Il 1° maggio 1917 nasce a Bordeaux Danielle Darrieux. Attrice cinematografica con un piede anche nel teatro ha lasciato nel corso della sua lunga carriera una sequenza costante di piccoli, ma preziosi segni musicali. Non poteva essere diversamente, visto che fin da piccola la ragazza, nata in una famiglia di appassionati melomani coltiva una passione per la musica neppure tanto nascosta. Sua madre ha una voce deliziosa e ha studiato canto. Le sue esibizioni, però, sono riservate esclusivamente all’ambito casalingo, visto che il marito, medico, le ha proibito di esercitare la sua arte in pubblico ritenendo disdicevole il canto per una donna maritata e di buona società. Quando vanno tutti a vivere a Parigi il severo papà Darrieux dirige con polso fermo la vita della sua famiglia cui non fa mancare il necessario e quel poco di superfluo che fa la differenza tra la “buona società” e la gente normale. È convinto di aver pensato a tutto, ma invece non è così. Nel 1924 muore all’improvviso. Il tragico avvenimento cambia il destino della piccola Danielle, che all’epoca ha soltanto sette anni. La musica, che fino a quel momento era relegata nel ruolo di piacevole ma riservato intrattenimento famigliare diventa una preziosa fonte di sostentamento. La madre, infatti, per rinsanguare le modeste risorse garantite dall’eredità del marito, rispolvera le sue conoscenze musicali e si mette a dare lezioni di canto. Caduto il divieto paterno anche la bambina inizia a frequentare regolari corsi di pianoforte e violoncello al Conservatorio di Parigi. Quando viene interrogata sui suoi sogni la giovane Danielle Darrieux risponde incerta oscillando tra la speranza di una carriera da concertista e la tentazione dei grandi palcoscenici dei teatri e dei cabaret. Nel dubbio, sua madre si premura di tenerle aperte tutte le porte continuando a pagare la retta del conservatorio e dandole lezioni di canto. Come spesso accade, invece, il futuro segue strade diverse da quelle inizialmente previste. L’elemento destinato a cambiare per sempre il suo destino è un’allieva dei corsi di canto di sua madre che si chiama Marie Serta. Non è importante, non è particolarmente conosciuta, ma ha un marito che lavora nella nascente industria cinematografica francese. Grazie a lui, la non ancora quattordicenne Danielle Darrieux si ritrova nel cast del film musicale “Le bal” di Wilhelm Thiele. La sua prova convince il regista e, soprattutto, la produzione che le offre un contratto di cinque anni. La madre, preoccupata che la ragazza non si lasci suggestionare dall’ambiente, tenta di resistere alle lusinghe obiettando che la figlia non ha mai pensato di poter fare l’attrice e che, quindi, non ha alle spalle neppure un giorno di accademia o di scuola di teatro. Poi cede di fronte alla risposta degli interlocutori: «La ragazza non ha bisogno di studiare perchè è una straordinaria interprete istintiva!». In quegli anni il suo ruolo è quello della monella bizzarra e dispettosa che accompagna o fa da controcanto al protagonista della storia. I suoi partner sono artisti affermati come Jean-Pierre Aumont, Henri Garat, Charles Boyer e, soprattutto, quell’Albert Préjean con il quale gira ben sei film formando una delle più apprezzate coppie del cinema musicale francese del decennio che precede la seconda guerra mondiale. Celebrata come “la più brava debuttante del cinema francese dei primi anni Trenta”, Danielle, grazie alla sua abilità recitativa e alla sua bellezza riuscirà nel corso della sua lunga carriera a non smentire mai il giudizio positivo dei suoi estimatori. Tra i film che la vedono protagonista c’è anche “Mauvaise graine”, un lungometraggio uscito nelle sale italiana con il titolo “L’amore che redime”. Danielle Darrieux lo gira nel 1933 e il regista è un giovane austriaco fuggito dal suo paese per evitare la repressione nazista. Il suo nome è Billy Wilder. La sua interpretazione in questa pellicola non sfugge a un regista attento come Anatole Litvak che nel 1935 decide di affidare proprio a lei l’impegnativo ruolo della contessa Marie Vetsera in “Mayerling” al fianco di Charles Boyer. Il film ottiene un successo straordinario in tutto il mondo e le apre le porte di Hollywood. Considerata ormai un’interprete di rango internazionale Danielle, che nel frattempo ha sposato il regista e scenografo francese Henri Decoin, viene scritturata dalla Universal con un contratto di ben sette anni. Nel 1938 gira al fianco di Douglas Fairbanks Jr il suo primo film interamente statunitense. È “The Rage of Paris”, una commedia brillante diretta da Henry Koster che nella versione italiana porta il titolo “Allora la sposo io”. Nonostante il successo l’esperienza hollywoodiana è destinata a interrompersi prima del tempo. La nostalgia della Francia è più forte della seduzione della Mecca del cinema e l’attrice rompe il contratto con la Universal e torna nel suo paese non senza aver prima saldato la salata penale prevista dal contratto stesso. Tornata in Francia interpreta una lunga serie di film drammatici come “Katia” di Maurice Tourneur o brillanti come “Piccola ladra”, diretto da suo marito Henri Decoin. Sono anni difficili e sull’Europa riprendono a soffiare, forti, i venti di guerra. Parigi e la Francia subiscono l’onta della sconfitta e dell’occupazione nazista. Danielle Darrieux, a differenza di molti suoi colleghi, decide di non andarsene e resta a recitare nella Francia occupata. La decisione all’epoca appare incomprensibile e attira su di lei le critiche degli ambienti della resistenza. Alla fine del conflitto si scoprirà che la donna è stata costretta a restare dalla minaccia nazista di arrestare suo fratello se avesse rifiutato di collaborare. Come se non bastassero le implicazioni politiche delle sue scelte contraddittorie, trova modo di complicarsi la vita anche sul piano sentimentale. Alla fine del 1941, innamoratasi del diplomatico dominicano e noto donnaiolo Porfirio Rubirosa divorzia dal marito e sposa il suo nuovo amore il 18 settembre 1942. È l’inizio di una nuova, tremenda avventura. Rubirosa, accusato di essere una spia antinazista, nonostante il suo passaporto diplomatico viene costretto agli arresti domiciliari in attesa di un suo possibile internamento in un carcere tedesco. Danielle Darrieux, disperata accetta di esibirsi per gli occupanti in una lunga tournée in cambio della liberazione del marito. Ottenuto il suo rilascio, i due si rifugiano in Svizzera. Con la Liberazione anche il loro amore entra in crisi e Danielle che pure aveva accettato più d’un umiliazione per salvargli la vita, lo lascia definitivamente nel 1947. Un anno dopo la separazione da Porfirio Rubirosa Danielle Darrieux sposa il regista George Mitsikides, più volte da lei definito “l’uomo della sua vita”. I due vivranno insieme fino al 1991, anno in cui lui muore. Riprende anche a lavorare accettando la richiesta di Jean Cocteau di vestire i panni della Regina di Spagna nel film “Ruy Blas” del 1947. È l’inizio di una nuova stagione di successi. Più matura e consapevole dei suoi mezzi tende differenziare le interpretazioni spaziando in ruoli diversi. Il suo amico Joseph L. Mankiewicz la convince anche a ritornare a Hollywood per affiancare James Mason nel film “Operazione Cicero”. Nel 1955 fa scalpore la sua interpretazione di Constance Chatterley nella “scandalosa” versione cinematografica de “L’amante di lady Chatterley” diretta da Marc Allégret. A partire dagli anni Sessanta riduce progressivamente il suo impegno cinematografico dedicandosi anche al teatro dove ottiene grandi successi con opere come "La Robe Mauve de Valentine", una commedia messa in scena nel 1963, o “Coco” un musical di Broadway basato sulla vita di Coco Chanel nel quale sostituisce Katharine Hepburn. Il passare del tempo non scalfisce la popolarità e, nonostante gli anni, anche nel nuovo millennio non rinuncia a qualche presenza significativa in film come “Otto donne e un mistero” di François Ozon del 2002 o “Nouvelle chance” di Anne Fontaine del 2006. Muore il 17 ottobre 2017.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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