Il 28 novembre 1927 nasce a Pensacola, in Florida, il sassofonista Gigi Gryce, all'anagrafe George General Grice. Fra tutti i sassofonisti dell'epoca di Charlie Parker è forse quello che meglio è riuscito ad affrancarsi dal peso e dalla ipoteca della suggestione del mito parkeriano. Molte sono le ragioni probabili di questa sua geniale originalità, la principale delle quali probabilmente è da attribuire alla sua provenienza da studi classici effettuati prima al conservatorio di Boston e poi in Europa, a Parigi, dove vive il clima cosmopolita del dopoguerra. Proprio nella capitale francese avviene, infatti, l'incontro fra jazz e cultura classica grazie anche all'apporto di intellettuali come Sartre, Boris Vian, Michel Leiris, Michel Butor. È questa tensione intellettuale, a spingere Gryce verso l'esperienza del cool jazz. Al suo ritorno a New York, nel 1953, viene ide ingaggiato da Max Roach che stava attraversando un periodo di sperimentazione in bilico fra il bop e il cool. Successivamente il suo incontro con Clifford Brown gli consente di inserirsi in un filone che tenta di mediare tra l'eccessivo intellettualismo del jazz californiano e la lettura stilistica dell'hard bop.. La lezione di Clifford Brown riporta Gryce a raccordarsi con la tradizione nera senza rinunciare a far tesoro dell'esperienza occidentale vissuta nella Parigi degli anni Cinquanta. In quel periodo suona spesso con il trombettista Art Farmer e con Donald Byrd. Proprio con quest'ultimo, espressione del post bop e fra gli inventori dell'hard più duro e ribelle, forma il Jazz Lab Quintet. Considerato e rispettato come uno dei grandi protagonisti della scena jazz della seconda metà del novecento muore d'infarto il 17 marzo 1983.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
28 novembre, 2021
27 novembre, 2021
27 novembre 2000 - La morte assurda di Damilola Taylor ispira i So Solid Crew
Nel pomeriggio di lunedì 27 novembre 2000, a Londra Damilola Taylor, un bambino d'origine nigeriana di dieci anni torna a casa da scuola dove aveva partecipato ad un corso di computer. A poche centinaia di metri dall' istituto, in una strada deserta, viene aggredito e colpito con una bottiglia rotta alla gamba sinistra. Il taglio gli recide l' arteria femorale. Il bambino si trascina per un centinaio di metri, seguito da tre ragazzi che l'insultano, poi si accascia sul marciapiede dove viene soccorso dagli operai di un vicino cantiere. Il bambino arriva morto all' ospedale King's College, dissanguato. Qualche mese dopo l'assassinio Skat D, Face e Megaman dei So Solid Crew registrano No love, una canzone in ricordo di Damilola Taylor. Proprio Megaman spiega che la loro intenzione è quella di mandare un messaggio alle baby gang che li seguono e ascoltano la loro musica: «...il messaggio di questa canzone è la pace. Non c’è amore per le strade, in questo momento. Vogliamo che la negatività diventi positività e che la violenza finisca».
26 novembre, 2021
26 novembre 1956 - In Italia arrivano i flipper
Il 26 novembre 1956 i flipper vengono installati per la prima volta nei bar italiani. Nati negli Stati Uniti nel 1932 i "biliardini elettrici", come vengono chiamati nel nostro paese, suscitano la preoccupazione dei soliti benpensanti che ne chiedono la messa al bando perché «creano una generazione di giovani ipnotizzati che guardano nel vuoto seguendo le acrobazie della pallina». Caduta nel vuoto l'idea di metterli al bando diventano uno dei simboli degli anni Sessanta e di parte dei Settanta oltre a regalare il nome anche alla band dei Flippers, nata dalla frantumazione di vari gruppi jazz romani. La sua formazione storica comprende il futuro giornalista Fabrizio Zampa alla batteria, il vibrafonista e organista Romolo Forlai, il bassista Stefano Torossi, il trombettista e futuro opinionista Massimo Catalano e il pianista Franco Bracardi, destinato ad assurgere a grande popolarità come “accompagnatore ufficiale” di Maurizio Costanzo. Scoperti da Vincenzo Micocci pubblicano nel 1959 il loro primo singolo Muskrat rumble cha, cha, cha. Successivamente aggiungono alla formazione anche uno sconosciuto clarinettista che risponde al nome di Lucio Dalla. I Flippers collaborano poi con Edoardo Vianello fornendo la base musicale a vari dischi di successo come Hully gully in dieci, Sul cucuzzolo, Il peperone e I Watussi. Dopo la partecipazione al Cantagiro del 1962 la loro attività si riduce fino al definitivo scioglimento.
25 novembre, 2021
25 novembre 1963 - Gorella Gori, una delle protagoniste del café chantant
Il 25 novembre 1963 muore a Roma una signora di sessantatré anni che risponde al nome di Zaira Erba. Pochi lo sanno ma un tempo, con il nome d'arte di Gorella Gori, è stata una soubrette capace di entusiasmare folle d'appassionati nei ritrovi più alla moda del café chantant. Nata a Roma il 2 febbraio 1900 nel 1924 debutta come cantante di varietà in una rivista della “scandalosa” Anna Fougez. La sua voce ampia da stornellatrice, unita a una non comune capacità di "stare sulla scena", ne fanno una delle soubrette più contese di quel periodo. Come cantante partecipa anche a varie edizioni della Piedigrotta napoletana. Tra le sue interpretazioni di maggior successo di questo periodo sono da ricordare quelle di Vela surrentina, ‘O desiderio, Silenzio cantatore, Passione e Io ‘na chitarra e ‘a luna. Nel 1939 con "In campagna è caduta una stella" fa il suo debutto nel cinema. Dopo aver toccato vette altissime tra gli anni Trenta e i primi Quaranta, la sua popolarità comincia a calare e lei preferisce ridurre l'attività piuttosto che mendicare particine insignificanti in varietà di second'ordine. Pur continuando per qualche tempo nel cinema lascia per sempre l'attività dal vivo con un solo ripensamento nel 1954 quando torna alla prosa in un lavoro teatrale della compagnia di Andreina Pagnani.
24 novembre, 2021
24 novembre 1959 - George Irish, uno dei grandi strumentisti del jazz orchestrale
Il 24 novembre 1959 muore a Boston nel Massachusetts, il quarantanovenne sassofonista e clarinettista George Irish, uno dei protagonisti dell'epoca d'oro del jazz orchestrale. Nato a Panama nel 1910 si trasferisce ancora ragazzo con la famiglia a Boston dove si dedica agli studi musicali frequentando vari istituti di quella città. Sempre a Boston comincia a esibirsi come sassofonista in seno a gruppi locali e nel 1938 ottiene il suo primo importante ingaggio in veste di sassofonista-arrangiatore nell'orchestra della cantante Blanche Calloway, sorella di Cab. L'anno seguente entra a far parte dell'orchestra di Teddy Wilson in una straordinaria sezione di sassofoni che comprende Rudy Powell, Pete Clark e Ben Webster. Nel corso del 1940 si aggrega alla big band di Benny Carter e successivamente passa all'orchestra di Fletcher Henderson, poi in quella di Don Redman e infine alla testa di una sua formazione destinata a non avere vita lunghissima. Nel dopoguerra diventa insegnante di musica alla Academy Of Music di Arlington, incarico che mantiene sino al momento della sua prematura morte.
23 novembre, 2021
23 novembre 1941 - Franco Nero, l'alfa e l'omega del western all’italiana
Il 23 novembre 1941 nasce a San Prospero di Parma Franco Nero, registrato all'anagrafe come Francesco Sparanero. Dopo il diploma di ragioneria se ne va a Milano per frequentare la Facoltà di Economia e Commercio. Ben presto però decide che la laurea non è il suo obiettivo. Interrompe gli studi universitari e inizia a frequentare i corsi di recitazione del Piccolo Teatro di Milano. La prima occasione di passare al cinema arriva nel 1961 quando Mario Monicelli gli propone una parte in un episodio "Boccaccio 70". Lui non si sente pronto e rifiuta. Il debutto è solo rinviato al 1964 quando partecipa al film "La ragazza in prestito" con Annie Girardot e Rossano Brazzi. Dopo il successo di "Django" è Abele nel film "The Bible" (La Bibbia) di John Huston e Lancillotto nel musical "Camelot" di Joshua Logan. Nel 1967 vince il David di Donatello per "Il giorno della civetta" di Damiano Damiani, ispirato al romanzo di Leonardo Sciascia. Da quel momento diventa uno degli attori italiani più stimati in campo internazionale. Nella sua lunga carriera lavoracon registi come Elio Petri, Florestano Vancini, Marco Bellocchio, Luis Buñuel, Sergej Bondarčuk, Rainer Werner Fassbinder e tanti altri, compresi i già citati Houston e Damiani. Per gli amanti del western all’italiana però resta Django e Keoma, cioè l’inizio e la fine, l’alfa e l’omega, uno dei primi film e quello che chiude l’epopea di un genere che lui attraversa da protagonista. Franco Nero è il solitario dagli occhi azzurri, l’antieroe per eccellenza. Più tormentato del Clint Eastwood dei film di Leone ma non meno spietato di lui, agli occhi degli appassionati ha il merito di non aver mai tradito il genere che gli ha dato la fama. Nonostante la rapida popolarità internazionale, i fasti hollywoodiani e i premi importanti tributatigli dalla critica per opere cinematografiche di notevole impegno, non cessa mai di riprendere la colt e tornare in qualche paesino di frontiera. Lui accompagna il western all’italiana dall’inizio alla fine passando per le varie evoluzioni. Scolpisce il personaggio di Django, il più imitato di tutta la storia di quel genere cinematografico, quando le strade del west di casa nostra propongono solitari e vendicativi antieroi. Poi va nelle lande desolate del Sudamerica a dare una mano ai rivoluzionari quando il genere si apre alle spinte eversive delle ragioni dei poveri del mondo e diventa Cipolla Colt quando il western si fa ironico. Alla fine, mentre tutti stanno ormai emigrando verso altri generi, accetta di vestire i panni del mezzosangue Keoma per l’ultima grande avventura del western all’italiana.
22 novembre, 2021
22 novembre 1938 - Will Connell jr: niente legami, meglio free lance
Il 22 novembre 1938 a Los Angeles, in California, nasce Will Connell jr. Nei cataloghi e nelle enciclopedie del jazz viene classificato come sassofonista. La classificazione è vera ma incompleta perché Will è anche e soprattutto un grande sassofonista ma nella sua lunga carriera si è esibito senza patire troppe emozioni al flauto, al clarinetto e al pianoforte. Instabile nei suoi legami musicali studia al Los Angeles City College e poi si dà da fare sulla ricca scena jazz statunitense senza farsi catturare interamente da un progetto particolare. La sua attività è quella del free-lance disponibile anche a sperimentarsi ma refrattario all'idea di legarsi a un gruppo o a un musicista o anche soltanto a uno stile. Nei periodi in cui non trova da lavorare mette in piedi varie formazioni con le quali recupera qualche ingaggio soprattutto nella sua città natale. Tra le sue collaborazioni preferite c'è quella Horace Tapscott, uno dei geni a lungo incompresi della scena jazzistica di Los Angeles. Tra gli album migliori ai quali ha partecipato c'è And the players di Chico Hamilton, registrato nel 1976. Muore il 19 novembre 2014.
21 novembre, 2021
21 novembre 2003 - I Jethro Tull non amano la bandiera USA. Al bando!
Guai a chi tocca le stelle e le strisce della bandiera statunitense! Il 21 novembre 2003 vari giornali raccontano che le ultime vittime del clima neo-maccartista che sembra permeare la società degli States nell'era Bush sono i Jethro Tull. Ian Anderson, l'eterno leader del gruppo, infatti, intervistato da un quotidiano del New Jersey aveva messo in guardia contro il pericolo di un rinascente nazionalismo foriero di nuovi guai. Invitato a spiegarsi meglio, aveva cercato di dare il senso dell'angoscia suscitata in lui, scozzese e quindi straniero, dalla ossessiva esposizione della bandiera a stelle e strisce in ogni dove «Provo fastidio a vedere la bandiera americana su ogni maledetta station wagon, fuori da ogni locale, appesa su ogni casetta del Midwest. Attenzione perché è facile confondere il patriottismo col nazionalismo». Opinioni, dunque, molto personali ma figlie di un discorso più ampio. Eppure c'è chi ha visto in questi ragionamenti un'inqualificabile e insopportabile oltraggio alla propria sensibilità. Alcune emittenti radiofoniche hanno attuato un'immediata ritorsione: via i Jethro Tull dalla programmazione e per sempre.
20 novembre, 2021
20 novembre 1989 - Addio a Leonardo Sciascia
Il 20 novembre 1989 muore a Palermo, all’età di sessantotto anni lo scrittore Leonardo Sciascia, uno dei più vivaci protagonisti della letteratura italiana del dopoguerra. Nato a Racalmuto, in provincia di Agrigento nel 1921, si fa conoscere negli anni Cinquanta pubblicando due libri di poesie, “Favole della dittatura” stampato per la prima volta nel 1950 e “La Sicilia, il suo cuore”, uscito nel 1952. Ben presto trova nei racconti e nei romanzi la sua vera dimensione. Il suo taglio narrativo è lucido, essenziale e rigoroso e le storie attingono profondamente alla realtà, tanto che lo scrittore stesso le definisce «materia saggistica che assume i modi del racconto». Tra i suoi romanzi più conosciuti ci sono “Il giorno della civetta”, pubblicato nel 1961, “A ciascuno il suo” del 1966 e “Todo modo” del 1974, tutti portati anche sul grande schermo.
19 novembre, 2021
19 novembre 1926 - Nobuo Hara, una leggenda del jazz giapponese
Il 19 novembre 1926 nasce a Toyama, in Giappone, il sassofonista Nobuo Hara, l'uomo che più di altri ha contribuito a rendere popolare in Giappone negli anni del dopoguerra. Il suo vero nome è Nobuo Tsukuhara e musicalmente non nasce sassofonista. A quattordici anni suona e studia la tromba e soltanto qualche anno dopo passa al sassofono. I suoi gusti musicali inizialmente orientati alla classica dopo la fine della seconda guerra mondiale virano decisamente verso il jazz. Affascinato dalla lezione delle grandi orchestre nel 1951 forma la Sharps and Flats Band, una formazione di diciassette elementi destinata a diventare una sorta di leggenda del jazz giapponese in tutto il mondo al punto che la sua esibizione al Festival di Newport del 1967 viene salutata da una vera e propria ovazione delle migliaia di spettatori presenti. Muore il 21 giugno 2021.
18 novembre, 2021
18 novembre 1929 - Sheila Jordan, la voce femminile degli scat di Charlie Parker
Il 18 novembre 1929 nasce a Detroit, nel Michigan la cantante Sheila Jordan. Registrata all'anagrafe con il nome di Sheila Dawson, dopo aver passato l'infanzia a Summerhill, in Pennsylvania, intorno al 1945 torna nella sua città natale Detroit dove inizia la sua attività di cantante. Inizialmente si cimenta con le orchestre da ballo e passa poi successivamente al jazz grazie all'incessante opera di convinzione di strumentisti suoi amici come Tommy Flanagan, Barry Harris, Kenny Burrell e Donald Byrd. L'evento decisivo, quello cha la fa definitivamente innamorare del jazz è però l'incontro con Charlie Parker. Nel 1949 diventa popolarissima tra gli appassionati per la sua straordinaria espressività nell'interpretazione degli Scat di Parker. Nel 1952 si trasferisce a New York e l'anno seguente sposato il pianista Duke Jordan al quale "ruba" il nome che tiene poi come nome d'arte dopo aver divorziato alla fine del decennio. In quel periodo studia armonia e teoria con Lennie Tristano, canta con Charles Mingus e Horace Silver e soprattutto, per ben otto anni resta una delle attrazioni fisse del Page 3, al Greenwich Village. Qui la ascolta per la prima volta George Russell che nel 1962 la vuole al suo fianco per la registrazione di un brano leggendario come You are my sunshine. L'anno dopo la cantante pubblica il primo album a suo nome, Portrait of Sheila. È l'inizio di una lenta ma costante carriera nella quale canterà con artisti come Jan Garbarek, Roswell Rudd, Carla Bley, Marceilo Meiis, Arild Andersen, Steve Kuhn, Steve Swallow e tanti altri. Voce originalissima e dotata di una tecnica straordinaria Sheila Jordan ha ottenuto nella sua lunga carriera grandi soddisfazioni pur se spesso la critica è stata avara di riconoscimenti. Nel 2008 ha pubblicato l'album Winter sunshine.
17 novembre, 2021
17 novembre 1906 - Soichiro Honda, uno dei protagonisti della ricostruzione del Giappone
Il 17 novembre 1906 nasce a Komyo, in Giappone Soichiro Honda, destinato a dare vita a una casa automobilistica nel Giappone devastato e semidistrutto dopo la fine della seconda guerra mondiale. L’artefice del miracolo si chiama Soichiro Honda. Figlio di un meccanico ciclista impara ad aggiustare automobili in un garage di Tokio. A partire dal 1925 su suggerimento di Yuzo Sakakibara, il suo datore di lavoro, costruisce un'automobile da corsa utilizzando un telaio Mitchell del 1916 e un motore d'aereo Curtis-Wright V-8 da 8 litri. Da quel momento diventa uno dei più geniali progettisti di vetture con soluzioni innovatrici come automobili da corsa dotate di motori Ford fuori centro per i circuiti ovali con curve rialzate. Pilota spericolato, nel 1936 un incidente nell'All-Japan Speed Rally gli regala permanenti cicatrici al viso. Nell'ottobre del 1946, in un Giappone provato dalla guerra, fonda la Honda Technical Research Institute, che diventa poi Honda Motor Company. Inizialmente lavora per conto di altre aziende e, soprattutto costruisce componenti per la Toyota, ma vorrebbe avere una maggior libertà d’azione. Sogna di trasferire nella produzione di serie le sue intuizioni tecniche e sceglie di farlo nel settore meno rischioso. A partire dal 24 settembre 1948 sceglie di dare una prima apparentemente modesta risposta alle esigenze di nuova motorizzazione del Giappone uscito malconcio dalla guerra. Monta un motore di piccola cilindrata su un telaio di bicicletta creando un mezzo di trasporto semplice ed economico che va a ruba. Progressivamente introduce numerosi modelli di ciclomotori e motociclette andando anche alla conquista di altri mercati e diventando, a partire dagli anni Settanta l’azienda leader nei veicoli a due ruote. A partire dal 1960 la Honda inizia anche la produzione di autovetture destinate inizialmente in via esclusiva al mercato interno giapponese. La Honda debutta in Formula 1 nel 1964 con un team interamente giapponese e ci resta ininterrottamente fino al 1968 dopo la morte del pilota Jo Schessler nel Gran Premio di Francia. Nel 1967 le vetture Honda vincono tutte le prove del campionato mondiale con il team di Jack Brabham. La partecipazione alle competizioni automobilistiche è finalizzata al tentativo di imporre la sua immagine sui mercati mondiali, in particolare su quello statunitense. Il primo modello di successo è la Honda Civic, che in una versione più grande di quella destinata al mercato interno si impone proprio negli Stati Uniti dei primi anni Settanta grazie anche alla prima grande crisi petrolifera che esalta la sua economicità d’esercizio. Nel settembre del 1973, in occasione delle celebrazioni per il venticinquesimo anniversario di fondazione della società, Soichiro Honda lascia la presidenza per dedicarsi alla neonata Fondazione Honda, una sua creatura che ha la missione esplicita di creare un rapporto armonico tra tecnologia ed ecologia Con lui lascia la società anche il suo amico Takeo Fujisawa, l’alter ego di Honda, cervello e stratega dell'immensa espansione della società. La conquista del mercato statunitense e occidentale segna una nuova tappa positiva nel 1976 con la nascita della Accord. Nel 1983 la Honda torna in Formula 1 come fornitrice di motori inizialmente alla Spirit e, successivamente, a Lotus, McLaren, Tyrrell e Williams. Negli ultimi anni Ottanta la casa automobilistica giapponese decide di fare un nuovo salto di qualità. È del 1986 la creazione di un marchio specifico destinato a distinguere la produzione di autovetture di classe alta, lasciando il logo classico a rappresentare la produzione più normale. Nel 1991 Soichiro Honda muore. Nello stesso anno la rete di strutture di produzione e commercializzazione distribuita in tutto il mondo si dimostra una formula vincente e porta a venti milioni di vetture prodotte il nuovo record della casa giapponese.
16 novembre, 2021
16 novembre 1923 - Francis Clay, un versatile batterista
Il 16 novembre 1923 nasce a Rock Island, nell'Illinois, Francis Clay considerato uno dei più versatili batteristi della storia del jazz e del blues per la sua capacità di adattarsi agli stili più differenti. Francis inizia a suonare la chitarra a cinque anni e a dieci, nel 1933, passa alla batteria. Nel 1941 ottiene la sua prima scrittura in un'orchestra swing di Rock Island. Dopo la guerra suona con il trombettista Pat Patrick sr a New York e quindi con Big Jay McNeely, Gene Ammons e Charlie Shavers a Chicago. Dopo una breve apparizione nell'orchestra di Jay McShann, all'inizio degli anni Cinquanta si esibisce con Otis Spann, Forrest City Joe, Reginald Page e Jack McDuff. Dalla seconda metà di quel decennio inizia a suonare con Muddy Waters con cui resta per moltissimo tempo. Il suo rapporto con Waters non è però esclusivo e nei primi anni Sessanta lo si ritrova anche con le formazioni di Otis Rush, Buddy Guy, Junior Wells e Billy Boy Arnold. Nel 1966 entra anche a far parte del gruppo di James Cotton in sostituzione di Sam Lay. Successivamente suona con George Smith, Albert Collins e Shaky Jake. Nel 1969 abbandona l'attività musicale per curarsi da una grave forma tumorale alla gola, ma non è l'addio definitivo alle scene. Nel 1975 torna a suonare con l'orchestra di Cool Papa Sadler al Moonlight Club di San Francisco. La sua seconda vita artistica dura ancora a lungo. Muore il 27 gennaio 2008 a San Francisco, in California.
15 novembre, 2021
15 novembre 1976 - Jean Gabin. Il suo profilo venne cambiato da un pugno
Il 15 novembre 1976 muore il cantante e attore Jean Gabin, l’imponente attore e chansonnier il cui personaggio cinematografico di rude e concreto proletario capace di farsi valere in un mondo di pescecani, ha commosso, esaltato e affascinato più d’una generazione in Francia come in gran parte dell’Europa. Figlio di un’epoca di grandi contrasti e di conflitti sanguinosi ha saputo innervare le speranze di riscatto delle classi subalterne portando sullo schermo gli eroi di un mondo precario, uomini capaci di reagire alle batoste della vita con la forza della disperazione per i quali l’amicizia e la solidarietà diventano un vincolo forte come una corazza. Con lui nel periodo compreso tra le due devastanti guerre mondiali sono arrivate sul grande schermo le speranze, le illusioni e anche le paure delle classi costrette a subire la storia e nello stesso tempo a viverne in prima persona le conseguenze. Proprio in quegli anni la figura dell’attore rischia di offuscare e affievolire fino a quasi farla scomparire quella dello chansonnier che ha conquistato gli abitatori della notte parigina con le sue esibizioni. Se non la cancella è perchè lo stesso Jean Gabin provvede a rinnovarne i contorni tornando di tanto in tanto alla canzone, il primo e mai completamente abbandonato amore artistico della sua lunga e fortunata carriera. Nonostante alcune biografie gli regalino due anni facendolo nascere nel 1906 Jean Gabin nasce il 17 maggio 1904 al numero 23 di Boulevard Rochechouart a Parigi. All’anagrafe viene registrato come Jean Alexis Moncorgé ed è figlio d’arte. Suo padre infatti è Ferdinand Joseph Moncorgé, un attore e cantante d’operetta conosciuto nella capitale con il nome d’arte di Joseph Gabin mentre la madre, Hélène Petit, canta nei caffè concerto. Il bambino non soffre certo di solitudine, visto che i suoi genitori prima di lui hanno messo al mondo altri sei figli tra maschi e femmine. In quel periodo il lavoro viene prima dei figli soprattutto se si è costretti a fare i conti con la fragile sicurezza del mondo dello spettacolo. Per questa ragione i piccoli Moncorgé vengono spediti a Mériel du Val d’Oise, un tranquillo borgo di campagna lontano anni luce dalla frenetica vita della Parigi notturna dei loro genitori. Qui, in una casa ai bordi della ferrovia, Jean è affidato alle cure della sorella maggiore Madeleine e cresce nella strada imparando molto presto a farsi rispettare. Quando non bastano le parole arrivano i pugni. Ha soltanto dieci anni quando nel corso di un improvvisato incontro di boxe con un suo coetaneo un colpo ben assestato gli frantuma il setto nasale regalandogli un profilo nuovo destinato a portargli tanta fortuna qualche anno dopo. Nel 1919 mamma Hélène muore. La sua scomparsa è un colpo duro per tutti i figli, ma soprattutto per Jean, che ha quindici anni e decide di lasciare il liceo Janson de Sailly di Parigi, che frequenta con scarso profitto. Inizia a darsi da fare accettando un’infinità di lavori. Fa il fattorino della società elettrica parigina, il manovale in un cantiere edile, l’operaio in una fonderia, il magazziniere in un deposito di auto e lo strillone di giornali. Tenta anche, senza fortuna, di diventare macchinista ferroviario seguendo le orme del nonno materno. A diciotto anni Jean Alexis Moncorgé comincia a pensare al mondo dello spettacolo. Chiede un consiglio a suo padre che lo incoraggia e lo aiuta a muovere i primi passi presentandolo a Fréjol, il direttore delle Folies Bergère che lo scrittura come figurante e ne affida la formazione artistica al comico Charles Joseph Pasquier, conosciuto con il nome d’arte di Bach. Il ragazzo, che ha scelto il nome d’arte di Jean Gabin in continuità con quello del padre, mostra di avere talento anche se l’esperienza viene interrotta dalla chiamata di leva in marina. Terminata l’esperienza torna in palcoscenico. A poco più di vent’anni le sue qualità e la sua formidabile faccia tosta gli fanno conquistare una discreta popolarità come cantante d’operetta ed eclettico intrattenitore di music hall. Il suo personaggio è ritagliato sullo stile di Maurice Chevalier, il più popolare mattatore della notte parigina. Nel 1926 viene scritturato come cantante da una compagnia di varietà per un tour che, dopo aver toccato gran parte dei teatri francesi parte per l’America del Sud. Quando torna in Francia si sente pronto per un salto di qualità. Nel 1926 dopo qualche insistenza viene finalmente chiamato per il primo provino al Moulin Rouge dove la sua riproposizione in chiave personale dello stile di Maurice Chevalier non sfugge a Mistinguett, che da poco ha rotto il rapporto artistico e sentimentale che la legava allo stesso Chevalier. La popolare e potente vedette del varietà francese lo vuole al suo fianco per la rivista “Paris qui tourne” nella quale Gabin canta per la prima volta l’indimenticabile Java de Doudoune, un brano destinato ad accompagnarlo anche nei decenni successivi. Dopo il Moulin Rouge fa il suo debutto anche sul palcoscenico del Bouffes Parisiens sempre al fianco di Mistinguett. Il direttore artistico del locale è Albert Willemetz, uno dei più ispirati autori di quel periodo che gli affida il ruolo di protagonista maschile in alcune operette di cui ha scritto il testo, come “Flossie” o “Les aventures du Roi Pausole”. I ripetuti successi nel teatro di varietà e nell’operetta non sfuggono alla nascente industria cinematografica francese che si sta rinnovando dopo l’avvento del sonoro. Il primo film interpretato da Jean Gabin è del 1930. Si intitola “Chacun sa chance”, è diretto da René Pujol e Hans Steinholf e tra gli interpreti c’è anche Gaby Basset, la sua prima moglie da cui s’è separato soltanto l’anno prima. L’esperienza si rivela interessante ma non sembra segnare particolarmente la sua carriera. Seguono altri lungometraggi ma alle luci un po’ fredde dei set cinematografici Jean Gabin sembra preferire ancora il calore del palcoscenico, la passione degli abitatori della notte parigina che affollano i suoi spettacoli. Cambia idea alla metà degli anni Trenta quando il cinema comincia ad affidargli ruoli sempre più importanti e definiti. Grazie al lavoro di registi come Julien Duvivier, Jean Renoir, Marcel Carné, Jacques Becker e tanti altri il grande schermo diventa progressivamente la sua dimensione principale, quasi esclusiva. Lo chansonnier Jean Gabin si trasforma così uno degli attori simbolo della scuola realista ma i trionfi cinematografici non riescono a fargli dimenticare il primo amore artistico. Il cinema non cancella la musica. Di quando in quando torna a far vibrare la sua voce sulle parole e la melodia di qualche brano. Accade, per esempio, nel 1931 nel film “Coeur de Lilas” di Litvack nel quale canta La môme caoutchouc e Dans la rue insieme a Fréhel o nel 1934 quando canta Viens Fifine in “Zouzou” con Josephine Baker. La sua interpretazione più famosa e più emozionante resta però quella del brano Quand on se promène au bord de l’eau (Quando si passeggia lungo il fiume) nel film “La belle équipe” di Julien Duvivier, girato nel 1936 e uscito anche nelle sale italiane con il titolo “La bella brigata”. Nel 1951 risponde alla chiamata del suo amico Léo Ferré che lo vuole insieme al gruppo dei Fréres Jacques per interpretare il suo oratorio De sac et de cordes e nel 1974 interpreta Maintenant je sais, un lungo monologo in musica scritto da Jean-Loup Dabadie che sembra il bilancio della sua vita. Due anni dopo, il 15 novembre 1976 muore all’ospedale di Neully sur Seine ucciso dalla leucemia che lo sta consumando da molto tempo. Ha settantadue anni. Per sua disposizione viene cremato e le sue ceneri disperse in mare venti miglia al largo delle coste bretoni.
14 novembre, 2021
14 novembre 1980 - Si uccide Beb Guérin
Il 14 novembre 1980 si uccide a Parigi il contrabbassista Beb Guérin. Nato a La Rochelle, in Francia, il 22 dicembre 1941 e registrato all'anagrafe con il nome di Bernard Guérin, dopo avere frequentato l'istituto tecnico per geometri di Nantes, nel 1964 comincia a studiare contrabbasso prima a Versailles e successivamente a Ginevra. Qui, nel 1966, inizia a suonare nel club Blue Note, accompagnando vari musicisti di passaggio. Nello stesso anno, dopo essersi trasferito a Parigi, inizia a lavorare con musicisti d'avanguardia come Barney Wilen, Don Cherry, Steve Lacy, Mal Waldron, Marion Brown, Joachim Kühn e molti altri. Alla fine degli anni Sessanta è uno dei più popolari accompagnatori e improvvisatori della capitale francese dove suona a lungo nella Intercommunal Free Dance Music Orchestra del pianista François Tusques, nei gruppi di Michel Portal e di Bernard Lubat, oltre a molte piccole formazioni come il trio con Pierre Favre e Léon Francioli e il trio di tre contrabbassi con Francioli e Barre Phillips. Lavora anche in contesti musicali diversi dal jazz, quali orchestre sinfoniche, commedie musicali e altro. Dopo il suo suicidio il 30 novembre 1980 i jazzisti parigini si danno appuntamento e gli dedicano un grande concerto commemorativo al Bobino di Parigi.
13 novembre, 2021
13 novembre 1979 - Riccardo Scamarcio, ovvero la passione per la recitazione
Il 13 novembre 1979 nasce a Trani Riccardo Scamarcio. Dopo aver lasciato gli studi liceali a soli sedici anni si trasferisce a Roma per seguire i corsi di recitazione del Centro Sperimentale non curandosi troppo delle critiche della sua famiglia. Qui è allievo di Mirella Bordoni, Mino Bellei, Marco Baliani e Nicolai Karpov. Lavora a lungo in teatro prima di debuttare in TV nella fiction "Compagni di Scuola” cui segue una partecipazione al film TV “Ama il tuo nemico 2" di Damiano Damiani. L’esordio sul grande schermo arriva nel 2003 quando Marco Tullio Giordana gli affida la parte del figlio di Alessio Boni in "La Meglio Gioventù". Nello stesso anno è tra gli interpreti dei film “Ora o mai più” di Lucio Pellegrini e “Il motore del mondo” di Lorenzo Cicconi Massi che uscirà tre anni dopo con il titolo “Prova a volare”. Nello stesso anno Luca Lucini gli offre il ruolo di Step, il protagonista di "Tre metri sopra il cielo", tratto dal romanzo di culto di Federico Moccia che segna la sua consacrazione come idolo adolescenziale e lo conferma come uno dei più promettenti attori della sua generazione. Da quel momento la sua carriera è costellata da successi in ruoli diversi che ne mettono in evidenza le capacità e la duttilità artistica.
12 novembre, 2021
12 novembre 1976 - Il primo raduno di Afrika Bambaataa
Il 12 novembre 1976, nel corso di un raduno che si svolge al Bronx River Community Center, un giovane dj del liceo Stevenson, Kevin Donovan diventa il leader della gang degli Zulu del Bronx con il nome di Afrika Bambaataa. Inizia così la lunga storia musicale (e non soltanto musicale) dell'artista che per primo con il suo lavoro ha elevato lo standard di qualità del rap portandolo fuori dai ghetti neri. Bambaataa è il primo a capire le potenzialità espressive dell'hip hop e ad adattarlo senza concessioni di principio a un gusto pubblico dal gusto più sofisticato e intellettuale.
11 novembre, 2021
11 novembre 1930 - Hank Garland, dal banjo alla chitarra
L'11 novembre 1930 a Orangeburg, nel South Carolina, nasce il chitarrista e stella del country Hank Garland. Muove primi passi nel mondo della musica suonando il banjo e solo più tardi impugna la chitarra. La sua popolarità inizia nei dintorni di Nashville come solista nel genere country e western anche se lui non disdegna frequenti incursioni nel jazz suonando con varie orchestre come quella del sassofonista Paul Howard e vari dischi di gran pregio come l'album Jazz Winds from a New Direction registrato insieme Gary Burton, Joe Benjamin e Joe Morello. Nella sua lunga carriera spazia tra i vari generi senza darsi troppi limiti e suona con grandi artisti come Elvis Presley, Charlie Parker, Patsy Cline e Roy Orbison. Muore il 27 dicembre 2004 all’età di settantaquattro anni in seguito a complicazioni causate da un’infezione nell’ospedale di Orange Park, in Florida.
10 novembre, 2021
10 novembre 1982 - Elio Petri, un attento indagatore del potere
Il 10 novembre 1982 muore Elio Petri, il regista che più di altri ha indagato nei suoi lavori il tema del potere come elemento di corrosione della vita e dell’animo umano. Nato a Roma il 29 gennaio 1929, a vent’anni è critico musicale de “l’Unità” e a ventitrè muove i suoi primi passi nel mondo del cinema lavorando come sceneggiatore con registi come Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani e Dino Risi. Dopo aver diretto un paio di cortometraggi, nel 1961 gira il suo primo lungometraggio, "L’assassino", un poliziesco interpretato da Marcello Mastroianni che gli procura qualche guaio con la censura. Seguono "I giorni contati" con Salvo Randone nel 1962, "Il maestro di Vigevano" con Alberto Sordi nel 1963, "La decima vittima ancora" con Mastroianni nel 1965, "A ciascuno il suo" con Gabriele Ferzetti e Gian Maria Volonté nel 1967 e "Un tranquillo posto di campagna" con Franco Nero nel 1968. Nel 1970 dirige "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" con Gian Maria Volonté il primo film di quella che viene considerata la sua “trilogia sul potere” e che si completa con "La classe operaia va in paradiso" del 1971 sempre con Volonté e "La proprietà non è più un furto" nel 1973 con Ugo Tognazzi. Seguono "Todo modo" nel 1976 con Volonté, Mastroianni e Mariangela Melato e "Buone notizie" nel 1979 con Giancarlo Giannini. Il 10 novembre 1982 muore a Roma a soli cinquantatre anni mentre sta per iniziare a girare "Chi illumina la grande notte" con Marcello Mastroianni.
09 novembre, 2021
9 novembre 1929 - Bert Courtley, il jazzista prestato ai Beatles
Il 9 novembre 1929 nasce a Manchester, in Gran Bretagna, il trombettista Bert Courtley. Sorretto da una grande passione fin dall'infanzia impara da solo a suonare la tromba e soltanto successivamente si perfeziona poi prendendo saltuarie lezioni. Dopo un periodo in cui la musica è poco più di un hobby, nel 1946 ottiene la sua prima vera scrittura e inizia lavorare come professionista. Nel 1947 se ne va per la prima volta fuori dai confini della Gran Bretagna con una tournee in Scandinavia. Negli anni seguenti suona con quasi tutte le più importanti orchestre inglesi, da quella di Eric Delaney, a quelle di Vic Lewis e Cyril Stapleton. Nel 1956 dà vita a un proprio gruppo ma l'esperimento si dura soltanto otto mesi. Tra il 1957 e il 1958 suona con Don Rendell e nel 1959 entra a far parte della Woody Herman's Anglo American Band. Curioso sperimentatore accetta anche di lavorare in sala d'incisione per progetti diversi da quelli maturati nell'ambiente del jazz. Si trova così a prestare la sua tromba a vari lavori, compreso l'album Magical Mistery Tour dei Beatles nel quale spicca l'apporto della sua tromba in Penny Lane. Muore alcolizzato a quarant'anni nel 1969.
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