Il 14 marzo 1944 il Cinema Teatro Reale di Napoli ospita la prima esibizione di un giovane cantante. I manifesti lo indicano come Sergio Bruni, ma il suo vero nome è Guglielmo Chianese. Non ha neppure ventitrè anni e alle spalle ha una storia da raccontare. Nato a Valricca, un borgo agricolo dell'Hinterland napoletano, porta ancora i calzoni corti quando incontra per la prima volta il lavoro. Sono lavori umili, pagati male, ma servono a mantenere la famiglia. L'unica fuga da quella realtà dura è la musica. A dodici anni suona il clarinetto nella banda musicale e arrotonda le entrate con le mance che gli arrivano quando si esibisce nelle feste per i battesimi e i matrimoni. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale viene chiamato alle armi. Proprio mentre veste la divisa grigioverde a Torino nel 1942 canta per divertimento in uno spettacolino organizzato dai suoi commilitoni. I complimenti dei compagni non lasciano segni anche perché il periodo non è fecondo per chi vuole coltivare sogni. L'8 settembre 1943 butta alle ortiche la divisa e torna a Napoli, dove l'intera città è insorta contro i tedeschi. Si combatte nei vicoli e nelle strade con tutti i mezzi, dai sassi alle tegole, a qualche moschetto recuperato chissà dove e con le armi strappate ai tedeschi. L'insurrezione, che passerà alla storia come "le quattro giornate di Napoli", vede in prima fila vari gruppi di ragazzi che, avendo prestato il servizio militare, se la cavano meglio degli altri con le armi. Tra questi c'è anche Chianese che viene ferito alla gamba e ricoverato in ospedale. È autunno inoltrato quando il cantante Vittorio Parisi e il maestro Anepeta si esibiscono per i feriti ancora ricoverati in uno spazio improvvisato all'interno delle mura ospedaliere. Il futuro Sergio Bruni, reggendosi al bastone, approfitta dell'occasione e canta una canzone. Parisi l'ascolta e intuisce che il ragazzo ha talento. Quando viene dimesso gli dà lezioni di canto e suggerimenti utili per la carriera. Il 14 marzo 1944 inizia così al Cinema Teatro Reale di Napoli la straordinaria carriera di Sergio Bruni, il cantante amato anche dagli intellettuali che lo definiranno "la voce di Napoli". Con uno stile che richiama quello dei cantori popolari e con modulazioni vibrate direttamente mutuate dagli influssi della tradizione araba e spagnola, insieme a Roberto Murolo, verrà considerato uno dei principali artefici della rivitalizzazione della canzone napoletana nella seconda metà del Novecento.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento