Il 20 ottobre 1964 i Rolling Stones suonano all'Olympia di Parigi. Il pubblico francese, che aveva accolto con freddezza i Beatles, impazzisce letteralmente per la band di Mick Jagger e Keith Richards. In particolare l'arrivo degli Stones fa convergere verso il centro della città migliaia di ragazzi provenienti dalla periferia che, impossibilitati a entrare, si scatenano in una lunga guerriglia urbana con la polizia. I tabloid inglesi ne danno notizia senza enfasi, quasi con noia: «I Rolling Stones suonano all'Olympia di Parigi e scoppiano i soliti tumulti tra fans e polizia». Eppure quelli di Parigi non sono i «soliti tumulti», ma la dimostrazione della capacità del gruppo di incendiare la rabbia e il senso di frustrazione di una generazione che pochi anni più tardi tenterà di dare la scalata al cielo. Quelli di Parigi non sono i «soliti tumulti» neppure per qualità. A iniziare la battaglia con la polizia sono, senza alcun dubbio, i giovani rimasti fuori dall'Olympia, ma ben presto essi ricevono manforte anche dai "privilegiati", quelli che sono riusciti a entrare. Scatta, generale, la solidarietà. La battaglia dura molte ore e pian piano si allarga di fuori della zona del teatro. Nelle ore successive al concerto sono decine le bande di ragazzi e ragazze, spesso giovanissimi, che attraversano i boulevard lanciando tavoli, sedie, segnali stradali e ogni oggetto possibile contro le vetrine dei negozi. Alla fine il bilancio sarà di oltre centocinquanta persone arrestate. Uno dei pochi a tentare di capire il “fenomeno Stones” sarà Tom Wolfe, che li definirà “spauracchio della borghesia” e spiegherà il legame istintivo con gli strati più emarginati della società con il fatto che «i Rolling Stones provengono dai bassifondi della vita, un cono d’ombra che per anni è stato il regno degli outsider dell’arte e della fotografia, abitato da poveri ragazzi» che proprio nella musica della band trovano la scintilla necessaria a incendiare la loro rabbia.
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