All’una di notte del 23 settembre 1970 a Parigi chiude gli occhi e se ne va Bourvil. Il povero diavolo un po’ stordito che il mondo intero ha conosciuto sullo schermo come compagno d’avventure di Louis De Funés è soltanto una parte, universalmente più nota, della grande versatilità artistica di un uomo che è stato amico e ammiratore di Georges Brassens. Il rapporto di Bourvil con la canzone è solido e duraturo, non un flirt stagionale nato sull’onda di un periodo di particolare effervescenza e non è un caso se ancora pochi mese prima di morire registra con Jacqueline Maillan un’esilarante parodia della famosa Je t’aime, moi non plus, il successo della coppia formata da Serge Gainsbourg e Jane Birkin. Ed è proprio la musica la compagna inseparabile con la quale divide ogni istante della sua vita, dagli esordi nei cabarets negli anni dell’occupazione, al grande successo cinematografico, fino ai giorni della malattia che lo porterà alla morte. Bourvil nasce il 27 luglio 1917 a Prétot-Vicquemare e viene registrato all’anagrafe con il nome di André Robert Raimbourg. Quando la madre lo mette al mondo suo padre è lontano, richiamato al fronte per combattere una guerra assurda e sanguinosa che i posteri chiameranno prima Guerra Mondiale. Come centinaia di migliaia di suoi compagni lascia sogni, speranze e, soprattutto, la vita nelle trincee. Non torna più. Suo figlio André cresce così a Bourville, un paese della Normandia, orfano senza aver mai neppure conosciuto l’uomo che gli ha dato il cognome. A scuola se la cava con facilità. Dotato di un’intelligenza vivace e di una memoria di ferro riesce a eccellere abbastanza agevolmente nelle materie di studio, nonostante dal punto di vista disciplinare le autorità scolastiche abbiano più di una riserva sul suo comportamento. Gli piace fare il buffone per i suoi compagni e non disdegna di esibirsi nelle feste scolastiche anche se, come racconta lui stesso, «...avevo dieci, undici anni e talvolta intonavo canzoni un po’ troppo salaci e scollacciate...». L’inevitabile arrivo di qualche punizione fa parte dei rischi... artistici. Crescendo impara a suonare prima la fisarmonica e poi la cornetta e si esibisce quando può in canzoni divertenti come Ignace o La caissière du Grand café, “rubate” al repertorio del suo idolo Fernandel. A vent’anni trova modo di unire l’utile al dilettevole prestando servizio militare come ... trombettista nella banda del 24° Reggimento di Fanteria a Parigi. La divisa gli resta appiccicata più del previsto perchè la Germania nazista invade la Francia e l’esercito è mobilitato per resistergli. Non ci sono congedi né licenze e André viene trasferito con il suo reggimento ad Arzacq, sui Pirenei. Qui incontra il fisarmonicista Etienne Lorin destinato a diventare suo amico e compagno d’avventure musicali per lungo tempo. Nel 1940 la Francia si arrende alla ferocia nazista e l’esercito viene smobilitato. André, dopo aver scelto il nome d’arte di Andrel, in omaggio a Fernandel, se ne va a Parigi a cercare fortuna nel mondo dello spettacolo insieme al suo amico Etienne. La musica non basta per vivere e per un po’ il giovane si adatta a fare l’idraulico e altri mestieri. Alla sera si esibisce nei cabarets parigini con spettacoli di gag e canzoni composte insieme all’inseparabile Etienne. Il suo nome d’arte è ormai diventato quello, definitivo, di Bourvil, quasi un omaggio al paese della Normandia che l’ha visto crescere, ma la sua attività nel mondo dello spettacolo resta frenetica, spezzettata e tutt’altro che esaltante. Passa dall’attività di presentatore al Préludes di Pigalle a quella di comico popolare al Libertys e fa l’intrattenitore musicale per il Petit Casino. Proprio la diversità dei ruoli, che in genere rischia di essere un elemento negativo nella scalata verso il successo, finisce per arricchire straordinariamente il suo bagaglio artistico. La prima svolta nella sua carriera arriva quando Pierre-Louis Guérin, l’impresario di Tino Rossi, lo scrittura per il Club, un locale di cui è direttore artistico. Il contratto prevede che Bourvil ci resti per una settimana ma il successo è tale che, di rinnovo in rinnovo, continuerà a esibirsi su quel palcoscenico per quasi un anno! La sua popolarità attira anche l’attenzione di Jean-Jacques Vital, uno dei personaggi più influenti del mondo radiofonico, che lo vuole con sè a Radio Luxembourg. Nel 1946 Bourvil firma il suo primo contratto discografico e registra per la Pathè alcuni monologhi e una serie di canzoni come Timichiné la pou pou e Houpetta la bella, due esempi di ironiche prese in giro della vena esotico-romantica che caratterizza il repertorio di chansonniers come Tino Rossi. Il primo grande successo discografico arriva però con Les crayons, una irresistibile e sarcastica rivisitazione della chanson réaliste il cui testo porta la sua firma e la musica quella del suo inseparabile amico e fisarmonicista Etienne Lorin. Il brano, che Bourvil canta anche nel film “La ferme du pendu” di Jean Dréville, finisce per aprirgli anche le porte del cinema. Nel 1946 il compositore Bruno Coquatrix, futuro direttore dell’Olympia, lo scrittura per una tournée con l’orchestra di Ray Ventura e nello stesso anno Bourvil vede per la prima volta il suo nome sui manifesti come attrazione principale all’ABC al fianco di Georges Ulmer. Ormai divenuto una vedette del music hall debutta con successo anche nell’operetta che in quel periodo è una delle forme spettacolari di maggior successo. Proprio nell’ambiente dell’operetta incontra Pierrette Bruno, la compagna di una serie di duetti indimenticabili, ma anche altri personaggi destinati ad accompagnarlo per gran parte della sua carriera, come Luis Mariano, Georges Guétary o Annie Cordy. La sua immagine comica non aliena da qualche pungente affondo satirico è l’aspetto che maggiormente cattura il pubblico e che regala a Bourvil grandi successi con canzoni come La tactique du gendarme e À bicyclette. In realtà nel suo repertorio non mancano momenti diversi, ricchi di tenerezza e sentimento e spesso sottolineati da interpretazioni di grande suggestione come quelle di Le petit bal perdu, una canzone scritta da Robert Nyel e entrata poi nel repertorio di Juliette Gréco, o La tendresse. All’elenco c’è anche da aggiungere La ballade irlandaise, uno struggente e delicato brano scritto da Emil Stern su un testo di Eddy Marnay che Bourvil interpreta quasi per scommessa visto che nessun altro sa o vuole misurarsi con la sua complessità interpretativa. Il successo inaspettato della sua versione lo spinge ad affiancare sempre più spesso al lato comico del suo repertorio canoro una serie di momenti più riflessivi con canzoni ricche di poesia e talvolta anche di impegno sociale. A ben vedere la sua storia musicale contrasta un po’ con quella del paesanotto cocciuto e pasticcione che ha di lui il pubblico che l’ha conosciuto soltanto nei film di De Funés. Bourvil è un artista vero e, come tale, capace di non farsi condizionare da lusinghe e santificazioni, soprattutto a partire dal dopoguerra quando, grazie al successo, le risorse per vivere non sono più un problema. I suoi strali satirici vengono spesso messi al servizio di cause nobili come quando minaccia di non esibirsi se prima non vengono riconosciute le richieste sindacali dei dipendenti dell’ABC. I suoi spettacoli e le sue canzoni sono un dito puntato contro l’imbecillità e l’arroganza degli uomini, soprattutto di quelli che detengono, magari ingiustamente, posizioni di potere. Nel 1968 si accorge di avere un nemico potentissimo come la Sindrome di Kahler, una malattia mortale che uccide progressivamente attaccando il midollo osseo, ma non si arrende. Resta sulla breccia fino all’ultimo terminando di girare proprio poche settimane prima di morire lo splendido e drammatico film “I senza nome” di Jean Pierre Melville. All’una di notte del 23 settembre 1970 a Parigi chiude gli occhi e se ne va.
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