Il 7 agosto 1964 la prestigiosa rivista statunitense “Time” stronca “A hard day’s night”, il primo film dei Beatles, arrivato anche nelle sale italiane con il curioso titolo di “Tutti per uno”. Il critico del giornale, lasciandosi un po’ scappare la mano, arriva e definirlo “Immondizia”. Si ritrovano nelle parole e nello spirito dell’articolo gli umori scandalizzati di chi non sopporta il divertente gioco di citazioni e l’atteggiamento irridente verso l’ordine costituito che costituiscono l’ossatura fondamentale della pellicola. Fortunatamente, pochi giorni dopo, il magazine “Life” pubblicherà una recensione molto meno umorale e astiosa. invitando i propri lettori a non perdere “questo divertente viaggio surreale nello stile dei fratelli Marx”. Pur non essendo un capolavoro il film, diretto con mano leggera da un giovane Richard Lester deciso a non lasciarsi prendere la mano dai Beatles, è ricco di inventiva affabulatoria e costellato da gag fulminanti. Costruito come un finto documentario musicale in sintonia con il “free movie” inglese di quel periodo, racconta le strampalate e improbabili peripezie del quartetto di Liverpool cui vengono affiancati due personaggi-guida: il nevrastenico manager Norm, interpretato da Norman Rossington e John Mixing, il folle nonno di Paul McCartney, affidato all’esilarante interpretazione di Wilfrid “Steptoe” Brambell. Girato in poche settimane tra marzo e aprile del 1964 con un budget di appena duecentomila sterline il film vola sulle ali della popolarità dei Beatles e incassa solo nella prima settimana di programmazione più di un milione di sterline. Il lungometraggio, nato per rompere lo schema delle esperienze cinematografiche delle star del rock and roll, caratterizzate da trame inesistenti inframmezzate da canzoni, suscita l’attenzione del mondo intellettuale londinese che ne apprezza la struttura d’avanguardia. Porterà bene anche al regista Richard Lester, destinato a diventare uno dei più apprezzati e geniali campioni del divertimento intelligente.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
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