Mario Schisa, l’uomo divenuto famoso per aver convinto Luciano Tajoli a «modulare la voce come se avesse il raffreddore» nasce in una famiglia di immigrati italiani a Montevideo, in Uruguay, il 1° maggio 1906. Sono i genitori a costringerlo, fin da piccolo a studiare pianoforte, convinti che solo la musica possa regalare al figlio un futuro migliore del loro. Il padre, in particolare, lo lega letteralmente allo sgabello dello strumento quando lo vede svogliato o distratto. Successivamente torna in Italia e si diploma in pianoforte e composizione presso il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Nei primi anni Trenta debutta come direttore d’orchestra riscuotendo notevoli consensi in spettacoli di varietà e nelle sale da ballo. Nel 1936 ottiene la prima affermazione come compositore con il brano Conosco una fontana. La sua poliedrica vena compositiva, capace di non farsi imprigionare dai generi e aperta alle nuove influenze, sforna un gran numero di canzoni di successo come Appuntamento con la luna, Bellezza mia, Carolina bella, Francescamaria, La gelosia non è più di moda, Luna sincera, Mamma non vuole (rielaborazione del tema del “Capriccio italiano” di Ciaikovskij), Mamma Rosa, Melodie del fiume, Quando mi guardi, Quel fiorellin d’amore, Stornello a pungolo, Valzer dell’altalena, Una notte a Sorrento, Zampognaro e tante altre. Negli anni Sessanta abbandona di fatto la produzione musicale, salvo qualche sporadica eccezione, e s’impegna attivamente nella tutela dei diritti d’autore. Muore a Roma l’11 luglio 1980.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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