Il 23 novembre 1941 nasce a San Prospero di Parma Franco Nero, registrato all'anagrafe come Francesco Sparanero. Dopo il diploma di ragioneria se ne va a Milano per frequentare la Facoltà di Economia e Commercio. Ben presto però decide che la laurea non è il suo obiettivo. Interrompe gli studi universitari e inizia a frequentare i corsi di recitazione del Piccolo Teatro di Milano. La prima occasione di passare al cinema arriva nel 1961 quando Mario Monicelli gli propone una parte in un episodio "Boccaccio 70". Lui non si sente pronto e rifiuta. Il debutto è solo rinviato al 1964 quando partecipa al film "La ragazza in prestito" con Annie Girardot e Rossano Brazzi. Dopo il successo di "Django" è Abele nel film "The Bible" (La Bibbia) di John Huston e Lancillotto nel musical "Camelot" di Joshua Logan. Nel 1967 vince il David di Donatello per "Il giorno della civetta" di Damiano Damiani, ispirato al romanzo di Leonardo Sciascia. Da quel momento diventa uno degli attori italiani più stimati in campo internazionale. Nella sua lunga carriera lavoracon registi come Elio Petri, Florestano Vancini, Marco Bellocchio, Luis Buñuel, Sergej Bondarčuk, Rainer Werner Fassbinder e tanti altri, compresi i già citati Houston e Damiani. Per gli amanti del western all’italiana però resta Django e Keoma, cioè l’inizio e la fine, l’alfa e l’omega, uno dei primi film e quello che chiude l’epopea di un genere che lui attraversa da protagonista. Franco Nero è il solitario dagli occhi azzurri, l’antieroe per eccellenza. Più tormentato del Clint Eastwood dei film di Leone ma non meno spietato di lui, agli occhi degli appassionati ha il merito di non aver mai tradito il genere che gli ha dato la fama. Nonostante la rapida popolarità internazionale, i fasti hollywoodiani e i premi importanti tributatigli dalla critica per opere cinematografiche di notevole impegno, non cessa mai di riprendere la colt e tornare in qualche paesino di frontiera. Lui accompagna il western all’italiana dall’inizio alla fine passando per le varie evoluzioni. Scolpisce il personaggio di Django, il più imitato di tutta la storia di quel genere cinematografico, quando le strade del west di casa nostra propongono solitari e vendicativi antieroi. Poi va nelle lande desolate del Sudamerica a dare una mano ai rivoluzionari quando il genere si apre alle spinte eversive delle ragioni dei poveri del mondo e diventa Cipolla Colt quando il western si fa ironico. Alla fine, mentre tutti stanno ormai emigrando verso altri generi, accetta di vestire i panni del mezzosangue Keoma per l’ultima grande avventura del western all’italiana.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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