03 gennaio, 2022

3 gennaio 1989 – L’AIDS? Per l’Italia l’unico rimedio è la castità

Mentre da più parti si moltiplicano le critiche nei confronti del governo italiano e del ministro della sanità Carlo Donat Cattin, accusati di sottovalutare il pericolo dell’AIDS, il 3 gennaio 1989 le famiglie italiane ricevono una lettera firmata dal ministro stesso nella quale si consiglia la "castità" come unico rimedio sicuro alla terribile malattia. Le associazioni degli omosessuali e quelle impegnate nella lotta all’AIDS, che giudicano l’iniziativa inutile, pericolosa e condizionata dalle pressioni della chiesa cattolica più che dalla preoccupazione di condurre una lotta efficace alla malattia, lanciano una grande campagna per la diffusione dell’uso dei profilattici.

02 gennaio, 2022

2 gennaio 1969 - I Beatles alla frutta

Il 2 gennaio 1969 i Beatles si ritrovano nello studio di registrazione di Twickenham per lavorare a un nuovo album. Nonostante il successo del White album nuvole nere si stanno addensando sul futuro dei quattro ex ragazzi di Liverpool. I rapporti tra loro sono da tempo entrati in crisi. Nonostante tutto, però, l’impressione che i Beatles danno all’esterno è quella di una nave inaffondabile in grande splendore. In realtà sul gruppo pesa anche il fiasco della Apple, un’organizzazione di loro proprietà destinata a occuparsi delle produzioni in campo artistico e della gestione di vari settori merceologici collegati all’immagine del gruppo. Al fallimento del film "Magical mistery tour" e delle varie operazioni collegate si è affiancato il disastro economico della sezione commerciale. Fa eccezione il settore musicale, trainato dal successo del marchio Beatles e dal lancio di alcuni giovani talenti. C'è, quindi, la necessità di mantenerne costante la produzione. Quando il 2 gennaio i quattro si ritrovano nello studio di registrazione di Twickenham per lavorare a un nuovo album non sanno bene cosa fare. Paul McCartney propone di far esibire la band dal vivo davanti a 1.500 persone, registrando e filmando tutto. Gli altri nicchiano e alla fine il concerto, già programmato alla Roundhouse di Londra, verrà annullato. Dopo varie liti si tenterà di rimettere insieme i cocci passando dai sofisticati studi di Twickenham all’ambiente più famigliare degli scantinati del palazzo della Apple. Qui nascerà l’idea della singolare esecuzione di Get back sul terrazzo, ma questa è un'altra storia. I Beatles sono alla frutta e lo sanno.

01 gennaio, 2022

1° gennaio 1972 – Maurice Chevalier, ottimista a oltranza

Il 1° gennaio 1972 muore Maurice Chevalier. Cantante, attore, intrattenitore è uno dei simboli dello spettacolo francese. Maurice Chevalier è un simpatico ottimista, con la voce calda e il cuore in mano, sempre pronto a regalare un sorriso, una smorfia buffa o una speranza. «Non abbiate paura, il futuro sarà migliore del presente…» Basta dare un’occhiata al sorriso da eterno ragazzo stampato sul suo volto per intuire il segreto del successo di questo figlio del popolo diventato un gigante della canzone, del teatro e del cinema. Il buonumore è la sua maschera artistica e lo trasforma nella prova vivente del fatto che con l’ottimismo si può cambiare la realtà. Oltre che figlio del popolo è anche figlio di un’epoca complessa e drammatica, segnata da due guerre devastanti che lasciano ferite profonde nei rapporti sociali e nella vita delle persone. Il mondo sembra sull’orlo del disastro e lui lo attraversa sorridente quasi a voler dispensare serenità. Sono anche gli anni nei quali la poesia e il teatro incontrano la canzone nei caffè concerto e insieme salgono sui palchi dei teatri dando vita, vigore e fortuna a quello che verrà chiamato music-hall. Di questa realtà Maurice Chevalier è l’espressione maschile più conosciuta e più amata. Se ne accorgono anche gli americani che lo portano a Hollywood e gli danno addirittura un Oscar per la sua interpretazione in “Gigi” di Vincente Minnelli. Il mondo, soprattutto gli statunitensi, vede in lui il francese tipo, galante e sicuro di sé al limite della goffaggine, simpatico e divertente senza mai sfociare nella volgarità, eternamente in bilico tra adolescenza e maturità. Quanto questa maschera corrisponda davvero all’uomo e non soltanto al personaggio nessuno può dirlo. Maurice Chevalier è stato un uomo contraddittorio come l’epoca nella quale è vissuto e nella sua vita ha attraversato momenti drammatici trovando ogni volta un aiuto prezioso per cavarsi dai guai. Di lui ci restano le incomparabili interpretazioni, il sorriso e la bonaria gioia di vivere. Nasce il 12 settembre 1888 a Ménilmontant, un quartiere popolare di Parigi. Suo padre Charles Victor fa l’imbianchino e qualche anno dopo se ne va a cercar fortuna altrove lasciando sola la moglie d’origini belghe Joséphine Van der Bosche con i tre figli Paul, Charles e, appunto, Maurice. Proprio quest’ultimo quando il padre se ne va, seguito ben presto dal fratello maggiore, lascia la scuola per trovare qualche lavoro che possa aiutare la famiglia a tirare avanti. Ha dieci anni ma non è più un bambino. Si ingegna a trovare lavoretti ma sogna di essere un artista. Prima guarda con interesse agli acrobati da circo, poi decide di diventare un cantante. Convinto di non avere un grandissimo talento vocale orienta il suo repertorio alle parodie e ai brani comici in genere. Nel 1900 ha dodici anni ma è già una piccola stella nei caffè-concerto e nei locali parigini dove imita soprattutto il cantante Dranem, uno dei più applauditi di quel periodo. Non è tutto oro quel che riluce e il giovane Chevalier lo impara a sue spese quando dai piccoli locali passa a palcoscenici più impegnativo. Un fiasco al Petit Casino nel 1902 gli insegna che non si può puntare soltanto sulla sorte. Il ragazzo non s’arrende. Si impegna nello studio del canto, impara a ballare e pratica la boxe. Dopo aver ottenuto una parte in una rivista al Parisiana lascia la capitale e va a farsi le ossa nei teatri di provincia. Il primo, vero, grande successo arriva nel 1905 quando all’Alcazar di Marsiglia la gente fa la fila per assistere a una sua interpretazione. Qualche piccola esperienza cinematografica in cortometraggi muti precede il grande ritorno a Parigi nel 1909 alle Folies Bergères, uno dei templi della rivista musicale parigina. In breve diventa uno degli artisti più amati della capitale. Nelle sue braccia cadono prima la cantante Fréhel e poi la star delle star, quella Mistinguett che ha fatto innamorare con la sua voce e il suo corpo magnati, ufficiali, principi e re. L’aiuto della donna, che ha tredici anni più di lui e una notevole esperienza nel mondo dello spettacolo, si rivela determinante e non solo dal punto di vista artistico. Quando Chevalier, spedito al fronte durante la prima guerra mondiale, viene ferito, catturato dai tedeschi e rinchiuso nel campo di prigionia d’Alten Grabow, Mistinguett telefona alla nobiltà di mezza Europa e alla fine riesce a farlo liberare. Gli anni Venti e Trenta vedono il trionfo definitivo del suo personaggio di dandy frivolo che parla con un curioso accento popolare. La sua maschera funziona sia in francese che in inglese, una lingua che ha imparato rapidamente e nella quale si esprime con assoluta naturalezza. Novello re Mida sembra trasformare in oro tutto quello che tocca, dal teatro di rivista al cinema, alla canzone. All’inizio degli anni Venti la gente si spella le mani quando lui intona brani come Valentine e Dans la vie faut pas s’en faire. In breve la sua popolarità scavalca l’oceano. Nel 1928 lo chiamano a Hollywood. Ci va e interpreta una serie di film non destinati all’immortalità come “L’allegro tenente”, “Amami stanotte” o “La vedova allegra”. Nel 1935 stanco della vita frenetica della Mecca del cinema decide di rompere il contratto con la Metro Goldwin Mayer e di tornare in Francia. In quel periodo scrive e interpreta brani entrati nella storia della canzone francese come Prosper, Ma pomme, Marche de Ménilmontant, dedicata agli anni della sua infanzia o Y a d’la joie che regala a Charles Trenet, un giovane interprete destinato a suo parere a fare molta strada nel mondo dello spettacolo. Sono gli anni della maturità e della consapevolezza delle proprie qualità. Dal punto di vista artistico sono forse i migliori della sua lunghissima carriera, ma dal punto di vista umano sono anche quelli maggiormente ricchi di problemi. Essere un cantante che dispensa ottimismo, gioia di vivere e speranza nel futuro può diventare un problema quando il paese in cui si vive è occupato dai nazisti. Maurice Chevalier si ritrova così nel 1942 a essere inserito da Radio Londra nell’elenco dei francesi accusati di collaborazionismo con l’occupante. Tutto nasce dal fatto che il cantante, pur rifiutandosi di cantare a Berlino e di animare una trasmissione della collaborazionista Radio-Paris ha accettato di esibirsi per i prigionieri del campo d’Alten Grabow, dove lui stesso era stato rinchiuso nella guerra 1915-18. In cambio non chiede denaro ma la liberazione di dieci prigionieri provenienti dalla sua Ménilmontant. L’accusa infamante di “collaborazionista” significa la condanna a morte dopo la Liberazione. Arrestato nel 1944 trova insperati difensori nella stampa comunista e nel poeta Louis Aragon che chiedono la cancellazione dell’accusa perché infondata. Alla fine la spuntano. Pochi mesi dopo Chevalier è libero e torna in teatro con grande successo. Nel 1956 l’Alhambra viene ribattezzato con il suo nome e diventa Alhambra-Maurice Chevalier. Mentre la Francia lo osanna, però, nascono nuovi problemi oltreoceano. Dopo una sua presa di posizione contro la proliferazione nucleare nel 1951 gli Stati Uniti lo dichiarano persona non gradita e gli vietano l’ingresso nel paese. La limitazione all’accesso in territorio yankee è abolita nel 1955, giusto in tempo per girare due film come “Arianna” e soprattutto “Gigi” di Vincente Minnelli che nel 1958 spopola agli Oscar. Nel 1967 festeggia i suoi settant’anni con una tournée in mezzo mondo e il 1° ottobre 1968 dà il suo addio ufficiale alle scene sul palcoscenico del Teatro degli Champs-Elysées. È stanco. L’età si fa sentire. Nel 1970 presta la sua voce alla versione francese del tema del film “Gli Aristogatti” della Walt Disney. Dopo l’ennesimo viaggio negli Stati Uniti il 12 settembre 1971 festeggia con un pugno di giornalisti e d’amici il suo ottantatreesimo anniversario. Poi inizia a stare male. Ricoverato in ospedale chiude per sempre gli occhi il 1° gennaio 1972.

31 dicembre, 2021

31 dicembre 1968 – George Lewis, un alfiere della New Orleans Renaissance

Il 31 dicembre 1968 scompare il clarinettista e sassofonista George Lewis. La sua morte avviene a New Orleans, la città dove era nato il 13 luglio di un anno che lui cambiava spesso, anche se quasi sicuramente era il 1900. Il suo nome completo era George Louis Francis Zeno. Con lui muore uno degli artefici del movimento musicale chiamato New Orleans Renaissance. Autodidatta e troppo pigro per imparare davvero a leggere la musica sviluppa inizia a suonare giovanissimo e la prima espreienza orchestrale la vive con la Black Eagle Band. Suona poi con Leonard Parker, Chris Kelly, Kid Rena, la Black and Tan Band di Buddy Petit e l'orchestra di Earl Humphrey prima di dar vita a una propria orchestra con il trombettista Red Allen. Durante gli anni Trenta decide di chiudere con la musica e si guadagna da vivere come scaricatore al porto di New Orleans. A farlo tornare sui suoi passi è Gene Williams che nel 1942 lo convince a riprendere a suonare. Proprio in quegli anni diventa uno dei maggiori esponenti di quella New Orleans Renaissance che rivoluziona il mondo del jazz. In quel periodo suona nella formazione di Bunk Johnson senza rinunciare però a esibirsi con proprie formazioni e con altri musicisti. Nel 1943 forma la George Lewis New Orleans Strompers con Avery "Kid” Howard alla tromba, Jim Robinson al trombone, Lawrence Marrero al banjo, Chester Zardis al contrabbasso e Edgar Mosley alla batteria. Nel 1946 forma un nuovo gruppo e decide di non muoversi più dalla sua New Orleans. Il proposito resta solo una dichiarazione d’intenti visto che nel 1953 accetta di suonare sulla West Coast e nel 1957 è addirittura in Gran Bretagna con l'orchestra di Ken Colyer;. Torna in Europa nel 1959 e poi va anche in Giappone. La sua attività continua fino alla morte.



30 dicembre, 2021

30 dicembre 1997 – Danilo Dolci, un tenace pacifista contro la mafia

Il 30 dicembre 1997 muore a Partinico, in provincia di Palermo, Danilo Dolci una delle figure più grandi del movimento non violento mondiale. Animatore sociale e poeta nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, un paese di confine tra Italia e Slovenia in cui le identità culturali rischiano di essere elemento di divisione. Dopo aver partecipato attivamente alla lotta antifascista negli anni Cinquanta abbandonare gli studi universitari per aderire all'esperienza di Nomadelfia, la comunità nata dall’iniziativa di don Zeno Saltini, un intraprendente prete cattolico. Dopo un periodo passato a Fossoli di Carpi si trasferisce nella Sicilia occidentale dove inizia a promuovere numerose iniziative di lotta nonviolenta contro la mafia, le povertà e il sottosviluppo rivendicando dignità, diritti e lavoro per la popolazione di quelle zone. Nel corso degli anni indaga approfonditamente sul fenomeno mafioso e sui suoi rapporti col sistema politico incurante delle persecuzioni e delle minacce.


29 dicembre, 2021

29 dicembre 1947 – Didi Balboni, un’eclettica protagonista degli anni Sessanta

Il 29 dicembre 1947 nasce a Cento, in provincia di Ferrara la cantante Didi Balboni. Scoperta quasi per caso dall’annunciatrice Gabriella Farinon si ritrova in breve tempo catapultata dalle esibizioni scherzose nelle feste con gli amici alla ribalta televisiva. Come cantante fa il suo debutto sul piccolo schermo cantando Tuffiamoci, nel programma di canzoni “Follie d’estate”. Il brano, firmato da Cioffi e Pagano, ottiene un buon successo ma il grande pubblico televisivo fa di lei una sua beniamina quando diventa “valletta” di Mike Bongiorno nel programma "La Fiera dei sogni". In quegli anni è anche la “ragazza immagine” del Cornetto Algida sulle riviste destinate al pubblico giovanile. Tra le sue canzoni di quel periodo ci sono Cara fatina, Piano piano, Hully gully triste e Ma-mandolino, sigla della trasmissione “Stasera canzoni”.


28 dicembre, 2021

28 dicembre 1905 – Earl Hines, il padre del pianismo moderno

Il 28 dicembre 1905 nasce a Pittsburg, un sobborgo di Duquesne, in Pennsylvania, Earl Hines, uno dei grandi pianisti della storia del jazz. Il suo nome completo è Earl Kenneth Hines e il bambino comincia presto a respirare musica visto che suo padre Joseph suona la cornetta nelle brass bands della sua città, sua madre Mary è organista e la sorella Nancy, pianista, dirige una sua orchestra a Pittsburg. Per il piccolo Earl gli studi musicali sono quasi una strada obbligata. Il suo primo strumento è la cornetta, imparata da bambino, il cui suono continuerà ad affascinarlo anche negli anni seguenti al punto da spingerlo a inventare il cosiddetto “trumpet-piano style”, uno stile pianistico impostato sul fraseggio della tromba. A dieci anni comincia a suonare il pianoforte perfezionandosi nello studio rima con l'aiuto di vari maestri di Pittsburg e, successivamente, alla Schenley High School. Dopo alcune esperienze fatte in vari club di Pittsburg alla testa di un suo trio all'inizio degli anni Venti, viene ingaggiato dal cantante Lois B. Deppe con il quale si esibisce nel 1922 alla Lieder House di Pittsburg. L'anno seguente entra a far parte dei Deppe's Serenaders con i quali effettua un lungo tour attraverso gli Stati Uniti. Successivamente si trasferisce a Chicago per suonare prima al Club Elite n. 2 con il violinista Vernie Robinson e poi all'Entertainers' Club come solista. Viene quindi ingaggiato dalla orchestra di Carroll Dickerson, con la quale effettua una tournée per il Pantages Circuit. Rientrato a Chicago oltre che con Dickerson suona con Erskine Tate e Sammy Stewart. Nel 1926 Louis Armstrong lo ingaggia come direttore musicale degli Stompers, la sua formazione con la quale debutta al Sunset riscuotendo un enorme successo. Sempre con Armstrong e Zutty Singleton, Hines suona alla Warwick Hall di Chicago, prima di essere ingaggiato verso la fine del 1927 dal grande clarinettista Jimmie Noone per suonare all'Apex Club. Nell'estate del 1928 Armstrong lo chiama a far parte dei suoi nuovi Hot Five, formati dal nucleo base dell'orchestra di Dickerson. La nuova formazione, anche per l'apporto di Zutty Singleton consente a Earl e a Louis di sfoggiare un linguaggio jazzistico di altissimo livello. Proprio la presenza di Hines determina un profondo mutamento nella classica impostazione dell’improvvisazione collettiva degli Hot Five. La ricchezza armonica della sua tastiera rivoluziona così il jazz di New Orleans e porterà la critica a considerarlo come il padre del pianismo moderno. Nello stesso periodo da vita alla big band del Grand Terrace di Chicago, un’orchestra che manterrà unita per quasi vent'anni consecutivi, metà dei quali trascorsi nel locale che le dà il nome. Nel 1940 partecipa a una seduta di registrazione di Sidney Bechet, registrando tra l'altro il brano Blues in thirds nel quale il suo assolo fa introduzione a una superba improvvisazione del clarinetto di Bechet. Nel 1943 l'orchestra di Hines diventa la culla della scuola bop, accogliendo nelle sue fila Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Benny Green e Oscar Pettiford. Hines entra poi negli All Stars di Louis Armstrong, con Jack Teagarden e Barney Bigard restando per molti anni. Quando i rapporti con i suoi compagni si fanno più tesi si ritira in California dove si esibisce per molto tempo all'Hangover Club di San Francisco sia come solista sia alla testa di una dixieland band. Proprio a San Francisco ottiene un ingaggio “a vita” al The Cannery, uno dei più famosi cabaret della città. Torna a esibirsi a New York soltanto nella primavera del 1964 per prendere parte a un concerto organizzato appositamente per lui al Little Theatre dal critico Stanley Dance. L'anno successivo suona al Village Vanguard insieme a Coleman Hawkins, Roy Eldridge, George Tucker e Oliver Jackson e partecipa al festival pianistico di Pittsburg dove suona con Duke Ellington, Mary Lou Williams, Willie “The Lion" Smith, Billy Taylor e altri. Nel 1966 effettua una storica tournée in Russia per conto del dipartimento di stato americano. Alla fine degli anni Sessanta la sua attività si fa frenetica e Hines continua praticamente a suonare finché la salute glielo consente. Muore il 22 aprile 1983 a Oakland, in California.


27 dicembre, 2021

27 dicembre 1936 - Tony Del Monaco, cantante e autore

Il 27 dicembre 1936 nasce a Sulmona, in provincia de L'Aquila, il cantante e autore Tony Del Monaco. Dotato di una voce melodica molto potente, dopo alcuni anni passati a esibirsi nei locali notturni di tutta Italia, nel 1961 debutta come attore nella commedia musicale "L'adorabile Giulio", con Carlo Dapporto e Delia Scala e nel 1965 presenta allo spettacolo televisivo "Campioni a Campione" il brano Vita mia, che entra subito in classifica. L'anno dopo si ripete con Se la vita è così partecipando a "Un disco per l'estate" e al Cantagiro. Da autore scrive varie canzoni di successo come L'ultima occasione, che diventa molto popolare nell'interpretazione di Mina e viene ripresa in inglese da Tom Jones. Nel 1967 partecipa al Festival di Sanremo con È più forte di me in coppia con Betty Curtis, cui segue un nuovo brano d'alta classifica come Una spina e una rosa. Torna ancora a Sanremo nel 1968 con La voce del silenzio in coppia con Dionne Warwick, nel 1969 con Un'ora fa insieme a Fausto Leali e nel 1970 interpretando Serenata con Claudio Villa. Successivamente riduce l'attività di cantante per dedicarsi maggiormente all'attività di autore. Muore ad Ancona il 27 maggio 1993.


26 dicembre, 2021

26 dicembre 1965 - Niente nozze riparatrici per Franca Viola

Il 26 dicembre 1965 la diciottenne Franca Viola di Alcamo, rompendo la tradizione siciliana che vuole che la donna “disonorata” chieda le “nozze riparatrici”, denuncia Filippo Melodia, lo spasimante che l’ha rapita, violentata e infine liberata. Denunciato dalla ragazza il rapitore finisce in carcere. Per la prima volta una ragazza siciliana rifiuta di sposare l’uomo che l’ha rapita "per amore". Nel 1966 Filippo Melodia viene condannato a 11 anni di carcere ridotti poi a 10. Nel 1968 Franca Viola sposa Giuseppe Ruisi. Melodia invece, uscito dal carcere nel 1976, finirà ucciso a colpi di lupara il 13 aprile 1978. Franca diventa così un simbolo dei tempi che stanno cambiando e della voglia delle donne di non sottostare più alle regole della vecchia società patriarcale. La sua vicenda nel 1970 ispira un film del regista Damiano Damiani intitolato “La moglie più bella”. Protagonista femminile nei panni di Franca è Ornella Muti.


25 dicembre, 2021

25 dicembre 1908 - Eddie Gibbs, banjo, chitarra e contrabbasso

Il 25 dicembre 1908 a New Haven, nel Connecticut, nasce Eddie Gibbs, all'anagrafe registrato con il nome di Edward Leroy Gibbs. Comincia a suonare il banjo quando è ancora un ragazzo, perfezionandosi poi in varie scuole specializzate. A partire dal 1932 inizia a suonare anche la chitarra sotto la guida di Elmer Snowden ma ottiene il suo primo importante ingaggio come banjoista con il trio del clarinettista Wilbur Sweatman con cui incide a New York i suoi primi dischi per la Victor. Suona poi con Billy Fowler, Charlie Johnson, Eubie Blake e Alex Hill. Nel 1937 entra a far parte dell'orchestra di Edgar Hayes.. Nel 1940 viene ingaggiato dal violinista Eddie South con il quale si esibisce nei più noti locali della 52a Strada. Nello stesso anno suona anche con l'orchestra di Teddy Wilson insieme a musicisti come Bill Coleman, Benny Morton e Jimmy Hamilton. Nel corso degli anni Quaranta si unisce via via alle orchestre di Dave Martin, Luis Russell e Claude Hopkins e poi suona con un trio a suon nome al Village Vanguard. Tra la fine degli anni Quaranta e l'inizio degli anni Cinquanta si esibisce a Broadway in vari show, tra cui “The pirate” e “Beggars are coming to town”, poi si aggrega al trio di Cedric Wallace prima di entrare a far parte nel 1952 della jazz band di Wilbur De Paris con la quale si esibisce regolarmente, in veste di banjoista, al Jimmy Ryan's. Verso la fine degli anni Cinquanta decide di cimentarsi anche nel contrabbasso e si rimette a studiare seriamente sotto la guida di Bass Hill. Tra i suoi ingaggi più importanti figurano anche quelli con le formazioni di Henry Goodwin e di Cecil Scott. Muore il 12 novembre 1994.

24 dicembre, 2021

24 dicembre 1914 - Ralph Marterie, il trombettista di Chicago nato ad Acerra

Il 24 dicembre 1914 ad Acerra, in provincia di Napoli, nasce Raffaele Marterie, il futuro trombettista Ralph Marterie. Emigrato negli Stati Uniti con i suoi genitori, all'inizio degli anni Venti è a Chicago dove a soli quattordici anni suona la tromba in una formazione locale. Chicago resta la sede principale della sua attività anche negli anni seguenti quando si esibisce con vari gruppi e alla radio. Si racconta che la prima formazione a suo nome sia nata nel periodo in cui presta il servizio militare in marina. Tornato alla vita civile prosegue poi l'esperienza dando vita a una nuova orchestra con la quale lavora soprattutto per la ABC. Nel 1951 nel corso di una lunga tournée di successo comincia a cambiare stile passando dallo swing ad una musica pop di più facile e largo consumo. Muore a Dayton, nell'Ohio, il 10 ottobre 1978.


23 dicembre, 2021

23 dicembre 1966 - L'UFO Club, il tempio dell'underground londinese

Il 23 dicembre del 1966 John Hopkins, seguendo un suggerimento di Steve Stoliman, proprietario dell'etichetta underground ESP di New York, inaugura l'UFO Club, un'organizzazione destinata a restare nella storia dell'underground londinese. Il club inizialmente utilizza per le sue attività il Barney Club, una sala da ballo poco frequentata. Le prime due serate vengono intitolate "Ufo presents night tripper" (Ufo presenta il viaggiatore della notte). Poi non serve più il titolo perché basta il marchio UFO. Il locale diventa il ritrovo di un sacco di persone che suonano, recitano poesie o tengono conferenze su vari argomenti. Ogni domenica pomeriggio ci sono gli "Spontaneous Underground", uno spazio con palco, teatro, sala di proiezione e discoteca dove si esibiscono liberamente i gruppi del fertile tessuto underground. Proprio all'UFO la Purple Gang compone e interpreta Granny takes a trip, una canzone il cui titolo è ispirato al negozio di abbigliamento underground di Kings Road, che diventa l'inno ufficiale del movimento. Gli artisti fanno a gara per aiutare il locale e anche il giornale autogestito nato per supportare il movimento underground. Si racconta dei Beatles seduti tranquilli ad ascoltare Pink Floyd e Soft Machine mentre Pete Townshend degli Who chiede di pagare due volte il biglietto per sostenere il giornale e Kimi Hendrix sale sul palco per unire la chitarra ai Soft Machine. Le iniziative dell’UFO diventano il fulcro della vita artistica alternativa di Londra e nell'autunno del 1967 si trasferiranno nella più capiente Roundhouse, che però verrà quasi subito chiuso dalla polizia. Ma il seme ormai è gettato e la pianta crescerà da sola. Racconta Roger Water dei Pink Floyd: «La prima volta che suonammo ci saranno state venti persone, la settimana dopo un centinaio, poi tre, quattrocento e alla fine non si poteva più entrare. L'UFO iniziò cosi...»


22 dicembre, 2021

22 dicembre 1927 - Ronnie Ball, l'allievo inglese di Tristano

Il 22 dicembre 1927 nasce a Birmingham, in Gran Bretagna, il pianista Ronald "Ronnie" Ball. Il ragazzo inizia prestissimo gli studi musicali e a soli quattordici anni è già apprezzato come pianista in varie orchestrine che si esibiscono nei locali della sua città natale. A ventun anni, nel 1948, entra per la prima volta in sala di registrazione dove suona con musicisti come Ronnie Scott, Vic Feldman, Tony Kinsey. Nel 1952 decide di fare il grande salto e si trasferisce negli Stati Uniti dove entra a far parte del ristretto gruppo di allievi di Lennie Tristano. Tra le sue esperienze più importanti ci sono quella in trio con il chitarrista Chuck Wayne, quella in quintetto con Lee Konitz. Nel febbraio 1956 entra anche a far parte del quintetto di J.J. Johnson e Kai Winding. Muore nel 1984 a New York.



21 dicembre, 2021

21 dicembre 1963 - Clifford Gibson muore in miseria

Il 21 dicembre 1963 a St. Louis, nel Missouri, muore in miseria il bluesman Clifford Gibson. Nato nel Kentucky il 17 aprile 1901 proprio a St. Louis per alcuni anni è stato un popolarissimo e acclamato protagonista della scena musicale. Al momento della morte però il pubblico gli ha da tempo voltato le spalle e la moglie è costretta a venderne il corpo alla facoltà di medicina per poter pagare le spese del funerale. Il palcoscenico preferito da Gibson, come da quasi tutti i grandi bluesmen della sua epoca sono le strade dove il pubblico impara a conoscerlo e ad apprezzarlo gli inusuali acuti lunghi e prolungati che trae dalle corde della sua chitarra e per il cane ammaestrato che lo accompagna nelle esibizioni. Il primo ad accorgersi delle sue qualità è Jesse Johnson, proprietario di un magazzino di dischi, organizzatore di spettacoli e artefice fondamentale della diffusione del blues di St. Louis. Grazie al suo interessamento Gibson registra tra il 1929 e il 1935 una quarantina di brani che negli anni Settanta vengono in gran parte inseriti e nell'album Beat you doing it.


20 dicembre, 2021

20 dicembre 1933 - Sam Falzone, un sax da big band

Il 20 dicembre 1933 nasce a Buffalo, New York, il saxoclarinettista Sam Falzone, all'anagrafe registrato con il nome di Salvatore Joseph Falzone. Inizia a studiare clarinetto all'età di quattordici anni prosegue ininterrottamente fino al 1951. Nel 1952, chiamato alle armi, presta il servizio militare nell'aviazione ed entra a far parte della Air Force Band. Congedatosi nel 1955 riprende a lavorare con vari gruppi. Nel 1964 incontra il trombettista Don Ellis che lo scrittura per la sua big band. Quattro anni dopo lascia Ellis per entrare nella big band del batterista Buddy Rich. Chiusa anche questa esperienza riduce progressivamente le esibizioni dal vivo per dedicarsi quasi esclusivamente all'attività di studio. Il suo stile, fortemente influenzato dal linguaggio dell'hard bop, è sostenuto da una forte espressività e da una voce strumentale molto potente che si esprime in fraseggi tesi e nervosi. Muore il 22 settembre 2013 a Getzville, New York.



19 dicembre, 2021

19 dicembre 1935 - Silvia Guidi, dalle navi da crociera al festival

Il 19 dicembre 1935 nasce a Cento, in provincia di Ferrara, la cantante Silvia Guidi, all'anagrafe Ersilia Guidetti. Pur avendo cominciato a lavorare fin dalla più tenera età coltiva la passione per la musica nel tempo libero studiando canto e fisarmonica. Nel 1950, appena quindicenne, inizia a esibirsi come cantante nelle sale da ballo della sua zona facendosi apprezzare particolarmente nel genere melodico moderno. Viene poi scritturata per cantare sulle navi da crociera e mentre la sua popolarità si allarga ottiene il primo contratto discografico con l'etichetta Fontana Records. Nel 1961 partecipa al Festival di Sanremo interpretando Notturno senza luna in coppia con Aura D’Angelo, ma viene eliminata. Ci riprova, con la stessa sfortuna, l’anno dopo cantando Fiori sull’acqua in coppia con Wanda Romanelli. In quegli anni gode anche di una discreta popolarità grazie alla costante presenza in trasmissioni radiofoniche e televisive di successo interpretando brani come Amami di più, Gelosia, La verità, Fantastico, Dammi la mano e corri, È vero, Qualcuno mi ama e Quando c’è la luna piena


18 dicembre, 2021

18 dicembre 1965 - Per qualche dollaro in più

Il 18 dicembre 1965 al Supercinema di Roma viene proiettato per la prima volta il secondo western all'italiana di Sergio Leone. Si intitola "Per qualche dollaro in più" e la leggenda vuole che il titolo sia nato il giorno stesso della rottura con la Jolly Film, la casa di produzione di Giorgio Papi e Arrigo Colombo per la quale aveva girato "Per un pugno di dollari". È lo stesso Leone ad avvalorare la tesi sostenendo di esserselo inventato per ripicca proprio nel momento in cui dava loro l’addio senza avere la minima idea di quale sarebbe stato il soggetto. Il regista trova poi un nuovo produttore nell’avvocato Alberto Grimaldi che gli fa un’offerta di tutto rispetto: un compenso, la copertura delle spese e il 50% dei profitti. Con questa garanzia si mette al lavoro iniziando a tratteggiare il soggetto di massima con Duccio Tessari e Fernando Di Leo. Al momento della prima scrittura Tessari esce dall’impresa mentre Di Leo continua insieme a Enzo Dell'Aquila. Alla fine è lo stesso Sergio Leone, coadiuvato dal cognato Fulvio Morsella, a trasformare la bozza in un soggetto più dettagliato. Ai due si unisce poi lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, che in nove giorni scrive la sceneggiatura. Il film viene proiettato per la prima volta il 18 dicembre 1965 al Supercinema di Roma. Le reazioni entusiastiche del pubblico impressionano gli emissari della United Artists invitati da Luciano Vincenzoni ad assistere alla proiezione e convincono Ilya Ropert, il vicepresidente della società statunitense a comprare a scatola chiusa i diritti di distribuzione sul successivo film di Leone. Per il suo secondo western all’italiana Sergio Leone decide di puntare su una figura dalla quale il western classico di Hollywood si è sempre tenuto un po’ distante: il bounty killer. Se l’ambigua personalità di chi uccide per soldi cozza contro l’etica che caratterizza gli eroi statunitensi, costretti a essere moralmente edificanti in quanto elementi fondamentali di quella che viene chiamata “epica della frontiera” a lui non importa, anzi ne prende esplicitamente le distanze. «Gli Americani hanno sempre dipinto il West in termini romantici, con cavalli che corrono al fischio del padrone. Non hanno mai trattato il West seriamente, come noi non abbiamo mai trattato l'antica Roma seriamente. Forse il più serio dibattito sull'argomento è stato fatto da Kubrick in "Spartacus": gli altri film sono sempre stati favole di cartone. È stata questa superficialità che mi ha colpito e interessato». Per questa ragione quando si tratta di rimettere in sella il suo “uomo senza nome” dopo il successo di "Per un pugno di dollari" sceglie di farne un cacciatore di taglie. Con lo stesso cappello, lo stesso poncho e lo stesso, identico sigaro del film precedente Clint Eastwood diventa il Monco, un professionista dell’assassinio pagato dalla legge che fa tutto con la mano sinistra come se fosse un mancino ma spara con la destra. Ad affiancarlo c’è il Colonnello Mortimer, cacciatore di taglie più per necessità che per scelta se si dà retta alle osservazioni del profeta («...era un gran militare e ora s’è ridotto a fare il bounty killer) o, come si scopre alla fine, in qualche caso anche per vendetta. E proprio per sottolineare l’importanza assoluta del denaro il conteggio finale dei cadaveri viene effettuato utilizzando come unità di misura il valore in dollari delle taglie.


17 dicembre, 2021

17 dicembre 2004 - Bob Marley eroe nazionale giamaicano?

Il 17 dicembre 2004 vari giornali riportano la notizia di una singolare iniziativa nata in Giamaica. «In qualsiasi parte del mondo uno si trovi, quando sente pronunciare la parola Giamaica si accorge che viene inevitabilmente accostata a un nome solo, quello di Bob Marley». La dichiarazione è di Jacqueline Knight-Campbell, la donna che ha presentato l’iniziativa della “Bob Marley Foundation” per chiedere alle autorità del paese caraibico che il Profeta del Reggae venga proclamato Eroe Nazionale e che il giorno della sua nascita venga considerato Festa Nazionale. La mobilitazione da qualche tempo si sta intensificando e comincia a prendere forma la possibilità che possa avere successo. Se accadesse Bob Marley diventerebbe l’ottavo Eroe Nazionale di un paese decisamente restio a elargire con facilità questo tipo di onorificenza. Non mancano le resistenze da parte di chi sostiene che Bob ha avuto un rapporto spesso contrastato con l’isola che gli ha dato i natali e alla fine non se ne fa nulla, ma la questione resta aperta. 


16 dicembre, 2021

16 dicembre 1945 - Jack Jenney, il trombonista vagabondo

Il 16 dicembre 1945 a Los Angeles, in California, muore il trombonista Jack Jenney, il cui vero nome è Truman Elliott Jenney. Figlio d'arte, nato a Mason City, nell'Iowa, il 12 maggio 1910 muove i primi passi nella musica a otto anni quando inizia a studiare la tromba. Poco tempo dopo però passa al trombone e a undici anni già suona nell'orchestra paterna. La sua carriera in proprio inizia nel 1928 quando viene scritturato da Austin Wylie. Successivamente passa con le orchestre di Mal Hallett nel 1933 e di Isham Jones nel 1934. Nella seconda metà degli anni Trenta lavora come musicista di studio per le Reti radiofoniche NBC e CBS di New York e si esibosce con le formazioni di Victor Young, Freddy Rich, Lennie Hayton e molti altri. Tra il 1938 e il 1940 dirige una propria big band allo scioglimento della quale entra nella formazione di Artie Shaw. Nel 1942 forma un trio a suo nome e appare nella sequenza della jam session nel film “Una stella nel cielo" di William Dieterle. L'anno dopo entra nell'orchestra di Benny Goodman e per qualche tempo dirige anche l'orchestra di Bobby Byrne chiamato alle armi. Dopo aver prestato il servizio militare alla fine del 1944 cerca di tornare nel giro ma viene colpito da una serie di gravi problemi renali che lo portano alla morte.


15 dicembre, 2021

15 dicembre 1897 - Ed Allen, una cornetta nata a Nashville

Il 15 dicembre 1897 nasce a Nashville, nel Tennessee, Ed Allen, all'anagrafe Edward Clifton Allen, una delle cornette più famose dei primi anni del jazz. Ricostruire fedelmente i primi periodi della sua carriera artistica non è impresa facile, anche perché inizia a suonare a dieci anni e come molti strumentisti dell'epoca registra vari dischi per molte etichette e sotto diversi nomi. Di certo si sa che nel 1922 suona con la Whispering Gold Band, a bordo del S.S. Capitol, un battello di linea che percorre il Mississippi. Nel 1925 lo si ritrova al fianco di Earl Hines all'Elite n° 2, un club di Chicago molto popolare. A partire dal 1927 suona a New York con Willie "The Lion" Smith, James "P." Johnson e soprattutto con Clarence Williams, con il quale resta poi per diversi anni. Tra le sue incisioni degne di nota ci sono due straordinari blues registrati con Bessie Smith per la Columbia nel 1929: Nobody knows you when you're down and out e I've got what it takes. Negli anni Trenta suona con la Earle Howard's Band e poi continua quasi esclusivamente come free lance. Muore a New York il 28 gennaio 1974.