Il 14 maggio 1959 muore nel giorno del suo sessantaduesimo compleanno il saxoclarinettista Sidney Bechet, considerato da una parte consistente di critici e musicisti il più grande clarinettista che il jazz di New Orleans abbia mai espresso. Chi non è allineato con questa tesi non contesta il genio ma solo il fatto che il grande Sidney abbia abbandonato troppo presto il clarinetto per dedicarsi al sax soprano, uno strumento che giudicava più adatto alla sua personalità e alle sue inclinazioni. Nelle sue esecuzioni clarinettistiche i critici ritrovano una creatività improvvisativa simile a quella di Johnny Dodds, ma con sonorità migliori e più accattivanti, soprattutto nel registro grave. Anche un personaggio difficile come “Big Eye” Louis Nelson che lo ha avuto come allievo, confida al ricercatore Alan Lomax di ritenerlo il più completo clarinettista che New Orleans abbia mai avuto. Diverso è l’atteggiamento di musicisti e critica nei confronti del Bechet sassofonista. In molti l’accusano di essersi commercializzato soprattutto nella sua ultima produzione da Les Oignons a Petite Fleur. Anche i critici più severi, però, gli riconoscono l’originalità dello stile che lo porta a usare il sax soprano a come voce guida dell'orchestra. Il critico Rudy Blesh ha scritto che Bechet è stato “l'unico trombettista senza tromba della storia del jazz”. Anche i critici più severi però concordano sul fatto che Sidney Bechet sia stato il primo grande solista di sax soprano della storia del jazz e uno dei più grandi in assoluto. Nato a New Orleans, in Louisiana, il 14 maggio 1897, comincia a suonare il clarinetto da bambino. Nel 1911, a soli 14 anni, suona con la Eagle Band di Frank Dusen, nel 1913 con Joe Oliver al Fewclothes Cabaret e al Club 25, nel 1915 effettua una tournée nel Texas con Clarence Williams. Nel 1917, dopo aver suonato per qualche mese nei cabaret di Perdido Street con il gruppo del batterista Henry Martin, se ne va a Chicago per unirsi a quello di Lawrence Duhé al Deluxe Café. Passa poi al Dreamland dove si ritrova con Joe Oliver per poi associarsi a Freddie Keppard e successivamente a Tony Jackson. Da Chicago si trasferisce a New York nel 1919 per suonare con l'orchestra di Will Marion Cook con la quale effettua la sua prima lunga tournée europea. Rientrato a New York viene ingaggiato da Clarence Williams per prender parte alle di sedute di registrazione dei Blue Five tra la fine del 1923 e l'inizio del 1924. Fu quella la prima delle pochissime volte in cui Bechet si trovò a suonare assieme ad Armstrong e l’incontro tra i due si rivelò uno scontro tra due giganti. Bechet è superbo in Kansas City Man Blues, che diverrà un suo cavallo di battaglia, ma anche i suoi duetti con Armstrong in Pickin' On Your Baby, Texas Moaner Blues e Coal Cart Blues sono da ricordare. Lasciato Williams suona con Duke Ellington e con James P. Johnson prima di ripartire per l'Europa con l'orchestra di Claude Hopkins che accompagnava in tournée Josephine Baker. Nel 1928 raggiunge a Parigi l'orchestra di Noble Sissle, con la quale suona a lungo negli anni successivi e nel 1932, dopo una altra breve parentesi con l'orchestra di Ellington, forma i New Orleans Feetwarmers, un gruppo che manterrà in vita, seppur discontinua, per parecchi anni e con il quale registrerà tra il 1932 e il 1941 una lunga serie di dischi per la Victor annoverabili tra i suoi migliori in assoluto. Nel 1938 Bechet prende parte alla famosa Panassié Session con Ladnier e di Milton Mezzrow e, l'anno successivo, veniva chiamato da Jelly Roll Morton a partecipare all'ultima seduta di incisione registrata dal pianista per la Victor avendo come valide spalle Sidney De Paris e Albert Nicholas. Tra le tante incisioni realizzate da Bechet negli anni Quaranta meritano di essere segnalate quelle pubblicate con l'etichetta Blue Note e quelle per la King Jazz con Mezzrow. Negli anni Cinquanta continua a suonare fedele al suo stile fino alla morte.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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