Il 4 aprile 1959 Mina fa il suo debutto sul piccolo schermo cantando Nessuno a “Il musichiere”, un gioco a quiz musicale presentato da Mario Riva. La puntata è interamente dedicata agli “urlatori” e con lei si esibiscono anche Giorgio Gaber, Jenny Luna, Adriano Celentano e Tony Dallara. Qualche settimana dopo consolida la sua popolarità partecipando a “Lascia o raddoppia?”, il programma di Mike Bongiorno che ha stregato gli italiani e che conta su una platea di oltre venti milioni di spettatori, almeno dieci volte il numero di televisori esistenti in quel momento in tutto lo stivale. L’Italia resta affascinata da questa ragazza alta e magra che indossa un maglioncino chiaro sopra un paio di jeans. Mina canta Nessuno guardando la telecamera con i suoi grandi occhi che sbucano da una zazzera spettinata e accompagna il ritmo agitando freneticamente braccia e mani. Quando la congeda Mike Bongiorno si lancia in un augurio profetico giocando con il titolo della canzone: «Ragazza mia, non ti fermerà nessuno».
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
04 aprile, 2021
03 aprile, 2021
3 aprile 1917 - Bill J. Finegan, l’unico assolo è il rumore di un cavallo
Il 3 aprile 1917 nasce a Newark, nel New Jersey il pianista, compositore, arrangiatore e direttore d'orchestra Bill J. Finegan, all’anagrafe William J. Finegan. Si appassiona alla musica fin da piccolo visto che tutti i suoi familiari sono pianisti dilettanti. Durante le scuole superiori comincia a studiare il pianoforte prima prendendo lezioni private, poi frequentando il conservatorio. Per sbarcare il lunario scrive arrangiamenti e partiture che vende a vari editori. La sua carriera di arrangiatore professionista inizia quando Tommy Dorsey acquista la sua orchestrazione di Lonesone Road e la fa ascoltare a Glenn Miller. Questi resta favorevolmente sorpreso e nel 1938 invitò Finegan a collaborare con lui. La collaborazione far i due dura fino al 1942, quando Bill diventa l'arrangiatore di fiducia di Tommy Dorsey per il quale lavora una decina d’anni sia pur con qualche interruzione. Nel 1952 fonda con Eddie Sauter la Sauter-Finegan Orchestra, nata inizialmente come formazione esclusivamente da studio sull’onda del successo partecipa poi a vari programmi televisivi e si esibisce in molti locali. Il successo dell’orchestra nasce soprattutto dall’amalgama sonora tra gli strumenti, i cantanti Joe Mooney, Florence Fogelson, Anita Boyer e i cori del gruppo dei Doodlers. In tutta la sua carriera Finegan non svolge mai attività solistica e se ne fa un vanto quando dice sorridendo che l'unico suo assolo registrato è un'imitazione della corsa di un cavallo da slitta ottenuta battendo le mani sul petto. Non è uno scherzo. Esiste davvero e la si può ascoltare nel brano Midnight Sleigh Ride, inciso con la Sauter-Finegan Orchestra. Muore il 4 giugno 2008.
02 aprile, 2021
2 aprile 1979 - Jean Lumière, “chanteur de charme”
Il 2 aprile 1979 muore a Parigi Jean Lumière. Interprete sopraffino, capace di lavorare di cesello sulla voce con una cura quasi maniacale, Jean Lumière corre il rischio di essere ricordato soltanto per la sua capacità di insegnare ad altri il “mestiere” degli chansonniers. È uno strano destino il suo. Attore, cantante e fine dicitore di canzoni prende tremendamente sul serio la “missione” di insegnare e dà il meglio di sè con le interpreti femminili molte delle quali, proprio grazie a lui, diventano vivide e brillanti stelle della canzone francese. La più luminosa tra loro è Edith Piaf, un mito che lo scorrere del tempo non è riuscito neppure a scalfire, ma l’elenco è lunghissimo e comprende personaggi come Gloria Lasso, Cora Vaucaire, Mireille Mathieu, Christiane Legrand e moltissimi altri, non esclusa quella Marie Dubas che non è propriamente una sua creatura ma che lui adotta quasi come modello per affinare le qualità sceniche e interpretative della Piaf. Molte sono le incertezze quando si affrontano i primi anni di vita di Jean Lumière. C’è chi lo fa nascere a Marsiglia nel 1895 con la stessa sicurezza con la quale altri attribuiscono i suoi natali alla stessa città ma dieci anni dopo, cioè nel 1905. Non è finita perchè ci sono storici e ricercatori che lo vogliono ancora più giovane e originario di una città diversa facendolo nascere ad Aix-en-Provence nel 1907. Anche il nome con il quale viene registrato all’anagrafe è oggetto di discussione. C’è chi dice che il suo vero nome sia Jean Anezi e chi Jean-Louis Anezin. A completare il quadro nebuloso che avvolge i primi anni di vita del futuro Jean Lumière ci sono infine le ricostruzioni dell’ambiente famigliare. Nessuno discute sul fatto che la musica sia stata una sorta di passione naturale fin dall’infanzia perchè è una sua affermazione, ma alcuni sostengono che i suoi genitori possedevano un cabaret e altri sposano una tesi leggermente diversa che li vuole commercianti con la passione per la musica. Dettagli che non cambiano la sostanza delle cose ma contribuiscono a far capire come con il tempo gran parte delle notizie relative a Jean Lumière tendano a corrompersi e a sfumare un indistinto alone leggendario. La sua storia artistica comincia quando ha ancora i pantaloni corti e non ha la musica al centro. Il piccolo Jean è intenzionato a diventare attore. Metodico e senza lasciare nulla al caso frequenta con profitto regolari corsi di recitazione ottenendo alcuni prestigiosi riconoscimenti scolastici sia sul versante della commedia leggera d’ispirazione moderna che in quello della tragedia classica. Il ricongiungimento tra musica e teatro avviene quando il giovane e promettente attore viene scritturato dal Théâtre de Variétés di Marsiglia, all’epoca considerato il tempio dell’operetta dell’intero meridione francese. Non è una stella e i ruoli che gli vengono affidati hanno funzioni di contorno, ma gli consentono di affinare anche le sue qualità come cantante oltre che come attore. Con l’operetta la musica entra nel cuore di Jean Lumière, anche se non è ancora la sua attività principale. Il ragazzo, poi, è riluttante ad abbandonare una rassicurante carriera teatrale per dedicarsi interamente alla musica. Non vuole lasciare il certo per l’incerto. È la sorte a decidere per lui. La svolta nella sua carriera avviene nel 1929 in occasione della grande festa d’addio al pubblico del cantante Henri Dickson all’Opera di Marsiglia. Come molti protagonisti della stagione teatrale e musicale cittadina viene invitato a salire sul palco per un breve omaggio al festeggiato e canta uno dei brani del repertorio di Dickson. La sua esibizione sorprende sia il pubblico che gli addetti ai lavori. Tra i personaggi più entusiasti c’è Esther Lekain, una delle grandi vedette dell’Alcazar di Marsiglia a quell’epoca al vertice della popolarità. È lei la prima a suggerirgli di lasciar perdere il teatro per dedicarsi a tempo pieno alla musica ed è sempre lei a scegliere il suo nome d’arte: «...caro ragazzo, avete una voce chiara come la luce di un giorno d’estate di questo nostro meridione. Perchè non la mettete nel vostro nome? Io credo che voi dobbiate prendere il nome di Jean Lumière...» Così accade. La luminosa vedette Esther Lekain diventa la sua madrina e lo aiuta a farsi conoscere nel giro che conta. La scalata al successo è velocissima. Un anno dopo l’esibizione all’Opera di Marsiglia ottiene un inaspettato contratto discografico della sua carriera con la Odeon. I primi due brani registrati per quella prestigiosa etichetta sono Les trois filles e Notre amour. Il 1930 non è soltanto l’anno della prime registrazioni discografiche. In quello stesso anno, infatti, Jean Lumière fa anche il suo debutto dal vivo a Parigi. La sua prima esperienza nella impegnativa e sfolgorante notte parigina avviene sul palcoscenico dell’Européen, un locale che all’epoca è famoso proprio per la capacità di scovare e proporre giovani talenti. In breve tempo diventa uno dei cantanti più apprezzati delle notti parigine. Il suo stile melodico e aggraziato, senza eccessive forzature né appesantimenti stilistici lo iscrive di diritto alla schiera di quegli interpreti che la critica definisce “chanteurs de charme”, avvicinandoli ai crooners del jazz orchestrale e del pop e considerandoli una sorta di congiunzione tra la tradizione melodica dell’Europa mediterranea e la scuola dei balladeers anglosassoni. Il pubblico viene catturato da quella voce tenera dalla dizione perfetta, sempre controllata e intonata, e ne fa uno dei suoi beniamini. Ancora oggi è ritenuto uno dei più significativi esponenti di quello stile insieme a personaggi come Fragson, Paul Delmet e Tino Rossi. Negli anni Trenta la sua popolarità raggiunge vertici inaspettati anche grazie all’ennesimo colpo di fortuna. Nel 1933, infatti, proprio la vedova di Paul Delmet gli chiede un appuntamento. Colpita dalla somiglianza della sua tecnica con quella del marito vuole fargli un dono. È un brano che si intitola La petite église, scritto dal suo defunto marito nel 1890 insieme a Charles Fallot e mai più interpretato da nessuno dopo di lui. Il brano, inserito da Jean Lumiére nel suo repertorio diventa il più grande successo della sua carriera. Proprio con La petite église vince anche il Grand Prix du Disque del 1934. Sull’onda del successo riprende altre canzoni del passato riportandole alla luce. Vivono così di nuova vita e nuovo splendore brani come Visite à Ninon, scritto nel 1879 da Gaston Maquis, Lilas blancs di Théodore Botrel o L’âme des violons di René de Buxeuil. Nel 1941 è uno dei protagonisti dei concerti dell’Étoile organizzati da Georgius. Dopo la Liberazione la popolarità di Jean Lumière resta notevole nonostante il cambiamento di gusto del pubblico e l’emergere di nuovi protagonisti della scena musicale. Tra i brani di maggior successo del 1945 anche la sua interpretazione di Ah le petit vin blanc. In quel periodo la sua fama si allarga anche all’estero grazie anche alla sua disponibilità a viaggiare. Nella seconda metà degli anni Quaranta e negli anni Cinquanta le sue tournée toccano vari paesi Europei, dell’America Settentrionale e di quella Meridionale, oltre che dell’Africa e del medio oriente. Considerato dai critici “la miglior voce radiofonica” del panorama musicale francese affianca all’attività di cantante quella di insegnante di canto destinata ad appassionarlo sempre di più fino a convincerlo, nel 1960, a lasciare le scene per dedicarvisi a tempo pieno. I suoi metodi d’insegnamento fanno scalpore perchè mescolano vocalità a particolari posture corporali, ma risultano particolarmente efficaci soprattutto con le voci femminili.
01 aprile, 2021
1° aprile 1992 - L’Oscar a “Mediterraneo”. Non è uno scherzo
Non è un pesce d’aprile anche se il giovane regista italiano
per un po’ sospetta che sia tutto uno scherzo. Il 1° aprile 1992 nella lunga e
spettacolare notte del Dorothy
Chandler Pavilion di Los Angeles il regista italiano Gabriele Salvatores
viene premiato con l’Oscar destinato al miglior film straniero. L’ambita
statuetta è per “Mediterraneo”, un lungometraggio da lui diretto e interpretato
da Claudio Bigagli, Diego Abatantuono, Giuseppe Cederna, Ugo Conti, Gigio
Alberti, Vanna Barba, Claudio Bisio e Antonio Catania. Tra i cosiddetti esperti
che nel nostro paese abbondano più che altrove le prime reazioni sono di
stupore. Nella cerchia degli invidiosi si finge soddisfazione ma si lanciano
strali avvelenati a rilascio lento. Tra le osservazioni nate dal bolo
dell’invidia la più velenosa è quella di chi mostra un incantato e quasi
ingenuo stupore perché i giudici degli Academy Awards avrebbero premiato con la
prestigiosa statuetta un film dalle caratteristiche tutte interne al dibattito
culturale italiano e le cui dinamiche sono comprensibili soltanto a chi ha
vissuto nell’Italia degli anni Settanta. Non è tutto perché anche le vendette
degli invidiosi hanno delle regole precise. Non si può esagerare perché se si porta
alle estreme conseguenze questa teoria del film dalle tematiche provinciali e
incomprensibili si rischia di ipotizzare che i giudici della prestigiosa
Academy hollywoodiana abbiano pescato a caso da un cappello il biglietto con il
nome di uno dei film stranieri perché non avevano voglia di vederseli oppure (peggio!)
che si siano bevuti il cervello. Entrambe le ipotesi possono rivoltarsi contro
a chi, nonostante l’invidia e il fastidio per i successi degli altri, nel mondo
del cinema deve comunque continuare a lavorare. Per questa ragione insieme alla
sorpresa per il risultato si fa sapere con nonchalance, quasi si trattasse di
un dettaglio, che “Mediterraneo” è distribuito in tutto il Nord America dalla
potentissima (all’epoca) Miramax dei fratelli Weinstein. E siccome le due
comunicazioni viaggiano accoppiate l’effetto indotto è che si tratta di un
Oscar immeritato assegnato in virtù delle pressioni di un potente distributore.
Nonostante gli invidiosi “Mediterraneo” era e resta uno splendido film girato
con mano leggera e destinato a commuovere anche chi non appartiene alla
generazione del regista. Per chi invece ha vissuto l’esaltazione del sogno di
cambiamento degli anni Settanta e il lungo riflusso degli Ottanta è la “chiusa”
finale della cosiddetta “trilogia della fuga” di Gabriele Salvatores, iniziata
nel 1989 con “Marrakesh Express” e proseguita l’anno dopo con “Turné”. Il
centro della narrazione filmica di Salvatores in quel periodo (e non soltanto
in quello) è rappresentato dal vortice di disillusioni, incertezze e voglia di fermare
il tempo che caratterizza l’impatto con il riflusso degli anni Ottanta (e con
la maturità) da parte di una generazione, la sua, dopo l’illusione di poter
cambiare il mondo. Mentre i primi due film della trilogia entrano direttamente
nel vivo di queste tematiche, “Mediterraneo” ci si avvicina per contiguità di
emozioni mentre la chiosa finale del Salvatores-pensiero sulla questione arriva
una citazione da Henri Laborit («In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo
per mantenersi vivi e continuare a sognare») e dalla dedica che appare prima
dei titoli di coda («Dedicato a tutti quelli che stanno scappando»).
31 marzo, 2021
31 marzo 1911 - Freddie Green, la morbida chitarra di Count Basie
Il 31 marzo 1911 nasce a Charleston, nel South Carolina, il chitarrista Frederick William Green, conosciuto con il nome d’arte di Freddie Green. Comincia a suonare la chitarra a dodici anni con ottimi risultati. Trasferitosi a New York per terminare gli studi guadagna qualche dollaro esibendosi nei locali del Greenwich Village. Una sera tra il pubblico di uno di questi locali c’è John Hammond che resta favorevolmente impressionato dal suo talento e qualche giorno dopo parla di lui a Count Basie, in quel periodo alla ricerca di un chitarrista. È così che nel marzo 1937 Green entra a far parte dell'orchestra di Basie alla quale, da quel momento la sua vita artistica resta indissolubilmente legata. Sono pochissimi i jazzisti capaci di affermarsi senza mai praticamente esibirsi come solisti. Uno di loro è proprio Freddie Green, che con la sua chitarra acustica resta con Count Basie per mezzo secolo, tranne una brevissima interruzione nel 1950. I critici hanno scritto che «...ha il dono, con la sua sola presenza in una sezione ritmica, di farla suonare supremamente bene. Con le sue pennate morbide, elastiche, perfettamente a punto, con la sua scelta sempre felice degli accordi e dei rivolti, cementa i compagni che sono intorno a lui e le sezioni ritmiche di Basie hanno sempre avuto un tocco speciale e un fascino discreto che proveniva appunto dalla chitarra di Freddie Green, intimamente fusa con lo scarno e sempre squisito pianoforte di Basie...». Per questa ragione il suo apporto in sala di registrazione è molto ambito e la sua chitarra appare nei dischi di artisti straordinari come Benny Carter, Benny Goodman, Lionel Hampton, Pee Wee Russell, Joe Sullivan, Dicky Wells, Teddy Wilson, Lester Young, Herb Ellis, Gerry Mulligan, Mildred Bailey, Billie Holiday e tanti altri... Muore il 1° marzo 1987.
30 marzo, 2021
30 marzo 2002 – Eve: Basta con la violenza sulle donne!
Il 30 marzo 2002 le agenzie di stampa specializzate in notizie musicali titolano: Basta con la violenza sulle donne. Non è uno slogan, ma un grido di battaglia, visto che a lanciarlo è la rapper Eve, una delle più cattive e famose bad girls d’inizio millennio. Forte della fama che l'accompagna e della grinta che la caratterizza la ventitreenne, che un tempo si faceva chiamare Eve Of Deconstruction, ha affrontato il problema pubblicando un brano, Love is blind (L'amore è cieco) che parla di violenza domestica sulle donne e ha fatto comunella con le associazioni che forniscono assistenza legale e materiale alle donne maltrattate. Il suo impegno su questo fronte non nasce oggi. In molti suoi brani si ritrova quel concetto complesso che negli ambiente femministi veniva definito con il termine di "sorellanza", sia pur filtrato con la sensibilità di una ragazza nata a Philadelphia nel 1979 e abituata a confrontarsi con gli uomini nella dura palestra delle strade dei ghetti. Il suo Gangsta bitches (traducetelo voi) realizzato a tre voci con altre due ragazze cattive come Da Brat e Trina ha spiegato con le parole e le durezza del linguaggio gangsta, le differenze di genere ai machos del sottobosco rap. Da quando è una star del firmamento hip hop non si è, però, fermata lì. Proprio il 30 marzo ha chiamato a raccolta due cantanti sue amiche come Faith Evans e Amel Larrieux, un pugno di attrici (Salma Hayek, Rosario Dawson, Rosie Perez e Lynn Whitfield) e ha programmato un'uscita clamorosa in occasione del "V-day Harlem 2002", la festa d'inaugurazione del leggendario Apollo Theater di Harlem, chiuso da tempo per lavori di restauro.
29 marzo, 2021
29 aprile 1920 - Grazia Gresi, dal basket alla canzone
Il 29 aprile 1920 nasce a Melfi, in provincia di Potenza la cantante Grazia Gresi. Registrata all’anagrafe con il nome di Grazia Grasso è un’esponente di spicco del basket femminile degli anni Quaranta. Poco più che ventenne lascia la pratica sportiva, trova un impiego all’Intendenza di Finanza di Napoli e si dedica alla canzone per hobby. Nel 1947 vince un concorso per voci nuove della RAI che le vale la prima scrittura a Radio Napoli con l’orchestra Campese. Partecipa a varie audizioni di Piedigrotta e nel 1956, in coppia con Aurelio Fierro, vince il Festival di Napoli con Guaglione. Negli anni successivi torna varie volte alla rassegna partenopea riscuotendo sempre un notevole successo. Negli anni Settanta lascia la musica. Tra le sue interpretazioni più famose sono da ricordare L’urdemo raggio ‘e luna, Cantammola ‘sta canzone, Te sento dint’ ‘e vvene, Napule ncopp’ ‘a luna e Non fa cchiù ‘a frangesa. Muore a Napoli il 17 aprile 2003.
28 marzo, 2021
28 marzo 1973 - Meglio i nativi dell’Oscar
Nella notte degli Oscar del 28 marzo 1973 Marlon Brando rifiuta di ritirare la preziosa statuetta, vinta per la sua interpretazione nel film “Il Padrino” e va a rendere omaggio ai nativi americani, quelli che nei film western statunitensi vengono chiamati "indiani" in segno di solidarietà con le loro rivendicazioni. Son passati quasi vent’anni da “Fronte del Porto” ma Marlon Brando non è cambiato. Negli Stati Uniti squassati da una mobilitazione senza precedenti contro la guerra del Vietnam e per i diritti civili, il mito dei giovani degli anni Cinquanta decide di stare dalla parte delle nuove generazioni. Se nella prima parte della sua carriera l’identificazione con i giovani ribelli era basata sulla sua diversa interpretazione del ruolo dell’attore visto come un soggetto in grado di restituire un significato più complesso della semplice interpretazione di un ruolo, in questo caso la sua presa di posizione appare ancor più sincera perché slegata dalla sua carriera cinematografica. Con quel gesto manda un messaggio preciso: Marlon Brando è un ribelle nella vita prima ancora che sullo schermo. Le nuove generazioni, figlie dei suoi primi ammiratori, capiscono il messaggio e si riconoscono in lui, magari contro i padri e le madri che in gioventù si erano identificati con il motociclista del selvaggio.
27 marzo, 2021
27 marzo 1990 - Un Tornatore da Oscar
«Un capolavoro, un grande affresco poetico e un atto d’amore verso il cinema»: la critica di tutto il mondo va in visibilio di fronte a “Nuovo Cinema Paradiso”, un film di Giuseppe Tornatore. Dopo aver ottenuto nel 1989 il Gran Premio Speciale della giuria al Festival di Cannes, il 27 marzo 1990, nel corso della ‘Notte delle stelle’ di Hollywood, anche la prestigiosa Academy statunitense si inchina di fronte al geniale regista italiano attribuendo alla sua opera l’Oscar per il miglior film straniero.
26 marzo, 2021
26 marzo 2004 – “Salvamm’ ‘o munno”!
Il 26 marzo 2004 in una lunga intervista Enzo Avitabile presenta il suo nuovo disco Salvamm’ ‘o munno. Ci sono le voci e gli strumenti di tutti i Sud della terra nell’album del cantautore napoletano che destina parte dei proventi al finanziamento della campagna di Amnesty contro la piaga dei bambini-soldato. L’artista lo firma insieme ai Bottari di Portici, un gruppo che utilizza botti, tini e falci come strumenti percussivi seguendo le regole di un’antichissima tradizione, ma i brani vedono la partecipazione di un nutritissimo gruppo di artisti, da Khaled a Manu Dibango, Hugh Masekela, Simon Saheen, Amina, Baba Sissoko, Bachir Mizmar, Adel Shaaer, Luigi Lai e tanti altri. Una vera e propria chiamata a raccolta per salvare il mondo? Con la gentilezza e l’ironia napoletana che lo caratterizzano Enzo Avitabile si schernisce «Magari potessimo salvare il mondo con le canzoni!» Poi si fa più serio e spiega «Sono convinto che ciascuno debba fare qualcosa per questa terra. Io con la mia musica, tu con la tua vita quotidiana, con quello che sai fare, tutti insomma devono sapere che non si può uccidere la speranza e che la guerra, questo mondo di guerra che ci circonda, è una prigione da cui dobbiamo uscire. Bisogna essere consapevoli della necessità di fare qualcosa senza avere prima la garanzia che serva davvero. Bisogna perché si deve, perché tutto si lega, perché il piccolo gesto che faccio io può cominciare a cambiare le cose…». Come può essere spiegato questo in un disco? «Intanto con l’esempio. Se lo ascolti bene puoi capire che ciascun musicista entra nel linguaggio musicale senza prevaricazioni, senza imporre niente. Dalla mescola di individualità così diverse nasce quindi un linguaggio nuovo. Non è la somma di tanti stili, ma una costruzione nata dallo sforzo comune. Son partito dalle radici della musica della mia terra, ho chiesto la collaborazione dei Bottari di Portici e poi, insieme, abbiamo aperto la porta ai nostri fratelli e ai nostri amici perché lavorassero con noi». Il risultato è all’altezza delle aspettative, con artisti di fama mondiale che entrano nei suoni degli altri senza disturbare… «Sì e questo vale non soltanto per i grandi personaggi, ma anche per il lavoro fatto sulle sonorità di tutti. Per esempio l’apporto del basso o i rumorini dei tamburi sono minimali per non sovrapporsi al suono dei Bottari. Sai perché? Perché così nessuno colonizza nessuno, ma tutti insieme si lavora per qualcosa che quando inizi a costruire non sai ancora come sarà». C’è qualche novità anche nei testi…«Le parole sono più calate dentro la realtà, cercano di accarezzare il mondo e i suoi problemi ma senza esagerare. Io scrivo canzoni non articoli giornalistici e il mio lavoro funziona quando riesco a farmi capire immediatamente». Insomma vuoi proprio cambiare il mondo? «Se insisti ti dico di sì, ma a modo mio. Questo album è la dimostrazione che per cambiare il mondo bisogna cambiare se stessi. Che se si predica una cosa bisogna cominciare a praticarla, a dimostrare che è possibile. Io credo che su questa terra tutte le razze debbano e possano vivere insieme, in simbiosi? Bene. Siccome sono un musicista comincio a far vivere questa convinzione nel mio lavoro. Capito come funziona?»
24 marzo, 2021
24 marzo 1961 – Addio a Freddy Johnson
Il 24 marzo 1961 scompare il pianista Freddy Johnson. La sua morte avviene a New York, la città dove è nato il 12 marzo 1904. Il pubblico comincia a conoscerlo e ad apprezzarlo nel 1922 nelle vesti di accompagnatore di Florence Mills. Due anni dopo formare una sua orchestra e debutta a New York. Successivamente suona con Elmer Snowden, Billy Fowler e Noble Sissle prima di aggregarsi all'orchestra di Sam Wooding con la quale si trasferisce in Europa nell'estate del 1928.. Tra il 1929 e il 1930 si esibisce più volte con successo al Bricktop's, di Parigi come solista. Nel 1933 insieme al trombettista Arthur Briggs forma una propria orchestra con la quale suona nei più eleganti ritrovi di Parigi mettendosi in luce anche come efficace arrangiatore. Nel 1934 è in Belgio e Olanda a fianco di Lex Van Spall e, successivamente, al Negro Palace di Amsterdam sia come solista, sia alla testa di un trio comprendente Coleman Hawkins. Nel 1939 entra a far parte, per un breve periodo, dell'orchestra di Willie Lewis poi va a Parigi alla testa di una nuova orchestra della quale fanno parte il trombettista Louis Bacon, il sassofonista Alix Combelle, il bassista Wilson Myers e il batterista Tommy Benford. Si ritira quindi ad Amsterdam ove apre un suo club, La Cubana, nel quale si esibisce stabilmente per diversi anni consecutivi. Rientrato negli Stati Uniti nel 1944 lavora prima con George James e poi con l'orchestra di Garvin Bushell. Negli anni successivi continua a esibirsi in vari ritrovi di New York come solista. Verso la fine degli anni Cinquanta ritorna in Europa con lo spettacolo di rivista “Free And Easy”, ma proprio durante questa tournée scopre di essere malato di cancro e dopo un primo ricovero a Copenaghen rientra a New York dove viene ricoverato al St. Barnabas Hospital. Ci resta fino alla morte.
23 marzo, 2021
23 marzo 2007 – Viva gli Spartani!
Il 23 marzo 2007 arriva nelle sale italiane il film "300". Tra i film campioni d’incasso della primavera del 2007 è una pellicola diretta da Zack Snyder ispirata alla vicenda dei trecento spartani che nel 480 a.C., durante la battaglia delle Termopili combatterono fino alla fine per fermare il re persiano Serse e il suo imponente esercito. Il film rappresenta la trasposizione cinematografica di una storia a fumetti creta da Frank Miller e pubblicata in cinque albi mensili nel 1998. Presentato fuori concorso al Festival di Berlino il film, girato con avanzate tecniche di computer graphic ottiene un grande successo di pubblico ma lascia perplessa la critica che, oltre a sottolinearne la scarsa fedeltà storica, vede nella rappresentazione una rozza contrapposizione tra oriente e occidente finalizzata a supportare la politica statunitense nell’area mediorientale. Tra gli interpreti ci sono Gerard Butler nel ruolo di Leonida, Lena Headey in quello di Gorgo, la Regina spartana, mentre a Rodrigo Santoro tocca l’interpretazione del “cattivo” Serse.
22 marzo, 2021
22 marzo 1934 - Tonina Torrielli la caramellaia della canzone
Il 22 marzo 1934 nasce a Serravalle Scrivia, in provincia di Alessandria Antonietta Torrielli, destinata a diventare una delle protagoniste della scena musicale degli anni Cinquanta con il nome d’arte di Tonina Torrielli. Operaia di una fabbrica dolciaria di Novi Ligure nel 1955 è finalista del concorso per voci nuove della RAI e l’anno dopo partecipa al al Festival di Sanremo con Il bosco innamorato, Il cantico del cielo, Qualcosa è rimasto e Amami se vuoi che conquista il secondo posto. Il successo è immediato e i giornali parlano di lei come della principale rivale di Nilla Pizzi e la ribattezzano “la caramellaia di Novi Ligure”. Qualche mese più tardi partecipa al Festival di Napoli dove porta in finale 'E rrose d''o core, con Grazia Gresi, e Adduormete, con Tullio Pane. Nel 1957 torna al festival di Sanremo presentando Intorno a te è sempre primavera con Tina Allori e Scusami con Gino Latilla, che si piazza al terzo posto, e viene presentata dai rotocalchi popolari come la rivale di Nilla Pizzi. Sul palco sanremese si presenta ancora: nel 1958 con Mille volte in coppia con Cristina Jorio, Nozze d’oro con il Duo Fasano e il Trio Joyce e L’edera con Nilla Pizzi, seconda nella classifica finale; nel 1959 con Adorami e Il nostro refrain insieme a Nilla Pizzi e Tua con Jula De Palma; nel 1960 con Colpevole in coppia con Nilla Pizzi e Perderti con Arturo Testa; nel 1961 con Febbre di musica in coppia con Arturo Testa; nel 1962 con Aspettandoti insieme ad Aura D’Angelo e nel 1963 con Com’è piccolo il cielo in coppia con Gianni Lacommare e Perdonarsi in due con Eugenia Foligatti. Dopo il suo matrimonio con l'ex batterista di Angelini, Mario Maschio, riduce l'attività artistica fino a concluderla intorno al 1965, con centinaia di dischi all'attivo. Tra i suoi successi sono da ricordare Gli zingari, La violetera, Tango del cuore, Appuntamento a Madrid, Bacio di fuoco, Il giramondo, La nostra estate e Siboney.
21 marzo, 2021
21 marzo 1925 - Hugo Koblet, l’angelo biondo
Il 21 marzo 1925 nasce a Zurigo il ciclista Hugo Koblet. È il primo straniero a vincere il Giro d’Italia in un’edizione, quella del 1950, che lo vede indossare per ben ventitré giorni la maglia rosa. Soprannominato “pedaleur de charme” dai francesi e “l’angelo biondo” dagli italiani per la sua condotta nella vita privata, non assimilabile alla dura preparazione e all’ascetismo degli altri atleti dell’epoca, si rende protagonista di grandi imprese come la fuga solitaria di centotrentacinque chilometri alla media di 39 km/h nella tappa Brive-Agen del Tour de France del 1951. Nel 1953 impegna Fausto Coppi in un epico duello conclusosi a favore del campionissimo nella tappa dello Stelvio. Nel 1958, accortosi che con il passare degli anni le sue doti naturali non bastano per restare ai vertici senza doversi sottoporre a impegnativi allenamenti, fedele al suo stile di vita preferisce chiudere anticipatamente con il ciclismo agonistico. Pochi anni dopo, il 6 novembre 1964 muore a Uster schiantandosi contro un albero con la sua vettura.
20 marzo, 2021
20 marzo 2004 – The Art of Patti Smith a Ferrara
Il 20 marzo 2004 Patti Smith è a Ferrara per l’inaugurazione di “The Art of Patti Smith”, una tre giorni multimediale dedicata alle varie facce della sua molteplice attività artistica. Il programma della manifestazione, organizzata dall’Unione Donne Italiane e dal locale Assessorato alla cultura, prevede l’apertura della mostra “Strange messenger”, dedicata alla produzione grafica della poetessa in rock nel padiglione d’arte Contemporanea di Palazzo Massari, mentre a domenica 21 a Palazzo Schifanoia è previsto un reading di sue poesie. La manifestazione si conclude lunedì 22 marzo con un esclusivo concerto acustico della stessa Patti Smith al Teatro Comunale. L’artista statunitense coglie l’occasione per annunciare che a fine aprile uscirà Trampin il suo nuovo, atteso, album. Interpellata sull’argomento racconta di un disco che già dal titolo appare come «una metafora della nostra esistenza. Si cammina in un lungo viaggio e la strada non è sempre agevole. A volte è bella e facile, altre volte è difficile e aspra. Io, però, credo che si debba andare avanti senza mai fermarsi perché è un modo di amare la vita e di sentirsi vivi».
19 marzo, 2021
19 marzo 1921 - Harry Babasin, un violoncellista nel jazz
Il 19 marzo 1921 nasce a Dallas, in Texas il contrabbassista e violoncellista Harry Babasin. Cresciuto nella cittadina di Vernon, studia al North Texas State College nello stesso corso frequentato da altri grandi musicisti jazz come Jimmy Giuffré, Herb Ellis e Gene Roland. Dopo aver suonato con varie orchestre della sua zona si trasferisce a New York dove fa le sue prime esperienze di contrabbassista jazz accanto a personaggi come Gene Krupa, Boyd Raeburn e Charlie Barnet. Nel 1945 si stabilisce in California e collabora a lungo con le orchestre di Boyd Raeburn e Benny Goodman. Successivamente partecipa a una seduta di registrazione per la Dial Records con Dodo Marmarosa, rimasta nella storia del jazz. In quell'occasione, infatti, Babasin utilizza, per la prima volta nel jazz, il “pizzicato” al violoncello. Dopo un breve giro di concerti con l'orchestra di Woody Herman, viene scritturato per il film “A song was born” con Louis Armstrong, Tommy Dorsey, Benny Goodman, Charlie Barnet, Mel Powell, Al Hendrickson, Louis Bellson e Lionel Hampton, con i quali incide il tema principale della colonna sonora. Incide poi con quasi tutti i protagonisti del periodo. Nonostante la versatile attività di contrabbassista e violoncellista, fatica a ottenere i riconoscimenti che merita. Solo molti anni dopo il periodo migliore della sua attività il mondo del jazz riconoscerà le sue indubbie qualità. Muore il 21 maggio 1988 a Los Angeles.
18 marzo, 2021
18 marzo 1908 - Loulou Gasté dal banjo alla chitarra
Il 18 marzo 1908 nasce a Parigi il chitarrista Louis Gasté, piu conosciuto sulla scena musicale francese come Loulou Gasté. Irrequieto e geniale da giovanissimo suona il banjo nei locali parigini. Proprio durante una delle sue esibizioni nel 1933 viene notato e scritturato dalla famosa e celebrata formazione dei Collégiens di Ray Ventura nella quale militano alcuni fra i migliori strumentisti francesi dell’epoca. Qui migliora la sua tecnica e progressivamente lascia il banjo per la chitarra. Nel 1940 lascia l’orchestra, scrive canzoni e diventa l’accompagnatore fisso della cantante Lucienne Boyer nei suoi concerti. Passa poi nella formazione di Raymond Legrand, ma dopo aver assaporato la libertà dell’attività solitaria non ce la fa ad adattarsi alle regole delle grandi orchestre. Alla fine fa la scelta di dedicarsi esclusivamente alla composizione di canzoni occupandosi anche della carriera di sua moglie, la cantante Line Renaud. Muore l'8 gennaio 1995.
17 marzo, 2021
17 marzo 1924 - Chet Kruley, un viso pallido in una big band nera
Il 17 marzo 1924 nasce a Cambridge, nel Massachusetts, il chitarrista Chet Kruley, all’anagrafe Chester Krolewicz, l’unico musicista bianco ad aver superato all’inverso la cosiddetta “barriera del colore” nell’epoca d’oro delle grandi orchestre. Non sono viste di buon’occhio le commistioni tra bianchi e neri negli Stati Uniti degli anni Quaranta che vedono ancora molti stati negare i diritti civili agli eredi degli schiavi africano. Le mescole sono viste con il fumo negli occhi anche in un ambiente tutto sommato più aperto come quello del jazz. Se qualche raro musicista nero trova spazio nelle orchestre bianche, il contrario non è neppure ipotizzabile. Per questa ragione fa molto scalpore nel 1943 l’ingaggio di Chet Kruley, reduce da un’esperienza nel trio di Nat Pierce, da parte dell'orchestra di Fletcher Henderson. L’avventura non dura molto e il chitarrista, dopo un periodo difficile, accetta di suonare in vari gruppi di standard. Alla fine decide di chiudere con la professione e si ritira dedicandosi all'insegnamento. Fra i suoi allievi ci sarà anche Gabor Szabo. Muore il 27 novembre 2013.
16 marzo, 2021
16 marzo 1906 - Scad Hemphill, una tromba swing
Il 16 marzo 1906 nasce a Birmingham, in Alabama, il trombettista Shelton Hemphill, più conosciuto con il nome d’arte di Scad Hemphill, uno dei protagonisti dell’epopea dello swing. Non ha ancora vent’anni quando ottiene il primo ingaggio professionale a New York per suonare insieme al pianista Fred Longshaw con il quale spesso accompagna anche la grande Bessie Smith. Proprio accompagnando Bessie Smith nel mese di dicembre del 1925, a diciannove anni, registra Lonesome Desert Blues, il primo disco della sua carriera. Entra quindi a far parte dell'orchestra di Horace Henderson e, nel 1928 di quella di Benny Carter si sta proprio in quegli anni affermando come uno dei più grandi leaders-arrangiatori della scuola di Harlem. Lasciato Carter nel 1930 si aggrega all’orchestra di Chick Webb che in quel periodo schiera strumentisti del calibro di Louis Bacon, Jimmy Harrison, Benny Carter, Hilton Jefferson ed Elmer Williams. Con questa formazione registra vari brani, compreso quel Heebie Jeebies, che diventerà uno dei cavalli di battaglia di Webb. Nel 1931 passa alla Mills Blue Rhythm Band, una tra le migliori orchestre nere della swing che può contare sugli splendidi arrangiamenti di Nat Leslie e Harry White oltre che sull’apporto di geniali strumentisti come i trombettisti Ed Anderson e Red Allen, i trombonisti Harry White a J. C. Higginbotham, i sassofonisti Charlie Holmes a Joe Garland e i pianisti Edgar Hayes a Billy Kyle. Con la Mills Blue Rhythm Band Hemphill suona per molto tempo pur essendo chiuso come solista prima da Anderson e poi da Allen. Nel 1937 passa all'orchestra di Louis Armstrong e sette anni dopo, nel 1944, a quella di Duke Ellington. Nel 1949 si ritira a New York dove continua a esibirsi tutte le volte che può. Proprio nella Grande Mela muore nel mese di dicembre del 1959.
15 marzo, 2021
15 marzo 1929 - Candy Green, il bluesman giramondo
Il 15 marzo 1929 nasce a Galveston, nel Texas, il cantante e pianista blues Candy Green, all’anagrafe Clarence Green. Figlio di una pianista, comincia a studiare pianoforte da ragazzo. Eclettico e intraprendente raggranella qualche soldo suonando negli honky-tonk della sua sua zona trovando poi un interessante e discretamente remunerato ingaggio come pianista sulle navi in servizio sulle rotte oceaniche. Chiusa l’esperienza marinara torna a Galveston, forma un proprio gruppo e partecipa a vari programmi radiofonici sulla locale stazione radio KGBC. Nel 1948 registra con John Fontenett, Horace Richmond e Rigs Bolden due brani, Galveston e Green's Bounce, per la Eddie’s a Houston e un paio di anni dopo incide per la Peacock con l'orchestra di Bill Harvey e con. il nome di Galveston Green per la Essex e la Monarch. Curioso sperimentatore di nuove mescole e contaminazioni nel 1953 accetta di suonare insieme a Paul Love con un'orchestra di hillbilly che ottiene un buon successo anche in terra messicana. Dal 1954 al 1958 Candy Green resta in Messico dove suona in vari club messicani e poi, dopo una breve permanenza a Houston per registrare alcuni dischi negli studi della Chess a Houston, se ne va in Europa. Per quache tempo suona nei locali di Copenaghen, quindi in quelli di Oslo e poi di Helsinki. Dal 1964 decide di trasferirsi stabilmente in Svezia dove suona con vari gruppi locali senza rinunciare a qualche sporadica incursione in giro per l’Europa soprattutto con l'orchestra del sassofonista Leo Wright. Nel 1974 chiude l’avventura europea e torna sui suoi passi stabilendosi in quella Galveston che gli ha dato i natali. Muore nel 1988.
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