Il 5 maggio 2005 inizia da Mestre un nuovo tour dei Subsonica. Si chiama “Terrestre” come l'album arrivato poche settimane prima nei negozi il cui titolo non è scelto a caso visto che il gruppo lascia lo spazio siderale delle soluzioni ipertecnologiche per tornare a camminare sulle polverose strade del pianeta che ci ospita. Dopo due anni passati a inseguire progetti solistici, il chitarrista e maitre à penser Max Casacci, il bassista Vicio, il batterista Ninja e il tastierista Boosta sono tornati a lavorare insieme con un progetto davvero nuovo. Meno elettronica e più strumenti veri, questo è il succo della nuova fase della band torinese. «In passato abbiamo imprigionato le nostre potenzialità di musicisti per dare spazio all’elettronica, oggi recuperiamo il piacere dell’uso libero e creativo degli strumenti. In questo senso i concerti dal vivo ci hanno aiutato a non aver paura di riprendere in mano gli strumenti e per la prima volta nella nostra storia abbiamo lavorato sui brani con in testa la loro dimensione live». Parola di Max Casacci, uno che tra consolle, software e diavolerie sonico-tecnologiche ha passato una bella fetta di vita. Il disco, registrato nel loro covo Casasonica di Torino, ha avuto in fase di mixaggio la supervisione di Dave Pemberton, il maghetto che ha regalato scintille di genialità a gruppi come Prodigy, Orbital o Groove Armada, solo per citare i primi che vengono in mente. La trasformazione segna anche il passaggio della band dall’universo indipendente a una major di peso come la Emi/Virgin, avvenuto non senza polemiche. Terrestre è un album che evidenzia una forte discontinuità con i precedenti. Parte duro e cattivo con Corpo a corpo, una denuncia a nervi scoperti che corre su una robusta e nevrotica base ragga, poi segue rotte trasversali e oblique tra generi e ambientazioni diverse. A naso ci sembra che almeno cinque episodi, il già citato Corpo a corpo, il meticciato Ratto, le autocitazioni di Abitudine, il vinilico Gasoline e le suggestioni acustiche di Le serpi, spicchino tra gli altri e abbiano le potenzialità e l’autonomia per diventare singoli di peso. Tutto il disco, però, parla un linguaggio nuovo, povero d’effetti tecnologici e ricco di quella sperimentalità gentile che caratterizzava i migliori momenti del progressive degli anni Settanta. Emblematica, da questo punto di vista, è la traccia che dà il titolo all’album, un brano strumentale che sembra indicare l’orizzonte futuro del gruppo, aperto alle sonorità del mondo, ma tenacemente abbarbicato al proprio progetto innovativo. Loro lo descrivono come «Un modo di raccontare diverso dalla solita forma canzone», noi ci ritroviamo l’immaginario e le ambizioni del primo progressive, quello non ancora appesantito dalle cervellotiche elucubrazioni fini a se stesse che ne determinarono la prematura fine. I Subsonica tornati sulla terra tentano dunque una nuova strada, ma quanto pesa il “cappello” di una major? «Poco, visto che gestiamo direttamente management e attività live e che il contratto con la Virgin prevede la massima libertà artistica…» E per rafforzare il concetto fanno sapere che hanno deciso di contenere in tredici euro il prezzo dei biglietti d’ingresso ai concerti del tour.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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