Il 7 luglio 1901 a Sora, una cittadina che all’epoca è in provincia di Caserta e oggi in quella di Frosinone nasce Vittorio De Sica. Per ragioni di studio si trasferisce a Napoli, città cui resterà per sempre legato da grande affetto. Il suo esordio nel cinema avviene nel 1918 quando interpreta una parte di secondo piano nel film “Il processo Clémenceau”. Nel 1924, conclusi gli studi, decide di dedicarsi a tempo pieno al teatro specializzandosi nel personaggio del giovanotto brillante e scanzonato. Parallelamente all’attività teatrale continua a frequentare i set cinematografici e dopo una serie di film minori arriva al successo nel 1932 con “Gli uomini, che mascalzoni...”, un film di Mario Camerini nel quale canta Parlami d'amore Mariù, il primo successo come cantante della sua carriera. In breve tempo diventa il primo vero divo italiano del cinema sonoro grazie a una fortunata serie di commedie sentimentali. Anche sul piano musicale centra una lunga serie di successi con brani come Ludovico, Tu solamente tu, Dicevo al cuore, Dammi un bacio e ti dico di sì e Allegro yankee. Nel 1943 dirige “I bambini ci guardano”, il film che segna l’inizio della sua collaborazione con lo sceneggiatore Cesare Zavattini. La storia anticipa le novità tecniche e tematiche della sua produzione successiva. Nel dopoguerra realizzando due capolavori del neorealismo: “Sciuscià” del 1946 e “Ladri di biciclette” del 1948, entrambi premiati con l’Oscar. Nonostante gli impegni cinematografici non abbandona mai del tutto la musica leggera. Tre anni prima della sua morte, avvenuta nel 1974 a Parigi realizza l’album De Sica anni Trenta in collaborazione con il figlio Manuel. Attore e regista di grande talento Vittorio De Sica ha lasciato un segno chiaro anche nella storia della canzone italiana. Il suo primo grande successo come cantante arriva all’inizio degli anni Trenta con Parlami d’amore Mariù. È proprio in quel periodo che una parte della critica italiana inizia a paragonarlo al grande Maurice Chevalier, uno dei grandi protagonisti dello spettacolo internazionale. Il giovane De Sica mostra però di non apprezzare particolarmente il paragone e nel 1936 approfitta di un’intervista per farlo sapere a tutti: «Mi si chiama in giro lo Chevalier italiano. Si tratta di un ingiusto battesimo al quale mi ribello per infinite ragioni…». Espone le differenze tra lui e lo chansonnier francese e alla fine spiega quale sia la canzone principale: lui non si ritiene un semplice cantante ma «…un autore drammatico che per proprio diletto, prima che per altrui, canta anche canzoni…». Nonostante l’atteggiamento personale un po’ scontroso nei confronti della canzone, negli anni Trenta Vittorio De Sica è uno dei protagonisti più importanti e di maggior successo della scena musicale italiana come dimostra il numero notevole di suoi dischi a 78 giri pubblicati dalla Columbia. Nel 1932 sono cinque, salgono a ventisei nel catalogo della stessa etichetta del 1934 e raddoppiano ancora in quello del 1942. La casa discografica non dà troppo retta alle sue prese di distanza dalla canzone e ne sfrutta fino in fondo la popolarità e il talento. L’unica concessione alla sua richiesta di non essere confuso con gli altri cantanti è nella presentazione sulle pagine dei cataloghi della casa discografica dove viene descritto con questa frase un po’ contorta: «L’aristocratico artista della scena di prosa che ha dimostrato brillantemente come si possa fare dell’arte anche fuori dalla ribalta».
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
06 luglio, 2018
05 luglio, 2018
6 luglio 1957 - John? Piacere, mi chiamo Paul McCartney
Il 6 luglio 1957 i Quarrymen di John Lennon suonano in una festa nel sobborgo di Woolton. Un amico comune presenta a Lennon un ragazzo di nome Paul McCartney, che fa subito un'ottima impressione: sa accordare la chitarra, conosce tutte le parole di canzoni come Be Bop A Lula di Gene Vincent e suona gli accordi di Long tall Sally e di altri brani di Little Richard. Figlio di Jim McCartney un jazzista che negli anni Trenta era stato leader della Jim Mac's jazz band. Paul ha sviluppato una sua personale tecnica da mancino. Dopo quell'incontro a Woolton, Paul entra ufficialmente nei Quarrymen. John e Paul trascorrono interi pomeriggi insieme a esercitarsi, a sperimentare e imparare nuovi accordi, iniziando a stabilire quella stretta collaborazione tra due opposte personalità che sarebbe diventata il cuore delle imprese musicali dei Beatles. Verso la fine del 1957, John Lennon e Paul McCartney sono ormai in grado di comporre canzoni. E la prima canzone di Paul, I lost my little girl, viene presentata da McCartney al gruppo come una sorta di riparazione a una serata disastrosa alla chitarra solista. Il brano è buono ed entra nel repertorio. Inizia qui una storia lunga, lunghissima...
04 luglio, 2018
5 luglio 1966 - Linciate i Beatles!
Il 5 luglio 1966 è l’ultimo giorno di permanenza dei Beatles a Manila, una tappa della loro tournée asiatica. Tutto è andato bene, nonostante il soliti eccessi d'entusiasmo del pubblico. Si sono rivelate infondate anche le preoccupazioni circa i rischi di contestazione in un paese cattolico come le Filippine dopo le dichiarazioni rilasciate da John Lennon un paio di mesi prima sui «Beatles più famosi di Gesù Cristo». Il clima nell'entourage del gruppo è eccellente. Un incidente, per la verità, c’è stato, ma appartiene più alla sfera diplomatica che al loro modo di concepire la vita. Nessuno dei quattro, infatti, se l’è sentita di partecipare a un ricevimento organizzato in loro onore dalla terribile Imelda, la moglie di Marcos, padre-padrone delle Filippine. Fino all’ultimo la rappresentanza diplomatica britannica a Manila ha fatto pressione perchè i quattro cambiassero idea, ma non c’è stato nulla da fare. «Siamo stanchi e poi ci annoieremmo a morte. Non ci va di essere ostentati come gioielli. Preferiamo starcene per conto nostro...». L’ufficio stampa della band ha ritenuto opportuno, comunque, inviare alla first lady una serie di fotografie autografate e vari regali di cortesia. Tutto a posto? Tutt’altro. Il presidente Marcos è furente con «quei quattro capelloni spocchiosi». Presto, però, sarà tutto finito. I Beatles e i loro collaboratori salgono sul piccolo corteo di auto che li deve condurre all’aeroporto. La folla che li attende è immensa. Un robusto cordone di polizia li protegge mentre entrano nella grande hall dell'aerostazione. Improvvisamente, però, gli agenti si ritirano e se ne vanno. Le migliaia di fans urlanti ci mettono un po’ a capire quello che sta succedendo, ma poi, aizzati da alcuni provocatori disposti in modo strategico, si accorgono che la band non più alcuna protezione. È un assalto. C’è chi tenta di strappare loro un pezzetto d’abito o una ciocca di capelli per ricordo, ma c’è anche chi lancia oggetti e brandisce bastoni con l’evidente scopo di colpire per far male. È la vendetta di Marcos che si materializza in questo modo. In tutta l’area dell’aeroporto non c’è più un solo agente in divisa. Protetti più dalla velocità delle gambe che dai loro collaboratori i quattro si riparano in un locale di difficile accesso. Potranno imbarcarsi sull’aereo soltanto dopo l’intervento della rappresentanza diplomatica britannica e grazie all'aiuto materiale e alla protezione di un nutrito gruppo di volontari scelti tra il personale dell’aeroporto.
4 luglio 1971 - La leucemia uccide Donald McPherson dei Main Ingredient
Il 4 luglio 1971 muore di leucemia Donald McPherson, il leader del gruppo soul dei Main Ingredient. Cinque giorni dopo avrebbe compiuto trent’anni e da tempo combatteva la battaglia contro la malattia. La sua morte sembra chiudere la storia dei Main Ingredient, il gruppo vocale di cui è stato fondatore alla fine degli anni Cinquanta con i suoi amici Luther Simmons Jr. e Tony Sylvester. Per alcuni anni la loro non è stata una vita facile. Per necessità più che per scelta si adattano ad accompagnare i cantanti della scuderia Red Bird di Leiber & Stoller. Questo è il loro lavoro principale anche se ogni tanto riescono a ritagliarsi, a fatica, un piccolissimo spazio quando ottengono un buon successo con She blew a good thing con il nome di Poets. La loro disponibilità ad accettare un ruolo subalterno e, soprattutto, la loro costante necessità di sopravvivere, li costringe, però, a tornare nell’anonimo ruolo di accompagnatori vocali dei colleghi più fortunati. Solo nel 1966, in parte per il crescente successo ottenuto dal soul sulla scena musicale internazionale e, in parte, perchè i problemi di sopravvivenza sono ormai alle spalle, iniziano a pensare seriamente alla possibilità di proporsi in proprio. In un primo momento sembrano intenzionati a recuperare il vecchio nome di Poets, ma poi prevale la scelta di rompere i ponti con il passato. Nascono così i Main Ingredient. Come spesso accade, le buone intenzioni non bastano da sole a garantire il risultato. Per qualche tempo il gruppo fatica a trovare spazio in una scena, quella del soul, monopolizzata ormai da vecchi e nuovi personaggi che godono di maggiori simpatie presso le case discografiche. Più di una volta, di fronte alle delusioni e alle difficoltà, pensano di abbandonare tutto e tornare al vecchio, sicuro, mestiere degli accompagnatori vocali. Quando stanno per mollare arriva, improvviso, il successo, scandito da una serie di brani che entrano nelle classifiche dei dischi più venduti come I'm so proud, Spinnin' around e Black seeds keep on growing. La morte di McPherson interrompe però quella che sembrava una cavalcata trionfale. Dopo qualche tentennamento i suoi compagni decidono di continuare sostituendolo con Cuba Gooding e per un paio d’anni danno l'impressione di reggere bene alla perdita del loro leader. Nel 1974 l'addio di Sylvester, intenzionato a dedicarsi alla produzione, segna l'inizio del declino.
02 luglio, 2018
3 luglio 1930 - Tommy Tedesco, dal jazz al pop
Il 3 luglio 1930 nasce a Niagara Falls, New York, il chitarrista Tommy Tedesco, all'anagrafe Thomas Tedesco. Debutta sulla scena jazz nel 1953 con la formazione di Ralph Marterie e quindi si trasferisce a Los Angeles. Suona per qualche tempo con il trio di Joe Burton, e subito dopo forma un proprio gruppo con il quale si esibisce al Lighthouse. Nella seconda metà degli anni Cinquanta suona con Dave Pell e quindi con Chico Hamilton, Buddy De Franco, Jack Montrose, Mat Mathews, Herb Geller e altri. Nel pop ottiene un grande successo soprattutto nelle colonne sonore. Muore il 10 novembre 1997 a Northridge, in California.
2 luglio 1928 - Line Renaud, la ragazza del music hall
Il 2 luglio 1928 a Pont de Nieppe nasce Line Renaud. «Dalle brume del Nord della Francia alle luci di Hollywood e di Las Vegas». Così è stata sintetizzata la straordinaria avventura di Line Renaud, l’applaudita vedette dei music-hall parigini che negli anni Cinquanta porta le atmosfere e le canzoni degli chansonniers francesi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Bionda “come un angelo” brucia le tappe e arriva presto al grande successo internazionale dopo aver precocemente conquistato il pubblico parigino del music-hall. Per la sua storia artistica Line Renaud ha finito per diventare un po’ l’elemento di contatto, il ponte attraverso il quale due mondi dello spettacolo apparentemente lontani come quella francese e quello angloamericano si incontrano. La sua voce regala al pubblico d’oltremanica e d’oltreoceano i brani migliori della canzone d’autore della sua terra e, in una sorta di ideale compensazione, porta in Francia le versioni nella lingua di casa dei grandi successi internazionali. Quando prima il cinema e poi la televisione la chiamano, lei non si tira indietro. Si impegna con la costanza e l’instancabile voglia di migliorarsi che da sempre l’hanno caratterizzata finendo per allargare la sua popolarità anche a un pubblico diverso da quello che l’ha scoperta attraverso le canzoni. Proprio il cinema e la televisione le consentono di superare indenne il passare del tempo e la morte del grande amore della sua vita affacciandosi al nuovo millennio con una ritrovata voglia di nuove avventure artistiche.Il 2 luglio 1928 a Pont de Nieppe, un borgo del Nord della Francia vicino alla città d’Armentières, nasce una bambina. Si chiama Jacqueline Enté e, come i personaggi delle favole, ha i capelli d’oro e le guance rosse e vellutate come i petali di rosa. La madre è una stenodattilografa, mentre suo padre fa il camionista e nel poco tempo che gli resta suona la tromba nella banda municipale. La musica incanta la piccola Jacqueline e i genitori la incoraggiano. A sette anni vince il suo primo concorso canoro. Sono anni difficili per tutti. Sull’Europa aleggiano nuove nubi di guerra e suo padre, come gran parte degli uomini in grado di portare un’arma, viene richiamato. Finirà prigioniero e la sua assenza da casa durerà cinque anni. A prendersi cura di Jacqueline restano tre donne: sua madre e le due nonne, una delle quali possiede un caffè ad Armentières nel quale la biondissima ragazzina spesso si esibisce cantando per gli avventori. Nelle intenzioni della famiglia la musica dovrebbe restare poco più di un hobby per la sempre meno piccola Jacqueline, ma come spesso succede il destino ha in serbo qualche sorpresa. Nel 1942 la ragazza legge su un giornale l’annuncio dell’apertura delle audizioni per entrare al Conservatorio di Lille. Nella sua beata ingenuità non fa caso al fatto che l’ammissione al Conservatorio è prevista soltanto per le interpreti di canto classico. Si presenta davanti alla commissione e canta Sainte-Madeleine e Mon âme au diable, due canzoni scritte da Loulou Gasté, uno dei più popolari compositori di quel periodo. Nonostante le premesse l’audizione sortisce comunque un effetto. Al termine dell’esibizione Jacqueline viene avvicinata dal direttore di Radio Lille che vorrebbe scritturarla. Superate le resistenze di mamma e nonne a quattordici anni firma un contratto biennale per interpretare sulle onde della radio le canzoni di Loulou Gasté. Sceglie anche un nome d’arte. Jacqueline Enté diventa così Jacqueline Ray. Come Dio vuole anche la guerra finisce e gli occupanti nazisti lasciano finalmente la Francia. Nell ’entusiasmo del dopoguerra Radio Lille finisce per essere un orizzonte troppo limitato per le ambizioni di Jacqueline che decide di tentare la fortuna a Parigi. Nel 1945 ottiene la sua prima scrittura alle Folies Belleville, uno dei più prestigiosi music-hall di quel periodo. Josette Daydé, la vedette dello spettacolo, la rende in simpatia e quasi per farle un regalo decide di presentarle quel Loulou Gasté che è da sempre il suo idolo e del quale interpreta ogni sera le canzoni. L’incontro è fatale per entrambi. Jacqueline ha sedici anni, il compositore ne ha trentasette, ventuno in più, ma tra i due è amore a prima vista. Gasté decide anche di seguirla sul piano artistico. Le impone un cambiamento radicale dell’impostazione scenica, uno stile nuovo, vestiti diversi e, ciliegina sulla torta, anche un nome d’arte più facile da ricordare. Jacqueline, troppo lungo, si accorcia in Line mentre il cognome della nonna materna, Renaud, sembra fatto apposta per restare nella memoria. Scritturata da Radio Luxembourg fa il suo debutto in un programma musicale della domenica che arriva in tutte le case di Francia. Dopo aver registrato qualche brano con la Pacific , in breve tempo si ritrova con un buon contratto discografico con la Pathé Marconi. Tutto scorre così veloce che la ragazza fatica a raccapezzarsi. La prima canzone pubblicata con la prestigiosa etichetta è Ma cabane au Canada, un brano scritto per lei da Loulou Gasté che vince il premio destinato al miglior debutto del 1949 al Gran Prix du Disque. Nello stesso anno canta al Théâtre de l’Etoile aprendo un concerto di Yves Montand e parte per la sua prima tournée fuori dai confini francesi. Il 1950 la vede collezionare un successo dopo l’altro con brani come Ma petite folie o Etoile de neiges, versioni francesi di grandi successi statunitensi di quegli anni. L’anno vede anche il suo trionfo come vedette all’ABC, uno dei music-hall più importanti di Parigi e il matrimonio con Loulou Gasté. Molto apprezzata anche dal pubblico britannico la ragazza comincia ad catturare anche le attenzioni del cinema. Nel 1951 gira il suo primo film. È “Ils sont dans les vignes” di Robert Vernay cui seguono, l’anno dopo, “Paris chante toujours” di Pierre Montazel e nel 1953 “La route du bonheur” di Maurice Labro. Nel 1954 Line Renaud viene scritturata dal Moulin Rouge. La sua popolarità è tale che il celebre locale si garantisce il tutto esaurito per tutti e quattro i mesi in cui il suo nome resta in cartellone. Proprio al Moulin Rouge la vede per la prima volta il comico e intrattenitore Bob Hope che l’invita a partecipare ben cinque puntate del suo show televisivo, forse il più popolare della televisione statunitense di quel periodo. Il successo è immediato. Line canta nei locali più prestigiosi d’oltreoceano e registra anche un brano in duo con Dean Martin intitolato Relaxed-vous. Per tutti gli anni Cinquanta farà la spola tra la Francia e gli Stati Uniti passando anche un lungo periodo a Las Vegas dove il suo nome in cartellone affianca quelli di personaggi come Frank Sinatra o Louis Armstrong. Continua a mietere successi anche nel cinema e, a partire dalla fine degli anni Sessanta, in televisione dove si fa apprezzare per la sua capacità di intrattenitrice e showgirl. Proprio alla televisione francese conduce nel 1973 il varietà “Line direct”. Gli anni passano ma Line sembra non accorgersene e nel 1980 festeggia i trent’anni di carriera al Casino con una serata cui partecipa tutta Parigi. La ventenne principessa del music-hall ha lasciato il posto a una matura e consapevole donna di spettacolo che non disdegna di spendere il suo nome e impegnarsi per cause come la battaglia contro la diffusione dell’AIDS in Africa e nei paesi poveri del mondo. Il lavoro e l’amore del pubblico sono due alleati preziosi che le consentono di superare anche la più brutta sorpresa che il destino potesse farle. L’8 gennaio 1995 alle otto del mattino nella loro casa di Rueil Malmaison, si porta via Loulou Gasté, l’uomo della sua vita. La scomparsa lascia un vuoto immenso e più di mille canzoni. Negli ultimi anni il cinema e la televisione tendono a prevalere sull’attività canora di Line Renaud anche se, di tanto in tanto non disdegna di tornare in sala di registrazione come accade nel 2002 quando, insieme a Charles Aznavour, Nana Mouskouri, Garou e tanti altri registra l’album Feelings, un dolcissimo omaggio al marito scomparso.
30 giugno, 2018
30 giugno 1917 - Lena Horne, una delle grandi signore della musica
Il 30 giugno 1917 nasce a New York Lena Horne. Con Billie Holiday ed Ella Fitzgerald è considerata una delle grandi signore della musica statunitense. Inizia la sua carriera come ballerina nel 1934 nel celeberrimo Cotton Club e come cantante debuttò con l'orchestra di Noble Sissle, con la quale pubblica i primi dischi. Dopo aver fatto parte come vocalist delle orchestre di Charlie Barnet e di Teddy Wilson diventa popolarissima grazie alle sue esibizioni al Cafè Society. Trasferitasi a Hollywood nel 1942, senza abbandonare la musica, partecipa a film di successo come "Stormy weather" e "Due cuori in cielo". Nel 1981 Broadway le tributa un omaggio d'eccezione con "The lady and her music", uno spettacolo interamente dedicato a lei. Nel 1989 vince il Grammy alla carriera. Tra i suoi album più importanti ci sono At the Waldorf Astoria (1957), Give the lady what she want (1958), Porgy & Bess (con Harry Belafonte), Lena on the blue side (1962), Lena, lovely and alive (1963), Lena & Gabor (1970, con Gabor Szabo) e The lady and her music (1981). Muore il 9 maggio 2010 a New York.
29 giugno, 2018
29 giugno 1918 - Libero Tosoni, un jazzista che non disprezza la musica da ballo
Il 29 giugno 1918 nasce a Roma il chitarrista Libero Tosoni. A vent'anni inizia trasforma la passione della musica in una professione suonando all'EIAR con il chitarrista Saverio Seracini. Nel 1939 entra a far parte del grupp diretto da Enrico Pratt. Suona poi con Carlo Zeme e con un quintetto diretto da Bruno Martelli. Dopo la Liberazione di Roma forma insieme ad Armando Trovajoli un gruppo swing con Cecconi, Ammonini, De Carolis e Beppe Carta, con cui prende parte alle trasmissioni radiofoniche intitolate "Il Club del Ritmo", nel corso delle quali ha occasione di suonare con molti solisti statunitensi. Nel 1945 suona all'Arlecchino con un trio formato da Bruno Martino e Beppe Carta, ai quali si aggiunge in seguito Tino Fornai al violino. Nel 1947 suona al Bel Sito, sempre di Roma, con Armando Trovajoli. Prende parte all'attività jazzistica romana suonando in molte jam session, soprattutto all'Arlecchino e alla Conchiglia, due locali dove nella seconda metà degli anni Quaranta vengono organizzate molte manifestazioni a carattere jazzistico. La sua carriera proseguirà alternando il jazz a fortunate incursioni nella musica da ballo.
28 giugno, 2018
28 giugno 1927 - Franco Morea, dal sax alla batteria
Il 28 giugno 1927 nasce a Roma il batterista Franco Morea. Figlio del sassofonista Vito Morea sembra inevitabilmente destinato a seguire le orme del padre quando nel 1947 inizia a studiare il sax baritono e il clarinetto sotto la guida del professor Gambacorta. Nel 1950 passa alla batteria come autodidatta. A sostenerlo nella decisione è la madre che non vede di buon occhio gli strumenti a fiato. L’anno seguente suona con Brugnolini musica commerciale e sul finire dell’anno entra a far parte della Junior Dixieland Gang con la quale resta fino allo scioglimento, nell’estate del 1955, partecipando all’incisione per la Voce del Padrone di Louisiana, Ballin’ The Jack, Lississippi, Mud, Margie, Canal Street Blues, Wabash Blues, Bixin The Blues, Indiana, Royal Garden Blues. Dlla fine degli anni Cinquanta riduce di molto l'attività pur partecipando a numerose jam session, concerti, esibizioni e incidendo anche un brano con la Modern Jazz Gang.
26 giugno, 2018
27 giugno 1980 - Le ultime registrazioni di David Knopfler con i Dire Straits
Il 27 giugno 1980 i Dire Straits iniziano a registrare i brani dell'album Making movies. Proprio nel bel mezzo delle sedute David Knopfler annuncia a sorpresa la sua decisione di lasciare il gruppo. Secondo la leggenda la scintilla sarebbe scoccata al momento di provare le parti di chitarra per Romeo and Juliet.
David, ai fronte alle critiche del fratello Mark, da lui ritenute ingiuste, avrebbe preteso scuse che non sarebbero mai arrivate. Questa tesi è stata successivamente confermata dallo stesso David: «Me ne andai dopo un litigio abbastanza duro su alcuni dettagli di studio, ma non era quella la cosa rilevante. Eravamo tutti troppo sotto pressione: era solo una questione di tempo e poi tutto sarebbe scoppiato. Eravamo troppo carichi di responsabilità e impegni: non c'era tempo di riflettere su niente».
David, ai fronte alle critiche del fratello Mark, da lui ritenute ingiuste, avrebbe preteso scuse che non sarebbero mai arrivate. Questa tesi è stata successivamente confermata dallo stesso David: «Me ne andai dopo un litigio abbastanza duro su alcuni dettagli di studio, ma non era quella la cosa rilevante. Eravamo tutti troppo sotto pressione: era solo una questione di tempo e poi tutto sarebbe scoppiato. Eravamo troppo carichi di responsabilità e impegni: non c'era tempo di riflettere su niente».
25 giugno, 2018
26 giugno 2009 - Arriva la notizia della morte di Michael Jackson
Il 26 giugno 2009 nel mondo si diffonde la notizia che Michael Jackson è morto. La morte in realtà è avvenuta il giorno prima nella sua casa di Holmby Hills, vicino a Los Angeles. Il certificato medico stilato dopo il decesso attribuisce le cause della morte ad arresto cardiocircolatorio, ma le circostanze restano oscure. L’indagine avviata in seguito porterà al rinvio a giudizio per omicidio del suo medico personale, colpevole di avergli somministrato una dose eccessiva di farmaci. Jackson ha cinquant’anni. Star dello star dello showbusinnes è una delle più discusse figure della storia musicale degli ultimi anni del Novecento. Inizia la sua carriera come bambino prodigio nei Jackson Five il gruppo formato insieme ai suoi fratelli Jackson, figli della cantante di blues e country Katherine "Kate" e dell'ex chitarrista dei Falcons, Joe Jackson. Nel 1993 ha addirittura ottenuto un Grammy speciale "alla carriera" assurgendo ufficialmente al ruolo di mito, a soli trentacinque anni d'età, ma con venticinque anni di carriera all'attivo. La sua attività solistica inizia all’inizio degli anni Settanta quando la Motown decide di promuovere anche individualmente i componenti dei Jackson Five. Il primo è proprio Michael che nel 1971 pubblica il singolo Got to be there, seguito dall’album omonimo. Dopo vari dischi di buon successo nel 1979 Michael partecipa con Diana Ross al film "The wiz", un remake del "Mago di Oz" con un cast interamente composto da attori di colore, cantando You can't win con la supervisione di Quincy Jones, l'autore dell'intera colonna sonora. Proprio da questa esperienza nasce la sua intesa musicale con Jones che trova la sua prima concretizzazione nell’album Off the wall, alla cui realizzazione partecipano sessionmen come i Brothers Johnson e autori come Rod Temperton degli Heatwave. Michael nel 1981 vince il Grammy come miglior cantante per Don't stop 'til you get enough mentre Off the wall conquistò il doppio disco di platino vendendo oltre 4 milioni di copie in tutto il mondo. Il 1 dicembre 1982 viene pubblicato Thriller, il maggio successo di vendite dell'industria discografica, con 40 milioni di copie vendute, che vince ben otto Grammy. Con la notorietà iniziano le leggende sul conto di Michael Jackson, ormai divenuto un mito astratto. Il suo silenzio e il suo ritirarsi nel privato suscitano l'interesse morboso dei giornali e l'invidia dei più. Di lui si scrive tutto e il contrario di tutto, investigando ogni più nascosto anfratto della sua vita, dalla sessualità, alla sua ipotizzata verginità con punte di sessuofobia, alle sue operazioni di chirurgia plastica, fino all'accusa di tingersi la pelle di bianco vergognandosi del suo colore. L'aver vissuto da star fino dall'età di dieci anni non aiuta Michael a reggere il suo ruolo di mito. La morte non cancella le polemiche.
24 giugno, 2018
25 giugno 1969 - Fabbrica e Cantagiro due facce della stessa medaglia
«Ritmi infernali in fabbrica, ritmi musicali al Cantagiro: due facce della stessa medaglia». La frase, riprodotta su migliaia di volantini, accompagna il 25 giugno 1969 a Cuneo la dura contestazione al Cantagiro. Nel 1969 la manifestazione è ormai arrivato all’ottava edizione schierando ai nastri di partenza personaggi adorati dal pubblico giovanile come Massimo Ranieri, Lucio Battisti e Mal. Mentre torna il girone riservato ai giovani, in ossequio ai gusti del periodo viene “inventato” un girone destinato al folk cui partecipano, tra gli altri, Cochi e Renato, Giorgio Gaber, Gabriella Ferri, Lino Toffolo, Bruno Lauzi e un giovane Pippo Franco. Nonostante il buon livello della proposta musicale i tempi stanno ormai cambiando. I giovani non s’accontentano delle canzoni, vogliono di più e qualche volta sognano addirittura di cambiare il mondo. Il Cantagiro finisce per far da catalizzatore delle proteste giovanili che il 25 giugno 1969 trovano un momento eclatante a Cuneo dove i giovani manifestanti bloccano l’ingresso della Stadio Comunale della cittadina piemontese con la parola d’ordine “Ritmi infernali in fabbrica, ritmi musicali al Cantagiro: due facce della stessa medaglia”. Invitati a sgomberare da parte dei responsabili dell’ordine pubblico decidono di resistere. Ne nascono tafferugli poi sedati. Il dado però è tratto. È il primo segnale di un rapporto tra contestazione e concerti che negli anni successivi diventerà esplosivo. Con la fine degli anni Sessanta l’epoca d’oro del Cantagiro finisce.
23 giugno, 2018
24 giugno 1964 – Ci sono i Rolling Stones, sotto con le risse!
Il 24 giugno 1964 a Blackpool, in Scozia, i Rolling Stones si esibiscono in un concerto devastante. Ragazzi ubriachi scalano il palco per sputare sui componenti del gruppo. Sono i cosiddetti “sputi d’amore” e fanno parte del folclore tra il cazzone e l’anticonformista che caratterizza l’ambiente del rock più robusto. Mentre gli altri gruppi abbozzano sopportando quei gesti come un prezzo da pagare alla popolarità, i Rolling Stones no. Indispettito, Keith Richards osserva i ragazzi e, individuato il più scalmanato lo punta e gli urla: «Fallo un’altra volta e ti spezzo quel fottuto osso del collo». Il ragazzo sghignazza e continua imperterrito a bersagliare di saliva i componenti del suo gruppo preferito. Non lo fa per molto. Fedele alla promessa, il chitarrista dei Rolling Stones parte di gran carriera, attraversa di corsa il palco e lo colpisce con un calcio in piena faccia. È l’inizio di una gigantesca rissa. Alla fine il bilancio degli incidenti è di trenta giovani e due poliziotti ricoverati in ospedale. Quando c’è da aizzare le folle e da menar le mani i Rolling Stones non si tirano mai indietro. Spesso i loro concerti sono occasioni d’oro per dare sfogo alla rabbia. Tra gli episodi più famosi c’è quello del 20 ottobre 1964 quando la band è di scena all'Olympia di Parigi. Il pubblico francese, che aveva accolto con freddezza i Beatles, impazzisce letteralmente per loro. L'arrivo degli Stones fa convergere verso il centro della città migliaia di ragazzi provenienti dalla periferia che, impossibilitati a entrare, si scatenano in una lunga guerriglia urbana con la polizia. I tabloid inglesi ne danno notizia senza enfasi, quasi con noia: «I Rolling Stones suonano all'Olympia di Parigi e scoppiano i soliti tumulti tra fans e polizia». Eppure quelli di Parigi non sono i “soliti tumulti”, ma la dimostrazione della capacità del gruppo di incendiare la rabbia e il senso di frustrazione di una generazione che pochi anni più tardi tenterà di dare la scalata al cielo. Non sono i “soliti tumulti” neppure per qualità. A iniziare la battaglia con la polizia sono, senza alcun dubbio, i giovani rimasti fuori dall'Olympia, ma ben presto essi ricevono manforte anche dai "privilegiati", quelli che sono riusciti a entrare. La battaglia dura molte ore e pian piano si allarga di fuori della zona del teatro. Nelle ore successive al concerto sono decine le bande di ragazzi e ragazze, spesso giovanissimi, che attraversano i boulevard lanciando tavoli, sedie, segnali stradali e ogni oggetto possibile contro le vetrine dei negozi. Alla fine il bilancio sarà di oltre centocinquanta persone arrestate. Uno dei pochi a tentare di capire il “fenomeno Stones” è Tom Wolfe, che li definisce “spauracchio della borghesia” e spiega il loro legame con gli strati più emarginati della società con il fatto che «i Rolling Stones provengono dai bassifondi della vita, un cono d’ombra che per anni è stato il regno degli outsider dell’arte e della fotografia, abitato da poveri ragazzi» che nella musica della band trovano la scintilla necessaria a incendiare la loro rabbia. Mick Jagger non è né un filosofo né un sociologo e dopo uno dei tanti incidenti a un loro concerto dirà: «...Normali episodi di esuberanza giovanile e ottusità della polizia. Sono successi episodi simili a Blackpool, a Belfast, a l'Aia, a Toronto, a Rochester, a Vienna, a Parigi e ad Halsinborg… Non c'è niente di nuovo. I giovani sono esuberanti in tutto il mondo e la polizia non brilla per comprensione in nessun paese del mondo…».
22 giugno, 2018
23 giugno 1969 - Nasce il Manifesto
Il 23 giugno 1969 attorno a Luigi Pintor e Rossana Rossanda nasce il Manifesto, una rivista di ricerca politica nata dalla componente più "a sinistra" della linea ufficiale del Partito Comunista Italiano e destinata a diventare successivamente un quotidiano. Il primo numero ha una tiratura di 75.000 copie e viene pubblicato dalle Edizioni Dedalo. Alla redazione partecipano Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina e Ninetta Zandegiacomi.
21 giugno, 2018
21 giugno 2009 - Amiche per l’Abruzzo, musica e solidarietà al femminile
L’idea nasce da Laura Pausini. “Amiche per l’Abruzzo” è un concerto di sole donne con lo scopo di raccogliere fondi da destinare alle popolazioni colpite dal sisma che in aprile ha colpito l’Abruzzo. Sembra una boutade, forse un azzardo, invece è un’idea geniale. Il 21 giugno 2009 accorrono circa sessantamila persone allo stadio di San Siro per assistere all’evento. L’incasso totale della serata è di circa 1 milione e mezzo di euro, cui andranno poi sommati i proventi derivanti da Cd e DVD del concerto stesso. Non si tratta soltanto di un grande evento di solidarietà ma un eccezionale appuntamento musicale che vede unite sullo stesso palco stelle di prima grandezza come Giorgia, Elisa, Irene Grandi o Gianna Nannini. Il via alle canzoni viene dato dalla voce di Antonella Ruggero sulle note di Ave Maria di Fabrizio de Andrè. Nel lungo pomeriggio si alternano interpreti come Senit, Jo Squillo, Alexia, Paola e Chiara, Malika Ayane, Arisa, Simona Molinari, Dolcenera, Alessandra Amoroso, Karima, Noemi, Giusy Ferreri e molte altre. Non mancano inediti duetti come quelli tra Fiordaliso e Annalisa Minetti, Giorgia e Gianna Nannini o Laura Pausini e un Elisa in attesa di diventare mamma. Nel gran finale Elisa, Giorgia, Laura Pausini e Gianna Nannini cantano Donna d’Onna, scritta dalla stessa Nannini in ricordo di tutte le donne che hanno sofferto e continuano a soffrire in seguito al terremoto chiamando poi tutte le cantanti in un grande coro sulle note de Il mio canto libero di Mogol - Battisti.
19 giugno, 2018
20 giugno 1935 - Kid Thomas, la vita breve di un bluesman
Il 20 giugno 1935 a Sturgess, nel Mississippi, nasce il bluesman Kid Thomas, famoso per il suo modo caratteristico di suonare l'armonica traendone una voce simile a quella di un sassofono. Il suo vero nome è Louis Thomas Watts. E impara a suonare l'armonica all’inizio degli anni Cinquanta dopo essersi trasferito a Chicago. Curioso sperimentatore frequenta i virtuosi dello strumento Little Walter, Junior Wells e James Cotton "rubando" loro i segreti del mestiere. Le sue esibizioni non passano inosservate e suona con Muddy Waters, Eddie Boyd e Bo Diddley. Nel 1957 incide per la Federal e un anno dopo è al fianco di Otis Rush e di Magic Sam. Nei primi anni Sessanta si trasferisce sulla Costa Occidentale. Nel 1970 investe e uccide con l'automobile un ragazzo bianco. Rinviato a giudizio diventa oggetto di una vera e propria campagna di stampo razzista. Il 13 aprile 1970, nel giorno in cui deve svolgersi il processo viene assassinato a Beverly Hills dal padre della vittima.
18 giugno, 2018
19 giugno 1917 - Dave Lambert, la prima voce del bop su disco
Il 19 giugno 1917 nasce a Boston, nel Massachusetts, il cantante Dave Lambert, il cui nome completo è David Alden Lambert, il primo interprete vocale dei capolavori del jazz in grado di muoversi in complessi arrangiamenti. A dieci anni inizia a studiare la batteria e proprio come batterista muove i primi passi sulla scena musicale alla fine degli anni Trenta nel trio di Hugh McGuinness. Solo nel 1943, terminato il servizio militare, dà inizio alla carriera di cantante nell'orchestra di Johnny Long. La svolta arriva il 22 gennaio 1945 quando Gene Krupa lo vuole come cantante della sua grande orchestra insieme a Buddy Stewart. In quell'anno Lambert incide per la Columbia What's This che viene ricordato come il primo brano cantato di bop. Nel 1946 e 1947 dirige un quartetto vocale in uno spettacolo a Broadway e incide in proprio per la Capitol e per la Columbia. In quel periodo si esibisce anche alla radio e alla televisione curando gli arrangiamenti per altri cantanti come Carmen McRae. Nel 1957 Lambert si unisce a John Hendricks dando inizio a un sodalizio che tocca vertici assoluti di qualità con l'arrivo della cantante Annie Ross. L'album d'esordio See Lambert, Hendricks & Ross ottiene un grande successo, La collaborazione tra i tre cantanti dura fino al 1963, quando la Ross , per motivi di salute, viene sostituita da Yolande Bavan. L'anno dopo anche Lambert se ne va per continuare da solo su nuovi progetti, ma il 6 ottobre 1966 muore in un incidente d'auto.
18 giugno 1949 - La prima volta della Roman New Orleans Jazz Band
Il 18 giugno 1949 in una street parade per le vie di Roma fa la sua prima apparizione il gruppo che di lì a poco tempo assumerà il nome di Roman New Orleans Jazz Band. Nel mese di settembre registra la colonna sonora del documentario "Il porto di Ancona" e in ottobre, con una formazione composta da Giovanni Borghi, Luciano Fineschi, Marcello Riccio, Ivan Vandor, Franco Nebbia, poi sostituito da Giorgio Zinzi, Bruno Perris, Pino Liberati e Peppino d'Intino, suona in jam session con Louis Armstrong, Jack Teagarden e Earl Hines. È proprio Armstrong a dare il nome al gruppo che nel marzo del 1950 incide cinque brani per Parlophon considerati i primi esempi di New Orleans revival italiano. Lo stesso mese si esibisce in una jam session con Bill Coleman e Big Boy Goodie di passaggio a Roma e il 3 giugno 1950 prende parte al 2° Festival Nazionale del Jazz a Milano. Nel dicembre, dopo essere stata diffidata dal continuare a provare in un garage del quartiere romano dei Parioli, inizia a suonare al Mario's Bar, un locale di via Porta Pinciana di proprietà di Mario Canetti. Il 20 dicembre 1951 il Mario's Bar chiude e l'orchestra passa alle Pleiadi di via Sistina. Nel gennaio del 1952 è la protagonista del documentario "Il Blues della domenica", di Valerio Zurlini. Nell'aprile, prende parte al Secondo Salone Internazionale del Jazz di Parigi. Nel gennaio e febbraio del 1953 incide undici brani per la Voce del Padrone con Carlo Loffredo al contrabbasso al posto di Pino Liberati. Nell'aprile del 1953 Riccio, Vandor e Zinzi abbandonano l'orchestra e vengono sostituiti dal clarinettista Euclide Zoffoli e dal pianista Tom Fornari. Qualche mese dopo rientrano Riccio, Vandor e Zinzi, ma se ne va Luciano Fineschi, sostituito da Carlo Capodieci. La seduta di registrazione del 17 novembre 1953 sembra l'ultima della storia del gruppo. Carlo Loffredo dà vita a una nuova Roman New Orleans Jazz Band con altri musicisti, salvo il batteri sta Peppino d'Intino, ma è costretto da una sentenza a ribattezzare il gruppo Seconda Roman New Orleans Jazz Band. La Roman , dopo un periodo di relativa stasi e con il rientro di d'Intino, con Marcello Rosa al trombone, Umberto Cesari al pianoforte al posto di Zinzi e con l'aggiunta di Sergio Battistelli al vibrafono, riprende l'attività suonando al Rugantino di Trastevere. La sigla è destinata a non morire mai...
09 giugno, 2018
9 giugno 1934 - Nasce Paperino
È nato il 9 giugno 1934. In quel giorno infatti nel cortometraggio animato The Wise Little Hen, conosciuto in Italia con il titolo La gallinella saggia fa la sua prima apparizione un nuovo componente della famiglia delle creazioni di Walt Disney. È un buffo papero che indossa blusa e cappello da marinaio. Il suo nome è Donald Duck, anzi, per la precisione Donald Fauntleroy Duck. Nella versione italiana diventa Paperino. Nei primi cartoni animati fa da spalla al personaggio principale di casa Disney, Mickey Mouse alias Topolino, ma già nel 1936 diventa protagonista, prima con Donald & Pluto e poi con Don Donald, ambientato in Messico, il primo interamente dedicato a lui. In occasione dei festeggiamenti per il sessantacinquesimo compleanno di Paperino viene anche stato indetto un concorso mondiale per il migliore disegno di Donald Duck del XXI secolo. L’opera vincitrice è esposta ad Anaheim, nel California Convention Center, accanto a Disneyland.
08 giugno, 2018
8 giugno 1948 - La prima Porsche 356
L’8 giugno 1948 nasce la prima Porsche 356. Tutto inizia nell’agosto del 1947 quando Ferdinand Porsche, il geniale progettista del primo Maggiolino, lasciata la prigione francese nella quale era stato rinchiuso con l’infamante accusa di collaborazionismo con i nazisti, torna a Gmünd in Carinzia. Qui scopre che il figlio Ferry, nonostante la sua assenza forzata, non ha gettato la spugna, ma insieme a Karl Rabe e Erwin Kamenada, i suoi più stretti e fedeli collaboratori d’un tempo, ha continuato a lavorare. I tre hanno aperto una modesta officina per la costruzione e la manutenzione di macchinari agricoli e autovetture. Il trio è molto popolare nella zona per la sua abilità nel riparare le vecchie Volkswagen militari riconvertite a uso agricolo da parte dei coltivatori austriaci. La scoperta più sorprendente e lieta che attende Ferdinand Porsche gli arriva, però, da suo figlio che ha salvato dalla distruzione degli stabilimenti Volkswagen i vecchi progetti di una versione coupé sportiva del futuro “maggiolino”. L’idea nata negli anni Trenta era quella di utilizzare gran parte degli organi meccanici della berlina per un modello dotato di un motore più potente che avrebbe dovuto partecipare al Rally Berlino-Roma del 1939. I responsabili della produzione della Volkswagen, più occupati a preparare le forniture belliche che a seguire i sogni di Ferdinand Porsche, non avevano ritenuto il progetto interessante mentre il Rally era stato annullato per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Un mese prima della liberazione di Ferdinand il suo sogno aveva cominciato a essere sviluppato nel concreto. Il 17 luglio, infatti, aveva rivisto la luce la progettazione per un modello sportivo a due posti derivato dalla meccanica Volkswagen. Il numero di riferimento del progetto è 356.00.015, lo stesso che contrassegnava i disegni dell’auto ideata da Ferdinand Porsche prima della guerra. 356 diviene così il nome della vettura che, pian piano, vede la luce. Il prototipo costruito a Gmünd è quello di un’auto sportiva aperta a due posti. È una soluzione quasi obbligata perché il trio non ha le risorse per costruire una carrozzeria chiusa. Il telaio tubolare d’acciaio e il motore sono presi pari pari dal Maggiolino mentre il cambio viene collocato a sbalzo dietro l’asse posteriore. Anche le sospensioni, lo sterzo e i freni sono gli stessi della Volkswagen. Le modifiche, piccole ma essenziali, servono soltanto a migliorare la potenza e la tenuta di strada. Per esempio le testate del motore da 1131 cc vengono modificate con valvole un po’ più grandi e un rapporto di compressione aumentato dall’originale 5,8:1 a 7:1 portando così la potenza da 25 a 35 cv. Successivamente viene aggiunto un secondo carburatore a corrente d’aria discendente e si arriva così a 40 cv. Le linee aerodinamiche della carrozzeria in alluminio della prima 356, progettate da Erwin Komenda prima della guerra, vengono fabbricate a mano dall’artigiano Friedrich Weber. L’8 giugno 1948 la prima vettura è pronta. Un mese dopo Herbert Kaes, cugino di Ferry e suo collaboratore tecnico, porta la 356 alla prima vittoria in una corsa su strada a Innsbruck. Il primo acquirente di una 356 è il signor Von Seeger, proprietario di un’agenzia pubblicitaria di Zurigo. La partecipazione ufficiale della 356 al Salone di Ginevra e le richieste conseguenti rischiano però di mettere in crisi sul nascere il sogno di Ferdinand Porsche. Mentre fioccano le prenotazioni, infatti Porsche padre e figlio devono affrontare i problemi relativi alla produzione, visto che le loro officine di Stoccarda sono ancora occupate dalle truppe statunitensi. Ripiegano allora sul garage della loro villa di Feuerbach dove si iniziano a produrre otto-dieci vetture al mese. Contemporaneamente per evitare conflitti con la Volkswagen Ferry Porsche stipula un accordo in cui si impegna a non costruire vetture che possano entrare in concorrenza diretta con il Maggiolino in cambio dell’utilizzo della componentistica e della rete commerciale della stessa Volkswagen. Alla fine del 1949 un contratto con il carrozziere Neuter di Stoccarda risolverà il problema. Quest’ultimo costruirà tutte le carrozzerie della 356. Le vetture interamente costruite a Gmünd sono quarantasei. Due anni dopo i Porsche rientreranno in possesso dei loro vecchi stabilimenti e trasferiranno l’intera produzione a Stoccarda.
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