Il 18 luglio 1914 a Ponte a Ema in provincia di Firenze nasce Gino Bartali, il rivale di Coppi nell'Italia del dopoguerra divenuto per molto tempo l’emblema dell’Italia più bigotta. Iscritto all’Azione Cattolica, di cui porta con orgoglio l’emblema sulla giacca, è chiamato ‘il pio’ per la sua religiosità. Nel 1935 vince la sua prima gara da professionista, la Portocivitanova-L’Aquila, incrementando rapidamente il suo palmarès. Formidabile scalatore e temibile velocista, si difende, pur non eccellendo, nelle corse a cronometro. Il Tour del 1948 nel quale, a trentaquattro anni, stritola uno dopo l’altro i suoi avversari e doma le montagne, entra nella leggenda del ciclismo di tutti i tempi. Per la sua vittoria l’Italia, sull’orlo della guerra civile dopo l’attentato al segretario del Partito Comunista Palmiro Togliatti, si ferma e la notizia interrompe addirittura una seduta del parlamento. Esuberante, battagliero e polemico diventa famoso per il suo motto: “È tutto sbagliato, è tutto da rifare”. Per giornalisti e tifosi, è stato, senza ombra di dubbio la prima vera “vedette” del ciclismo italiano più in generale. Anticipatore dei moderni protagonisti, Bartali ha interpretato per tutta la sua carriera il ruolo del campione capace di far notizia anche fuori dall’ambito ristretto del ciclismo.
Nessun commento:
Posta un commento