17 marzo, 2018

17 marzo 2009 - Milano assedia i Killers

«Ciao Milano! Siamo i Killers! Al vostro servizio…». Così sul palco del Forum d’Assago di fronte a un pubblico straboccante il 17 marzo 2009 Brandon Flowers, leader e frontman dei Killers ha dato inizio al concerto della sua band. Non è la prima volta che il gruppo arriva a Milano (poco più di due anni prima si è esibito al Rolling Stone) ma questa volta, complice il successo planetario del loro brano Human, i quattro ragazzi di Las Vegas sono stati sottoposti a un vero e proprio assedio da parte di migliaia di fans impazziti mentre i biglietti del concerto, più di 12.000, si esauriscono in pochissimo tempo. Già al mattino una folla variopinta prima si accalca ai cancelli, e, dopo l’apertura sciama nell’impianto milanese occupando ogni spazio disponibile. L’attesa dell’inizio del concerto della band è rotta dall’esibizione dei californiani Louis XIV. Non è mai facile fare da spalla alle star ma la band fa fatica a mantenere la concentrazione di fronte al disinteresse e, in qualche caso, alla maleducazione degli spettatori. Per questa ragione verso la fine dell’esibizione, sale sul palco a dar loro una mano il batterista dei Killers Ronnie Vannucci che per l’occasione imbraccia la chitarra e canticchia nei cori di una delle loro canzoni. L’attesa termina poco prima delle 22.000 quando, con le note di Human, inizia la performance dei Killers.

14 marzo, 2018

14 marzo 1927 - Carlo Milano, il contrabbasso alessandrino

Il 14 marzo 1927 nasce ad Alessandria il bassista Carlo Milano. A nove anni comincia a studiare violoncello al Liceo Musicale della sua città che frequenta fino al termine del settimo anno di corso. È Mario Cavagnoli a convincerlo a cambiare strumento e lui nel 1946 passa al contrabbasso iniziando a suonare dove può, gruppi da ballo compresi. Sono di questo periodo numerose e leggendarie jam session con Giulio Libano, Franco Pisano, Cesare Marchini, Gino Stoppano, ecc. Nel 1949 se ne va in Germania dove suona con molti musicisti significativi tra i quali Hans Koller. Ci resta dieci anni. Nel 1960, rientrato in Italia continua nell'attività da ballo fino al 1965 quando si stabilisce a Milano. Qui lavora molto negli studi di registrazione e collabora con l'Orchestra Ritmica della Rai nella quale entra stabilmente nel 1970, ma soprattutto riprende a suonare jazz. Suona con musicisti come Mario Pezzotta; Maurizio Lama; Enrico Intra; Giancarlo Barigozzi, Oscar Rocchi, Giancarlo Pillot, Gil Cuppini, Glauco Masetti e molti altri in particolare Ettore Righello col quale per molti anni costituisce una coppia pressoché inseparabile. Nella sua lunga carriera suona anche con Teddy Wilson, Dizzy Reece, Kenny Clarke, Art Farmer, Dexter Gordon, Joe Venuti e Hugo Heredia.

06 marzo, 2018

6 marzo 1938 - Guidone, un protagonista del rock and roll italiano

Il 6 marzo 1938 nasce a Brescia Guidone, uno dei protagonisti della scena rock & roll milanese. Si chiama Guido Crapanzano, e deve il suo nome d'arte alla sua mole imponente. Dopo aver debuttato nel 1957 in un concorso al teatro Alcione di Milano, nel 1959 pubblica il suo primo singolo con Ciao ti dirò e Ma l'amore no, una versione della vecchia canzone di D'Anzi. Tra il 1959 e il 1962 pubblica ancora vari dischi e partecipa a numerose trasmissioni televisive e a film musicali come "Pesci d'oro bikini d'argento" e "Nerone '71". Nel 1962 entra a far parte del Clan Celentano ma l'anno dopo preferisce andarsene in giro per il mondo con il suo gruppo  stabilendosi poi definitivamente ad Atene, in Grecia, dove diventa popolarissimo. Tornato in Italia nel 1965 giusto per partecipare al tour dei Beatles, ha tra i componenti della sua band i futuri Giganti Checco Marsella, Enrico Maria Papes e Mino De Martino. Anche Demis Roussos muove i primi passi come cantante nel suo gruppo. Nel 1967 abbandona la musica e torna in Italia per occuparsi di pubblicità, editoria e produzione cinematografica, lasciando poi anche queste attività nel 1975 per riprendere gli studi. Laureato in ingegneria ottiene negli Stati Uniti il dottorato in Scienze della Comunicazione. Nel 1985 torna in Italia e diventa rettore dell'Istituto Internazionale di Scienze della Comunicazione. Il 22 gennaio del 2007 è testimonial al 50º anniversario del rock and roll di Varese, cui partecipano i Ribelli, Enrico Maria Papes, Brunetta, Clem Sacco, Ghigo, Jack La Cayenne (Torquato il molleggiato), Giordano Blues, Gino Santercole e molti altri protagonisti del rock italiano. Tra le sue canzoni sono da ricordare Ciao biondina, Poi poi poi e Scendiamo insieme sugli sci.

24 febbraio, 2018

23 febbraio 1983 - Cari Bee Gees avete copiato quella canzone

Il 23 febbraio 1983 i Bee Gees vengono riconosciuti colpevoli di plagio. Il Tribunale di Chicago infatti ritiene che la loro How deep is your love sia copiata dalla canzone Let it end di Ronald H. Selle. Il verdetto prevede anche un risarcimento di alcuni milioni di dollari all’autore, ma il gruppo prennuncia un ricorso in appello. Quando viene letto il passaggio della sentenza che descrive la dinamica del plagio, Robin Gibb urla «Sono tutte bugie!». La band verrà poi assolta in appello quando verrà ascoltato il nastro del momento in cui il brano è stato concepito con Barry alla voce e Blue Weaver al piano. Si tratta di una delle tante curiosità che hanno caratterizzato la storia di questa canzone, inizialmente scritta dai fratelli Gibb per la cantante Yvonne Elliman, la Maria Maddalena della versione cinematografica di "Jesus Christ Superstar" e poi recuperata in extremis per il film "La febbre del sabato sera".

18 febbraio, 2018

18 febbraio 1967 - Le mie mani sono sporche di sangue!

Il 18 febbraio 1967 muore a Princeton il fisico Julius Robert Oppenheimer, il capo di quel "progetto Manhattan" che aveva portato una ventina d'anni prima alla realizzazione della bomba atomica. Nato a New York il 22 aprile 1904 è l'artefice di numerose importanti scoperte soprattutto nel campo della meccanica quantistica, ma la sua fama resta legata soprattutto alla costruzione della prima bomba atomica e alla successiva crisi di coscienza che lo porta a rifiutare di lavorare sulla bomba all'idrogeno e lo fa finire nel mirino del Comitato per la repressione delle Attività Antiamericane. Famosa resta la sua frase, indirizzata a Henry Truman, Presidente degli Stati Uniti d'America nel 1946: «Signor Presidente, le mie mani sono sporche di sangue», alludendo alle vittime delle bombe di Hiroshima e Nagasaki

16 febbraio, 2018

16 febbraio 1985 - "Careless whisper" al vertice negli USA

Il 16 febbraio 1985 il singolo Careless whisper di George Michael arriva al primo posto della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. La storia del brano è curiosa. Registrato nel 1984 e presentato come singolo del solo George Michael in realtà è stato scritto insieme ad Andrew Ridgeley, il suo compagno d'avventura negli Wham!, ben tre anni prima quando George lavorava come usciere in un cinema a Watford, in Inghilterra. Negli Stati Uniti, dove i dischi del duo vengono pubblicati come Wham! UK, per distinguersi da una band americana con lo stesso nome, singolo viene pubblicato con la sigla “Wham! featuring George Michael”. La "conquista" degli Stati Uniti rappresenta la definitiva consacrazione sulla scena internazionale di George Michael, fino a quel momento un fenomeno quasi esclusivamente britannico. Il brano conquista anche la prima posizione nella classifica dei dischi più venduti in Canada, Giappone, Australia e Italia con oltre sei milioni di copie vendute.

10 febbraio, 2018

10 febbraio 2009 - Risarciti gli indigeni creatori dell’Haka

Dopo 160 anni di polemiche e rivendicazioni il 10 febbraio 2009 il governo della Nuova Zelanda sigla con otto tribù native un accordo di risarcimento per gli “abusi” dei colonizzatori inglesi. La cifra concordata è di 300 milioni di dollari neozelandesi, pari a circa 121 milioni di euro. L’aspetto che più suscita l’attenzione dei media è la concessione a una delle tribù della proprietà intellettuale e i diritti commerciali del canto di battaglia più popolare del mondo, l’haka, la colonna sonora che da oltre un secolo accompagna tutte le partite degli All Blacks, e incarna il simbolo della potenza e della fierezza del rugby. I destinatari dei diritti sono gli appartenenti alla tribù Ngati Toa il cui capo guerriero Te Rauparaha, eseguì per la prima volta questa “danza per uomini” all'inizio del XIX secolo.


09 febbraio, 2018

9 febbraio 1985 - Nove milioni di voti per il Festival di Sanremo

Sono quasi nove milioni gli italiani che concorrono con le loro schede a determinare il vincitore del Festival di Sanremo del 1985 attraverso una votazione collegata alle ricevitorie del Totip. Il 9 febbraio 1985 sul palcoscenico sanremese Pippo Baudo, affiancato dalla decorativa Patty Brard, proclama vincitori i Ricchi e Poveri con il brano Se mi innamoro, davanti a Luis Miguel, interprete di Noi, ragazzi di oggi e alla sorprendente e rediviva Gigliola Cinquetti con Chiamalo amore. Quest’edizione del festival sanremese vede la partecipazione di alcuni cantautori dell’ultima generazione come Mimmo Locasciulli, Eugenio Finardi e Ivan Graziani ai quali s’aggiungono un paio di gruppi ‘storici’ del rock italiano come i New Trolls e il Banco. Tra le novità più rilevanti è, però, da segnalare l’incontro di Zucchero "Sugar" Fornaciari con la Randy Jackson Band per l’esecuzione di Donne, una ballata arricchita da suggestive atmosfere reggae con echi di evidente derivazione soul afroamericana. Nonostante la non eccezionale accoglienza riservatagli dalle giurie sanremesi, dopo questo incontro il cantautore italiano sarà oggetto di una progressiva metamorfosi che farà di lui una star della musica internazionale.


06 febbraio, 2018

7 febbraio 1957 - A Sanremo Claudio Villa dichiara guerra alla stampa

La settima edizione del Festival di Sanremo inizia il 7 febbraio 1957. La rassegna vede il ritorno, come presentatore, di Nunzio Filogamo affiancato da Marisa Allasio e Fiorella Mari. Il programma prevede tre serate più una, riservata agli ‘indipendenti’, cioè a quegli autori che non hanno l’appoggio ufficiale di alcuna edizione musicale. Claudio Villa è in gara con quattro canzoni: Cancello tra le rose e Usignuolo in coppia con Giorgio Consolini, Corde della mia chitarra con Nunzio Gallo e Il pericolo n. 1, cantata in duo con Gino Latilla e replicata da Natalino Otto. Fin dalle prime battute Claudio, che appare come il ‘superfavorito’, si accorge che parte della stampa gli è ostile. Come al solito, invece di blandirne i favori, decide di continuare per la sua strada ‘a muso duro’, incurante dei rischi a cui si espone. Qualche giornale comincia a parlare di un Villa ‘pigliatutto’ che si è fatto assegnare le migliori canzoni per non correre rischi. Per tutta risposta il cantante mobilita i suoi club. In questo clima teso viene costruito il primo ‘incidente’. Quando Claudio e Gino Latilla lasciano il palco dopo l’esecuzione de Il pericolo n. 1, il cantante romano inciampa in un’asperità del palcoscenico. La reazione di una parte della tribuna stampa è immediata: “L’ha fatto apposta per farsi notare. È scandaloso!”. La guerra è dichiarata. Nella serata del 9 febbraio, quando Claudio Villa sale sul palco per cantare Cancello fra le rose i rapporti con parte della stampa sono ormai oltre il limite della rottura. I Club dei sostenitori del cantante sono in prima fila in questa battaglia dei nervi e non mancano di far sentire la loro antipatia nei confronti dei giornalisti colpevoli di ‘persecuzione’ nei confronti del loro idolo. Sul finale della canzone la voce di Claudio ha un leggero cedimento e ‘stecca’ una nota. Dalla sala si leva qualche fischio, immediatamente coperto dal caloroso applauso dei sostenitori dei Club. Dalla tribuna stampa arriva, netto e anonimo, il grido “Viva Consolini!” contrapponendogli polemicamente Giorgio Consolini, l’altro esecutore della canzone. Gli appartenenti ai Club reagiscono con fischi e improperi in direzione dei giornalisti. Nonostante tutte le polemiche il Festival si risolve in un trionfo per Claudio Villa che vince il primo premio con Corde della mia chitarra di Giuseppe Fiorelli e Mario Ruccione, in coppia con Nunzio Gallo, e il secondo con Usignuolo di Luciano Luigi Martelli, Gino Castellani e Carlo Concina, in coppia con Giorgio Consolini. A completare lo straordinario risultato arriva anche la vittoria nella serata del 10 febbraio, dedicata agli autori indipendenti, con Ondamarina interpretata sempre in coppia con Giorgio Consolini.

6 febbraio 1956 - Il primo disco degli Everly Brothers

Il 6 febbraio 1956 viene pubblicato il primo disco degli Everly Brothers. Qualche mese prima il duo, dopo molto girovagare ha finalmente trovato una casa discografica disposta a ingaggiarli. È la Columbia che l'8 novembre 1955 li ha ingaggiati con un contratto di soli sei mesi. Stando alle voci che circolano nell'ambiente  per l'ingaggio sarebbe stato determinante l'intervento di una loro ammiratrice amante di un politico particolarmente in vista a Nashville. Il giorno dopo la firma, gli Everly Brothers si recano al Tulane Hotel di Nashville, un locale che la casa discografica usava per le registrazioni. Con loro ci sono in studio i Tunesmiths di Carl Smith. La registrazione avviene in fretta. Il duo incide quattro brani in ventidue minuti. Due di questi, Keep a-lovin' me e The sun keeps shining sono sul disco pubblicato il 6 febbraio 1956, Sono canzoni country non eccezionali e il passa pressoché inosservato. Alla scadenza del contratto con la Columbia, gli Everly Borothers verranno respinti anche alle audizioni della Capitol e della Cadence. Qualche anno dopo di fronte al loro successo le etichette rimpiangeranno queste scelte.

27 gennaio, 2018

27 maggio 1940 - "Caccia al passante" e uno strano quartetto

Il 27 maggio del 1940 al teatro Valle di Roma va in scena “Caccia al passante”, uno spettacolo di varietà ideato e scritto da Agenore Incrocci, un autore che si firma con lo pseudonimo di Age ed è destinato a lasciare un segno profondo nella storia dello spettacolo italiano. Lo presenta Mario Riva e tra gli artisti che si alternano sul palcoscenico c’è un complesso vocale formato da quattro ragazzotti le cui età sommate non raggiungono gli ottant’anni. I quattro cantano una versione di Bambina innamorata decisamente innovativa e ritmata sulla falsariga di quello che dall’altra parte dell’oceano fanno i gruppi vocali americani d’ispirazione jazzistica come i Mills Brothers. Il pubblico applaude entusiasta. Si presentano come Quartetto Egie, prendendo in prestito la parola ottenuta assemblando le iniziali dei nomi di battesimo dei componenti: Enrico Gentile, Giovanni Giacobetti detto ‘Tata’, Iacopo Jacomelli ed Enrico De Angelis. Il gruppo può contare anche su una sorta di quinto componente aggiunto in Virgilio Savona, un geniale musicista appassionato di jazz che ne cura l’impostazione e mette mano agli arrangiamenti. La loro esibizione non passa inosservata. Convocati per un provino radiofonico sostituiscono Iacopo Jacomelli, intenzionato a continuare come solista, con Virgilio Savona e cambiano nome in Quartetto Ritmo. L’8 ottobre del 1941, accompagnati dall’Orchestra Zeme, si esibiscono per la prima volta ai microfoni della radio cantando Il Visconte di Castelfombrone tratto dal popolare sceneggiato radiofonico “I quattro moschettieri”, ma i problemi non sono finiti. Nello stesso periodo, infatti, anche Enrico Gentile, che fino a quel momento aveva avuto il ruolo della voce solista, è costretto a lasciare i compagni per adempiere agli obblighi militari. Al suo posto arriva un giovane che proviene da Fondi in provincia di Latina. Si chiama Felice Chiusano. Con il nuovo organico il gruppo cambia ancora nome in Quartetto Cetra, si dice in omaggio alla casa discografica che li ha scritturati.


18 novembre, 2017

19 novembre 2001 – Gli Zen dal web a "Pornstar"

Il 19 novembre 2001 la casa discografica High Tuned Records pubblica Pornstar, il primo album degli Zen, una band romana divenuta in poco tempo popolarissima senza avere ancora pubblicato un disco. La storia inizia nel 1998 quando quattro amici dell’hinterland di Roma formano un gruppo cui danno, appunto, il nome di Zen. Dopo un paio d’anni di gavetta fra Roma e dintorni, si iscrivono più per scherzo che per reale convinzione all’edizione di Emergenza Festival del 2000. Man mano che le esibizioni si susseguono gli Zen prendono sempre maggiore confidenza con il palco e attirano la simpatia del pubblico. L’avventura finisce la vittoria nella finale del festival a Roma. Ormai ci hanno preso gusto. Per questo nell’agosto dello stesso anno partecipano all’annuale Taubertal Open Air Festival, una rassegna che si svolge nella deliziosa città medioevale tedesca di Rothenburg. In quell’edizione condividono lo stage con band come No Fun At All, Oomph! e Guano Apes. Nel settembre del 2000 suonano a Parigi insieme ai tedeschi Emil Bulls. Sempre in quel periodo, gli Zen incidono alcuni provini che promuovono via web attraverso il proprio sito e altri specializzati. È proprio il web a trasformarli in una sorta di fenomeno mediatico. In poche settimane il loro brano (This’s) the end of the world viene scaricato da centinaia di ragazzi da tutta Europa e la loro popolarità cresce in maniera esponenziale. La stessa High Tuned Records, dopo aver ascoltato il brano in rete, decide di scritturarli per il loro album d’esordio. Pornstar segna l’inizio di una bella avventura. Pochi mesi dopo gli Zen vinceranno Sanremo Rock & Trend.



15 ottobre, 2017

15 ottobre 1968 – Come uno Zeppelin di piombo

Il 15 ottobre 1968 due componenti degli Who, il batterista Keith Moon e il bassista John Entwistle, sono nell’aula magna della Surrey University. Anonimi e confusi tra il pubblico stanno assistendo a un concerto dei New Yardbirds, la band formata dopo lo scioglimento degli Yardbirds dal chitarrista Jimmy Page e dal bassista John Paul Jones con il cantante Robert Plant e il batterista John Henry “Bonzo” Bonham, entrambi provenienti dai Band of Joy. I due componenti degli Who, amici del manager del gruppo Peter Grant, non sembrano particolarmente convinti da quanto accade sul palco. L’esibizione nonostante abbia scatenato l’entusiasmo del pubblico li lascia perplessi. Fanno notare a Grant come il gruppo di Page, salito sul palco senza particolare entusiasmo, si sia poi progressivamente sgonfiato fino a dare l’impressione di aver fretta di chiudere. Quando vanno nei camerini a salutare i musicisti ne parlano con lo stesso Page che non ha alcuna difficoltà ad ammettere che l’impressione è quella giusta. Non cerca giustificazioni. Attribuisce la brutta esibizione soprattutto alla stanchezza per un repertorio, quello dei vecchi Yardbirds, che non soddisfa più le loro esigenze artistiche, ma che deve essere eseguito per esigenze contrattuali. «Abbiamo pronto un nuovo repertorio, un buon numero di nuovi pezzi e stiamo ancora cercando un nome per la band. Vogliamo cambiare, abbiamo bisogno di cambiare… cambieremo», dice il chitarrista. Il clima è disteso e rilassato perciò sia Moon che Entwistle iniziano a fare battute con i ragazzi del gruppo sul concerto. In particolare il batterista degli Who ridendo dice «Going down like a lead Zeppelin» (Siete andati giù come uno Zeppelin di piombo). Il riferimento al nome dei famosi dirigibili tedeschi colpisce Jimmy Page che ammicca alla battuta, ma si fissa bene in mente la frase. Qualche giorno dopo le ultime due parole ispireranno il nuovo nome del gruppo. Tolta la “a” di “Lead”, i New Yardbirds diventeranno così i Led Zeppelin, uno dei grandi gruppi di culto della storia del rock destinato a entrare nella leggenda. Gli storici musicali li indicheranno come gli artefici della vera svolta post-Beatles, originali creatori di una miscela di blues elettrico e rock ad altissimo volume capace di recuperare la carica eversiva di un genere che iniziava a spegnersi.

01 agosto, 2017

1° agosto 1966 - Al concerto degli Who una serata di straordinaria follia

Nel 1966 il National Jazz and Blues Festival di Windsor, arrivato alla sua sesta edizione, è ormai considerato uno dei più importanti appuntamenti musicali dell’estate inglese. Articolato su una serie di concerti che si svolgono nel periodo compreso tra gli ultimi giorni di luglio e la metà d’agosto, si è evoluto nel tempo. Intelligentemente ha iniziato a dare spazio, oltre che al jazz tradizionale, anche ai nuovi gruppi emergenti della scena rock britannica, attirando così l’attenzione di un vasto pubblico giovanile. Il programma del 1966 prevede l’esibizione di band come gli Yardbirds, Chris Farlowe, i Move, gli esordienti Cream, ma soprattutto gli attesissimi Who. Questi ultimi, distruttori di strumenti e famosi per la loro musica violenta, sono divenuti in breve tempo l’emblema del movimento Mod. La loro My generation (Spero di morire prima di diventare vecchio/sto parlando della mia generazione) è quasi un inno per la gioventù inglese in cerca di emozioni forti e mette in evidenza la capacità del gruppo di essere, più di tutti gli altri, capace di fornire una colonna sonora alle prime bande giovanili. La loro musica è violenta, aggressiva e i loro fans sono parte di quella massa enorme di ragazzi che anni dopo verrà definita “proletariato giovanile”. Sono i giovani nati e cresciuti nelle periferie industriali delle grandi città britanniche che lasciano presto la scuola per lavorare in fabbrica. La loro voglia di cambiare è rabbia inespressa, primitiva. L’idea di cambiamento non si alimenta con ideali, non c’è tempo. C’è da lavorare per tirare avanti e resta solo il fine settimana per coltivare il sogno di una vita diversa. Ci sono gli amici, la musica e la possibilità di rompere, meglio se con la violenza, il quieto conformismo di una settimana lavorativa che al lunedì, tutti i lunedì, ricomincia sempre uguale a se stessa. Ce l’hanno con tutti, ma soprattutto con i loro genitori che non hanno fatto niente per cambiare la vita e l’ambiente in cui vivono. La loro è una ribellione senza particolari obiettivi e gli Who ne sono i profeti ideali. Il chitarrista Pete Townshend così definisce la filosofia mod: «I Mod sono il rifiuto di quello che c’era prima. Se ne fregano della tv, delle beghe dei politici e della guerra del Vietnam...». Con il tempo il gruppo cambierà registro, analizzerà a fondo le ragioni del suo successo e cercherà contenuti nuovi producendo capolavori come Tommy o Quadrophenia, ma nel 1966 è ancora un concentrato di rabbia e violenza pura. I suoi componenti, Roger Daltrey, Pete Townshend, John Entwistle e Keith Moon non sono differenti dai ragazzi che li amano. Litigano spesso, s’azzuffano, vivono senza regole e quasi quotidianamente annunciano l’intenzione di sciogliere la band. Il 1° agosto 1966, comunque, sono a Windsor, come prevede il programma del festival. Quando salgono sul palco l’immenso tendone che ospita i concerti fatica a contenere l’entusiasmo di centinaia di spettatori accaldati e stretti come sardine. Dopo un’ora e mezza di concerto gli Who danno il via al rito della violenta distruzione dei loro strumenti. Quando Pete Townshend spacca contro il pavimento del palco la sua chitarra, un giovane spettatore delle ultime file fa lo stesso con una sedia lanciando i pezzi in aria. Quasi fosse un segnale la maggioranza dei presenti inizia a rompere tutto quello che gli capita sotto mano. I pochi agenti di polizia presenti sul posto chiamano rinforzi, mentre gli organizzatori si affannano nel vano tentativo di convincere i ragazzi a desistere dalla loro opera di distruzione. Tutto è inutile. In preda a una sorta di follia collettiva, prima che le forze dell’ordine riescano a fermarli, i giovani, dopo aver scalato le strutture metalliche, completano la loro opera distruggendo anche il tendone che ospita i concerti.

20 giugno, 2017

20 giugno 1987 – Lisa l'ispanica

Il 20 giugno 1987 al vertice della classifica statunitense dei singoli più venduti svetta il brano Head to toe, la cui interpretazione è firmata dai Lisa Lisa & Cult Jam. Il brano, estratto dall'album Spanish Fly, porta per la quarta volta nelle classifiche di vendita la band nata nei quartieri ispanici di New York. Il risultato smentisce poi le previsioni di quei critici che avevano considerato Lisa Lisa & Cult Jam poco più di una meteora nata casualmente nel vorticoso mondo della dance. Il gruppo nasce nella prima metà degli anni Ottanta quando la sua leader indiscussa, Lisa Velez, incontra Mike Hughes e Alex "Spanador" Mosley, che fino a quel momento hanno raggranellato qualche soldo suonando come musicisti di studio. I tre si mettono insieme e iniziano a proporsi, senza risultato, a varie case discografiche. Rassegnati stanno per chiudere bottega quando incontrano i Full Force, una band formata dai fratelli Lou, Paul e Brian George con Gerry Charles, Junior Clarke e Curt Bedeau, di cui si dice un gran bene. I due gruppi uniscono gli sforzi e, proprio grazie alla relativa popolarità dei Full Force, nel 1985 pubblicano l'album Lisa Lisa & Cult Jam with Full Force con tre singoli dance di successo. Mentre per i Full Force la strada diventa facile, Lisa Lisa & Cult Jam vengono considerati un po' come dei miracolati cui è toccato in sorte il biglietto vincente della lotteria. Faticano a trovare qualcuno che creda nelle loro possibilità e soltanto nel 1987 riescono a pubblicare il loro primo album da soli: Spanish fly. Sostenuta dal tifo delle comunità ispaniche la band vola alta. Arriva al vertice delle classifiche con Head to one e si ripete con Lost in emotion. La band dell'orgogliosa Lisa Velez ce l'ha fatta. Nel 1990 dedicherà alla sua gente l'album Straight outta hell's kitchen prendendo in prestito il nomignolo sprezzante con cui i benpensanti newyorkesi chiamano il quartiere dove è nata: Hell's kitchen (cucina dell'inferno).

10 giugno, 2017

10 giugno 1940 – C’è la guerra, niente musica americana!

Il 10 giugno 1940, mentre Benito Mussolini annuncia che l’Italia fascista ha dichiarato guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, un provvedimento specifico vieta di ballare in pubblico e procede alla chiusura dei locali notturni. Da tempo, nel suo processo di normalizzazione della cultura e dello spettacolo, il regime fascista alterna provvedimenti durissimi a momenti di liberalizzazione di fatto. Più si stringono i rapporti con la Germania nazista e maggiori si fanno le restrizioni alla libertà di espressione, non solo in campo musicale. Dopo la promulgazione delle famigerate leggi razziali si è assistito a un progressivo giro di vite contro tutto ciò che può essere occasione di scambio di idee o che appare, sia pur velatamente, "straniero". La dichiarazione di guerra peggiora ancora la situazione. Un bando apposito comunica agli italiani che la "musica americana" o anche solo "d’ispirazione americana" debba intendersi categoricamente proibita. Dopo gli autori di origine ebrea vengono anche il jazz viene cancellato, nonostante uno dei figli di Mussolini, Romano, riscuota la stima dei musicisti che lo considerano uno dei più promettenti esponenti del genere. Di fronte all'attacco inizia la resistenza. Con fantasia e genialità c’è chi aggira i divieti, spesso rischiando la carriera e, in qualche caso, la vita stessa. Uno dei personaggi più singolari del periodo fascista è il jazzista Luigi Redaelli che, con lo pseudonimo di Pippo Starnazza, se ne frega dei divieti e continua a cantare in un inglese strampalato e inventato riproponendo al pubblico classici proibiti come Dinah, Sweet Sue o St. Louis blues. Lo fa giocando sull'ironia. Con una buffa voce da nero americano, un inglese maccheronico con un forte accento milanese e le smorfie della sua faccia di gomma confonde le idee della censura provinciale e ignorante dell’italietta fascista che vede in lui più una macchietta che un grande batterista jazz quale egli è. Si costruisce un personaggio unico come la grancassa della sua batteria, sulla quale sono dipinti un buffo ritratto e lo scudetto dell’Inter. Al di là degli aspetti più coloriti, il suo lavoro resta un momento di resistenza importante perché, oltre a mantenere in vita un genere musicale che si vuol cancellare, dà la possibilità a vari strumentisti di continuare a lavorare nonostante la censura.

16 maggio, 2017

16 maggio 1969 - Gli Who malmenano un poliziotto

Il 16 maggio 1969 gli Who si esibiscono al Fillmore East di New York. Lo scenario è quello che da qualche tempo accompagna i concerti della band, soprattutto nelle esibizioni statunitensi: una folla impressionante di ragazze e ragazzi che si accalca urlante sotto il palco mentre il servizio d'ordine è impegnato con molta fatica a contenere l'entusiasmo dei più agitati. Ogni tanto qualcuno riesce a passare il primo cordone di sicurezza e ad avvicinarsi pericolosamente al palco prima di essere riacciuffato e ributtato indietro di peso dagli addetti al servizio d'ordine. È un gioco pericoloso, ma sembra che i fans lo trovino divertente al punto che fa ormai parte del tradizionale scenario dei concerti degli Who. In quel 16 maggio però avviene un evento imprevedibile. Nel palazzo vicino al luogo del concerto scoppia un incendio. L'assordante volume dell'amplificazione e la quasi completa insonorizzazione del locale impediscono agli spettatori chiusi nel Fillmore East di accorgersi che all'esterno c'è una situazione d'emergenza. In realtà non c'è alcun pericolo diretto perché le fiamme sono a una distanza tale da non poter minacciare direttamente né tantomeno raggiungere il locale che ospita il concerto degli Who. I responsabili dell'ordine pubblico temono però che al termine dell'esibizione della band l'uscita massiccia di centinaia di persone e l'inevitabile confusione possano creare problemi ai vigili del fuoco impegnati nello spegnimento. Dopo un breve consulto viene presa la decisione di avvertire gli spettatori del concerto di quanto sta succedendo all'esterno, spiegando che non ci sono rischi ma invitandoli a defluire con calma e attenzione. Via radio vengono informati della decisione gli agenti in borghese all'interno del Fillmore East con la raccomandazione di evitare panico inutile. L'ordine è quello di avvertire al pubblico alla fine del concerto, chiedendo magari la collaborazione dei musicisti del gruppo per ottenere l'attenzione necessaria. Uno dei poliziotti in servizio però, a dispetto degli ordini ricevuti, decide di fare da solo senza aspettare la conclusione del concerto. Mentre Roger Daltrey il cantante degli Who sta presentando al pubblico un brano. L'agente, che è in borghese, balza sul palco e tenta di impossessarsi del microfono. Il chitarrista Pete Townshend, pensando di trovarsi di fronte a uno squilibrato sfuggito al servizio d'ordine si lancia verso di lui  e prima che l'uomo riesca a qualificarsi lo colpisce con un tremendo calcio. Gli Who di quel periodo sono tipetti tosti e abituati a menar le mani. E così mentre il malcapitato cade a terra il bassista John Entwistle, prima ancora di verificare chi sia il disturbatore, gli fracassa lo strumento sulla schiena. Vedendo il collega malmenato i poliziotti presenti nel locale si muovono velocemente verso il palco tentando di intervenire ma non ce la fanno a oltrepassare un servizio d'ordine allenato a reggere l'urto dei fans esagitati e vengono respinti. Nel parapiglia che segue anche il pubblico fa la sua parte e per alcuni minuti il concerto si trasforma in una gigantesca rissa. Pian piano ci si rende conto della serie di equivoci da cui tutto è nato e, sia pur con qualche difficoltà, torna la calma. Il concerto però non può più riprendere perché il responsabile delle forze dell'ordine interne al locale decide di arrestare Pete Townshend per aggressione nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Il chitarrista passerà la notte in carcere e soltanto il giorno dopo riuscirà a dimostrare la sua buona fede.

01 aprile, 2017

1° aprile 1984 – Il padre uccide Marvin Gaye

La sera del 1° aprile del 1984, un'ambulanza arriva a sirene spiegate al 2101 South Grammercy di Los Angeles, dove c'è la casa del vecchio reverendo Gaye, un pastore evangelico famoso nel quartiere, oltre che per le sue prediche, per il fatto di essere il padre del cantante e compositore Marvin Gaye. Il personale dell'ambulanza entra correndo in casa e si trova di fronte a una scena agghiacciante. Steso a terra c'è Marvin Gaye immerso in una pozza di sangue, mentre seduto su una sedia con la testa tra le mani il padre ripete come un automa: «Mi voleva uccidere, mi sono solo difeso…». All'arrivo della polizia si lascia ammanettare senza opporre resistenza. Ha ucciso il figlio con un colpo solo al cuore sparato da una pistola che gli era stata regalata pochi giorni prima dallo stesso Marvin. Sostiene di non aver avuto alternative perché il figlio, in preda alla droga, avrebbe tentato d'ucciderlo. I giudici accoglieranno parzialmente la tesi della legittima difesa e lo condanneranno a cinque anni di carcere. Finiscono così la vita e la straordinaria carriera di Marvin Gaye alla vigilia del suo quarantacinquesimo compleanno. Da tempo in preda a frequenti crisi depressive non aveva mai completamente riassorbito lo shock della morte di Tammi Terrell, la compagna artistica svenuta in scena tra le sue braccia nel 1969. Non a caso dopo la scomparsa le sue canzoni erano divenute più problematiche e profonde. Considerato negli anni Settanta uno dei più grandi solisti neri della storia del rock aveva saputo rinnovarsi e mantenere inalterata la sua popolarità anche all'inizio del decennio successivo pur dando l'impressione di non riuscire più a liberarsi dai problemi derivati dall'eccessivo uso di stupefacenti e da una vita privata costellata da delusioni. Pochi mesi prima della sua morte si era trasferito nella casa dei genitori in cerca di aiuto, ma i vicini raccontano di frequenti liti con il padre, rigoroso predicatore, che lo accusava di essere un cattivo esempio per i giovani. Pochi giorni prima di morire aveva regalato lui all'austero genitore la pistola che l'avrebbe ucciso. C'è chi ipotizza che la sua morte sia stato un atto deciso a freddo, come David Ritz, l’autore una biografia molto dettagliata del cantante che scrive: «Credo che quel regalo fosse del tutto intenzionale... Marvin sapeva quello che faceva: voleva morire. Solo quattro giorni prima di essere ucciso si era buttato fuori da una macchina che viaggiava a novanta chilometri all’ora su una Freeway di Los Angeles».

29 marzo, 2017

29 marzo 1985 – Il suicidio di Suor Sorriso

Il 29 marzo 1985 l'ex suora cantante Jeanine Deckers e la sua compagna Annie Pescher scelgono di darsi insieme la morte. La notizia, pubblicata da tutti i giornali europei e statunitensi riporta all'attenzione della cronaca la vicenda di Suor Sorriso e delle sue canzoni, uno dei fenomeni più straordinari della musica pop all'inizio degli anni Sessanta. In quel tempo Jeanine è una suora del convento di Fichermont, in Belgio, con il nome di Luc Gabriele. Oltre a insegnare ai giovani studenti che frequentano la scuola del convento, si diletta a suonare la chitarra e a comporre canzoni. Nel 1961 ha ventotto anni e, spinta dall'esuberanza giovanile dei suoi studenti, si fa convincere a registrare i suoi brani negli studi di una casa discografica. Non ha l'assenso della Madre Superiora e non lo chiede nemmeno, temendo un rifiuto. Al tecnico che chiede quale nome debba scrivere sul materiale registrato lei dichiara di chiamarsi "Soeur Sourire" (Suor Sorriso). Il gioco di complicità con i suoi studenti finisce lì, e l'episodio è ormai dimenticato quando nel 1963, due anni dopo viene pubblicata in singolo la sua Dominique, una canzone dedicata all'ordine delle Dominicane di cui fa parte. Il successo è immediato e straordinario, tanto che in breve tempo viene immesso sul mercato anche un album con tutte le canzoni registrate dalla suora canterina. Sulla copertina dei dischi destinati al mercato europeo c'è il nome di Suor Sorriso, mentre su quelli per gli Stati Uniti il nome cambia in The Singing Nun (la suora canterina). Proprio negli States diventa la prima interprete femminile con album e singolo contemporaneamente al primo posto della classifica. Con la notorietà, per la piccola suora iniziano i guai tanto che, il 6 gennaio 1964, può cantare in diretta dal suo convento davanti alle telecamere dell'Ed Sullivan Show solo dopo che l'intervento del Vescovo ha vinto le resistenze della Madre Superiora. Nel 1966 Debbie Reynolds porta la sua storia sugli schermi. L'ambiente del convento, le proibizioni e le gelosie suscitate dalla sua popolarità finiscono, però, per cambiarle definitivamente la vita. Non riuscendo a resistere alle pressioni, nella seconda metà degli anni Sessanta suor Luc Gabriele lascia gli abiti religiosi, abbandona il convento e recupera il suo vero nome cercando di vivere la sua vita lontano dai riflettori. La storia di Suor Sorriso si conclude però in quel tragico 29 marzo 1985 quando, insieme alla sua compagna Annie Pescher, si accorge di non avere più la forza di vivere.

24 marzo, 2017

24 marzo 1974 – Con i Ramones nasce il punk rock

Fumo, urla e grida caratterizzano un locale "difficile" come il Performance Studio di New York, uno dei covi della musica alternativa della città. Il 24 marzo 1974, accolti da ululati e fischi, si presentano sul palco quattro ragazzi di Forest Hill. Sembrano uguali e indistinguibili tra loro: capelli lunghi lisci e neri, jeans blu, t-shirt bianca e un paio di impenetrabili occhiali neri. Sono i Ramones, dicono di essere cugini e di avere in comune il cognome Ramone. Ovviamente non è vero. Il nome del gruppo è preso a prestito da Phil Ramone, uno degli pseudonimi utilizzati da Paul McCartney e l'unica cosa che li accomuna è la provenienza dallo stesso quartiere di Forest Hill. Il cantante Joey Ramone si chiama in realtà Jeffrey Hyman, il chitarrista Johnny Ramone è l'ex Sniper Johnny Cummings, il vero nome del bassista Dee Dee Ramone è Douglas Colvin mentre dietro allo pseudonimo di Tommy Ramone si nasconde l'ungherese Thomas Erdelyi. La loro esibizione del 24 marzo è devastante e lascia senza fiato anche un pubblico difficile come quello del Performance: volume al massimo e brani a ritmo tiratissimo che durano il breve spazio di un respiro. La band resta immobile sul palco per tutto il tempo con il chitarrista e il bassista schierati ai lati del cantante. Nessuna parola viene sprecata tra un brano e l'altro che si susseguono senza presentazione. I turbolenti frequentatori del Performance assistono scioccati a un'esibizione che non ha precedenti e che verrà successivamente ricordata come la nascita del punk rock. Tra il pubblico è presente il giornalista Danny Field che, per primo, intuisce le potenzialità del gruppo e ne diventa il manager. In breve tempo diventano la bandiera dei giovani emarginati delle metropoli statunitensi e dopo la devastante esibizione Summer Rock Festival del 1975 vengono scritturati dalla Sire Records. Nel febbraio del 1976 pubblicano il primo album Ramones, registrato in soli tre giorni, che pur non riuscendo a sfondare sul piano delle vendite diventa un successo nel circuito alternativo. L'anno dopo il neonato movimento punk adotta come inno la loro Sheena is a punk rocker. Marginali per scelta resteranno fedeli alla loro immagine anche dopo la fine della breve fiammata del punk. Nel 1979 parteciperanno al film "Rock 'n' Roll High School" interpretando se stessi. Sempre in bilico tra scioglimenti annunciati e clamorosi rientri sopravviveranno, con vari cambiamenti di formazione, al passare delle mode, senza mai perdere l'antico smalto. Solo la morte di Joey Ramone chiuderà per sempre la loro storia.