In una Los Angeles assediata dal caldo il 15 luglio 1984 muore a cinquantasette anni la cantante blues Willie Mae Thornton, più conosciuta con l’appellativo di “Big Mama”. Il suo cuore si è fermato proprio alla vigilia della partenza del suo nuovo tour. Esuberante come un’adolescente, nonostante l’età e la mole, con la sua voce tonante lascia un segno indelebile nella storia della musica nera. Nata l’11 dicembre 1926 a Montgomery, in Alabama, è considerata, insieme a Koko Taylor, l'esponente femminile di maggior prestigio del blues del dopoguerra. Dopo aver fatto parte dell'Hot Harlem Revue, nel 1951, grazie alla protezione di Johnny Otis, pubblica i primi dischi di rhythm and blues con la band dello stesso Otis. Nel 1953 la critica la proclama “miglior interprete di rhythm and blues dell’anno” per la canzone Hound dog. In quel periodo registra anche il brano They call me Big Mama, il suo inno personale. Estrosa e anticonformista, fatica ad adattarsi al alle esigenze dell’industria discografica e non si cura di monetizzare il successo. Hound dog vende più di due milioni di copie, ma a lei non toccano che le briciole tanto che qualche anno dopo dichiarerà, candida: «Per quel disco mi hanno dato un assegno di cinquecento dollari, niente di più. Un po’ poco, vero?...». Alla fine degli anni Cinquanta, considerata ormai fuori moda, viene messa ai margini dei grandi circuiti, ma non se la prende più di tanto. Tira avanti suonando la batteria e l’armonica in piccoli gruppi della Baia di San Francisco e compone brani come Ball and chain destinato a far parte del repertorio di Janis Joplin. Negli anni Sessanta, riscoperta dai giovani eroi del folk elettrico, diventa un’artista di culto e conosce una nuova giovinezza lavorando con quasi tutti i grandi maestri del blues, da Muddy Waters a James Cotton, da Muddy Waters a Otis Spann e B.B. King. Alla fine degli anni Sessanta si accosta progressivamente al blues moderno di Chicago e fino alla sua morte continuerà a regalare al pubblico concerti e dischi indimenticabili, con l’energia di una ragazzina.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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