Il 13 novembre 1981 arriva nei negozi britannici l’album Tin drum dei Japan. È un disco che suscita curiosità fin dal titolo, preso in prestito da un romanzo di Gunther Grass, lo scrittore tedesco del Gruppo 47. Le maggiori discussioni riguardano, però, l’immagine di copertina, nella quale il leader della band, David Sylvian, è fotografato con un grande poster di Mao alle spalle. La foto è in bianco e nero, con la luce che, nonostante una lampadina al centro della scena, arriva di taglio da sinistra e dà ancor più risalto all’immagine del “grande timoniere”. Sylvian, famoso per i suoi make up e per l’ostentata ambiguità sessuale, è vestito in modo sobrio e con un paio d’occhiali da vista che ne rafforzano l’atteggiamento serioso. Il messaggio implicito è quello di un grande rispetto. Uno dei personaggi-simbolo della trasgressione non solo musicale si avvicina con un’insolita sobrietà all’immagine del Presidente Mao, che all’inizio degli anni Ottanta non ha più la carica simbolica che aveva dieci anni prima nell’immaginario collettivo delle giovani generazioni. La scelta dei Japan suscita sorpresa e, inevitabilmente, più di una polemica. Non mancano reazioni indignate, appelli alla sostituzione della copertina e inviti a boicottare la band. Sylvian non commenta, non risponde. Parlano per lui i brani dell’album, dallo splendido Ghost a Vision of China, a Cantonese boy elementi di un successo commerciale che non ha precedenti nella storia della band. Tin drum vola alto nelle classifiche di vendita, ma rappresenta l’apoteosi e, insieme, l’inizio della fine per i Japan. Al termine del tour che segue l’uscita del disco il gruppo annuncerà, infatti, il suo scioglimento. Le polemiche contribuiscono ad allargare le incomprensioni tra Sylvian e i suoi compagni. Il leader, accusato di imporre le sue scelte al resto del gruppo, non si difende. Prende semplicemente atto della situazione. I Japan pubblicheranno ancora un album, Oil on canvas, registrato dal vivo nel corso della loro ultima tournée, che arriverà nei negozi a separazione avvenuta. Finisce così la storia di quella che è stata considerata per lungo tempo una delle più interessanti bands della new wave britannica.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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