Il 28 settembre 2004 con la prima di una decina di repliche al Palais des Congrès di Parigi prende il via il tour con il quale festeggia i suoi sessant'anni Sylvie Vartan, la biondina francese che una quarantina d'anni prima ha conquistato l'Italia cantando con l’aria sfrontata parole ingenue che scandalizzavano gli adulti ed erano impugnate come una bandiera dalle ragazzine: «Come un ragazzo ho i capelli giù/porto il maglione che porti tu/e con la cinta mi tengo su i pantalon/Come un ragazzo mi ostino un po’/e quando guardi negli occhi miei/non sono quella che abbassa mai/per prima i suoi…Come un ragazzo ho una moto che/tocca i duecento quando mi va/e una gang di amici che/da retta a me/Come un ragazzo per la città per la città/cammino e vado di qua e di là/non ho paura di gente che/ce l’ha con me…». Negli anni Sessanta era divenuta, anche nel nostro paese, insieme a un pugno di antesignane delle attuali riot girls, uno dei simboli pop della nuova voglia di protagonismo delle adolescenti. Non era l’unica, ma era forse considerata un po’ speciale anche grazie alla sua lunga storia d’amore con Johnny Hallyday, il rocker ribelle d’oltralpe. La sua popolarità in Italia è stata grande, ma si è bruciata rapidamente. Da noi Sylvie Vartan è stata poco più d’una meteora. Un pugno di canzoni, qualche trasmissione televisiva e poi, siccome non si può restare giovani per sempre, alla prima rughetta d’espressione sul bel faccino, più niente. In Italia gli uomini e soprattutto le donne di spettacolo che invecchiano non possono vivere altro che nel ricordo, nell’immagine riprodotta della gioventù. Il sistema mediatico che ha eliminato la vita vera dall’immaginario collettivo non può sopportare, salvo rarissimi casi, l’incedere del tempo, la naturale decadenza del fisico. Anche a Sylvie succede, ma solo in Italia. Quando le luci mediatiche da noi si spengono lei continua a lavorare nel suo paese, la Francia. Lì la giovane italo-bulgara Sylvie, figlia di Georges, attaché dell’ambasciata francese a Sofia, e di Ilona non è mai stata considerata un banale evento generazionale. Lo star system francese lascia che siano la sua voce, più che il suo faccino, a scrivere le tappe di una carriera che con il passare del tempo si fa sempre più importante. La sua popolarità non muore quando si lascia alle spalle i brani della fase adolescenziale, i concerti all’Olympia con i Beatles, Trini Lopez e tanti altri. Passa anche attraverso un paio di devastanti incidenti stradali, il secondo dei quali le lascia segni pesanti sul viso cancellati quasi totalmente da una lunga serie di interventi chirurgici. Anche la fine della sua lunga storia con Johnny Halliday non lascia traccia sul suo destino. Attraversa gli anni Settanta, e poi gli Ottanta e poi ancora i Novanta maturando come interprete, misurandosi con progetti sempre nuovi ed evitando di farsi rinchiudere nell’angusto recinto della nostalgia. La biondina dallo sguardo sfrontato lascia il posto a una signora della canzone per la quale si spendono grandi autori, da Cocciante a Barbelivien, da Michel Jouveaux a Jay Alanski, alla coppia Marc Lavoine/Aboulker, a Murat che per lei mette in musica una poesia di Baudelaire. Nel 1998 la Francia le conferisce la Legion d’Honneur all’Eliseo e l’anno dopo lei ringrazia portando all’Olympia un recital dedicato alla canzone francese dei primi anni del Novecento e alla figura della leggendaria cantante Mistinguette. I suoi sessant’anni vengono festeggiati con la pubblicazione di un’autobiografia intitolata “Entre ombre et lumière” (Tra luci e ombre), con un nuovo album che sulla copertina ha soltanto il suo nome Sylvie e, soprattutto, con il lungo tour dal vivo che inizia proprio il 28 settembre.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
28 settembre, 2021
27 settembre, 2021
27 settembre 1997 - ...quel giorno Dylan cantò per Wojtyla
Il 27 settembre 1997 Bob Dylan partecipa a Bologna a un concerto nell'ambito del Congresso Eucaristico. L'evento è caratterizzato dalla presenza del Papa al quale alcuni ragazzi leggono i testi di Forever young e Blowin' in the wind prima dell'esibizione del cantautore. Quando Bob Dylan sale sul palco, forse perché è reduce da una serie di cure per problemi cardiaci appare gonfio e dà l'impressione di essere sofferente. La canzone d'apertura del suo breve concerto è Knockin' on heaven's door. La band che l'accompagna è composta da Dave Kemper alla batteria, Larry Campbell alla chitarra, Bucky Baxter al dobro e ai cori e Tony Garnier al basso. Il Papa assiste al concerto seduto su una specie di scranno collocato lateralmente al palco. La seconda canzone è A hard rain's a-gonna fall. Al termine del brano Tony Garnier si avvicina a Dylan e gli annuncia che può andare a salutare il Papa. Il cantautore si toglie il cappello e lo raggiunge. Dopo il breve omaggio torna sul palco e chiude l'esibizione con Forever young, un esplicito omaggio a Wojtyla.
26 settembre, 2021
26 settembre 1954 - Carla Bissi, in arte Alice
Il 26 settembre 1954 nasce a Forlì la cantante Carla Bissi, oggi più conosciuta come Alice. Nel 1971 vince con il suo vero nome il Concorso di voci nuove di Castrocaro e partecipa al Festival di Sanremo dell’anno successivo sempre come Carla Bissi con il brano Il mio cuore se ne va. Sempre nel 1972 vince la Gondola d'Argento, a Venezia, con La festa mia. Dopo alcuni dischi e un paio di album senza particolare successo, nel 1978 decide di lasciare per un po’ le scene. Nel 1980 con il nome di Alice Visconti e la produzione di Franco Battiato e Giusto Pio pubblica l'album Capo Nord da cui viene estratto un singolo di grande successo: Il vento caldo dell'estate. Divenuta semplicemente Alice, nel 1981 con il suo brano Una notte speciale entra nelle classifiche di mezza Europa. Il 5 maggio 1984 partecipa all'Eurofestival in coppia con Franco Battiato con il brano I treni di Tozeur e nel 1985 ottiene il premio Tenco come miglior interprete femminile. Negli anni successivi tende ad approfondire le esperienze di collaborazione con grandi musicisti non rinunciando a cimentarsi anche con autori "difficili" come Satie, Faurè e Ravel e privilegiando sempre la qualità del suo lavoro rispetto alle possibilità commerciali.
24 settembre, 2021
24 settembre 1872 - Isidore Barbarin, fedele al jazz delle origini
Il 24 settembre 1872 nasce a New Orleans, in Louisiana, Isidore Barbarin, padre di Louis e di Paul suonatore di mellophon, corno e tuba, uno dei protagonisti del jazz delle origini. Nel 1889 a soli diciassette anni entra a far parte della Onward Brass Band con la quale resta fino al 1898. Successivamente suona nella prestigiosa Excelsior Brass Band diretta da Theogene V. Baquet, una formazione nella quale si avvicendano musicisti del calibro di Lorenzo Tio, John Robichaux, James Williams, George Baquet e Alphonse Picou. Chiusa l'esperienza con la Excelsior passa all'altrettanto celebre Tuxedo Brass Band di cui fanno parte i cornettisti Joe Howard e Louis Dumaine e il clarinettista Alphonse Picou che è già stato suo partner nella Excelsior. Di fronte all'irrompere sulla scena jazz di nuovi stili rifiuta di adeguarsi e continua imperterrito a darsi da fare nei locali di New Orleans. Dopo la seconda guerra mondiale in pieno clima New Orleans Revival, ha avuto l'opportunità di tornare alla ribalta Muore a New Orleans il 2 giugno 1960.
23 settembre, 2021
23 settembre 1928 - Michel Gaudry, un disegnatore al contrabbasso
Il 23 settembre 1928 a Eu, nel dipartimento Seine Maritime, in Francia, nasce il contrabbassista Michel Gaudry. La sua prima educazione musicale avviene su strumenti diversi da quello che gli procurerà la fama. Quando è ancora un giovane studente di arti grafiche si dedica con passione allo studio del pianoforte e del clarinetto. Più grandicello, mentre lavora come disegnatore al Genio Civile, frequenta i club jazzistici di Parigi, soprattutto “Les Lorientais”, che in quel periodo è un po’ il regno di Claude Luter. Nelle lunghe serate parigine si innamora del contrabbasso e quando per lavoro è costretto a trasferirsi in Svizzarea decide di studiarlo sul serio. Si iscrive al conservatorio e si esercita esibendosi in un trio. Quando torna in Francia è pronto per il salto di qualità. Scritturato dal pianista Art Simmons inizia a suonare al Mars Club dove resta per moltissimi anni, accompagnando con il suo contrabbasso personaggi come Dexter Gordon, Lee Morgan e Billie Holiday. Passa poi ad altri club parigini, soprattutto al Blue Note dove suona con Kenny Drew e Art Taylor. La sua attività non si esaurisce nel jazz. Il suo contrabbasso accompagna anche molte stelle del varietà parigino, come Georges Moustaki, Barbara, Serge Gainsbourg e Joséphine Baker. In più è il contrabbassista della Swing Machine di Gérard Badini fin dall'epoca delta sua formazione. La grafica e il disegno, cioè quelle arti che dovevano essere il suo mestiere, invece, diventano il suo hobby: Michel Gaudry firma per molto tempo gran parte delle vignette umoristiche della rivista “Jazz Magazine”.
22 settembre, 2021
22 settembre 1922 - Blind Donald Dawson, il pianista non vedente che trovò la fortuna in Inghilterra
Il 22 settembre 1922 nasce a Cobleskill, New York, il pianista Blind Donald Dawson, all'anagrafe Donald Arthur Dawson. Rimasto orfano a tre mesi e praticamente cieco dalla nascita frequenta la Batavia School For The Blind, un istituto per non vedenti della vicina città di Buffalo. La sua menomazione non gli impedisce di coltivare la passione per la musica. Cominciato a esibirsi in pubblico nel 1940, a diciott'anni, suonando sia il pianoforte che il violino nelle feste e nei locali. Stabilitosi ad Albany, dal 1945 suona in un'orchestra locale come organista e pianista. Più tardi appare in veste di solista al Brass Rail di Troy. Dopo aver lavorato per molti anni con gruppi di soul music, nel 1973 scoperto da Kip Lornell ottiene un buon successo in Gran Bretagna pubblicando vari dischi con l'etichetta discografica Flyright. Muore a New York il 12 febbraio 1999.
21 settembre, 2021
21 settembre 2002 - Peter Gabriel e l'album del plenilunio
Il 21 settembre 2002 arriva nei negozi l'album Up di Peter Gabriel. Spontaneità e improvvisazione sono due termini che non appartengono al vocabolario personale dell'ex leader dei Genesis che ha sempre cercato di non lasciare quasi niente al caso. Se fosse rivolto a qualcuno dei suoi colleghi un giudizio come questo suonerebbe negativo, ma nel suo caso non è così, anzi diventa l'indicatore di una ricerca costante e un'insoddisfazione di fondo così lontane dai tempi e dalle regole del music business da diventare quasi un gesto rivoluzionario. Son passati dieci anni da quando ha pubblicato l'ultimo disco compiuto, dieci anni nei quali ha trovato modo di cambiare idea più volte non solo sulla musica, ma anche sulla propria vita, visto che nel frattempo ha divorziato, ha trovato una nuova compagna, è diventato padre e, in concomitanza con la conclusione dell'album, ha deciso anche di risposarsi. Così, a distanza di sette anni dall'inizio della lavorazione è arrivato Up, un disco nuovo i cui brani al momento dell'uscita sono già quasi tutti stati testati da tempo via Internet. Il buon Peter racconta che gli undici pezzi sono stati scelti tra circa centotrenta, lasciando intendere che la sua ricerca non era orientata a selezionare il meglio del meglio, ma semplicemente a infilare una serie di temi musicali utili a dare un senso all'idea che aveva in mente. Visto il numero dei brani scartati e considerando che la musica è come il maiale (non si butta via niente) c'è chi sospetta che ci si debba attendere a breve termine una nuova serie di album. Conoscendo Peter, tutto può essere, ma non è detto. Per evitare figuracce non conviene dare per scontato niente quando si parla di un musicista che più volte ha preso a calci regole, gloria e logica per inseguire un sogno nuovo. Up è disponibile nei negozi a partire dal 21 settembre, in coincidenza con il plenilunio. Quella delle fasi lunari è una "flippa" che da tempo cattura l'attenzione dei frequentatori del suo sito ufficiale, ormai divenuto una sorta di club dei lunatici. Anche la messa in rete della anticipazioni dei brani ha coinciso con le fasi di luna piena. Il lavoro di ricerca si sente fin dal primo brano, quel Darkness, nel quale ci si ritrova a visitare la "casa nel bosco", che contiene le paure e le fantasie della fanciullezza. L'intero disco è una sorta di lungo viaggio interiore, appoggiandosi a situazioni esterne (spesso poco più di un pretesto musical-letterario) alla ricerca di quell'equilibrio che il musicista dice di aver trovato. Anche dal punto di vista musicale la ricerca è complessa e attraversa l'intera esperienza di Peter Gabriel, non escluso qua e là qualche richiamo, pur se non rivendicato, al periodo dei Genesis. Una curiosità per gli intenditori è rappresentata da More than this, forse il più positivo e ottimista dell'intero album, di cui si racconta che Peter abbia scritto anche la partitura per la chitarra, uno strumento che non ha mai imparato a suonare e che usa in modo decisamente naïf, con manipolazioni e campionamenti d'ogni tipo. A far da trailer al lavoro è stato scelto The Barry Williams Show, un brano che mette alla berlina la cosiddetta "TV verità" e stabilisce un collegamento tra le disfunzioni comportamentali e la televisione di massa. «La televisione è gradevole, ma pericolosa e, come accade per i medicinali, va assunta in dose giusta. Io se resto esposto al tubo catodico per più di mezz'ora divento uno zombie». Il disco è tutto suo. Per la prima volta s'è occupato interamente della produzione, anche se nella fase finale del missaggio ha chiesto un aiutino a Tchad Blake, cui si è aggiunto Stephen Hague per il missaggio di I Grieve. Sempre per non lasciare niente al caso ha radunato una serie di musicisti navigati come il chitarrista David Rhodes, il bassista Tony Levin e il contrabbasso di Danny Thompson, più la solita serie di batteristi e percussionisti che lui, ex batterista, non manca mai di schierare: Manu Katche, Ged Lynch, Dominic Greensmith, Will White, Ged Lynch, Mahut Dominique e Hossam Ramzy. Tra le voci che intervengono ci sono quelle dello scomparso Nusrat Fateh Ali Khan, di sua figlia Melanie e degli arzilli anzianotti che compongono i Blind Boys of Alabama. Tra gli ospiti, infine, sono ancora da citare il chitarrista Daniel Lanois e l'immancabile Peter Green, uno suoi miti adolescenziali.
20 settembre, 2021
20 settembre 2003 - Gordon Mitchell, il Maciste più amato dal pubblico
Il 20 settembre 2003 muore l'attore Charles Pendleton, in arte Gordon Mitchell. Ha ottant'anni. Nasce infatti a Denver, in Colorado, il 29 giugno 1923. Dopo il divorzio dei suoi genitori si trasferisce con la madre a Inglewood, in California. Infanzia e giovinezza trascorrono tra le fatiche degli studi e la passione per la palestra dove inizi a praticare il culturismo. Allo scoppio della seconda guerra mondiale parte per il fronte dove viene catturato dai tedeschi e rinchiuso in un campo di prigionia da cui esce soltanto al termine del conflitto. Tornato a casa, dopo essersi laureato in biologia e anatomia inizia a lavorare come insegnante. Richiamato sotto le armi per la guerra di Corea, dopo il congedo definitivo si trasferisce a Santa Monica, in California, dove entra a far parte del ristretto gruppo dei più famosi culturisti di quel periodo. Nel 1955 debutta nel cinema con una piccola parte non accreditata in "L’uomo dal braccio d’oro" di Otto Preminger e l’anno dopo viene scritturato da Cecil B. De Mille per "I dieci comandamenti" nel quale interpreta il ruolo di uno dei torturatori di Charlton Heston. A partire dagli anni Sessanta arriva in Italia e diventa una delle stelle dei peplum facendosi apprezzare come uno dei più amati interpreti del ruolo di Maciste. Con l’esaurirsi del filone passa a generi diversi come il western, il poliziesco e la fantascienza. Federico Fellini gli affida una parte in "Satyricon" e John Huston lo scrittura per il suo "Riflessi in un occhio d'oro". Non abbandonerà mai il cinema fino alla morte che lo coglie a Marina del Rey, in California, il 20 settembre 2003.
19 settembre, 2021
19 settembre 1927 - Peter Van Wood, tra canzone e astrologia
Il 19 settembre 1927 a L’Aia, in Olanda, nasce Peter Van Wood. All’età di quattordici anni comincia a suonare la chitarra prima da autodidatta e poi al Conservatorio Reale d'Olanda dove riesce a farsi ammettere pur essendo ancora giovanissimo grazie al suo talento precoce. In quel periodo conosce e resta affascinato dalle tecniche dei grandi chitarristi di scuola jazz d’oltreoceano. Parallelamente agli studi accumula esperienza sul campo suonando in concerti classici o nelle piccole formazioni jazz che si esibiscono nei locali della sua città. A diciannove anni se ne va in Gran Bretagna trovando ingaggi sia come solista di musica classica che come chitarrista jazz. Instancabile giramondo si esibisce a lungo anche a Parigi e a Lisbona vince un prestigioso concorso internazionale di chitarristi davanti a oltre seicento concorrenti. All’inizio degli anni Cinquanta arriva in Italia ed entra nel trio di Renato Carosone con Gegé Di Giacomo alla batteria. Il successo ottenuto con il gruppo lo stimola a cercare una strada personale. Nel 1954 forma un trio a suo nome e, dopo aver ottenuto un contratto discografico con la Fonit, compone e interpreta una lunga serie di canzoni di successo. Alla fine degli anni Sessanta alla sua attività musicale affianca quella che fino a quel momento era stata soltanto un hobby: l’astrologia. In veste d’astrologo compila gli oroscopi dei giornali più popolari di quel periodo. Più o meno negli stessi anni apre anche l’Amsterdam 19, un locale in Galleria Passarella a Milano dove si esibisce come cantante e chitarrista. Nonostante l’attività d’astrologo Peter Van Wood non abbandona la musica. Nel 1974 pubblica l’album Guitar magic e nel 1982 interpreta la sigla del programma televisivo della “Domenica sportiva”. Nel 2007 cita in giudizio i Coldplay sostenendo che il loro brano Cocks è un plagio della sua Caviar & champagne. È sufficiente ascoltare Butta la chiave, la sua canzone più famosa, per capire il talento e la capacità innovativa di questo ragazzone olandese allampanato che dopo aver girato tutto quasi tutto il mondo si è stabilito in Italia. In quel brano, infatti, viene proposto in chiave molto italiana il “call and response” tra solista e strumento di chiara derivazione jazz. Arrivato nel nostro paese alla fine degli anni Cinquanta contribuisce non poco a innovarne stili, impostazione e sonorità, prima nel trio con Gegè Di Giacomo e Renato Carosone guidato da quest’ultimo e successivamente con una propria formazione a tre. Di tutti i protagonisti di quel periodo Peter Van Wood è quello meno dotato dal punto di vista vocale. In lui non c’è niente del classico interprete dalla voce impostata, a volte vigorosa, ma sempre perfettamente alta e squillante. La sua voce è chiara ma tutt’altro che potente e in qualche momento, complice la difficoltà di cantare in una lingua che non è la sua, evidenzia qualche incertezza e sembra addirittura perdersi sulle sfumature. In questo senso anticipa quello che avverrà negli anni Sessanta quando i cantanti, complice la larga e totale diffusione dell’uso del microfono, presteranno molta meno attenzione alla pasta sonora dell’emissione e ne cureranno di più i dettagli e la carica emozionale, adattando i brani alle peculiarità delle voci fino a far diventare parte dell’espressione canora anche i sussurri più flebili. Se nell’utilizzo della voce attinge ad alcune sperimentazioni jazz adattandole un po’ alle sue caratteristiche, sul piano strumentale può essere considerato un innovatore assoluto visto che è tra i primi in Europa a comprendere le potenzialità offerte dall’elettrificazione della chitarra utilizzando echi, riverberi e varie applicazioni per ottenere nuove sonorità. Muore a Roma il 10 marzo 2010.
18 settembre, 2021
18 settembre 1929 - Teddi King, una delle voci più amate prima del rock and roll
Il 18 settembre 1929 a Boston, nel Massachusetts, nasce Theodora King, destinata a diventare con il nome d'arte di Teddi King, una delle voci femminili più amate dal pubblico statunitense prima della rivoluzione del rock and roll. Fin da giovane studia pianoforte e canto e mentre frequenta le scuole superiori entra a far parte di vari gruppi e compagnie teatrali. La svolta nella sua vita arriva quando vince un concorso per giovani cantanti organizzato da Dinah Shore. Il concorso le apre le porte della scena musicale dell'epoca. Dopo aver cantato con le formazioni di George Graham e Jack Edwards, entra per la prima volta in sala di registrazione accompagnata dal gruppo di Nat Pierce. Dal punto di vista commerciale il disco è un piccolo fiasco ma grazie alla diffusione radiofonica fa conoscere Terri al di fuori dell'area di Boston e le procura varie scritture. In breve tempo canta con Beryl Booker, Jimmy Jones e Ruby Braff ma soprattutto firmare un robusto e ben remunerato contratto con la RCA per la quale incide vari dischi di successo. Tra gli episodi più significativi della sua carriera c'è l'incontro con il pianista londinese George Shearing, avvenuto negli studi di registrazione della Storyville. Il jazzista impressionato dalle doti vocali di Teddi la convoca in sala di incisione per la registrazione di cinque brani e la scrittura per la tournée del suo trio nei Caraibi nel maggio del 1953. Con l'irrompere del rock and roll l'attività solistica della cantante si riduce progressivamente mentre si manifestano i primi problemi causati da ricorrenti disturbi cardiaci. Negli anni Settanta si ritira definitivamente. Muore a New York il 18 novembre 1977.
17 settembre, 2021
17 settembre 1991 - Rob Tyner è morto. Viva gli MC5!
Il 17 settembre 1991 Rob Tyner, l’ex cantante degli MC5, muore d’infarto a Detroit. La sua morte riporta all'attenzione del pubblico la storia del gruppo di cui ha fatto parte. Tutto prende il via all’inizio del 1967 nella città industriale di Detroit dove la protesta giovanile ha contorni ben diversi da quelli un po' ingenui e sognatori degli hippies di San Francisco. Nella città dei motori, infatti, il movimento studentesco si è saldato a pezzi di classe operaia e di proletariato urbano bianco e nero. In questo laboratorio nasce il White Panthers Party, un’organizzazione politica d’estrema sinistra, che qualche tempo dopo si dichiarerà "guevariana". Il principale artefice è John Sinclair, un tipo sveglio che ha intuito le potenzialità del rock come mezzo di comunicazione più immediato per parlare alle nuove generazioni. Per questa ragione affida il compito di diffondere il messaggio politico del movimento agli MC5 (Motor City Five), una band formata da Rob Tyner, Michael Davis, Dennis Thompson, Fred “Sonic” Smith” e Wayne Kramer. Sulle ali di un rock violentissimo i cinque portano in tutti gli Stati Uniti, il messaggio antagonista delle “Pantere Bianche” e all’inizio del 1969 la Elektra pubblica il loro primo, splendido album, Kick out the jams, registrato dal vivo a Detroit il 31 ottobre 1968. All’apice della popolarità diffondono idee di rivolta e fanno a pezzi sul palco la bandiera a stelle e strisce. La reazione non si fa però attendere. Contro il gruppo parte una campagna di stampa senza paragoni, mentre l’FBI mette sotto stretto controllo i cinque musicisti. Vengono diffuse foto che li riprendono in atteggiamenti intimi con le loro compagne, si raccolgono petizioni e, soprattutto, si chiede all’Elektra di ritirare dal mercato l’album, ritenuto indecente ed offensivo. La casa discografica per qualche tempo tiene duro, anche perchè il disco vende bene, ma è poi costretta a cedere alle pressioni ed il 16 aprile 1969 licenzia il gruppo e ritira l’album. È la fine. Mentre il White Panthers Party è bersagliato da più parti, la polizia “trova” addosso a John Sinclair due sigarette di marijuana che gli costano una condanna a ben cinque anni di carcere. Due anni dopo John Lennon scriverà sulla vicenda il brano John Sinclair. Nel 1970 gli MC5, tentano invano di continuare “ammorbidendo i toni” con un paio di album di scarso significato. Di loro non si parlerà più fino al 17 settembre 1991, quando dopo la morte di Rob Tyner un gran gruppo di vecchi militanti delle Pantere Bianche lo accompagna nell’ultimo viaggio. Un mese dopo l’album “maledetto”, Kick out the jams, viene ripubblicato in CD.
16 settembre, 2021
16 settembre 1903 – Buck Mcfarland, il pianista “barrelhouse”
Il 16 settembre 1903 nasce ad Alton, nell’Illinois, il pianista e cantante Thomas McFarland, più conosciuto come Buck McFarland detto "Barrelhouse" dal genere di cui è una delle maggiori espressioni, cioè la cosiddetta “barrelhouse music”. Il suo modo di suonare il pianoforte come fosse uno strumento percussivo e la voce carica di immediatezza espressiva accompagnata da un’esecuzione vigorosa e piena di swing rappresentano infatti le più tipiche caratteristiche di questo genere. Stabilitosi, durante l'infanzia, con la sua famiglia a St. Louis nel Missouri inizia a suonare la batteria intorno al 1920 e, qualche anno dopo, entra a far parte dell’orchestra di Charlie Creath. Dopo un tour con la Georgia Smart Set si dedica al pianoforte e inizia a esibirsi nei vari club della zona, dove ha l’occasione di conoscere Henry Brown e Peetie Wheatstraw. Successivamente dà vita a un proprio gruppo, i Buck's Jazz Hounds, e poi di lui non si sa più nulla fino al 1961 quando viene rintracciato da Charles O'Brien che gli trova nuove scritture e nuovi contratti. Buck, però, muore a Detroit, nel Michigan, nel 1962, pochi mesi dopo aver registrato il suo ultimo album per la Folkways.
15 settembre, 2021
15 settembre 1904 - Gideon J. Honore, un pianista vagabondo
Il 15 settembre 1904 nasce a New Orleans, in Louisiana, Gideon J. Honore. Nulla si sa dei suoi primi anni di vita. La prima notizia certa risale al giugno 1921 quando si trasferisce a Chicago per studiare pianoforte alla Axel Christenson School Of Jazz. Successivamente recupera qualche scrittura come solista nei locali e in vari gruppi prima di dare vita a una propria formazione che alla fine degli anni Venti suona alla Lakewood Hall e all'Huntington Hotel. Nella decennio successivo suona con molti dei più importanti leader della scena musicale di Chicago come Jimmie Noone, Tiny Parham, Jesse Stone, Preston Jackson, Floyd Campbell e tanti altri. Alla fine degli anni Trenta forma un proprio quartetto insieme al clarinettista Darnell Howard per suonare al Club 411 di Chicago e poi viene scritturato da Sidney Bechet per un giro nell’Illinois. Nei primi anni Quaranta entra a far parte della troupe viaggiante di Helena Jester. Instancabile vagabondo nell'estate del 1948 si trasferisce in California per lavorare con Kid Ory e con Teddy Buckner. All'inizio degli anni Cinquanta suona col clarinettista Albert Nicholas, dedicandosi infine all'insegnamento, senza mai abbandonare le esibizioni. Muore l'8 gennaio 1990.
14 settembre, 2021
14 settembre 1961 - Von Trips, un secondo posto alla memoria
Il 14 settembre 1961, a Monza, è in programma il Gran Premio d’Italia d’automobilismo, penultima prova del campionato mondiale piloti di quella stagione. La Ferrari, occupa i primi due posti della Classifica generale. Al vertice c’è un pilota tedesco dal nome nobile che sta letteralmente facendo sognare i tifosi delle ‘rosse’, Von Trips, che, con i suoi trentatré punti, precede un altro ferrarista, l’americano Phil Hill. Il Gran Premio inizia davanti a una folla di tifosi in delirio che già pregustano l’ennesimo successo delle auto di Maranello. Al secondo giro lo scozzese Jim Clark, destinato a diventare uno dei protagonisti negli anni successivi, ma in quel periodo ancora alle prime armi come pilota di Formula 1, tocca con la sua Lotus l’auto di Von Trips pochi metri prima della curva parabolica della pista di Monza. La vettura del tedesco impazzisce. Perde aderenza e vola verso la folla che assiepa le tribune vicine, troppo vicine, alla curva. È una strage. Muore Von Trips, ma con lui perdono la vita, falciati dai pezzi della sua Ferrari che si disintegra nell’urto, quattordici spettatori. I feriti si contano a decine. I punti del tedesco sono però sufficienti a farlo restare nelle posizioni di vertice della classifica. Il Campionato del mondo verrà vinto dall’altro ferrarista Phil Hill e Von Trips si piazzerà al secondo posto della classifica finale: un secondo posto “alla memoria”.
13 settembre, 2021
13 settembre 1993 - Niente pace in Palestina
Il 13 settembre 1993 il primo ministro israeliano Itzhak Rabin e il leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina Yasser Arafat firmano a Washington uno storico accordo di pace tra lo stato di Israele e i Palestinesi. Il trattato, che prevede il ritorno di Gaza e Gerico sotto il controllo dell’O.L.P. con la creazione di un’autorità autonoma palestinese, sembra chiudere per sempre una delle contrapposizioni più sanguinose del dopoguerra aprendo un lungo periodo di pace e sviluppo per i due popoli. In realtà non sarà così. Il processo di pace verrà fermato dall’assassinio di Rabin per mano degli oltranzisti israeliani.
12 settembre, 2021
12 settembre 1933 - Mathé Altéry, le Rossignol Cherbourgeois
Il 12 settembre 1933 nasce a Parigi la cantante Mathé Altéry, uno dei personaggi femminili più importanti della scena musicale francese. Il suo pregio maggiore è nella grazia con la quale ha saputo riproporre al pubblico le canzoni che hanno fatto la storia della musica popolare francese del Novecento. Nella sua interpretazione brani che la polvere del tempo rischiava di cancellare per sempre risorgono a nuova vita e conquistano nuovi estimatori. Gran parte del merito è da attribuire alla sua voce capace di arrampicarsi in colori antichi senza leziosismi e soprattutto senza mai dare l’impressione di perdersi. C’è chi ha scritto che le sue interpretazioni hanno il valore di un restauro. Il paragone, pur suggestivo, rischia di essere forse un po’ azzardato dal punto di vista delle parole utilizzati, ma appare vero nella sostanza. Grazie alla voce e alla grande capacità interpretativa di Mathé Altéry una lunga serie di canzoni appassite dal fruscìo di registrazioni d’inizio secolo tornano a brillare di nuovo e trovano nuovi interpreti disposti a inserirli nel proprio repertorio. È questo il miracolo più grande di un’artista poliedrica e coraggiosa. Il suo vero nome è Marie-Thérèse Altare. Il cognome denuncia l’origine italiana della sua famiglia che da molte generazioni ha un rapporto d’amicizia stretto con la musica, in particolare con la lirica. Suo padre è il tenore Mario Altéry , una delle stelle del teatro de l’Opéra de Paris e di quello dell’Opéra Comique. Nel 1942, quando la piccola Marie-Thérèse ha nove anni, ottiene il maggior successo della sua carriera partecipando alla sontuosa rappresentazione diretta da François Ruhlmann de “Le roi d’Ys” con un cast imponente che oltre a lui schiera anche Suzanne Juyol, Solange Renaux e José Beckmans. Questo padre, così importante e celebrato, quando torna a casa veste i panni dell’insegnante per accompagnare la piccola Marie-Thérèse nel territorio affascinante e misterioso della musica. La trasmissione dei segreti dell’arte musicale fa parte della tradizione della famiglia. È una sorta di catena virtuosa attraverso la quale passano le conoscenze da una generazione all’altra e di cui la bambina non è che l’ultimo e più recente anello. In quel periodo si instaura tra padre e figlia un rapporto solidissimo d’affetto ma anche di stima professionale che li porterà più volte a collaborare sulla scena e che verrà interrotto solo dalla morte dell’uomo nel 1974. La piccola Marie-Thérèse è sveglia e capisce al volo. Impara le tecniche fondamentali del canto dalla respirazione al controllo delle emissioni, alla modulazione della voce. Ben presto le sue esibizioni estemporanee diventano quasi un appuntamento obbligato nelle festicciole di Cherbourg, la città in cui vive. Si guadagna anche il soprannome di “Rossignol cherbourgeois”, usignolo di Cherbourg, con un richiamo evidente a “l’usignolo di Francia”, l’appellativo della Piaf. Se nei primi anni di vita la musica è stata vissuta da Marie-Thérèse come un gioco o un passatempo infantile, con il passare degli anni diventa un impegno per coltivare un talento naturale. È anche fatica vera soprattutto quando il padre ritiene che le sue lezioni di canto debbano essere affiancate dall’apprendimento di almeno uno strumento. Naturalmente la musica non può andare a discapito della cultura generale per cui la ragazza si trova a dover affiancare i corsi di pianoforte e di solfeggio alla fatica di frequentare la scuola secondaria. Sorretta dalla passione e da un carattere forte Marie-Thérèse riesce a reggere bene agli impegni su entrambi i fronti. Decide anche che la musica sarà per sempre la sua vita. Nel 1950, a diciassette anni, si esibisce come corista al Théâtre du Châtelet di Parigi nell’operetta “Annie du Far-West” messa in scena da Lily Fayol e Marcel Merkès. Se si escludono gli spettacolini e le festicciole dell’infanzia si tratta della sua prima vera esibizione pubblica. In quel periodo decide anche di darsi un nome d’arte. Dalla contrazione di Marie-Thérèse nasce Mathé, il resto va da sé. Nasce così Mathé Altéry. La ragazza non brilla ancora di luce propria e per questo è più che verosimile immaginare l’intervento del padre per darle una mano a trovare le prime scritture. In ogni caso il talento c’è e la buona impressione suscitata dalla sua esibizione sul palcoscenico del Théâtre du Châtelet la aiuta a non perdersi per strada. Poco tempo dopo inizia a cantare in varie trasmissioni per bambini alla radio e alla televisione, compresa la popolarissima “Vive jeudi” che la vede come una sorta di ospite fissa sia nelle edizioni presentate da Maurice Pauliac ed Edith Lanzac che in quella di Jean Nohain. Nel 1953 partecipa a una delle più prestigiose selezioni di nuovi talenti di quel periodo: il Festival-concorso di Deauville. La sua esibizione colpisce tre personaggi importanti, presenti in qualità di “esperti”, come i compositori Raymond Legrand e Georges Van Parys e il regista e produttore René Clair. Grazie al loro interessamento la cantante registra il primo disco della sua carriera. I brani scelti per il debutto sono quelli contenuti nella colonna sonora del film “Le belle di notte” dello stesso René Clair mentre la direzione artistica è affidata a Pierre Hiégel. Il successo del primo disco regala a Mathé Altéry un contratto con la Pathé-Marconi una delle etichette più prestigiose dell’industria discografica francese. La sua voce da soprano leggero conquista ben presto il favore del grande pubblico e nel 1956 la cantante viene inviata a rappresentare la Francia al primo Festival della canzone Europea organizzato dall’Eurovisione, l’ente che raggruppa le emittenti pubbliche dell’Europa Occidentale. La prima edizione di quello che negli anni seguenti verrà ribattezzato con il nome di Eurofestival si svolge a Lugano, in Svizzera. Mathé Altéry non vince (la canzone vincitrice è Refrain, interpretata dalla rappresentante elvetica Lys Assia) ma la sua interpretazione lascia il segno grazie alle riprese televisive che la fanno conoscere anche al di fuori dei confini francesi. Alla fine degli anni Cinquanta lavora su progetti più complessi del semplice disco a 45 giri da tre minuti destinato al pubblico dei juke box. La sua dimensione ottimale diventa quella dei dischi a 33 giri, i cosiddetti long playing che in Italia qualcuno ribattezza anche “padelloni”, nei quali trova uno spazio più adeguato alle sue ambizioni. È proprio in quel periodo che nasce la cosiddetta “serie del 13”, un lungo elenco di incisioni che hanno la comune caratteristica di contenere tredici brani denunciandolo nel titolo: 13 valses, 13 valses viennoises, 13 airs d’opérettes, 13 airs de films, Le 13 plus belles chansons du monde e molte altre raccolte tra cui figura anche 13 mélodies de la Belle Époque, con cui vince il prestigioso Prix de l’Académie Charles-Cros nel 1957. Diventa anche una stella della televisione canadese e si esibisce in tour che attraversano molti paesi europei come l’Austria, la Germania, la Svizzera, la Spagna e la Scandinavia, ma anche lidi più lontani come le Antille, gli Stati Uniti o il Sudafrica. All’inizio degli anni Sessanta l’esplosione del rock and roll non ferma la sua attività. Mathé Altéry non si lascia impressionare dalle mode ma continua imperterrita per la sua strada incidendo le versioni francesi di vari musical cinematografici a partire dal pluripremiato “My fair lady”. La sua attività non conosce soste e sembra non risentire del passare del tempo. Nel 1975 registra un album di duetti in coppia con Lucien Lupi e porta in teatro “A travers chant”, uno spettacolo scritto da Christian Vebel e diretto da Jacques Ardouin. Nel 1988 Francis Lopez, il più grande compositore d’operette francese, la vuole per mettere in scena “Rêve de Vienne” all’Eldorado.
11 settembre, 2021
11 settembre 1904 - Jazz Gillum, il socio di Big Bill Broonzy
L'11 settembre 1904 nasce a Indianola, nel Mississippi, il cantante e armonicista blues Jazz Gillum, registrato all'anagrafe con il nome di William McKinley Gillum. Rimasto orfano molto giovane viene allevato da uno zio che gli trasmette la passione per la musica insegnandogli anche a suonare l'armonica. Ben presto, come molti altri bluesman decide di andarsene. Suona dove può e vagabonda per gran parte degli stati del Sud degli Stati Uniti prima di approdare a Chicago la città dell'Illinois, dove si fa conoscere suonando nei club del South Side. In quegli anni vive anche il suo momento magico quando insieme a Big Bill Broonzy costituisce un duo destinato a lasciare un segno importantissimo nella storia e nell'evoluzione del blues. Sull'onda del successo registra anche con vari gruppi di studio. Successivamente con l'irrompere di nuove mode finisce come molti altri bluesmen finisce ai margini della scena musicale. Nel 1961 torna a far parlare di sé grazie a Memphis Slim che lo cerca e lo aiuta a rientrare nel giro dei concerti. Quello che sembra l'inizio di un nuovo e lungo periodo di successi è destinato a durare poco. Il 29 marzo 1966, infatti, Jazz Gillum muore in quella Chicago che l'aveva fatto grande.
10 settembre, 2021
10 settembre 1952 - Il primo Telegiornale
Il 10 settembre 1952 viene trasmesso il primo notiziario televisivo della storia italiana. Dura quindici minuti ed è realizzato in via sperimentale sotto la direzione di Vittorio Veltroni. Per uscire dalla fase sperimentale occorrerà attendere il 1954 quando nascerà il telegiornale vero e proprio in edizione unica, che andrà in onda alle 20,45. All'epoca le redazioni sono costituite da due soli giornalisti, che si occupano anche della conduzione, e da cinque inviati prevalentemente nell'Italia del Nord. Lo stile è quello del cinegiornale: cinque o sei servizi e voce fuori campo del cronista.
09 settembre, 2021
9 settembre 1945 - Dee Dee Sharp, la prima "teen idol" dalla pelle nera
Il 9 settembre 1945 a Philadelphia, in Pennsylvania, nasce Dionne LaRue, destinata a diventare, con il nome di Dee Dee Sharp, oggetto di un successo straordinario tra gli adolescenti al punto da essere ricordata come la prima "teen idol" dalla pelle nera. Tutto inizia quando a soli quindici anni si presenta per il suo primo provino dopo aver letto un annuncio su un giornale. Nonostante la sua giovane età pochi mesi dopo ottiene la prima scrittura e a partire dal 1962 diventa una delle più apprezzate protagoniste della scena discografica statunitense con brani come Slow twistin', Mashed potato time, Gravy e Ride. Con la fine dell'adolescenza anche il successo se ne va. Il suo pubblico cresce, cambia gusti e si affeziona a nuovi protagonisti. La sua popolarità sfuma con la stessa velocità con la quale era arrivata all'apice, salvo tornare all'onore delle cronache qualche tempo dopo per il suo matrimonio con Kenny Gamble, uno dei più grandi e fecondi creatori di successi del pop internazionale Alla fine degli anni Settanta torna in sala di registrazione per la Philadelphia International pubblicando album di buona fattura come What color is love ma incapaci di suscitare la passione di un tempo. Negli ultimi anni è tornata a esibirsi con buon successo sull'onda della nostalgia. Nel 2008 ha cantato al Detroit Jazz Festival.
08 settembre, 2021
8 settembre 1897 - Jimmie Rodgers, l'inventore dei blue yodel
L'8 settembre 1897 nasce a Meridian, nel Mississippi, il cantante Jimmie Rodgers, uno dei protagonisti più originali della scena musicale statunitense degli anni Venti e dei primi anni Trenta per la capacità di combinare la ritmica nera del bues con i testi popolari tipici degli yodel. Grazie a questa invenzione, definita "blue yodel", è il primo artista sudista in grado di conquistare una buona popolarità anche al Nord degli Stati Uniti. Nel suo repertorio figurano le rielaborazioni di vecchi brani della tradizione sudista, ballate e, soprattutto, le classiche "canzoni della ferrovia". Tra i suoi brani il migliore è l'autobiografico TB blues. Non è artista a tempo pieno. Per 14 anni lavora come operaio e macchinista in una compagnia ferroviaria del nativo Mississippi e la musica gli serve da svago nel tempo libero. Soltanto a trent'anni, dopo una lunga gavetta nei minstrel show, riesce a registrare i suoi brani, ma la sua salute è già minata dalla tubercolosi che se lo porterà via qualche anno dopo. Rodgers muore il 26 maggio 1933. Nei pochi anni che separano il primo disco dalla sua morte, cioè dal 1927 al 1933, riesce a diventare uno dei principali cantori della Depressione.
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