglie e parla anche del concerto. Scopriamo così che sarà sul palco dall’inizio alla fine «Già, non sarà l’accoppiata tradizionale: un’ora per uno con qualche pezzo insieme. La presenza mia e del Quartetto Vocale sarà parte dell’intero spettacolo». Fermati un attimo. Prova a spiegare in poche parole che cos’è il Quartetto Vocale. «Il Quartetto Vocale nasce nel 1976 con lo scopo di eseguire musiche polifoniche da me composte che però mi ritrovavo a cantare quasi sempre da sola perché non avevo amici musicisti in grado di leggere la musica, né tantomeno di cantarla come avevo in mente io. Erano gli anni della ricerca e della canzone politica. In giro c’era tanta passione, ma poca conoscenza specifica in campo strettamente musicale. Proprio in quegli anni ho cominciato a scrivere molti madrigali che oggi fanno parte del repertorio del Quartetto Vocale». In qualche caso si può parlare di vere e proprie acrobazie vocali… «Si, concordo, anche se il merito non è mio, ma di Patrizia Bovi, Francesca Breschi e Patrizia Nasini. Quest’ultima è arrivata al Quartetto nel 1981, mentre Patrizia Bovi e Francesca sono con me dal 1990. il merito della straordinaria freschezza scenica dell’insieme è tutto loro. Io scrivo le partiture, loro si inventano il modo di cantare e ogni volta che ci incontriamo sul palco è una grande gioia». Quale Giovanna Marini sarà sul palco al fianco di De Gregori? «La Giovanna Marini di sempre. Interverremo in qualche brano di Francesco e lui darà il suo apporto ai nostri». Qualche anticipazione sulla scaletta… «La stiamo costruendo insieme nelle prove. Posso già dirti, però, che per quel che riguarda il nostro repertorio presenteremo il Canto per il giudice Falcone, il Lamento per la morte di Pasolini, uno struggente Lamento albanese accompagnato da un “Kyrie” ascoltato nella liturgia di Piana degli Albanesi e poi, come poteva mancare?, Nina di Gualtiero Bertelli, una canzone che amo moltissimo. Con Francesco, invece, ci lanceremo in una serie di canzoni popolari. Oltre a L’attentato a Togliatti faremo anche La partenza degli italiani per l’Albania, che ascoltata in un periodo in cui gli Albanesi si imbarcano per venire in Italia, assume un sapore particolare…».
26 aprile, 2021
26 aprile 1921 – Il piccolo Tajoli ha la poliomielite

25 aprile, 2021
25 aprile 1913 – Earl Bostic, il jazzista che non disprezzava il rhytm and blues

25 aprile 1913 a Tulsa, in Oklahoma nasce il clarinettista e sassofonista Earl Bostic. Comincia a suonare il clarinetto quando è ancora ragazzo, perfezionandosi negli studi di musica all'università di Xavier a New Orleans, seguendo dei corsi di armonia, teoria e composizione e cimentandosi con vari strumenti. È ancora adolescente quando ottiene i suoi primi ingaggi professionali con le orchestre che suonano sui battelli fluviali e in particolare con quelle di Charlie Creath e di Fats Marable senza peraltro incidere dischi. Nei corso degli anni Trenta si trasferisce a New York dove lavora con le orchestre di Edgar Hayes, Don Redman, Hot Lips Page e Cab Calloway, prima di formare una sua orchestra nella quale suona tutti i sassofoni, il clarinetto, la tromba e la chitarra, mettendo a frutto le lezioni prese all'università di Xavier. Nel 1939 viene ingaggiato per la prima volta dall'orchestra di Lionel Hampton, con la quale registra i suoi primi dischi degni di nota. Nel 1941 è al Mimo's Club di Harlem alla testa di una sua formazione con la quale lavora per circa due anni. Successivamente si riassocia ad Hampton e a partire dal 1945 comincia ad agire come capo orchestra evolvendo il suo stile. Se i suoi primi dischi registrati per la Majestic possono ancora farsi rientrare nel filone swing, infatti, quelli successivi, registrati per la Gotham e la King appartengono più al rhythm and blues che al jazz, anche se si tratta di un rhythm and blues di alto livello, sia per la sua indubbia abilità solistica, sia per le sue rilevanti doti di arrangiatore, sia infine per l'apporto di prim'ordine forbitogli dal musicisti di cui si avvale: da John Coltrane a Stanley Turrentine, da Blue Mitchell a Benny Goison, da Benny Carter a Sir Charles Thompson, da Barney Kessel a Joe Pass. Le sue registrazioni di Temptation, Flamingo, Sleep, Moonglow, Cherokee, vendute in milioni di copie, gli danno una straordinaria popolarità, contribuendo ad avvicinare al jazz molti giovani provenienti dal rhythm and blues. Muore nel 1965 a soli cinquantadue anni.
24 aprile, 2021
24 aprile 1975 – L’ultimo squalo

23 aprile, 2021
23 aprile 2004 – I Radiodervish e i 100.000 uccelli di Simurgh

22 aprile, 2021
22 aprile 1946 – Nannarella, voce di Roma

21 aprile, 2021
21 aprile 1935 - Don Habib, non soltanto contrabbasso
Il 21 aprile 1935 nasce a Montreal, in Canada, il contrabbassista e compositore Don Habib, all’anagrafe Donald Habib Proveniente da una famiglia di musicisti studia per sei anni al Provincial Conservatory di Montreal e poi con Carmine Caruso e Benny Baker a New York. All' Eastman School il suo insegnante di contrabbasso è Fred Zimmerman, quello di composizione è Jimmy Giuffré, quello di improvvisazione è Adolphe Sandole, mentre per l’arrangiamento e l’orchestrazione si avvale degli insegnamenti di Rayburn Wright e Manny Albam. Musicista assai versatile, suona anche la tromba, il pianoforte e le percussioni. Tra i grandi jezzisti con i quali ha avuto occasione di suonare ci sono Charlie Mariano, Jay Jay Johnson, Paul Bley, Sonny Stitt, René Thomas, Maynard Ferguson, Toshiko, Michel Legrand e Skitch Henderson.
20 aprile, 2021
20 aprile 1939 - Johnny Tillotson, rocker per emulare Elvis

19 aprile, 2021
19 aprile 2003 – Il giorno in cui Ani DiFranco tornò a registrare

18 aprile, 2021
18 aprile 1963 – Lo scandalo del figlio di Mina

17 aprile, 2021
17 aprile 1967 – Henry “Red” Allen Jr il mediatore

16 aprile, 2021
16 aprile 2004 - Se non rinneghi Cuba non entri negli USA

15 aprile, 2021
15 aprile 1898 - Wingy Carpenter, il trombettista con un braccio solo
Il 15 aprile 1898 nasce a St. Louis, nel Missouri, il trombettista e cantante Theodore Carpenter, detto Wingy. All’età di dieci anni perde un braccio a causa di un incidente. Il chirurgo che effettua l’amputazione è lo zio del trombettista Doc Cheatman. Qualche anno dopo inizia a studiare la tromba e nel 1920 trova un ingaggio nella troupe di uno spettacolo viaggiante. L'anno dopo passa nella Herbert's Minstrel Band e poi si trasferisce a Cincinnati dove resta per qualche anno guadagnandosi da vivere suonando nelle orchestre di Wes Helvey e Clarence Paige ed entrando poi nella formazione diretta da Zack White. Nel 1926 suona nell’orchestra di Speed Webb. Dalla fine dell’anno e fino al 1928 partecipa allo show delle Whitman Sisters nell'orchestra diretta dal pianista Troy Snapp All'inizio degli anni Trenta è l'attrazione degli Smiling Billy Stewart's Celery City Serenaders e in seguito lavora con la Florida Band diretta da Bill Lacey. Verso la metà degli anni Trenta suona con varie orchestre dirette di volta in volta da Jack Ellis, Dick Bunch e Jesse Stone. Fra il 1936 e il 1939 è a New York con Campbell “Skeets” Tolbert e Fitz Weston e verso la seconda metà di quell'anno dirige un suo piccolo gruppo. Negli anni Quaranta e Cinquanta suona e dirige proprie formazioni in vari club di New York come il Black Cat, il New Capitol, lo Yeah Man e il Da Tony Pastor's. A partire dagli anni Sessanta inizia a rallentare la sua attività. Muore il 21 luglio 1975.
14 aprile, 2021
14 aprile 1982 - Silvio, il più piccolo dei Muccino

13 aprile, 2021
13 aprile 1945 – Il canto dei deportati

12 aprile, 2021
12 aprile 1975 - Josephine Baker, la venere nera
Il 12 aprile 1975 muore Josephine Baker, un pezzo di storia dello spettacolo francese. Nel 1925 un gonnellino di banane su un sinuoso corpo femminile lucido e nero segna la nascita di un mito. Josephine Baker, la “Venere nera”, cantante, ballerina, attrice, diventa la stella più fulgida del music-hall parigino e fa innamorare l’Europa intera con la sua bellezza, i suoi numeri di danza e le sue canzoni. La regina nera di Francia non nasce nel paese che l’incorona, ma arriva da lontano, dall’altra parte dell’oceano, nelle ex colonie francesi degli Stati Uniti. Apre gli occhi sul mondo il 3 giugno 1906 a Saint Louis, nel Missouri. I suoi genitori sono due artisti girovaghi. Carrie Mac Donald si chiama la madre ed Eddie Carson il padre che un anno dopo la sua nascita molla per sempre compagna e figlia. Si dice che dalla madre la ragazza abbia ereditato la bellezza e dal padre l’energia. Dopo Josephine arriveranno altri tre marmocchi, Richard, Margaret e Willie Mae. I tempi e le condizioni son quelli che sono e nessuno dei piccoli Mac Donald può permettersi di non lavorare. A otto anni, mentre le altre bambine vanno a scuola, Josephine va a servizio in una casa di bianchi che la maltrattano. Non dura molto. Scappa e si rifugia dalla comprensiva nonna Elvara. In quegli anni impara a danzare nelle strade ripetendo all’infinito i movimenti sinuosi dei ballerini jazz. Nel 1917, a soli undici anni, assiste atterrita a una serie di disordini razziali scoppiati a Saint Louis con l’uccisione di decine di persone colpevoli solo di avere la pelle nera. Lei stessa racconterà in futuro che quell’esperienza ha segnato in modo indelebile la sua coscienza spingendola ad affiancare all’impegno artistico l’impegno civile e sociale. La strada è una grande scuola e quando Josephine compie tredici anni la danza e il canto non hanno più segreti per lei. I passi più difficili dei ballerini jazz ripetuti all’infinito le sono diventati naturali, quasi istintivi. Si sente pronta per il palcoscenico, ma s’accontenta di esibirsi saltuariamente come cantante e ballerina in qualche locale della città sognando di diventare la stella delle grandi riviste. Il sogno sembra avverarsi quando a Saint Louis arrivano la compagnia Dixies Steppers. È il 1920, lei si propone e viene assunta, anche se soltanto aiutante della sarta di scena. «Troppo magra per andare in scena» ha sentenziato il direttore. Josephine, però, è testarda e passa più tempo a danzare e a imparare canzoni che a rammendare i costumi. In breve conosce a memoria tutte le canzoni e ogni coreografia. Tanto impegno non va sprecato. Nel mese d’aprile del 1921 viene chiamata a sostituire una delle soubrette infortunata al Gibson Theater di Filadelfia. Finalmente è arrivata sul palcoscenico e non lo lascerà più. Nel 1922 lavora nella rivista “Shuffle Along” e nel 1924 in “The Chocolate Dandies”. L’anno magico è però il 1925 quando la Baker, sbarcata sul suolo francese con la sua compagnia per una breve tournée, arriva al Teatro degli Champs Elysées con lo spettacolo musicale “Revue Nègre”. È il 2 ottobre quando il corpo splendido di Josephine Baker si esibisce per la prima volta su un palcoscenico francese e conquista prima Parigi, poi l’Europa intera. Pochi giorni dopo è già la stella dello spettacolo, anche grazie agli inimitabili manifesti di Paul Colin. Josephine Baker diventa la regina dei music-hall parigini e decide di non tornare più negli Stati Uniti. La sua nuova patria è la Francia dove il pubblico l’adora e la chiama Venere Nera. Il primo a ribattezzarla così è André Levinson che sulla rivista Commedia del 22 ottobre 1925 scrive «…i seni che sembrano scolpiti da uno scultore e il vibrare (nella sua danza ndr) dell’Eros africano ci catturano. La ballerina scompare per lasciare il posto alla Venere Nera di Baudelaire…». Josephine Baker diventa rapidamente un simbolo della Parigi dei famosi “Années Folles”, come viene chiamato quel periodo che va dalla metà degli anni Venti alla metà degli anni Trenta. La sua popolarità cresce geometricamente di rivista in rivista fino a toccare l’apoteosi con “La joie de Paris”, lo spettacolo andato in scena al Casino nel dicembre del 1932. Per lei stravedono gli artisti che la considerano un simbolo di anticonformismo e liberazione sessuale. Mentre i benpensanti si scandalizzano e chiedono provvedimenti contro l’immoralità dilagante di cui sarebbe simbolo, di lei s’innamorano diplomatici e principi. Dal teatro di rivista al cinema il passo è breve e il successo costante con film come “Zouzou” del 1934 e “Princesse Tam-Tam” del 1935. Le sue canzoni, in particolare J’ai deux amours che diventa quasi la sua sigla, fanno il giro del mondo. Nel 1937 diventa ufficialmente cittadina francese e quando la Francia viene occupata dai tedeschi lei cambia aria visto che la sua pelle nera non appare proprio in sintonia con le teorie naziste sulla supremazia della razza ariana. L’esilio non cambia né la sua vita né il successo. Continua a esibirsi sui palcoscenici del mondo, ma diventa anche un agente segreto. Nel corso del conflitto, infatti, viene arruolata dai servizi segreti inglesi che utilizzano la sua mobilità per trasmettere importanti messaggi in codice nascosti negli spartiti musicali. La sua attività è incessante. Va ovunque sia possibile: in Spagna, in Portogallo, nel nord Africa. Organizza poi concerti destinati ai soldati al fronte per cercare di sollevare il morale delle truppe Alleate. Usa poi le arti della seduzione per convincere i governi dei paesi non allineati a schierarsi con le “Forze Armate della Libera Francia” guidate dal generale De Gaulle. Per questa sua attività di resistenza e di intelligence il 18 agosto 1961 riceverà dal generale Valin la Legione d’Onore e la Croce di Guerra. Nel dopoguerra Joséphine comincia ad avere vari problemi di salute. Costretta a ridurre un po’ la sua attività artistica nel tempo che si libera si dedica agli altri impegnandosi anche nella lotta contro la segregazione razziale. Negli USA raccoglie fondi, offre gratuitamente concerti, partecipa a conferenze e a marce per la pace, mentre nel suo castello di Milandes, in Dordogna, ospita dodici bambini adottati ciascuno appartenente a una razza e una religione diversa per dare un esempio di fraternità universale. Gli spettacoli, però, non bastano a mantenere economicamente tutte queste attività e, all’inizio degli anni Sessanta, Josephine, quasi sul lastrico, decide di vendere Milandes. Nel febbraio 1964 alla vigilia del giorno fissato per la vendita Brigitte Bardot, in quel periodo al culmine della sua popolarità, lancia un appello per aiutare la Venere Nera. La vendita viene sospesa, ma i debiti e i problemi non scompaiono per magia. Passato l’effetto Bardot Josephine si ritrova sola nella sua battaglia quotidiana e comincia ad avere problemi di cuore sempre più frequenti. Non manca chi l’aiuta a far fronte ai debiti. Nel 1968 il suo amico Bruno Coquatrix le organizza un concerto all’Olympia mentre la Pathé Marconi si impegna a pubblicare un album speciale per l’occasione. Nonostante i generosi tentativi la battaglia contro i debiti finisce male. Nel 1969, mentre i suoi ragazzi sono rifugiati a Parigi da amici, tenta di resistere alla sfratto ma nella notte viene presa e buttata fuori da Milandes. La sua vita riprende a muoversi tra tournée e ricoveri in ospedale. L’8 aprile 1975 celebra i cinquant’anni dal suo debutto in Francia mettendo in scena al Bobino uno straordinario spettacolo di fronte a un parterre colmo di personalità. Nessuno lo sa ma quello è il suo ultimo saluto alla città. Due giorni dopo si addormenta per un sonnellino pomeridiano e non si sveglia più. Colpita da un’emorragia celebrale muore il 12 aprile 1975. Parigi l’accompagna nel suo ultimo viaggio con un corteo immenso, ripreso in diretta televisiva, che attraversa la città sostando davanti ai teatri che hanno costruito il suo mito e i suoi successi.
11 aprile, 2021
11 aprile 1953 - Il “giallo” Montesi

10 aprile, 2021
10 aprile 1933 - Chelo Alonso, da Cuba alle Folies Bergères

Il 10 aprile 1933 a Central Lugrano, in Cuba, nasce la cantante, attrice e ballerina Chelo Alonso. Il suo vero nome è Isabel Garcia e fin da piccola la sua aspirazione è quella di diventare una bravissima ballerina. La costanza, l’impegno, lo studio e uno straordinario talento naturale le consentono di bruciare rapidamente le tappe e di diventare, ancora adolescente, una delle ballerine più applaudite dei Caraibi. A vent’anni è già una star delle riviste e dei music hall statunitensi di Miami, New Orleans e Broadway. Quando arriva a Parigi, dove è stata scritturata dalle Folies Bergères, tutti parlano di lei come della “nuova Josephine Baker”. La ragazza però ha altre ambizioni. Vuole diventare anche una stella del cinema. Alla fine degli anni Cinquanta diventa una delle più popolari protagoniste della stagione dei “peplum” vestendo panni diversi, dalla cattivissima regina Syria in “Maciste nella terra dei ciclopi” all’orgogliosa Landa ne “Il terrore dei barbari”. Non mancano interpretazioni di commedie come “Gastone” di Mario Bonnard nel 1958 con Alberto Sordi e Vittorio De Sica o “La ragazza sotto il lenzuolo” di Marino Girolami del 1961 con Walter Chiari. Alla sua popolarità non guasta una nutrita serie di presenze televisive. Alla metà degli anni Sessanta decide di lasciare le scene per amore. Fa soltanto tre eccezioni per tre film western all’italiana: “Il buono, il brutto, il cattivo” di Sergio Leone nel 1966, “Corri uomo corri” di Sergio Sollima nel 1968 e “La notte dei serpenti” di Giulio Petroni nel 1969. Muore a Mentana il 20 febbraio 2019.
09 aprile, 2021
9 aprile 2004 – “Fotti Bush”, l'invito degli Xiu Xiu

08 aprile, 2021
8 aprile 1929 - Eiji Kitamura, il clarinetto dello swing giapponese

07 aprile, 2021
7 aprile 2003 – Cindy Lauper al Gay & Lesbian Alliance Against Defamation Media Awards

06 aprile, 2021
6 aprile 1935 – Fred Bongusto, il cantautore confidenziale

05 aprile, 2021
5 aprile 2003 – Per gli Avion Travel “Poco mossi gli altri bacini”

04 aprile, 2021
4 aprile 1959 – La prima volta di Mina in TV

03 aprile, 2021
3 aprile 1917 - Bill J. Finegan, l’unico assolo è il rumore di un cavallo

02 aprile, 2021
2 aprile 1979 - Jean Lumière, “chanteur de charme”

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