Il 10 novembre 1982 muore Elio Petri, il regista che più di altri ha indagato nei suoi lavori il tema del potere come elemento di corrosione della vita e dell’animo umano. Nato a Roma il 29 gennaio 1929, a vent’anni è critico musicale de “l’Unità” e a ventitrè muove i suoi primi passi nel mondo del cinema lavorando come sceneggiatore con registi come Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani e Dino Risi. Dopo aver diretto un paio di cortometraggi, nel 1961 gira il suo primo lungometraggio, "L’assassino", un poliziesco interpretato da Marcello Mastroianni che gli procura qualche guaio con la censura. Seguono "I giorni contati" con Salvo Randone nel 1962, "Il maestro di Vigevano" con Alberto Sordi nel 1963, "La decima vittima ancora" con Mastroianni nel 1965, "A ciascuno il suo" con Gabriele Ferzetti e Gian Maria Volonté nel 1967 e "Un tranquillo posto di campagna" con Franco Nero nel 1968. Nel 1970 dirige "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" con Gian Maria Volonté il primo film di quella che viene considerata la sua “trilogia sul potere” e che si completa con "La classe operaia va in paradiso" del 1971 sempre con Volonté e "La proprietà non è più un furto" nel 1973 con Ugo Tognazzi. Seguono "Todo modo" nel 1976 con Volonté, Mastroianni e Mariangela Melato e "Buone notizie" nel 1979 con Giancarlo Giannini. Il 10 novembre 1982 muore a Roma a soli cinquantatre anni mentre sta per iniziare a girare "Chi illumina la grande notte" con Marcello Mastroianni.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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