Il 12 gennaio 1956 nasce a Ecija, in Spagna, l'organista Benjamin Leon. La vita gli si presenta subito come una lunga strada in salita. Quando ha appena un anno una rara malattia infantile gli spegne per sempre la luce degli occhi. Tre anni dopo la famiglia si trasferisce a Barcellona e il bambino scopre nel mondo della musica nuove sensazioni. I genitori, che non navigano nell’oro, cercano di assecondare la sua passione, ma non possono permettersi il lusso di costosi maestri privati. L’amore per i suoni resta la sua guida principale fino a undici anni, quando inizia frequentare un corso di solfeggio. Le sue qualità istintive non sfuggono ai docenti che lo spingono verso la scuola di musica Ars Nova. La passione per la musica non gli impedisce di compiere studi regolari tanto che frequenterà la facoltà di filosofia, diplomandosi in psicologia. I genitori lo assecondano ai limiti delle loro possibilità. Ha sedici anni quando gli regalano il primo, vero, organo da professionista. Pochi mesi dopo dà il primo concerto al Forum Vergès di Barcellona entusiasmando pubblico e critica. Da quel momento la città catalana diventa il palcoscenico ideale della sua genialità che attinge a una formazione jazzistica quasi esclusivamente autodidatta. Quando viene interpellato sulle ragioni delle sue scelte stilistiche, Benjamin risponde che i suoi maestri principali sono stati i... dischi, anche se non manca di riconoscere l’importanza del contatto diretto con alcuni musicisti, fra i quali Lou Bennett e Tete Montoliu. I concerti al Cova del Drac di Barcellona testimoniano di una progressiva maturità tecnica e stilistica che trova la sua consacrazione quando a diciannove anni, nel 1975, in occasione del Festival del jazz di Vandrell, si ritrova sul palco insieme a un “mostro sacro” come Illinois Jacquet in una jam session destinata a diventare un punto fermo nella sua leggenda personale. Ad appena vent’anni si ritrova, nelle classifiche delle riviste specializzate, a competere con i migliori jazzisti del mondo. Nonostante le ricche offerte, non si esibisce volentieri fuori dai confini della Spagna, paese nel quale il suo nome diventa uno degli elementi fondamentali di una straordinaria diffusione del jazz. Locali come la Cave de Jazz di Tarrasa, il Satchmo di Barcellona e il Balboa Jazz di Madrid saranno il supporto per un ulteriore crescita della sua popolarità e anche la radio e la televisione gli offriranno spazi mai concessi prima a jazzisti spagnoli.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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