Il 18 luglio 1917 a Caienna, nella Guyana Francese, nasce Henri Salvador. «Sono nato ieri, vivo oggi e morirò domani. Niente è più semplice da capire della vita». Con questa battuta presa in prestito da un proverbio polinesiano nel corso della sua carriera risponderà alle domande troppo complesse sulla sua vita. Del resto sono anni che i cronisti lo tormentano con quesiti un po’ banali sulla sua straordinaria longevità.. La sua carriera attraversa la canzone europea per più di sessant’anni. Comincia con Duke Ellington e Cole Porter e nei primi anni del nuovo millennio torna al vertice delle classifiche di vendita con un disco che fa gridare al miracolo la Francia intera e gran parte degli appassionati di musica del mondo. In quell’occasione si è parlato di un inaspettato ritorno sulle scene ma in realtà Henri Salvador non se n’era mai andato. Il palcoscenico è da sempre la ragione della sua vita, una personale macchina del tempo, una sorta di specchio magico dal quale attinge l’energia necessaria a continuare. Le muse delle arti gli sono amiche, quasi sorelle. Nella sua lunghissima carriera è stato cantante, chitarrista, comico, accanito giocatore di bocce, pugile coriaceo e showman accattivante. Nata dal jazz la sua leggenda si è via via alimentata di storie, amicizie e incontri. Le sue collaborazioni e il reticolo delle sue relazioni sono una mappa preziosa per chi vuole esplorare la musica leggera del Novecento, i generi che l’hanno caratterizzata e le sue grandi passioni. La vita di Henri Salvador diventa quasi una bussola per chi si avventuri nell’impresa. È stato all'Ed Sullivan Show, ha vissuto le folli notti del jazz manouche con Django Reinhardt, si è inventato interprete di rock and roll, ha lavorato per Walt Disney, dà del tu a gente come Quincy Jones e Caetano Veloso, e ha diviso la strada con artisti come Michael Petrucciani ed Eddie Louis. Tra le amicizie più intense ci sono quella con Jacques Brel, con il quale affronta anche un leggendario viaggio alle Isole Marchesi, e soprattutto con Boris Vian, incontrato nel 1957 e mai più cancellato dagli affetti. Henri Salvador nasce il 18 luglio 1917 nella Guyana Francese. Sul luogo di nascita ci sono ipotesi divergenti. Per alcuni è nato a Caienna, la leggendaria Cayenne terrore dei deportati, per altri in una casa di Rue de la Liberté nella vicina città di Sinnamary. Suo padre, un guadalupano d’origine spagnola che fa l’esattore per conto del governo francese, sogna un avvenire splendido per i figli (oltre a Henri ci sono anche André e Alice). Per questo nel 1924 se ne va a Parigi con tutta la famiglia. Henri ha sette anni e il destino segnato, almeno secondo il genitore: «Tu farai il medico o l’avvocato». Lui abbozza, ma ha l’impressione che nelle strade, nei locali, nei teatri e nelle notti della ville lumiére sia nascosto un avvenire diverso da quello che ha in mente papà. Proprio le strade della capitale con i loro personaggi pittoreschi, attori, musicisti, cantanti e clown diventano la sua scuola. Qui costruisce pian piano il suo personaggio eclettico e nel 1933, a sedici anni, scopre il jazz ascoltando i dischi di Louis Armstrong e Duke Ellington. È amore a prima vista. Compera una chitarra e inizia a imparare da solo a suonarla. Tecnicamente non è un fenomeno ma la passione supplisce alle carenze e il primo ingaggio gli arriva dall’orchestra di Paul Raiss. Forma poi un quartetto jazz con suo fratello André che lo supporta alla chitarra, il pianista Marcel Mazelin e un ormai dimenticato batterista che di nome faceva Martin. I quattro suonano in occasione dell’apertura del Jimmy’s Bar e si fanno voler bene subito dal pubblico affascinato dal contrasto tra la gestualità e la mimica esagerate di Henri e la sua voce calda e teneramente malinconica. In quella serata si capisce che non sarà né medico né avvocato. Nel 1936 Henri conosce Eddy South che gli svela i segreti del blues e della musica afroamericana. La musica e gli spettacoli non si interrompono neppure quando, nel 1937, viene chiamato a prestare il servizio di leva nell’Armée, l’esercito francese. Acquartierato a Parigi continua a fare la vita di prima. Trascrive a orecchio le musiche di Duke Ellington e di Cole Porter e poi va al Jimmy’s Bar a suonarle con gente sveglia che sta cambiando anche il jazz come Django Reinhardt. Sono anni di grandi emozioni ma anche di terribili paure. All’orizzonte della Francia e dell’Europa si stanno addensando nuvole nere foriere di tempesta. La seconda guerra mondiale è alle porte e le armate hitleriane arrivano a Parigi. Viste le idee dei nazisti in materia razziale per un uomo dalla pelle nera, anche se è un artista, non sono tempi da vivere spensieratamente. Henri Salvador riesce a fare carte false e ad andare prima nella “zona libera” della Costa Azzurra dove si unisce all’orchestra di Bernard Hilda. Vista l’aria che tira, però, preferisce accettare la proposta d’ingaggio di Ray Ventura, il direttore di una delle grandi orchestre swing del periodo, che lo vuole con sé in una lunghissima tournée americana. È l’inizio della sua popolarità internazionale. Le sue esibizioni a base di musica, mimica, parole, gag e canzoni conquistano il cuore del pubblico d’oltreoceano. Con la Liberazione torna in Francia da trionfatore. Sono gli anni della bossa-nova, del successo di brani come Clopin clopant, La jalousie e tanti altri. Sono gli anni dell’amicizia e della collaborazione con Boris Vian che segnano il suo definitivo passaggio tra gli chansonnier. È anche il periodo dell’incontro con l’amore della sua vita, Jacqueline Garabedian, sposata il 24 gennaio 1950 e mai più abbandonata per il resto della vita. Nella seconda metà degli anni Cinquanta, quando l’arrivo del rock and roll spiazza l’ambiente della canzone francese Henri Salvador se la ride sotto i baffi registrando con lo pseudonimo di Henry Cording & his original Rock and Roll Boys un disco con brani scritti da Boris Vian e Michel Legrand. È il 1956 e siccome al di là del personale divertimento, pensa che il rock and roll sia soltanto «…un jazz suonato male…», giusto per marcare la differenza torna alla chitarra jazz e registra il disco Salvador plays the blues. La televisione porta in tutte le case la carismatica presenza scenica. Se l’occhio implacabile della telecamera segna per altri artisti della sua generazione l’inizio del declino, per lui è un’occasione di dare nuova vita al personaggio. Sul piccolo schermo può dare fondo allo straordinario collage di esperienze diverse che ha concorso alla sua formazione artistica. Per esempio la maschera televisiva che strabuzza gli occhi facendo sberleffi alla telecamera nasce dagli insegnamenti dei pagliacci del circo e in particolare del Clown Rhum. La sua faccia di gomma e la sua voce da crooner conquistano anche un pubblico difficile come quello italiano quando nel 1961 vengono ospitate dalla Rai nel varietà “Giardino d'inverno” e Remigio Paone, uno dei grandi impresari dell’epoca, lo scrittura per un tour con Wanda Osiris e il quasi debuttante Nino Manfredi. Gli anni Settanta iniziano sotto una buona stella con il successo del secondo album dedicato a Boris Vian e la collaborazione alla colonna sonora di vari film d’animazione di Walt Disney, ma a partire dal 1976 la vita sembra presentargli il conto con la morte dell’amata moglie Jacqueline. Henri si chiude in se stesso. Diminuisce l’attività fino a fa pensare che abbia tolto il disturbo in silenzio. Abbassa le luci del palcoscenico ma non stacca la spina. Lo sanno bene gli amici più cari come il pianista jazz Michel Petrucciani che negli anni Ottanta lo coinvolge in una indimenticabile jam session o il brasiliano Caetano Veloso gli rende omaggio rivisitando la sua ballata Dans mon île. La rinascita vera arriva però con il 2000 quando la sua voce festeggia il nuovo millennio ritornando a volare con Chambre avec vue, un album di canzoni inedite che scala le classifiche di mezzo mondo. Ha ottantrè anni. L’età giusta per ricominciare. Il tempo però non gli è alleato. Muore il 13 febbraio 2008 a Parigi.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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