Il 22 agosto 2003 a Rimini nella serata che chiude la manifestazione musicale Balamondo si esibisce Gloria Gaynor, per una sera di nuovo al centro dell’attenzione dei media e di un pubblico che non l’ha mai veramente dimenticata. Il suo destino si compiva quasi trent’anni prima, nel 1974, quando il produttore Meco Monardo la accompagnava nei Media Sound Studios di New York per registrare un paio di brani. La giovane, ma non più giovanissima, cantante affrontava la prova come se fosse un provino, uno dei tanti, forse l’ultimo che le veniva offerto. I due brani registrati erano Honey Bee! e Never Can Say Goodbye. La seduta non aveva la magia dei grandi eventi, soltanto Gloria sembrava un po’ più emozionata del dovuto. Nessuno aveva l’impressione di aver partecipato a un evento destinato a cambiare la storia della musica. Un solo elemento lasciava perplessi i turnisti di studio: entrambe le esecuzioni erano più lunghe delle canzoni destinate a finire su vinile, ben più del doppio. Era una stranezza non casuale. Meco, in fase di mixaggio, infatti inizia a lavorare sui suoni. Rovescia quelle che, fino a quel momento, erano state le regole auree di quel lavoro, cioè sistemare bassi elettrici e batterie sullo sfondo della registrazione, e porta in primo piano i canali dei bassi e dei tamburi della batteria. Qualche tocco d’ala in vari punti per non lasciare sola la struttura ritmica e il gioco è fatto: con Never can say goodbye iniziava il primo grande periodo d’oro della disco-music. Anche l’album omonimo introduce un’innovazione. Viene, infatti, mixato senza soluzione di continuità tra i brani in modo da fornire un’intera sequenza di musica ballabile. Il significato indotto era evidente: un buon ingegnere del suono, da solo, poteva realizzare un prodotto commercialmente accettabile. Il risultato, funzionale al profitto, è devastante dal punto di vista musicale perché uccide la funzione dell’artista, sostituito dai trucchi di produzione. La disco music genera personaggi a getto continuo, pronti a essere sostituiti. Gloria Gaynor, dopo un pugno di successi, tra i quali il vendutissimo I will survive, viene travolta dal destino che lei stessa aveva contribuito a creare. Il 22 agosto 2003 torna in Italia, sull’onda della nostalgia ma anche maturata da una lunga serie di esperienze in ambito soul che le hanno consentito di non finire nell’anonimato. Non vive fuori dalla realtà e ama le nuove frontiere della musica black: «Penso che i rapper siano i poeti di oggi e capisco la loro rabbia perché chi li ha preceduti non ha lasciato loro un mondo così bello».
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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