Il 21 maggio 2003 muore Alejandro De Tomaso. Argentino, nasce a Buenos Aires 10 luglio del 1928 in una delle famiglie nobili della nazione sudamericana. Sua madre appartiene a una delle più ricche dinastie del paese, mentre il padre è un personaggio politico di spicco. La politica è la sua prima passione e gli procura i primi guai con il regime peronista che in quegli anni governa il paese dove è nato. Per questa ragione nel 1955 a ventisette anni lascia l’Argentina per l’Italia dove scopre una nuova passione quella per le corse automobilistiche e i motori. La sua prima casa si chiama Maserati. Qui, infatti corre dal 1955 al 1959 prima sotto l’insegna del Tridente e poi sotto quello dell’Osca. Nel 1959 Alejandro decide di aprire una sua scuderia e di costruirsi da solo le auto da corsa. Nascono così, le officine De Tomaso di Modena. La prima sede è ad Albereto, un sobborgo della città emiliana. All’inizio degli anni Sessanta il nome De Tomaso sigla una serie di vetture di formula Junior e di categoria Sport. I motori sono della Osca, una sorta di gioiello della famiglia Macerati che però tra il 1962 e il 1963 entra in crisi e passa sotto il controllo della MV Agusta. Alejandro trova un nuovo partner nella Ford che gli fornisce un quattro cilindri di circa 1.500 cc. destinato alla motorizzazione della prima De Tomaso stradale, la Vallelunga, una sorta di via di mezzo tra una granturismo e un’auto da corsa. Nei tre anni successivi vengono presentati vari prototipi da competizione mentre nel 1966 arriva la prima vettura da leggenda. È la Mangusta. Disegnata da un Giorgetto Giugiaro con un motore Ford di 4,7 litri capace di 306 cv la vettura raggiunge i 250 Km. orari. Il successo della Mangusta spinge De Tomaso ad allargarsi acquisendo la proprietà delle carrozzerie Ghia e Vignale mentre Ford si accaparra l’80% delle azioni del gruppo acquisendone anche i diritti di distribuzione in nordamerica tramite la rete Lincoln-Mercury. In quegli anni arriva anche il vero monumento della De Tomaso, la Pantera, un auto che nei primi due anni di produzione viene venduta in circa cinquemila esemplari e destinata a restare uno dei pilastri portanti della produzione nonostante un progressivo affievolimento del successo commerciale. Quando, nel 1995 la produzione si arresta definitivamente ne sono stati venduti 9.200 esemplari. La Pantera supererà anche il passare delle mode grazie al restyling operato all’inizio degli anni Novanta da Marcello Gandini, l’artefice di altri grandi capolavori estetici come la Diablo e le Macerati Shamal e Ghibli. Proprio la Pantera fa da base alle De Tomaso successive. Nel 1970 la De Tomaso esordisce in Formula 1 con una vettura nata dalla collaborazione con Frank Williams, ma non ci resta per molto. Il grave incidente in cui perde la vita il pilota Courage convince l’azienda a ritirarsi definitivamente dalle competizioni a fine anno. Nel 1971 è pronta la Deauville, la prima quattro porte di De Tomaso realizzata sulla base della meccanica della Pantera con uno spostamento anteriore del motore. Il periodo in cui nasce non è dei migliori. Il primo shock petrolifero e la conseguente crisi del settore automobilistico frenano l’entusiasmo dei mercati e il modello finisce per non ottenere il successo che merita. Nel 1972 De Tomaso acquisisce il controllo della Benelli e l’anno successivo riacquista da Ford la sua azienda, lasciando agli americani le carrozzerie Ghia e Vignale. È un periodo di grande crescita che vede la De Tomaso viaggiare in controtendenza rispetto alla sfavorevole congiuntura economica con acquisizioni importanti come quello della Maserati e dell’Innocenti. Paradossalmente la crisi arriverà negli anni Ottanta quando l’economia globale darà, invece, segni di ripresa in tutti i settori. Nel 1993 Alejandro De Tomaso, colpito da ictus, deve ridurre la sua presenza alla guida dell’azienda. Pian piano passa ad altri i grandi marchi acquisiti nel corso del tempo, compresa la Maserati che finisce alla FIAT. Il 21 maggio del 2003 la leggenda del pilota-industriale argentino venuto in Italia a cercar fortuna finisce con la sua morte.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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