Il 17 aprile 1999 a Bonn, in Germania, alla manifestazione per la libertà del popolo Curdo, di fronte a duecentocinquantamila persone appare una cantante dalla testa bionda e con una chitarra. Inizia a cantare e pian pian piano conquista l’immenso pubblico. In Italia il sitema non la ama troppo eppure la sua è una voce importante, dall'estensione straordinaria e dai mille colori, che si arrampica agile su canzoni mai banali che parlano d'amore, di pace, di utopia e di battaglie "dalla parte del torto". C'è chi ha scritto di lei che «è una cantautrice che spiazza» con le sue poesie in musica per la capacità di raccontare storie e sensazioni, senza indulgere in ammiccamenti. Sarà per questo che non ha mai avuto vita facile nel music business, nonostante le belle parole e le pacche sulle spalle. Ricordo di avere ascoltato per la prima volta alla metà degli anni Ottanta, poco tempo dopo la pubblicazione la demo del suo brano "Non si interrompono i sogni". Perché potesse finire su disco c'è voluto più di un decennio, tanti sono gli anni che separano il suo primo album Almeno tentare dal secondo L'utopia ti cingerà la vita del 1997. Incapace di scendere a patti con la sua coscienza ha vissuto di concerti dal vivo. Nel 2001 due anni dopo il concerto di Bonn riesce finalmente a pubblicare un nuovo CD, anzi due: un album intitolato Armonia novella e una sorta di singolo con la versione italiana della Marcia mondiale delle donne scritta dalle canadesi Karen Young e Janet Lumb, cui sono abbinati altri quattro brani scelti "non a caso" tra quelli già pubblicati. In entrambi i lavori la affiancano quelli che per qualche tempo sono diventati i suoi inseparabili compagni di strada: il nero e massiccio percussionista Karl Potter e il bianco ed etereo chitarrista e tastierista Roberto Genovesi. La linea e l'ispirazione dei due CD sono identiche. Sono nati sotto la stessa stella e hanno anche un brano che li unisce: è Merci (Grazie), una canzone in francese che sembra una preghiera laica. Ma mentre Marcia mondiale delle donne gira inevitabilmente tutto intorno all'inno che gli dà il titolo, Armonia novella è un disco più complesso e con maggior respiro. Si apre con La danza nel freddo, il brano ispirato al calvario del popolo curdo e si chiude con Sulla sabbia una delicata (ma non troppo) poesia d'amore. In mezzo c'è la tenerezza, la rabbia e la voglia di lottare di un'artista che non rinuncia coniugare l'impegno con la gioia di vivere perché anche nei momenti più difficili, nel «delirante frastuono, c'è dell'altro nell'aria…». E poi c'è l'ironia, un'arma che Silvana usa in modo devastante in Mercati mentali («com'è bello il discografaro/ha tutto il genio del somaro»), con ottimismo e determinazione. I due dischi sono un po' la trasposizione delle due facce di una cantautrice che fatica a farsi accettare per quello che è: una donna che canta e scrive parole e musica senza pensare allo sbocco commerciale. In altri paesi probabilmente, sarebbe un personaggio importante. Da noi fatica a trovare spazio.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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