Il 12 ottobre 1990, nello Stadio Nazionale di Santiago del Cile, ha inizio “From Chile... an embrace of hope” (Dal Cile… un abbraccio di speranza), una kermesse musicale di due giorni destinata a sostenere l’iniziativa di Amnesty International. La scelta del luogo non è casuale. Lo Stadio Nazionale sedici anni prima è, infatti, divenuto tristemente noto in tutto il mondo per essere stato trasformato in un lager dai militari golpisti del dittatore Pinochet. I suoi spalti sono stati muti testimoni dell’agonia e del terrore di decine di migliaia di militanti di partiti di sinistra e di democratici imprigionati, torturati e uccisi. Nonostante il paese sia ormai uscito dal tunnel della dittatura e la democratizzazione abbia mosso i primi, timidi, passi, le autorità avrebbero preferito evitare lo svolgimento del concerto nello Stadio Nazionale, preoccupati, a loro dire, per l’ordine pubblico. Al contrario le organizzazioni democratiche ritenevano importante proprio la sua collocazione il quel luogo per la forte valenza simbolica. Determinante nel lungo braccio di ferro è stata la determinazione delle rockstar internazionali che, in un documento consegnato alle autorità cittadine, facevano sapere che qualunque spostamento avrebbe provocato l’annullamento del concerto con conseguenze rovinose sul piano dell’immagine per il Cile. Il 12 ottobre decine di migliaia di spettatori, in larga parte giovani, assistono all’inizio di due giorni intensi di concerti a favore dei diritti umani in tutto il mondo. Tra i protagonisti della lunga manifestazione ci sono Jackson Browne, Crosby, Stills & Nash, Peter Gabriel, Sinead O’Connor e Sting. Emozionante è l‘esibizione degli Inti Illimani, il gruppo cileno rientrato in patria nel 1989 dopo ben quindici anni d’esilio. Il colpo di Stato li aveva sorpresi a Roma, nel corso della loro prima tournée europea. Considerati sovversivi dal dittatore Pinochet, si erano visti negare il permesso di rientrare nel loro paese e avevano stabilito la loro sede operativa a Roma. Quando il gruppo appare sul palco dello Stadio Nazionale di Santiago scoppia un grande applauso che sembra non finire mai. «Siamo tornati, grazie di tutto! Questo stadio ritorna a vivere, ma ciò che è accaduto non può, non deve essere cancellato», dice Horacio Salinas anche a nome dei suoi compagni e non aggiunge altro. Il resto sono musica e canti.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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