Il 15 febbraio 1937 nasce a Napoli il cantante e chitarrista Fausto Cigliano. Penultimo di sette figli nei primi anni della sua vita è soggetto a frequenti crisi d’asma che gli rendono impossibile seguire le orme dei quattro fratelli più grandi, cantanti nel coro del Teatro San Carlo. Non si rassegna però all’idea di vivere fuori dal mondo della musica. Con una chitarra regalatagli da un compagno di scuola inizia a studiare prima da solo e poi con vari maestri finché, nel 1953, guarito dall’asma, debutta come chitarrista e cantante dell’orchestra da ballo di Lello Greco. Nell’estate del 1955 è la voce solista di un gruppo jazz che si esibisce all’Hotel Moresco di Ischia e l’anno dopo, insieme ad Amedeo Pariante e Sergio Centi viene incaricato di rieseguire i motivi in gara al Festival di Napoli, esperienza che ripete nel 1957 con Armando Romeo e Ugo Calise. Nel 1959 presenta al Festival di Sanremo con Nilla Pizzi Sempre con te e pochi mesi dopo vince il Festival di Napoli con Sarrà chi sa, in coppia con Teddy Reno. La sua carriera continua con la partecipazione ai Festival di Napoli del 1961 e del 1962 e ai Festival di Sanremo, dove presenta Splende il sole nel 1960 in coppia con Irene D’Areni, Lei in coppia con Joe Sentieri nel 1961, Cose inutili insieme a Jenny Luna e Vestita di rosso in coppia con Mario Abbate nel 1962 e, nel 1964, E se domani insieme a Gene Pitney che diventerà poi un grande successo di Mina. Nello stesso periodo interpreta anche alcuni film divertenti e senza pretese con Nino Manfredi, Renato Salvatori e Memmo Carotenuto. Nel 1965 forma con il chitarrista Mario Gangi un duo di ricerca, riscrittura e riproposizione della musica tradizionale napoletana destinato a diventare famoso in tutto il mondo e a registrare ben nove album dell’antologia Napoli Concerto. Il lavoro di ricerca assorbe quasi tutto il suo tempo anche se, di tanto in tanto, non disdegna di tornare alla musica leggera come, nel 1986, con l'album Ventata nova. Tra le sue interpretazioni, oltre alle canzoni già citate, meritano di essere ricordate Anema e core, Nnammuratella, Il poeta guappo e ‘Na voce ‘na chitarra e ‘o poco ‘e luna.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
15 febbraio, 2021
14 febbraio, 2021
14 febbraio 2007 - Con “Notte prima degli esami – Oggi” nasce il “newquel”
Il 14 febbraio 2007, giorno di San Valentino, arriva nelle sale cinematografiche italiane “Notte prima degli esami – Oggi” un film che riprende i personaggi e la formula del fortunato e omonimo lungometraggio uscito nelle sale l’anno precedente collocandoli però in un altro periodo storico. Non si tratta di un “prequel”, cioè il racconto dei fatti che hanno preceduto gli eventi narrati nel film precedente né un “sequel”, cioè la narrazione del seguito. Come definirlo? Nella conferenza stampa di presentazione il regista Fausto Brizzi conia il termine di “newquel” spiegandolo così: «Io aggiorno la storia. È come se fosse un’istantanea di due periodi completamente diversi». Per meglio far comprendere le sue intenzioni allo spettatore sui titolo di testa mette il protagonista Luca, interpretato da Nicolas Vaporidis, di fronte alle commissioni di varie sessioni dell’esame di maturità ambientate in epoche diverse. Il ragazzo, indipendentemente dalle diverse ambientazioni, appare imbarazzato e reticente come sempre perché in fondo i veri protagonisti del film sono loro, gli esami di maturità, anno dopo anno così uguali eppure così diversi. Come già accaduto per il primo film della serie anche "Notte prima degli esami – Oggi" arriva nelle sale il 14 febbraio 2007, giorno di San Valentino, festa degli innamorati. Ad accompagnarlo ci sono due iniziative editoriali decisamente curiose. La prima è un libro, pubblicato dalla Mondadori, con il “Diario di Luca e Azzurra” direttamente tratto dalla sceneggiatura del film e la seconda è ancora più singolare. Nel numero di “Topolino” che arriva in edicola nello stesso giorno d’uscita del film, infatti, c’è una storia a fumetti intitolata “Qui Quo Qua e il giorno prima degli esami” il cui soggetto è stato scritto dallo stesso Fausto Brizzi, regista del film.
13 febbraio, 2021
13 febbraio 1872 - George Filhe, un pioniere del trombone jazz
Il 13 febbraio 1872 nasce a New Orleans, in Louisiana, il trombonista George Filhe. Porta ancora i pantaloni corti quando comincia a soffiare in un trombone. Lo fa da solo, da autodidatta, riuscendo ugualmente a perfezionarsi sotto il profilo strumentale fino a diventare uno dei migliori trombonisti di quella che è considerata la prima generazione di pionieri del jazz. Nel 1892 ottiene il suo primo ingaggio professionale con la Cousto-Desdunes Orchestra, diretta dai cornettisti Manuel Cousto e Dan Desdunes. L'anno dopo viene scritturato dalla Onward Brass Band, uno dei gruppi più prestigiosi dell’epoca a New Orleans con il quale resta per diciotto anni consecutivi, conquistandosi, come trombone solista, una larga fetta di popolarità. Tra il 1903 e il 1910 Filhe suona anche con la Bab Frank's Peerless Orchestra e con l'Imperial Orchestra del cornettista Manuel Perez. Nel 1910 Oscar Celestin, che ha ottenuto un contratto importante per suonare alla Tuxedo Dance Hall, lo chiama a far parte di una vera e propria All-Stars, comprendente Peter Bocage, Lorenzo Tio jr., Louis Cottrell e Manuel Manetta. Resta con questo gruppo fino al 1913, anno in cui viene chiusa la Tuxedo Dance Hall. In quello stesso anno Filhe, assieme a Manuel Manetta e al violinista Charles Elgar, si trasferisce a Chicago dove continua a essere conteso dai maggiori leader dei gruppi di “New Orleans style” da Joe Oliver a Manuel Perez, da Sidney Bechet a Lawrence Duhè. Il suo ultimo ingaggio conosciuto risale alla fine degli anni Venti e lo vede aggregato all'orchestra di Dave Peyton. Sembra che poi sia uscito definitivamente dalla scena musicale. Muore a Chicago, nell’Illinois, nel 1954.
12 febbraio, 2021
12 febbraio 1919 – Ferruccio Valcareggi, l’allenatore della staffetta
Ferruccio Valcareggi nasce a Trieste il 12 febbraio 1919 e debutta nel mondo del calcio come mezzala della Triestina, squadra con la quale gioca per la prima volta in serie A nel 1938. Nel 1940 passa alla Fiorentina dove rimane per tre stagioni per poi passare al Bologna e ritornare quindi alla Fiorentina. Nel corso della sua lunga carriera gioca poi nella Lucchese, nel Vicenza e nel Piombino dove nel 1953 inizia la carriera di allenatore. Passa poi ad allenare il Prato e per il suo lavoro riceve l’ambito riconoscimento del “Seminatore d'oro”, l’Oscar degli allenatori. La sua avventura con la nazionale inizia nel 1966 quando, dopo la disfatta della squadra azzurra nei mondiali inglesi, la federazione intenzionata a rimuovere il condottiero della sfortunata spedizione Edmondo Fabbri con figure nuove chiama lui ed Helenio Herrera. Nominato responsabile tecnico della squadra azzurra nel 1968 vince il Campionato d'Europa. Due anni dopo diventa vice campione del mondo nei mondiali del Messico e viene licenziato dopo l’eliminazione dell’Italia ai campionati del mondo del 1974. La sua ultima esperienza su una panchina è con la Fiorentina, dove subentra a De Sisti nel campionato 1984/85. Proprio a Firenze muore il 2 novembre 2005.
11 febbraio, 2021
Dick Van Der Capellen, il bassista olandese
L’11 febbraio 1919 a Batavia, in Indonesia, nasce il contrabbassista olandese Dick Van Der Capellen. Autodidatta nel 1946 si trova alla guida del Blanton Trio e nel 1948 inizia a lavorare con Jos Cleber. Nel 1952 si esibisce per tutto il territorio olandese con The Three Blind Mice e The Progressives. Dal 1954 al 1956 suona con il pianista Rob Pronk che lascia nel 1957 per passare con il gruppo dei Diamond Five con cui resterà fino al 1959 pur non rinunciando a esperienze personali e diverse. Nel 1957, per esempio, accompagna per qualche tempo anche la cantante Pia Beck. Tra il 1964 e il 1965 forma un trio che ha come elemento fisso, oltre a lui, il flautista Chris Hinze e nel quale si alternano Louis Deby e Cees See. L'anno dopo collabora con Boy Edgar, passando poi a lavorare con il sassofonista Willem Breuker. Negli anni Settanta oltre a spaziare nel cabaret musicale con Paul Van Vliet fonda un nuovo trio di cui per qualche tempo fa parte anche il chitarrista Bill Arendsma. Muore il 27 gennaio 2011 a Voorburg.
10 febbraio, 2021
10 febbraio 2006 – La voce di Pavarotti accende il braciere
Nella serata del 10 febbraio 2006 si svolge la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi Invernali di Torino. Tocca ad Alberto Tomba l’onore del primo ingresso nello stadio con la torcia olimpica che viene poi ceduta ai fondisti De Zold, Vanzetta, Albarello e Fauner, i quattro staffettisti della 4x10 km di fondo che nel 1994 hanno vinto la medaglia d’oro a Lillehammer. Il simbolo olimpico viene poi ceduto a Piero Gros, campione olimpico nello slalom a Innsbruck nel 1976 che la passa poi alla tre volte olimpionica Deborah Compagnoni, la quale la dà all'ultimo tedoforo, la sciatrice Stefania Belmondo. Sono le 22,34 quando la campionessa cuneese accende il braciere. Mentre il fuoco del braciere si staglia sul buio della notte Luciano Pavarotti intona l’aria “Nessun dorma” dalla Turandot di Puccini. Quando la musica si spegne partono i fuochi d'artificio.
09 febbraio, 2021
9 febbraio 2002 – Raiz debutta in teatro
Dopo aver portato con successo sul palcoscenico dei teatri d'Italia i Sud Sound System in "Acido Fenico - Ballata per Mimmo Carunchio camorrista" i Cantieri Teatrali Koreja continuano a far incontrare teatro e musica. Il 9 febbraio 2002 presentano "Brecht’s dance" un lavoro teatrale nel quale fa il suo debutto come attore e cantante Raiz, voce e frontman degli Almamegretta. Lo spettacolo, ispirato a tre opere di Brecht, “Baal”, “L’opera da tre soldi” e “Il cerchio di gesso del Caucaso”, è una sorta di viaggio nella "fatica di vivere" tra adolescenze rabbiose e disperate. Scritto da Gianluigi Gherzi e diretto da Salvatore Tramacere ha visto un apporto diretto di Raiz già nella fase di elaborazione. Il leader degli Almamegretta, infatti, ha riletto insieme a Paolo Polcari le canzoni de “L’opera da tre soldi” ispirandosi, oltre che alla musica di Kurt Weill, anche alla fascinazione di Brecht per l'Asia. Il linguaggio brechtiano viene riproposto non con intento calligrafico, ma come lettura viva della realtà di oggi. Del resto, come dice il regista Salvatore Tramacere «Bertolt Brecht aveva già capito nel suo tempo che il teatro doveva incontrare la musica e cercare insieme di costruire un linguaggio nuovo». La sfida vera è quella di reggere l'impatto con «l’ambiguità e la complessità del nostro tempo». L'opera verrà presentata presso i Cantieri Teatrali di Lecce a partire dall'11 febbraio. Non sarà un evento isolato, ma una parte significativa del progetto “I giorni di Brecht", una serie di spettacoli, mostre, convegni e feste dedicati al grande maestro che richiameranno nella città pugliese artisti, docenti universitari, critici ed esperti.
08 febbraio, 2021
8 febbraio 1962 - La strana coppia sbanca Sanremo
L’8 febbraio 1962 si apre la XII edizione del Festival di Sanremo, presentato da Renato Tagliani con al fianco Vicki Ludovisi e Laura Efrikian.. L’attenzione della stampa e del pubblico è tutta per Claudio Villa e Domenico Modugno, la “strana coppia” formata da due artisti che, solo un paio d’anni prima, apparivano come due acerrimi rivali. Il brano presentato è Addio… addio scritto da Domenico Modugno e sembra fatto apposta per esaltare le qualità di Villa. Come previsto la gara non ha alcuno storia. L’accoppiata tra i due “giganti” della scena musicale sbanca Sanremo. Addio... addio vince il Festival davanti a Tango italiano, interpretata da Milva e Sergio Bruni. Quest’ultimo conquista anche il terzo posto con Gondolì gondolà, insieme a Ernesto Bonino. Claudio Villa, motivato e deciso a farsi valere, appare in gran forma, tanto che in molti attribuiscono proprio alla sua interpretazione gran parte del merito della vittoria. Di questo parere è anche il regista Bernardo Bertolucci che sceglie la versione di Villa per la colonna sonora del suo film “La commare secca”.
07 febbraio, 2021
7 febbraio 1927 - Juliette Gréco, la musa dell’esistenzialismo
«Mi chiamo Juliette Gréco e non ho mai avuto uno pseudonimo. Sono nata il 7 febbraio 1927 a Montpellier in una giornata che mi hanno detto fosse uggiosa. È stata mia madre ha raccontarmi che quel giorno pioveva ma ha anche aggiunto che ero una bambina fortunata perché la pioggia favorisce la crescita di tutte le piante, anche quelle più velenose». Così la cantante racconta l’inizio della sua vita. Dice anche che da ragazzina voleva impegnarsi a diventare santa nel convento di Dordogne, ma la vita le ha fatto capire che tra il paradiso e l’inferno la distanza non è così lunga. Per lei la porta dell’inferno, quello vero, si apre quando, adolescente, scopre, nella Parigi occupata dai nazisti, di avere il "sangue impuro" perché sua madre è ebrea e vive come in un’agghiacciante film il suo arresto da parte della Gestapo, la deportazione della madre e della sorella a Ravensbrück e a Holleinstein, il carcere nella prigione di Fresnes, cella 326, con tre prostitute che le insegnano tutto della "scuola superiore del marciapiede" e i giorni nel centro d'accoglienza dell'Hotel Lutetia in una Parigi liberata ma non ancora risorta. Quelle vicende Juliette se le porterà dentro per sempre. Odierà il suo naso lungo "da ebrea" e lo cambierà ben cinque volte prima di decidere che è tempo di fermarsi. La sua vita correrà veloce come il vento, scandita da un tourbillon di amicizie, aspirazioni, tradimenti, canzoni, ideali, matrimoni, poesie, film, avventure, sogni e storie d'amore. L'esistenzialismo sarà un arma in più per sferrare un calcio a una società che, pur avendo bisogno di cambiare, rifiuta il cambiamento. Offre la sua voce ai musicisti e ai poeti più famosi, regala parole e note alle passioni di una stagione in cui, come dice Simone de Beauvoir, si guarda al futuro «…con dubbi e speranze. Non potevamo essere sereni perché il mondo appariva ostile alle nostre passioni…». I primi passi nel mondo dello spettacolo non sono incoraggianti. La ragazza vuole fare l’attrice, non la cantante. Spinta dalla sua insegnante di francese Hélène Duc si presenta al concorso de le Conservatoire, una famosa scuola d'arte drammatica, viene respinta anche se la direttrice Madame Dussane annota nei suoi commenti che la ragazza è da tenere d’occhio. Juliette non s’arrende. Prende lezioni d’arte drammatica sa Solange Sicard e muove i primi passi sul palcoscenico della Comédie-Française nell’opera dove il regista Jean-Louis Barrault mette in scena “Le Soulier de Satin” di Paul Claudel. Tra teatro, cinema amatoriale e grandi serate con poeti, registi e aspiranti tali prendono corpo le notti di Saint-Germain-des-Prés e del Tabou, il Club privato dove si riuniscono gli esistenzialisti di cui diventa la regina. Qui la chiamano “la toutoune” (il cagnolino buono) e la amano alla follia, uomini e donne. Tutti copiano il suo trucco agli occhi con l'eye-liner corposo e abbondante, il suo maglione e i suoi pantaloni neri. «Io, Jean Paul Sartre, chansonnier e autore di liriche, mi impegno a far avere a Juliette Gréco, artista, giovane elegante e ambiziosa, cantante affascinante, una canzone scritta da me prima del 10 del mese d'agosto…» È il mese di luglio del 1950 quando il filosofo, cedendo alle sue sollecitazioni prende carta e penna e scrive poche righe di solenne impegno in un albergo di Juan Les Pins sulla Costa Azzurra. Sembra uno scherzo, ma un mese dopo a Juliette arrivano davvero due canzoni firmate da Sartre. Si intitolano Ne faites pas suer le marin (non fate sudare i marinai) e La perle de Paissy, ma la cantante non le interpreterà mai. Stando alla leggenda andranno disperse nella confusa stagione delle poesie, degli eccessi, delle seduzioni, della filosofia e delle battaglie politiche e culturali di Saint-Germain-des-Près. Se i versi e le musiche di Sartre si perdono nella confusione, altri personaggi le regaleranno perle preziose per i suoi concerti. Hanno nomi illustri come quelli di Jacques Prévert, Raymond Queneau, Boris Vian, Jacques Brel, George Brassens, Serge Gainsbourg, Charles Aznavour, Leo Ferré e tanti altri. Storie di una Francia d'altri tempi animata da idee e passioni travolgenti, passaggi di una vicenda collettiva nella quale Juliette cambia spesso pelle pur rimanendo sempre se stessa. Quando la sua voce, accompagnata dal pianista Jean Wiener vola per la prima volta sulla musica il successo è immediato. È nato un mito. Charles Aznavour le regala Je hais les dimanches, un brano rifiutato da Edith Piaf che le porta bene e le fa vincere il Premio di interpretazione a Deauville. I successi sul palcoscenico attirano l’attenzione dei discografici e arriva il primo contratto con la Philips. Nel cuore degli anni Cinquanta Juliette Gréco è ormai tra i protagonisti assoluti della scena musicale. Tutti la vogliono ascoltare e anche negli Stati Uniti somma trionfi a trionfi. Anche il cinema la vuole e le affida ruoli capaci di esaltare la sua enigmatica personalità. Non mancano parentesi difficili come quando il pubblico dell'Alcazar di Marsiglia la fischia lanciandole monetine sul palcoscenico, ma sono solo piccoli inconvenienti che non ne mutano il destino. Nel 1954 prende sotto la propria ala protettrice un cantautore sconosciuto d’origine belga che risponde al nome di Jacques Brel ed è la prima a portare sul palcoscenico le sue difficili canzoni. Il suo successo fa emergere gli autori fino a quel momento rimasti confinati nelle cantine di Saint-Germain-des-Prés. Nel suo repertorio entrano e prendono vita canzoni di Georges Brassens, Charles Trent, Léo Ferré e altri. La sua popolarità non conoscerà cali neppure con il passare delle mode. Decennio dopo decennio attraverserà da protagonista, i tumultuosi anni Sessanta e i contraddittori Settanta superando in un balzo solo gli Ottanta delle illusioni colorate e i Novanta dei fermenti nuovi arrivando al nuovo millennio con ancora tanta voglia di cantare. «Il palcoscenico e il pubblico sono come l'amore. Più ci si dedica e più se ne ha voglia». Poi, per evitare equivoci rassicura tutti su di sé con una frase che in questi anni è diventata il suo distintivo: «Tranquilli, con il passare del tempo, non sono per niente diventata assennata». Nel nuovo millennio Juliette Gréco interpreta se stessa senza indulgere nella nostalgia. «Io non so che cosa significa la parola "nostalgia". Non l'ho mai capito e non penso di impararlo mai anche se mi dispiace che non si possa più pagare al ristorante con una poesia». Il suo cuore, la sua vita, i suoi sentimenti sono rimasti in Saint-Germain-des-Près dove i primi anni del nuovo millennio si è aperta una nuova battaglia. Non sono soltanto vecchi nostalgici quelli che denunciano la barbarie del degrado modernista del quartiere-simbolo di Saint-Germain-des-Près dove i caffé stavano diventano self service e dove i negozi di moda e d'abbigliamento espellevano le storiche librerie. Ci sono giovani pur nati e cresciuti nella globalizzazione del cattivo gusto e della colonizzazione culturale, proprio dalla riscoperta delle antiche radici traggono linfa per nuove battaglie contro l'omologazione e l'appiattimento. E quando la denuncia diventa movimento Juliette Gréco fa la sua parte. Si fa testimonial vivente dell'impegno, saluta i primi risultati con l'entusiasmo di un'adolescente e, come l’Araba Fenice rinasce a nuova vita. Muore a Ramatuelle il 23 settembre 2020.
06 febbraio, 2021
6 febbraio 2004 - Quando i PGR persero i pezzi
Il 6 febbraio 2004 Ginevra Di Marco e il suo compagno, di vita oltre che d'avventura artistica, Francesco Magnelli se ne vanno. Due pilastri importanti dei PGR lasciano il gruppo. La notizia viene data ufficialmente da un comunicato stampa di Gianni Maroccolo, fondatore del gruppo nato dalle ceneri dei CSI insieme ai due "dimissionari" e a Giovanni Lindo Ferretti e Giorgio Canali. Nel suo scritto Maroccolo non si nasconde dietro parole di circostanza «Scelte di vita personali, private, profonde, per certi aspetti a me incomprensibili, comunque sia da rispettare, seppur a malincuore», ma conclude augurando buona fortuna alla cantante e al tastierista della band «Non state a chiedervi o a chiedermi le ragioni. Così è! Ogni parola risulterebbe superflua». Con la defezione di Ginevra Di Marco e Francesco Magnelli si allungano ombre preoccupanti sul destino del gruppo. Proprio qualche giorno prima lo stesso Maroccolo presentando il suo primo album solista, A.C.A.U., aveva detto che i PGR a fine febbraio sarebbero ritornati in studio per lavorare a un nuovo album il cui materiale è già stato composto. La band si sarebbe dovuta ritrovare a Bath, negli studi della Real World di Peter Gabriel. L'addio di Ginevra e Francesco cambia le prospettive.
05 febbraio, 2021
5 febbraio 2000 - L’Italia nel gotha del rugby
Nel febbraio del 2000 l'Italia viene ammessa per la prima volta alla corte delle grandi del rugby mondiale. Lo storico torneo delle Cinque Nazioni (Scozia, Inghilterra, Galles, Irlanda e Francia) si apre alla rappresentativa del nostro paese. Sabato 5 febbraio 2000 alle ore 15 gli azzurri iniziano la loro prima avventura nel Torneo delle Sei Nazioni, manifestazione che proprio da quel giorno assume quella denominazione dopo essersi chiamato per novant'anni Torneo delle Cinque Nazioni. Allo Stadio Flaminio di Roma l’Italia affronta la Scozia, cioè la squadra che ha vinto l'ultimo Trofeo delle Cinque Nazioni. La rappresentativa azzurra, a dispetto dei pronostici che la vogliono nei panni della vittima predestinata entusiasma, di fronte a venticinquemila spettatori mette sotto gli scozzesi con il punteggio finale di 34 a 20. Ventinove punti azzurri portano la firma di Diego Dominguez mentre la meta finale è di Giampiero De Carli.
04 febbraio, 2021
4 febbraio 1908 - Manny Klein, trombettista precoce e irrequieto
Il 4 febbraio 1908 nasce a New York il trombettista Manny Klein, registrato all’anagrafe con il nome di Emmanuel Klein. Nato da una famiglia di musicisti inizia prestissimo a soffiare nella tromba e solo successivamente perfeziona gli studi musicali frequentando l'Institute of Musical Arts. Le sue prime esperienze in concerto lo vedono giovanissimo trombettista nella B. F. Keith's Boy's Band e nella New York Junior Police Band. La sua prima vera scrittura da professionista arriva dall’orchestra di Louis Katzman. Nel 1928, a soli vent’anni suona nel gruppo di Al Goodman che lascia poi per mettersi in proprio. Chiuso il periodo di attività indipendente lavora con varie orchestre da quella di Red Nichols a quella di Freddie Rich, da quella di Roger Wolfe Kahn a quella di Benny Goodman, a quelle di Tommy e Jimmy Dorsey, a quella di Joe Venuti e tante altre. Nel 1932 se ne va in Inghilterra. Al suo ritorno in patria lavora presso varie stazioni radiofoniche di New York dirigendo spesso proprie formazioni. Nella seconda metà degli anni Trenta, dopo una breve permanenza con l'orchestra di Glenn Miller, forma con Frank Trumbauer una big band. Irrequieto nel 1939 unisce al gruppo di Matty Malneck e poi a quelli di Ray Noble e di Artie Shaw. Nel 1942 diventa musicista di studio presso la Metro Goldwin Mayer ma proprio in quell’anno viene richiamato alle armi. Congedato, riprende il suo posto alla MGM dove resta per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta. A partire dagli anni Settanta limita la sua attività a occasionali sedute di registrazione. Muore il 31 maggio 1994.
03 febbraio, 2021
3 febbraio 1957 - L'Italia va a letto dopo Carosello
Il 3 febbraio 1957 va in onda per la prima volta “Carosello”, un programma televisivo esclusivamente dedicato alla pubblicità. Nel 1957 gli abbonati alla RAI sono 6.682.466 e la televisione non è ancora un elettrodomestico abituale nelle case degli italiani. Le punte massime d’ascolto si registrano al sabato e alla domenica quando intere famiglie si radunano nei locali pubblici intorno alla magica scatola che diffonde immagini in bianco e nero. Il giorno scelto per programmare la prima diffusione pubblicitaria della storia della televisione italiana è quindi una domenica e la fascia oraria è quella più comoda, dalle 20,50 alle 21, quando anche gli adulti che il giorno dopo devono andare a lavorare e i ragazzi che devono andare a scuola sono ancora disponibili a prestare la loro attenzione. Nasce così, quasi in punta di piedi, un fenomeno che condizionerà anche il linguaggio, oltre che la cultura generale dell’intera nazione. In pochi anni la frase «Si va a letto dopo Carosello» entra nelle abitudini dei bambini. Il programma diventa una sorta di confine che chiude la giornata dei piccoli e sancisce l’inizio delle trasmissioni per i “più grandi”. Non dimentichiamoci che in quegli anni tutti, accendendo la televisione, guardano gli stessi programmi perché il canale è uno solo e la possibilità di scelta si riduce al semplice gesto di accendere o spegnere. Carosello entra così nell’immaginario infantile. In quei pochi minuti davanti agli occhi dei piccoli spettatori scorrono fiabe, cartoni animati, scenette comiche e, soprattutto, prodotti da consumare. Nel 1957 lo spazio per un cortometraggio costa un milione e mezzo e al momento di programmare la prima trasmissione gli inserzionisti vengono sorteggiati. I primi quattro sono: Shell Italiana, L’Oreal, Singer e Grandi Marche Associate.
02 febbraio, 2021
2 febbraio 1917 - Tony Gottuso, eclettico chitarrista di studio
Il 2 febbraio 1917 nasce a New York il chitarrista Anthony Gottuso detto Tony, uno dei musicisti più popolari tra quelli che si esibiscono nel circuito newyorkese della seconda metà degli anni Trenta. Nel 1936 sostituisce Gene Stultz nell'orchestra di Artie Shaw e partecipa così alle sedute di incisione della band negli ultimi mesi di quell'anno per la Brunswick. L'anno seguente torna in sala di registrazione in duo con il chitarrista John Cali per la Victor. Nel 1939 entra nella formazione dei Bouncing Brass di Paul Whiteman con la quale registra vari brani per la Decca. Sempre negli studi di registrazione della Decca suona con Frank Signorelli e con i Blues Boys di Erskine Butterfield sempre per Decca. Nella seconda metà degli anni Quaranta affianca al lavoro in studio la partecipazione alle orchestre fisse di vari programmi radiofonici e televisivi. Alla fine degli anni Cinquanta lascia l'attività professionale.
01 febbraio, 2021
1° febbraio 1979 - Il ritorno dell’ayatollah Khomeini
Due milioni di persone in delirio accolgono il 1° febbraio 1979 l’ayatollah Khomeini che, dopo un esilio durato quindici anni ritorna a Teheran, la capitale dell’Iran. La rivolta popolare contro il sanguinario e dispotico regime dello scià Reza Pahlavi sembra così trovare la sua conclusione in un clima di rinnovata unità nazionale tra le forze della ribellione antidittatoriale. È solo un’illusione. Superato il primo momento tra le varie fazioni che hanno concorso all’abbattimento dello Scià si scatenano in una lotta fratricida che alla fine vede prevalere la parte più legata agli ambienti religiosi tradizionalisti. Pochi mesi dopo in Iran verrà proclamata la “Repubblica islamica” e tutte le componenti laiche della resistenza, i comunisti per primi, saranno disperse e in molti casi perseguitate.
31 gennaio, 2021
31 gennaio 2007 - Chiude Gay Tv
«Per 5 anni abbiamo creato più di 60 programmi, affrontato argomenti spinosi, lavorato insieme per far conoscere al mondo cosa volesse dire la parola omosessualità. Abbiamo lottato per voi e insieme a voi. Tutto questo è costato fatica e non solo. Noi abbiamo investito, altri no…» Con queste parole viene annunciato che il 31 gennaio 2007 Gay Tv, l’unico canale televisivo omosessuale italiano, cessa le trasmissioni da satellite. L’annuncio viene dato in diretta da Massimo Scolari, editore di Gay Tv oltre che produttore del cantante Paolo Meneguzzi, durante il reality talk show Open Space. L’annuncio dell’imminente chiusura è stato dato non a caso all’interno di quella produzione che avrebbe dovuto rilanciare la rete, anche grazie alla visibilità data dalla conduzione di Alessandro Cecchi Paone, ma che in realtà non è riuscita nel suo intento per la scarsa disponibilità di altri soggetti a investire nel progetto.
30 gennaio, 2021
30 gennaio 1978 – Damia, la tragédienne de la chanson
Il 30 gennaio 1978 Muore Damia, una delle grandi interpreti della “chanson réaliste” francese. Come Mistinguett, Damia si è sempre vantata di non aver mai fatto uso del microfono nelle sue esibizioni dal vivo. Oggi l’idea che qualcuno rinunci a un mezzo capace di far ascoltare meglio anche il più piccolo sussurro espressivo può far sorridere, ma fino a cinquant’anni fa i puristi inorridivano di fronte all’utilizzo di un congegno metallico destinato ad amplificare il canto. La ragione fondamentale del rifiuto all’utilizzo del microfono era: nessun filtro per la voce, perché i filtri attenuano la forza emotiva del canto. In questo ambito vanno inserite sia la scelta di Damia, che quella di Mistinguett. Le due cantanti, infatti, non sono da ascrivere alla contrapposizione che per larga parte del novecento ha diviso i cantanti e le cantanti di scuola lirica, la cui potenza vocale è tale da poter rinunciare al microfono, da quelli popolari che utilizzano tranquillamente il microfono per farsi ascoltare meglio. Mistinguett e Damia non ne fanno una questione di potenza vocale, ma di sentimenti, di sfumature emozionali che rischiano di venir tradite dall’uso di uno strumento posticcio destinato soltanto ad amplificare i suoni. Tutto ciò vale, naturalmente, per le esibizioni dal vivo visto che entrambe non si sottraggono alla possibilità di registrare dischi o di cantare nei programmi radiofonici, due casi nei quali l’utilizzo del microfono diventa indispensabile. Quella che oggi appare come una polemica eccessivamente sofisticata e un po’ posticcia in realtà aiuta a capire la concezione di una grande artista come Damia per la quale il rapporto con il pubblico è la ragione principale del lavoro dell’artista. Considerata uno dei simboli più vividi della “chanson réaliste” e capace di rappresentare il punto di sintesi tra la musicalità delle interpreti della chanson e la presenza scenica delle attrici teatrali, la forza della sua personalità è stata tale che, ancora oggi, quando si dice “una canzone di Damia” non si precisa altro. La sua interpretazione è sufficiente a definire i contorni di ciò che ci aspetta. Di fronte alla sua capacità anche gli autori e i compositori passano in secondo piano. Damia ha una voce forte e profonda capace di trasmettere una vasta gamma di emozioni, di passare dalla tristezza o dal dramma alla sensualità più spinta e sfacciata. Tra tutte le interpreti della “chanson réaliste” lei è quella che maggiormente fa tesoro dell’esperienza teatrale sia nella presenza scenica che nel considerare la dizione un elemento, per così dire, variabile dell’interpretazione. La sua dizione, infatti, non è mai asettica come accade alle cantanti “di buona scuola”, ma cambia in funzione dei brani interpretati e delle emozioni che essi esprimono. Accade così che in qualche canzone la sua voce abbia l’accento spiccato delle periferie parigine e in altre la perfezione scolastica di chi è in grado di controllare con freddezza persino l’intonazione più marginale. È la qualità musicale del brano, sono le parole del testo e l’impronta del messaggio a determinare la scelta del taglio interpretativo e di quello vocale. La qualità è tutto e la potenza è nulla. In nessun caso, infatti, cerca di catturare l’attenzione degli ascoltatori con la potenza della voce, non perché non ne abbia, ma perché ritiene che il suono inutilmente gonfiato abbia il limite di non riuscire ad arrivare al cuore del pubblico. Come accade in seguito anche a Edith Piaf, per Damia l’intensità dell’interpretazione è molto più importante della perfezione asettica del vocalizzo. Questa sua caratteristica interpretativa le è valsa l’appellativo di “tragédienne de la chanson”, “attrice tragica della canzone” con un richiamo evidente alla tradizione drammatica di quella grande scuola teatrale che è stata la tragedia greca classica. Damia nasce il 5 dicembre 1889 a Parigi, anche se in qualche biografia degli anni Cinquanta la lancetta del tempo viene spostata di tre anni più avanti, nel 1892. All’anagrafe è registrata come Marie-Louise Damien. Figlia di un poliziotto o, meglio, di un sergente della polizia francese che i biografi raccontano autoritario e un po’ repressivo nei rapporti famigliari, non ha ancora compiuto quindici anni quando esce di corsa dalla porta di casa intenzionata a cercare fortuna nel mondo. Trova ospitalità nelle compagnie di attori, saltimbanchi, vagabondi e musicisti le cui attività animano le strade, le piazze e i locali della frenetica capitale francese. Seguendo le imprevedibili strade di questa compagnie di giro di località in località arriva dove la terra finisce e comincia la distesa del mare. Spinta dall’irrefrenabile voglia di sperimentarsi segue i suoi compagni su una delle tante carrette che attraversano la Manica e se ne va in Inghilterra. Qui a diciassette anni scandalizza e, insieme, entusiasma il pubblico londinese portando sul palcoscenico lo scandalo de “la valse chaloupée”, (il valzer ondeggiante) il ballo lanciato da Mistinguett che mima il rapporto aggressivo e violento di una ragazza di vita con il suo protettore. A Londra è accompagnata dallo stesso Max Dearly che è stato al fianco di Mistinguett. Tornata a Parigi sbarca il lunario lavorando come figurante nelle varie compagnie che arrivano al Châtelet. La ragazza è come una spugna. Assorbe il mestiere dello spettacolo, con i relativi trucchi e la capacità di reggere alle inevitabili difficoltà. Lavora con moltissime compagnie e da ciascuna impara qualcosa. Pian piano riesce a ritagliarsi spazi sempre maggiori e grazie anche ai consigli e alle raccomandazioni di Robert Holland, detto Roberty, il marito della grande Fréhel, debutta come cantante solista sul palcoscenico della Pépinière con il nome di Maryse Damia. Le cure e le attenzioni di Roberty le aprono le porte del Petit Casino, del Concert Mayol e di molti altri locali alla moda nei quali divide spesso il palcoscenico con Fréhel. Il suo rapporto con Roberty diventa sempre più stretto fino a quando l’uomo decide di lasciare per lei la moglie Fréhel che gli ha da poco dato un figlio. Quest’ultima non si dà pace e, dopo la tragica morte del figlio, precipiterà in una depressione disperata destinata a cambiarle la carriera e anche la vita. In qualche modo, però, questa vicenda segna anche l’esistenza e la carriera di Damia che finirà per essere lungamente colpevolizzata da parte dell’opinione pubblica e della stampa popolare. Dopo la prima guerra mondiale Damia va in tournée con la coreografa statunitense Loïe Fuller e scopre l’uso delle luci e dei proiettori sul palcoscenico. Diventa così la prima cantante a utilizzare i proiettori come complemento scenico. Nel 1921 Abel Gance le affida il ruolo della Marsigliese nel suo film muto “Napoléon”, la prima di una lunga serie di importanti performances cinematografiche che si concludono nel 1956 quando compare per l’ultima volta nel film “Notre-Dame de Paris” di Jean Delannoy con Gina Lollobrigida e Anthony Quinn. Si esibisce anche in tutti i locali più alla voga, da Chez Fisher all’Apollo, all’Olympia, al Moulin Rouge a tanti altri. Nel 1929 recupera Les goélands, una canzone già interpretata nel 1905 da Lucien Boyer, e la trasforma nel più grande successo della sua carriera. Il modo di presentarsi in scena diventa parte del personaggio e della sua leggenda: sola, con un vestito nero lungo e senza maniche e nessuna invenzione scenografica al di fuori di un proiettore bianco puntato sulla sua figura intera. Sulla scena sarà così per tutta la vita salvo nel periodo dell’occupazione nazista quando per rispondere a modo suo alle pressioni del governo collaborazionista che l’invitano ad avere un atteggiamento più gaio e spensierato lascia la scena com’è e cambia solo il colore dell’abito da nero a bianco. Nel 1956 lascia definitivamente le scene dopo un concerto nel quale indossa per l’ultima volta quell’abito nero destinato a ispirare anche Juliette Gréco. Nel 1964 la Francia le concede il Grand Prix du Disque per la sua straordinaria carriera e la cantante ringrazia ma poi torna nell’ombra. Muore il 30 gennaio 1978 all’età di ottantanove anni nella sua casa di Saint-Cloud.
28 gennaio, 2021
28 gennaio 1978 - Ai Matia Bazar il Festival di Grillo
Il 28 gennaio 1978 i Matia Bazar vincono il Festival di Sanremo con E dirsi ciao. Il gruppo, artefice di un pop raffinato arricchito dalla preziosa voce di Antonella Ruggiero, è tra quelli più apprezzati dalle giovani generazioni e la sua vittoria sembra rilanciare le azioni di una manifestazione che sembrava ormai in declino per l'impossibilità di interpretare i nuovi gusti musicali. Il Festival di quell’anno, presentato da Beppe Grillo affiancato da Maria Giovanna Elmi e Stefania Casini, regala anche un grande e inaspettato successo commerciale a Rino Gaetano, autore e interprete di Gianna un brano inizialmente intitolato Anna e poi modificato per non confondersi con l'omonima canzone di Lucio Battisti. L’altra rivelazione sanremese del 1978 è Anna Oxa, una ragazza figlia di un uomo albanese e una ragazza italiana che si presenta sul palcoscenico in puro stile punk interpretando il brano Un’emozione da poco scritto appositamente per lei da Ivano Fossati con Guido Guglielminetti.
27 gennaio, 2021
27 gennaio 1952 - Roberto Benigni, un talento musicale
Il 27 gennaio 1952 a Misericordia, in provincia di Arezzo nasce Roberto Benigni. La musica è il suo primo amore tanto che all'età di quindici anni pubblica un disco interamente autoprodotto. Quando negli anni seguenti diventa famoso come attore e poi come regista non abbandona mai completamente la prima passione artistica della sua vita pubblicando brani come L'inno del corpo sciolto, Al Pantheon e Il pillolo. Nel 1983 canta come ospite al Festival di Sanremo la canzone di Paolo Conte Via con me, inserita anche nella colonna sonora del film "Tu mi turbi". Molte sono le performance canore nei suoi spettacoli e le sue interpretazioni estemporanee come nel film "I giorni cantati", dove interpreta un lied di Shubert con Mariangela Melato. Tra le sue canzoni c'è anche la curiosa Mi sono innamorato della moglie di Paolo Conte presentata dal vivo al Premio Tenco.
26 gennaio, 2021
26 gennaio 1974 - Joe Benjamin se ne va
Il 26 gennaio 1974 muore a Livingstone, nello Zimbabwe, il contrabbassista Joe Beniamin. Registrato all’anagrafe con il nome di Joseph Rupert nasce ad Atlantic City, nel New Jersey, il 4 novembre 1919. Inizia giovanissimo gli studi musicali dedicandosi inizialmente al violino sotto la guida di Hal Johnson e passando poi al contrabbasso, strumento al quale rimane poi fedele per il resto della vita, conclusasi per un attacco cardiaco probabilmente conseguente a un incidente automobilistico nel quale era rimasto coinvolto qualche settimana prima. Strumentista di grandi possibilità tecniche e accompagnatore di notevole sensibilità, conosce il momento di maggior gloria nel gennaio del 1951 quando ha l’occasione di partecipare come secondo bassista dell'orchestra di Duke Ellington a un memorabile concerto alla Metropolitan Opera House. Componente della band di Jimmy Lunceford, Billy Moore jr., Mercer Ellington, Billy Taylor, Artie Shaw, Fletcher Henderson, Lena Horne, Sy Oliver, Ellis Larkins e moltissimi altri leader, nel 1953 partecipa a una leggendaria tournée con Sarah Vaughan con la quale incide anche una lunga serie di brani eccellenti.
Iscriviti a:
Post (Atom)