Il 28 settembre 2004 con la prima di una decina di repliche al Palais des Congrès di Parigi prende il via il tour con il quale festeggia i suoi sessant'anni Sylvie Vartan, la biondina francese che una quarantina d'anni prima ha conquistato l'Italia cantando con l’aria sfrontata parole ingenue che scandalizzavano gli adulti ed erano impugnate come una bandiera dalle ragazzine: «Come un ragazzo ho i capelli giù/porto il maglione che porti tu/e con la cinta mi tengo su i pantalon/Come un ragazzo mi ostino un po’/e quando guardi negli occhi miei/non sono quella che abbassa mai/per prima i suoi…Come un ragazzo ho una moto che/tocca i duecento quando mi va/e una gang di amici che/da retta a me/Come un ragazzo per la città per la città/cammino e vado di qua e di là/non ho paura di gente che/ce l’ha con me…». Negli anni Sessanta era divenuta, anche nel nostro paese, insieme a un pugno di antesignane delle attuali riot girls, uno dei simboli pop della nuova voglia di protagonismo delle adolescenti. Non era l’unica, ma era forse considerata un po’ speciale anche grazie alla sua lunga storia d’amore con Johnny Hallyday, il rocker ribelle d’oltralpe. La sua popolarità in Italia è stata grande, ma si è bruciata rapidamente. Da noi Sylvie Vartan è stata poco più d’una meteora. Un pugno di canzoni, qualche trasmissione televisiva e poi, siccome non si può restare giovani per sempre, alla prima rughetta d’espressione sul bel faccino, più niente. In Italia gli uomini e soprattutto le donne di spettacolo che invecchiano non possono vivere altro che nel ricordo, nell’immagine riprodotta della gioventù. Il sistema mediatico che ha eliminato la vita vera dall’immaginario collettivo non può sopportare, salvo rarissimi casi, l’incedere del tempo, la naturale decadenza del fisico. Anche a Sylvie succede, ma solo in Italia. Quando le luci mediatiche da noi si spengono lei continua a lavorare nel suo paese, la Francia. Lì la giovane italo-bulgara Sylvie, figlia di Georges, attaché dell’ambasciata francese a Sofia, e di Ilona non è mai stata considerata un banale evento generazionale. Lo star system francese lascia che siano la sua voce, più che il suo faccino, a scrivere le tappe di una carriera che con il passare del tempo si fa sempre più importante. La sua popolarità non muore quando si lascia alle spalle i brani della fase adolescenziale, i concerti all’Olympia con i Beatles, Trini Lopez e tanti altri. Passa anche attraverso un paio di devastanti incidenti stradali, il secondo dei quali le lascia segni pesanti sul viso cancellati quasi totalmente da una lunga serie di interventi chirurgici. Anche la fine della sua lunga storia con Johnny Halliday non lascia traccia sul suo destino. Attraversa gli anni Settanta, e poi gli Ottanta e poi ancora i Novanta maturando come interprete, misurandosi con progetti sempre nuovi ed evitando di farsi rinchiudere nell’angusto recinto della nostalgia. La biondina dallo sguardo sfrontato lascia il posto a una signora della canzone per la quale si spendono grandi autori, da Cocciante a Barbelivien, da Michel Jouveaux a Jay Alanski, alla coppia Marc Lavoine/Aboulker, a Murat che per lei mette in musica una poesia di Baudelaire. Nel 1998 la Francia le conferisce la Legion d’Honneur all’Eliseo e l’anno dopo lei ringrazia portando all’Olympia un recital dedicato alla canzone francese dei primi anni del Novecento e alla figura della leggendaria cantante Mistinguette. I suoi sessant’anni vengono festeggiati con la pubblicazione di un’autobiografia intitolata “Entre ombre et lumière” (Tra luci e ombre), con un nuovo album che sulla copertina ha soltanto il suo nome Sylvie e, soprattutto, con il lungo tour dal vivo che inizia proprio il 28 settembre.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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