L’8 marzo 1908 nasce a Barstow, in California, il compositore, direttore d'orchestra e arrangiatore Will Hudson. Negli anni Trenta, oltre a un’intensa attività come direttore d’orchestra scrive arrangiamenti per i McKinney's Cotton Pickers, Erskine Tate, Cab Calloway. Negli anni successivi continua l’attività di arrangiatore per Benny Goodman, Andy Kirk, Earl Hines, Fletcher Henderson, Don Redman, Louis Armstrong e Jimmie Lunceford. Nel 1934 compone Moonglow, una canzone destinata a entrare nel repertorio di moltissime orchestre e gruppi jazz. Per Lunceford compone e arrangia White Head e Jazznocracy, mentre per Ray Noble, nel 1938, arrangia Cheerokee. Nel 1936 arrangia e compone Organ Grinder's Swing sempre per Lunceford. Fra le sue altre composizioni Sophisticated Swing, Eight Bars in Search or a Melody, Hocus Pocus, ecc. Insieme a Eddie De Lange fonda la Hudson-De Lange Orchestra e negli anni Quaranta lavora come arrangiatore anche per Glenn Miller. Muore il 16 luglio 1981.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
08 marzo, 2021
07 marzo, 2021
7 marzo 1944 - Raimondo Schottler da venditore ambulante a cantante famoso
Il 7 marzo 1944 muore a Napoli, la città dov’era nato il 12 giugno 1867, il cantante Raimondo Schottler. Fratello del popolare canzonettista Giorgio Schottler sr a poco più di dieci anni inizia a girare per le vie di Napoli come venditore ambulante di piatti e bicchieri. Per richiamare l’attenzione dei clienti monta sul suo carrettino e canta a squarciagola i motivi più in voga. Quando non è impegnato a vendere la sua merce si esibisce sul lungomare per i turisti accompagnato dal mandolino di un amico. Nel 1900 decide di cambiare vita. Vende il carrettino e debutta al Grand Hotel con l'orchestra Bertolé-Vialli passando poi con la formazione di Raffaele Moreno che suona all’Hotel Excelsior. Famoso anche in Francia e in Russia, per molto tempo canta alla Sala Roma di Napoli con l'orchestra che fa da commento musicale alla proiezione di film muti. Negli anni Venti e Trenta si esibisce nei migliori locali d’Europa con il gruppo mandolinistico Della Rosa.
06 marzo, 2021
6 marzo 1918 - Red Callender, il bassista nero dai capelli rossi
Il 6 marzo 1918 nasce ad Haynesville, in Virginia, il contrabbassista e talento del basso-tuba Red Callender, registrato all’anagrafe con il nome di George Sylvester Callender e conosciuto come il “nero dai capelli rossi”, il suo primo incontro con la musica avviene alla Industrial School di Bordentown nel New Jersey dove si dedica allo studio di numerosi strumenti come il corno alto, la tromba, il basso-tuba e il basso senza dimenticarsi dell'armonia e arrangiamento. Talento precoce, è ancora uno studente quindicenne delle scuole superiori quando debutta con il gruppo di Banjo Bernie ad Atlantic City. Se ne va poi in California dove ha la grande occasione di sostituire Pops Foster nell'orchestra di Louis Armstrong. Proprio con il grande “Satchmo” partecipa per la prima volta a una seduta di registrazione. È il mese di novembre del 1937 e George ha soltanto diciannove anni. Suona poi nel trio di Nat “King” Cole e con varie formazioni, sempre in California. Nel 1942 viene scritturato da Lester Young pur non rinunciando a registrare e a esibirsi con gruppi che portano il suo nome come il leggendario trio che si esibisce al Suzi-Q Club di Hollywood. Di nuovo con Armstrong nel 1946 appare nel film “La città del jazz” di Arthur Lubin e nel 1947 fa parte del trio di Erroll Garner e poi passa con Johnny Otis. Tra il 1951 e il 1953 suona con Jerry Fielding a Hollywood dedicandosi poi prevalentemente al lavoro televisivo, cinematografico e di studio dirigendo anche qualche piccola formazione sotto suo nome. Considerato uno tra i migliori bassisti dello swing, Callender si dimostra uno strumentista molto versatile capace di passare con eccellenti risultati dai piccoli gruppi bop alle collaborazioni con i grandi solisti. Registra con quasi tutti i protagonisti del jazz della sua epoca. È presente nei dischi di Armstrong, Kay Starr, Hollywood Hucksters, Sonny Greer, Lester Young, Red Norvo, Babe Russin, André Previn, Howard McGhee, Al Hibbler, Jazz At The Philharmonic, Charlie Parker, Charlie Ventura, Art Tatum, Buddy de Franco, Bing Crosby, John Graas, Wardell Gray, Billy May, George Shearing, Buddy Collette, Ray Charles e moltissimi altri. Instancabile, non disdegna neppure qualche incursione nel rhythm and blues centrando un grande successo nel 1958 con il suo brano Primrose lane. Muore di cancro alla tiroide nel 1992.
05 marzo, 2021
5 marzo 2004 – I Queens Of The Stone Age verso lo scioglimento?
Il 5 marzo 2004 molte agenzie di stampa rilanciano le voci di un possibile scioglimento dei Queens Of The Stone Age e non manca chi azzarda l’ipotesi che già la band non esisterebbe più. I rapporti tra i componenti del gruppo avrebbero cominciato a incrinarsi nel corso del recente tour australiano che ha concluso una lunga maratona di ben un anno e mezzo di concerti. Le indiscrezioni raccontano di una lite violenta tra il leader Josh Homme e il bassista Nick Olivieri culminata nell’allontanamento di quest’ultimo dalla formazione. Anche il cantante Mark Lanegan, da tempo divenuto una sorta di “ospite fisso” degli album e dei concerti della band avrebbe deciso di andarsene per i fatti suoi. Le voci non hanno ancora ricevuto alcuna conferma ufficiale. È certo, però, che i tre musicisti citati sono ormai impegnati in progetti diversi dai Queens Of The Stone Age. Josh Homme è in sala di registrazione con gli Eagles Of Death Metal e Nick Olivieri con i Mondo Generator mentre Mark Lanegan sta lavorando a un progetto solistico. In realtà si tratta di un momento di stasi e di riorganizzazione della band.
04 marzo, 2021
4 marzo 1945 – Femi Benussi, la Luna di Pasolini
Eufemia Benussi, in arte Femi Benussi, nasce il 4 marzo 1945 a Rovigno d'Istria. Dopo aver conseguito il diploma si iscrive all’Università. La sua aspirazione è quella di laurearsi in Lettere e Filosofia e di restare nel mondo della scuola, come ricercatrice o come insegnante. Come accade spesso il destino finisce per metterci lo zampino. La bella Eufemia, provata da una delusione d’amore, se ne va a Roma da una zia giusto per cambiare aria e rimettersi in sesto. Qui incontra il cinema e la sua vita cambia per sempre. Il suo debutto sullo schermo avviene con una piccola parte ne “Il boia scarlatto” diretto da Max Hunter, al secolo Massimo Pupillo. È il 1964 e la sua bellezza mediterranea non passa inosservata. Nel 1965 Pasquale Festa Campanile la scrittura per il suo “Una vergine per il principe” e l’anno dopo Pier Paolo Pasolini le affida il ruolo di Luna in “Uccellacci e uccellini”. A partire dagli anni Settanta diventa una delle icone del cinema italiano grazie anche alla sua naturalezza e alla disponibilità a interpretare scene di nudo. Quando il cosiddetto “cinema di genere” comincia a dare i primi segnali di crisi, Femi Benussi, riduce progressivamente la sua presenza sullo schermo fino a ritirarsi praticamente dalle scene all’inizio degli anni Ottanta.
03 marzo, 2021
3 marzo 1932 - Il cubano dell’Actor’s Studio
Il 3 marzo 1932 nasce a Cuba nel piccolo villaggio di Culono vicino a L’Avana Tòmas Quintin Rodriguez, in arte Tomas Milian. Per la verità sull’anno di nascita permangono molti dubbi visto che alcune biografie lo fanno nascere nel 1937. Figlio del generale Rodriguez, suicidatosi sotto il regime dittatoriale di Batista, appena può lascia la sua isola natale per fare l'attore. Dopo aver frequentato l’Actors’ Studio di New York arriva in Italia per il festival di Spoleto e viene notato da Mauro Bolognini che lo scrittura per “La notte brava” del 1958 e “Il bell’Antonio” del 1959. Da quel momento partecipa a film importanti come “Boccaccio ‘70” nell’episodio diretto da Luchino Visconti, “Gli indifferenti” di Citto Maselli e “Le soldatesse” di Valerio Zurlini. I western all’italiana e, soprattutto, il personaggio di Cuchillo gli regalano una vasta popolarità che lui metterà a frutto concentrandosi su personaggi di grande successo e forte caratterizzazione come il commissario Giraldi, detto Monnezza, pur non rinunciando mai a pellicole di maggior spessore culturale con registi come Bernardo Bertolucci, Michelangelo Antonioni, Sydney Pollack e Oliver Stone. Nel 2014 è protagonista del documentario "The Cuban Hamlet – Storia di Tomas Milian", diretto da Giuseppe Sansonna, nel quale Tomás Milián ritorna dopo 58 anni nella sua Cuba, che aveva lasciato nel 1956. Il film è un'intervista sull'onda dei ricordi e delle emozioni provocate nell'attore dal suo ritorno alla natìa L'Avana. Muore a Miami il 22 marzo 2017.
02 marzo, 2021
2 marzo 1943 - George Benson, il chitarrista inventore
Il 2 marzo 1943 nasce a Pittsburgh, in Pennsylvania, il chitarrista e cantante George Benson. Inizia a suonare la chitarra all'età di otto anni e porta ancora i calzoni corti quando entra a far parte di vari gruppi di rhythm and blues della sua città In quel periodo partecipa anche a varie registrazioni per la Columbia e la A & M Records. A diciassette anni comincia a interessarsi al jazz stimolato dal compagno di suo madre, buon chitarrista e fan appassionato di Charlie Christian. Nel 1962 viene scritturato dal gruppo di Jack McDuff con il quale rimase fino al 1965, anno in cui forma un proprio gruppo che pubblica anche alcuni dischi per la Columbia. La formazione schiera Ronnie Cuber al sax-baritono, Lonnie Smith all'organo e Phil Turner alla batteria. La sua reputazione cresce notevolmente a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta quando registra insieme a musicisti come Freddie Hubbard, Ron Carter, Hubert Laws, Herbie Hancock, Airto e soprattutto Miles Davis con il quale incide il famoso Miles in the sky. Negli anni Settanta il suo stile si avvicina decisamente alla musica di consumo. Ottiene un notevole successo ma delude un po’ le aspettative di quanti vedevano in lui un continuatore del pensiero musicale di Charlie Christian. In realtà la sua carreira continuerà a oscillare tra la tentazione del lato più commerciale della musica e i periodici ritorni nell’ambiente del jazz. A lui si deve nel 1979 l’ideazione di un nuovo tipo di chitarra messo in commercio dalla Ibañez.
01 marzo, 2021
1° marzo 1912 - Walter Davis, da pianista a portiere d’albergo
Il 1° marzo 1912 nasce a Grenada, nel Mississippi, il bluesman Walter Davis. Pianista e cantante tipico della tradizione urbana del blues di St. Louis fin dall’inizio sviluppa nelle sue interpretazioni uno stile sobrio e ricco di motivazioni sociali. Seguendo l’esempio di Leroy Carr riesce a trasportare nei testi dei suoi blues i temi propri della cultura afroamericana grazie a un notevole spirito di osservazione, una fertile immaginazione e un frasario musicale semplice e facilmente assimilabile. Abbandonata la famiglia a tredici anni, si trasferisce a St. Louis dove impara a suonare il pianoforte. Sul finire degli anni Venti, debutta negli house parties nella zona est della città e comincia a esibirsi nei vari club locali, spostandosi poi nel Texas, in Tennessee, nel Mississippi e in South Carolina. Nel giugno del 1930 registra il suo primo disco per la Victor a Cincinnati. Il maggior successo di questo periodo è M & O Blues. Negli anni Quaranta la sua popolarità tende a calare progressivamente Walter Davis nei primi anni Cinquanta rinuncia a esibirsi nei locali per dedicarsi all'attività di predicatore, ma non abbandona la musica. Intorno al 1954, colpito da paresi perde l'uso della mano sinistra ed è costretto a trovare lavoro come portiere di notte prima all'Hotel Calumet e quindi all'Albany Hotel. Non si è certi della sua data di morte perché, pur esistendo un certificato in tal senso a nome di Walter Davis per il quale sarebbe deceduto proprio a St. Louis il 22 ottobre 1963, c'è chi sostiene possa trattarsi di un'altra persona.
28 febbraio, 2021
28 febbraio 1892 – Giorgio Schottler jr, tra i primi a cantare alla radio
Il 28 febbraio 1892 nasce a Napoli Giorgio Schottler jr, uno dei primi cantanti scritturati negli anni Venti dalla sede EIAR. Erede di una famiglia di musicisti suo padre Raimondo e suo zio Giorgio sr sono due personaggi fondamentali della musica italiana d’inizio secolo. Interprete di classici napoletani gode di una buona popolarità negli anni Trenta e Quaranta. Nel 1931 e nel 1932 partecipa alle due edizioni del Festival Napoletano. Tra le sue interpretazioni restano famose quelle di 'A luna nova in duetto con Vittorio Parisi, I' te vurria vasà e 'E spingole frangese. Nel 1960 pubblica un album di classici napoletani.
27 febbraio, 2021
27 febbraio 2007 - Al 57° Festival di Sanremo con Simone Cristicchi vince l’impegno
Presentato dall’inedita coppia formata da Pippo Baudo, che ne è anche il direttore artistico, e Michelle Hunziker il 27 febbraio 2007 inizia il Festival di Sanremo. La popolare manifestazione, arrivata alla cinquantasettesima edizione, si svolge all’ormai abituale Teatro Ariston. Dopo un paio d’anni di assenza la RAI rispolvera per l’occasione il Dopofestival, un programma d’intrattenimento e commento che inizia dopo la conclusione della serata all’Ariston, affidandone la conduzione a Piero Chiambretti. L’edizione 2007 del Festival, che si conclude il 3 marzo, premia due artisti e due brani di particolari impegno. La canzone vincitrice della sezione "Campioni", infatti, è Ti regalerò una rosa di Simone Cristicchi dedicata al problema delle malattie mentali mentre Pensa, il brano con il quale Fabrizio Moro vince nella sezione "Giovani", è un esplicito omaggio a tutti gli uomini che combattono la mafia.
26 febbraio, 2021
26 febbraio 1960 – La Peugeot 203 va in pensione
Il 26 febbraio 1960, la Peugeot decide di cessare la produzione della 203, un’auto che ha lasciato un segno importante nella storia e nel costume di Francia Ha l’aria di una tranquilla e placida leonessa, ma come la compagna del re del giungla se sollecitata mette in mostra un’aggressività imprevedibile. Insieme alla 4 Cv e alla 2 CV la Peugeot 203 è per i francesi una delle vetture che hanno accompagnato la motorizzazione di massa e, insieme uno dei simboli dei rutilanti anni Cinquanta, quelli che segnavano la ripresa del paese dopo la tragedia della guerra e, soprattutto, della voglia di vivere. Nella Francia del dopoguerra è stata l’unica vettura moderna di classe media fino all’arrivo della Simca Aronde. La sua storia comincia nel 1947 quando la stampa può contemplarne i prototipi in anticipo di almeno un anno sull’avvio della commercializzazione. Qualcuno la definisce “Un’economica automobile di lusso”, cosciente della contraddizione insita nella definizione stessa. Quando anche il pubblico può ammirarla al Salone dell’automobile di Parigi nel 1948 se ne innamora. Non è tanto la potenza nascosta in quel motore a quattro cilindri in linea che lascia a bocca aperta i visitatori quanto le forme, ispirate alla produzione statunitense dell’epoca, a modelli come la Lincoln Zephir o alla Clipper. La fluidità delle linee della 202, il modello che l’ha preceduta, cede alle suggestioni d’oltreoceano non rinunciando, però, alla solida sobrietà francese. È una sorta di simbolica applicazione dei concetti che stanno alla base della scelta del marchio della Peugeot: una testa di leone che ruggisce. La leggenda tramanda, infatti, che Emile Peugeot in persona avesse scelto quel simbolo per evidenziare le tre caratteristiche fondamentali delle sue vetture: resistenza, eleganza e rapidità di reazione alle sollecitazioni. La 203 è tutto questo. L’eleganza delle forme si sposa, infatti a un motore a quattro cilindri da 1290 cc di concezione modernissima con camere da scoppio emisferiche e valvole in testa con disposizione a V. Le sue caratteristiche esalteranno anche la fantasia dei progettisti. A parte le numerose versioni elaborate dalla Peugeot, a partire dalla Limousine Famigliare, con il passo allungato fino a 2.780 mm. e uno spazio interno in grado di ospitare comodamente fino a otto persone, numerose sono le cosiddette “elaborazioni speciali” tese a esaltarne le caratteristiche sportive. La più famosa è la 203 Coupé Darl’mat, una freccia capace di volare a 140 Km/h grazie a due carburatori, al telaio ribassato e all’aumento del rapporto di compressione. All’inizio degli anni Cinquanta viene anche scelta per ospitare il direttore di gara e accompagnare i ciclisti francesi al Tour De France legando così le sue vicende all’epopea della più massacrante corsa a tappe del mondo. Quando, il 26 febbraio 1960, la Peugeot decide di sospenderne per sempre la produzione, la 203 è già un mito. Quando l’ultima 203 lascia la catena di montaggio di Sochaux i libri matricola della Peugeot raccontano di una produzione totale di 669.163 vetture alle quali vanno sommate alcune migliaia di modelli speciali variamente realizzati. La parte del leone la fanno le Berline che nelle due versioni immesse sul mercato sfiorano il mezzo miliardo di automobili vendute. Tra le “speciali” spiccano le 16 vetture realizzate appositamente per il Tour de France e le 1.280 203 attrezzate ad ambulanza.
25 febbraio, 2021
25 febbraio 1993 – Eddie Constantine, il duro dalla voce calda
Il 25 febbraio 1993 muore a Wiesbaden, in Germania l’attore e cantante Eddie Constantine. Con il sorriso largo da conquistatore accompagnato da una piega di ironia e il cappello stile Borsalino, un po’ da duro ma senza esagerare, insieme a Josephine Baker è uno dei pochi statunitensi che possa vantarsi di essere stato capace di conquistare il cuore del diffidente pubblico francese. Cantante cresciuto alla scuola dei crooners con qualche esperienza hollywoodiana come cascatore quando mette piede sul suolo europeo prima si lascia catturare dalla grande famiglia degli chansonniers e poi si converte in attore. Sul grande schermo è destinato a diventare uno degli eroi di una generazione che dopo l’angoscia della guerra comincia a non aver più paura di sognare nuove avventure nelle sale fumose dei cinematografi. Se il primo grande amore di Eddie Constantine è la musica tuttavia sarà il cinema a regalargli un successo popolare straordinario. Il suo volto dalla mascella quadrata e la sua figura robusta ma non massiccia sono ancora oggi considerati tra gli elementi che più caratterizzano il periodo d’oro del cinema poliziesco d’oltralpe. Constantine porta sul grande schermo personaggi come Nick Carter e, soprattutto, l’agente Lemmy Caution, un personaggio nato dalla fantasia dello scrittore britannico Peter Chesney che in Francia conosce una popolarità paragonabile a quella che qualche anno dopo in altri paesi arriderà al primo James Bond interpretato da Sean Connery. Nonostante il successo Eddie Constantine negli ultimi anni di vita confessa di non aver mai amato troppo la sua maschera cinematografica: «È un mestiere che non ho mai fatto per passione quello dell’attore. Diciamo che la motivazione più profonda nella mia carriera artistica è stata il denaro, cioè la sola cosa che non ho mai smesso di amare e non mi ha mai deluso... Il cinema mi ha consentito di vivere senza problemi e di avere tutto ciò che ho voluto. Pensate poi che ho orrore della violenza e invece nei miei film se ne vedeva moltissima. Mi massacravano, mi cospargevano di benzina e mi incendiavano dopo avermi legato ben stretto ma non c’era verso: alla fine ne uscivo vivo e mi vendicavo. Ero invincibile. Ero una specie di James Bond qualche anno prima che sugli schermi di tutto il mondo arrivasse James Bond. La gente che mi incontrava per la strada mi chiamava Lemmy, come il personaggio di Lemmy Caution che interpretavo sullo schermo. Ecco, io detestavo tutto questo...».. Edward Constantinowsky, questo è il vero nome di Eddie Constantine, nasce a Los Angeles in California il 29 ottobre 1917. I suoi genitori non sono statunitensi, ma russi che si trovano in territorio nordamericano per lavoro e che decidono di restare lì per tenersi fuori dai guai visto che nella loro terra natale è cominciata quella che verrà ricordata come le più grande rivoluzione sociale del Novecento. Nella nuova Russia degli eguali, repubblicana e comunista, non sono annunciati tempi di particolare tenerezza nei confronti di chi ha goduto della protezione dello Zar e ha vissuto gomito a gomito con una nobiltà ritenuta superflua e parassita. Per questa ragione il baritono Constantinowsky, padre di Eddie e figlio di un altro famoso cantante lirico, pur non avendo particolari antipatie per i rivoluzionari preferisce restare negli Stati Uniti. Intenzionato a garantire un futuro alla tradizione di famiglia costringe il piccolo Edward a studiare musica e canto. Pur essendo obbligato però il piccolo Eddie non vive le lunghe ore di studio e d’esercizio come una fatica. «La musica m’affascinava. Vivevo con stupore la scoperta che un po’ d’esercizio poteva rendere semplice la formazione di suoni che mi sembravano difficilissimi». Nonostante le intenzioni del padre nei suoi sogni non c’è l’opera lirica, ma i palcoscenici di Broadway, lo splendore dei teatri di varietà, le rutilanti scenografie dei musical e la caotica allegria delle grandi sale da ballo. Proprio inseguendo questo sogno parte ancora adolescente per New York dove la realtà sembra fare a pugni con le sue fantasie. Per garantirsi il minimo necessario a sopravvivere accetta lavoretti saltuari d’ogni genere mentre qualche presenza come corista di complemento rappresenta l’unica possibilità offerta da Broadway. È un periodo difficile ma Eddie Constantine non si arrende e riesce a farsi scritturare in un locale famoso come il Radio City Music Hall. Alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta gran parte dei personaggi più popolari dello spettacolo quando sono a New York amano frequentare il Radio City Music Hall. È uno dei locali più alla moda ed Eddie Constantine fa parte dello spettacolo, sia pur in un ruolo di contorno. Proprio questo ruolo gli consente di conoscere alcune star del cinema, in particolare Joan Crawford e John Garfield che lo aiutano a entrare nel mondo del cinema e a ottenere anche un contratto dalla Metro Goldwin Mayer come comparsa e controfigura. La seduzione del cinema però sembra non avere effetto su di lui che al set preferisce la musica e le esibizioni dal vivo. Proprio al Radio City Music Hall avviene la svolta destinata a cambiargli per sempre la vita. Il destino ha il corpo seducente e gli occhi ammalianti di Hélène Mousill, una giovane danzatrice del Balletto di Montecarlo che gli fa battere forte il cuore. Per tutta la durata della tournée americana dell’ensemble danzereccio i due vivono giorni d’intensa passione e quando arriva il momento della separazione si lasciano con la promessa di scriversi. Eddie però non ce la fa ad accontentarsi di quei piccoli segni che parlano d’amore, di dolcezza e nostalgia vergati dalla sua amata sulla carta da lettera. Decide quindi di raggiungerla. Mette da parte i soldi necessari e nel 1949 sale su un piroscafo che lo porterà in Europa verso un nuovo e inaspettato destino. Eddie Constantine sbarca sulle coste francesi, raggiunge l’amata Hélène, la sposa e insieme a lei si trasferisce a Parigi. È il 1949 e il giovane russo nato e cresciuto negli Stati Uniti respira a fondo l’aria degli chansonnier. La sua voce morbida e impostata alla maniera dei crooner statunitensi sembra nata per esaltare i colori della canzoni di quell’epoca. In breve diventa uno dei beniamini del pubblico parigino ottenendo anche varie scritture in programmi radiofonici di successo. Una delle artefici principale del suo successo è Edith Piaf, la prima a intuire il talento di questo giovanottone con la faccia da duro e la voce calda. Incurante delle resistenze di Raymond Rouleau, per il quale Eddie Constantine è troppo rigido e limitato per avere successo, utilizza tutto il suo prestigio per imporlo tra gli interpreti principali dell’operetta “La p’tite Lili” di Marce Achard. È il grande successo. Anche il cinema si accorge di lui e nel 1952 gli fa vestire per la prima volta i panni del duro detective privato statunitense Lemmy Caution in “La môme vert-de-gris”, ispirato ai romanzi di Peter Chesney e arrivato in Italia con il titolo “F.B.I. Divisione criminale”. Nel corso degli anni seguenti veste anche i panni del detective Nick Carter, specializzandosi nei ruoli da duro senza mai prendersi troppo sul serio. È proprio quella sottile vena d’ironia che gli consente di passare indenne lo scorrere del tempo senza diventare una grottesca ripetizione di se stesso. Proprio questa sua capacità attira l’attenzione di registi come Jean-Luc Godard che danno nuove sfumature al suo personaggio. Negli anni Settanta si avvicina al nuovo cinema tedesco e lavora con Peter Lilienthal e Rainer Werner Fassbinder. Pur riducendo molto la sua attività non si ritira mai dalle scene. Muore il 25 febbraio 1993 a Wiesbaden, in Germania.
24 febbraio, 2021
24 febbraio 1977 - La televisione a colori? Un pericolo per l’economia
Il 24 febbraio 1977 hanno ufficialmente inizio le trasmissioni a colori della RAI. La decisione di dare il via alla programmazione a colori ha trovato a lungo un feroce oppositore in Ugo La Malfa, il segretario del Partito Repubblicano che teme un rilancio dei consumi in tempi in cui, a suo parere, è prioritario il contenimento dell’inflazione. Secondo l’esponente politico l’Italia dovrebbe prevedere un periodo di sacrifici per contenere il debito verso l’estero in una fase in cui la bilancia dei pagamenti è fortemente in passivo. In fondo, pensa La Malfa, la televisione a colori è un genere voluttuario di cui si può fare tranquillamente a meno ancora per un po’...
23 febbraio, 2021
23 febbraio 1966 – Billy Kyle, sottovalutato in vita rivalutato da morto
Il 23 febbraio 1966 muore a Youngstown, in Ohio, il pianista Billy Kyle. Registrato all’anagrafe con il nome di William Osborne Kyle nasce a Philadelphia, in Pennsylvania, 14 luglio 1914. Il suo incontro con il jazz avviene a sedici anni quando comincia a suonare in vari gruppi della zona di Philadelphia fresco di studi di pianoforte classico. Proprio questo tipo di studi gli lascia una traccia precisa, originale e molto piacevole, nel tocco e nello stile. Nel 1936 riunisce per breve tempo una propria orchestra, poi suona con le formazioni di Lucky Millinder, John Kirby, Sy Oliver e Roy Eldridge. All'inizio degli anni Cinquanta è a New York nell’orchestra che accompagna la famosa operetta “Guys and Dolls”. Nel 1953 inizia la più lunga esperienza della sua carriera, entrando a far parte del gruppo All Stars di Louis Armstrong. Sottovalutato in vita dopo la sua morte Kyle viene rivalutato dalla critica al punto che molti pianisti moderni, fra i quali Lennie Tristano, lo citano fra i loro ispiratori e precursori.
22 febbraio, 2021
22 febbraio 1930 – Giuliano Montaldo, da attore a regista d’impegno
Il 22 Febbraio 1930 nasce a Genova Giuliano Montaldo. Le sue prime esperienze cinematografiche risalgono all’inizio degli anni Cinquanta quando partecipa come attore in film di Carlo Lizzani, Giacomo Gentilomo, Luciano Emmer e Francesco Maselli. Il suo passaggio dietro alla macchina da presa avviene come aiuto regista di Carlo Lizzani e, soprattutto, di Gillo Pontecorvo. Nel 1961 debutta alla regia con “Tiro al piccione” cui segue, tre anni dopo, “La moglie svedese” uno degli episodi del film collettivo “Extraconiugale”. Nel 1965 al Festival di Berlino riceve il Premio speciale della giuria per il film “Una bella grinta”, in cui punta il dito sulle storture dell'Italia del boom economico. Il suo impegno artistico va di pari passo con quello civile e sociale dirigendo film come “Gott mit uns” nel 1969, il pluripremiato “Sacco e Vanzetti” nel 1971, “Giordano Bruno” nel 1973, “L'Agnese va a morire” nel 1976, “Il giocattolo” nel 1979, “Il giorno prima” nel 1986, “Gli occhiali d’oro” nel 1987, “Tempo di uccidere” nel 1989 e “Le stagioni dell’aquila” nel 1998. Oltre a dirigere anche una serie di film televisivi di successo non rinuncia a comparire di tanto in tanto nelle originarie vesti di attore in film come “Il lungo silenzio” di Margarethe Von Trotta nel 1993, “Un eroe borghese” di Michele Placido nel 1995 o “Il caimano” di Nanni Moretti nel 2006. Nel 2007 ha ottenuto il Premio Speciale David di Donatello alla carriera.
21 febbraio, 2021
21 febbraio 1930 - Eddie DeHaas, il jazzista nato all’isola di Giava
Il 21 febbraio 1930 nasce a Bandoeng, sull’Isola di Giava, il bassista Eddie DeHaas. Prevalentemente autodidatta ha all’attivo solo un brevissimo periodo di studi musicali dal 1950 al 1955 anche se la sua attività comincia prima. Dal 1942 al 1945 infatti suona con lo Hawaiian Ensemble,e nel 1946 entra a far parte del sestetto di Rob Pronk. Tra il 1948 e il 1950, trasferitosi in Olanda, suona con il quartetto di Rob Madna. Nel 1951 collabora con Pia Beck e Wally Bishop e l'anno partecipa a una lunga tournée con i Bill Coleman All Stars. Trasferitosi a Parigi tra il 1952 e il 1955 suona con molti dei più popolari jazzisti di quel periodo, da Dizzy Gillespie a Herb Jeffries, da Don Byas a Martial Solal, a Henri Renaud a tanti altri. Tra il 1955 e il 1956 se ne va in tournée con il trombettista Chet Baker e nel febbraio del 1957 si trasferisce negli Stati Uniti dove suona con Larry Sonn, Terry Gibbs, Blossom Dearie, Miles Davis e Bernard Peiffer. Nel 1958 collabora con Kay Winding, Benny Goodman, Toshiko Akiyoshi e l'anno dopo con Chris Connor, Bobby Jaspar, Attila Zoller, Kenny Burrell e Roy Haynes. Proprio con Hynes resta fino al 1961 quando passa al fianco di Peter Nero. Nel 1962 suona con Johnny Mathis e compie una lunga tournée con il gruppo di Peter, Paul & Mary. Tra il 1964 e il 1965 va in tournée con Gene Krupa e nel 1966 collabora con Clark Terry, Roy Eldridge, Zoot Sims e Illinois Jacquet. Tornato in Europa per un breve periodo si stabilisce a Colonia con l'orchestra di Kurt Edelhagen. Nel 1967 partecipa alla tournée asiatica dei Dukes of Dixieland. Dopo tanto girovagare decide di fermarsi un po’ e a partire dal 1968 suona solo nei gruppi dei locali notturni con contratti stagionali.
20 febbraio, 2021
20 febbraio 2004 - One mind one vote
Il 20 febbraio 2004 negli Stati Uniti parte la campagna “One mind one vote”, una mente un voto. Si tratta di una iniziativa che vede la mobilitazione di vari esponenti della black music per convincere i giovani coloured, in particolare afro e ispanoamericani, a registrarsi e a votare per le Elezioni Presidenziali che si svolgeranno nel mese di novembre. Negli Stati Uniti, infatti, la registrazione al voto è obbligatoria per poter esercitare il diritto di recarsi alle urne. I promotori della campagna, l’impresario Russell Simmons e i rappers LL Cool J, Run dei Run-DMC e Jadakiss, si sono dati l’ambizioso obiettivo di convincere almeno due milioni di giovani a non disertare le urne. Al loro fianco si muove anche un programma radiofonico condotto da Doug Banks che intende promuovere un lungo tour di spettacoli nelle periferie delle città più importanti degli States. L’iniziativa, pur non essendo legata direttamente alla campagna elettorale di alcun candidato specifico, non riscuote molte simpatie negli ambienti conservatori, visto che né Bush né la guerra in Iraq sembrano riscuotere tanti consensi tra i ragazzi dei ghetti. Polemiche a parte i promotori della campagna sostengono che la loro è una battaglia di civiltà e che i giovani non possono più permettersi di «lasciare che altri decidano il loro futuro senza fare niente».
19 febbraio, 2021
19 febbraio 1923 - Bruno Rosettani, il bancario che divenne cantante
Il 19 febbraio 1923 nasce a Porto Sant'Elpidio, in provincia di Ascoli Piceno il cantante Bruno Rosettani. Da ragazzo studia canto e pianoforte ma non pensa proprio che la musica possa diventare l’elemento principale della sua vita. Laureatosi in Economia e Commercio inizia a lavorare in banca. La musica resterebbe una passione e niente più se il destino non ci mettesse lo zampino. Nel 1947 mentre è in un locale notturno in compagnia di alcuni amici il cantante del gruppo che sta suonando si sente male. Un po’ per scherzo lui si offre di sostituirlo. All’esibizione è presente un discografico che, alla fine della serata gli offre una scrittura. La tentazione è forte e il giovane Bruno questa volta non resiste. Accetta la proposta, si licenzia dalla banca e si trasferisce a Torino dove, nel 1948 inizia a cantare alla radio con l’orchestra di Carlo Savina facendosi apprezzare dal pubblico con la sua voce limpida capace di interpretare efficacemente sia i brani melodici che quelli ritmati. Successivamente passa con le formazioni di Segurini, Cergoli e Ferrari e nel 1955 partecipa al Festival di Sanremo interpretando Era un omino piccino piccino con il Trio Aurora e Clara Iajone e Il primo viaggio con Marisa Colomber. Alla fine dello stesso anno sposa la cantante Mirosa Blengio e negli anni successivi compie numerose tournée all’estero, soprattutto nel continente americano dove gode di una notevole popolarità. Alla fine degli anni Cinquanta fonda una casa editrice musicale e un’etichetta discografica. Tra i suoi successi, oltre a quelli citati, si ricordano Lilly, Muliera, Julia, Per un filino d'erba e Cipollina e ravanello. Muore a Civitanova Marche il 14 ottobre 1991.
18 febbraio, 2021
18 febbraio 1986 - Evviva il “pancione” della Bertè
Il Festival di Sanremo del 1986 vede l’affermazione di Eros Ramazzotti, uno dei nuovi idoli della ragazzine di tutta Italia, con la canzone Adesso tu, seguito da un sorprendente Renzo Arbore con Il clarinetto, un motivetto vagamente jazz con un testo ricco di garbati doppi sensi. Tra gli esclusi dalla serata finale c’è Paola Turci, una giovane cantautrice destinata a svolgere un ruolo da protagonista nella musica leggera italiana degli anni successivi. All’edizione del 1986 partecipa anche, per la prima volta, Loredana Bertè, una delle più trasgressive interpreti della musica leggera italiana della seconda metà degli anni Settanta e dei primi Ottanta. La cantante si presenta sul palcoscenico in minigonna e con una falsa pancia da gestante suscitando le ire dei benpensanti e della quasi totalità di critici e giornalisti. Tra le poche eccezioni c’è la "pagina delle donne" del quotidiano romano Paese Sera, che proprio il 18 febbraio, in un pezzo a firma Diotima, approva la scelta: “Brava Loredana Bertè. Indossando quella maschera sei riuscita a togliere la loro. Quanto livore nei loro articoli!”
17 febbraio, 2021
17 febbraio 1986 – Condannato Patrizio Peci, il primo pentito delle Brigate Rosse
Il 17 febbraio 1986 termina il processo a Patrizio Peci, passato alla storia come il primo pentito delle Brigate Rosse che con le sue rivelazioni ha consentito per la prima volta alla task force antiterrorismo messa in piedi dal Generale Carlo Alberto di penetrare i segreti della più grande e ramificata formazione dell’eversione armata di sinistra. Le sue indicazioni sono preziose per comprendere la struttura gerarchica dell’organizzazione, la suddivisione dei ruoli, le competenze, l’articolazione delle sedi e i nomi e le identità dei principali responsabili. La collaborazione di Peci segna una svolta decisiva per le sorti della guerra che oppone lo Stato alle Brigate Rosse. Dopo di lui altri militanti della lotta armata ne seguiranno l’esempio portando alla progressiva dissoluzione di gran parte delle strutture che avevano alimentato gli “anni di piombo”. Nato ad Ascoli Piceno nel 1953 Patrizio Peci è il maggiore di quattro fratelli: Ida, Roberto ed Eleonora. Cresce a Ripatransone fino al 1962 quando per lavoro il padre si trasferisce con tutta la famiglia a San Benedetto del Tronto. Ancora adolescente lavora come barista presso il Circolo Nautico e frequenta gli ambienti della sinistra extraparlamentare, ma le discussioni politiche non fanno per lui. Affascinato dalla concretezza dell’azione diretta dà vita ai PAIL (Proletari Armati In Lotta) con un gruppo di compagni insieme ai quali nel 1975 dà vita al Comitato marchigiano delle Brigate Rosse. In quel periodo Patrizio Peci entra in clandestinità e a partire dal mese di dicembre del 1976 si trasferisce prima a Milano e poi a Torino dove diventa un elemento di spicco della robusta organizzazione locale dell’organizzazione che conta, tra gli altri, i nomi di Rocco Micaletto, Raffaele Fiore, Angela Vai e Nadia Ponti che è anche compagna di Patrizio. Proprio nel capoluogo piemontese viene arrestato nei pressi di Piazza Vittorio, il 19 febbraio 1980, in compagnia di Rocco Micaletto. Due settimane dopo l’arresto incontra Carlo Alberto Dalla Chiesa nel carcere di Cuneo e accetta di collaborare fornendo indicazioni preziosissime per le indagini come l’indirizzo del covo di Via Fracchia a Genova nel quale in seguito all'irruzione dei Carabinieri vengono uccisi Piero Panciarelli detto "Quartino", Lorenzo Betassa, Riccardo Dura e Anna Maria Ludman. Lui stesso ammette la sua responsabilità in sette omicidi oltre a una lunga serie di azioni avvenute tra il 1977 e la fine del 1979. Il 17 febbraio 1986 viene condannato a otto anni di reclusione al termine del processo contro l’intera colonna torinese. Ai suoi compagni vengono comminate ben tredici condanne all’ergastolo. Oggi vive in una località segreta dopo aver cambiato nome.
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