23 marzo, 2022

23 marzo 2002 – Quando Harry Belafonte diventò "l'americano dell’anno"

Il 23 marzo 2002 le agenzie di stampa diffondono la notizia in tutto il mondo. Il settantacinquenne Harry Belafonte, cantante simbolo della lotta antirazzista per la pace e per i diritti civili e sociali, ha ricevuto il prestigioso Distinguished American Award, il premio per il "più illustre americano" dell'anno. Al risultato non è estraneo il passaparola informatico dei settori progressisti della società statunitense e di un modesto, ma agguerrito, gruppo di intellettuali. Omaggio all'uomo e all'artista, la consegna del premio, svoltasi alla John Fitgerald Kennedy Library di Boston diventa uno schiaffo morale all'intero establishment statunitense e un'occasione per valorizzare una persona che ha anteposto l'impegno civile alle stesse ragioni di immagine e di carriera. Per Belafonte tutto inizia negli anni Cinquanta, quando, all'apice della popolarità dopo aver venduto più di un milione di copie dell'album Calypso, annuncia la sua intenzione di non esibirsi più negli stati e nelle città del "profondo Sud" degli Stati Uniti colpevoli di mantenere in vigore disposizioni, regolamenti, norme punitive o segregazioniste nei confronti della comunità afroamericana. A "Mister trentadue denti", come fino a quel momento era chiamato dai tabloid popolari, viene appiccicata l'etichetta di personaggio scomodo, ma lui non si scompone, alza le palle e tira diritto. Organizza marce, sit-in, firma documenti, si impegna in prima persona e a chi tenta di convincerlo a moderare un po' i toni racconta la sua vita di giovane di colore nato nel ghetto nero di Harlem da genitori giamaicani. «Le parole, amico mio, lasciano il tempo che trovano: quando hai vissuto a contatto diretto con le frustrazioni e la miseria della gente che ha il tuo stesso colore di pelle, non puoi pensare che la tua carriera venga prima di tutto». Anche durante i concerti va giù duro. «Tutti i richiami alla democrazia rischiano di restare chiacchiere vuote perché un paese in cui esistono palesi casi di segregazione razziale non è un paese libero e neppure democratico». Il suo impegno artistico è in linea con quello sociale e civile. Vola alto, al di sopra delle nuvole della produzione di tendenza e delle regole consolidate, facendo conoscere al mondo intero i ritmi, i suoni e i colori nati dalla contaminazione tra il folklore caraibico e la tradizione nera dei canti di lavoro degli schiavi. Ogni occasione è buona. Già nel 1951 i suoi concerti al "Village Vanguard" di New York, con i fedeli chitarristi Millard Thomas e Craig Work, sono un appuntamento di culto per gli intellettuali e i giovani della città. La consacrazione arriva qualche anno dopo con il grande successo internazionale Jamaica farewell e Banana boat song (Day-o). Inarrestabile, la sua popolarità cresce ancora quando, insieme a Dorothy Dandridge, è il protagonista di "Carmen Jones", il film di Otto Preminger che rilegge in chiave moderna la "Carmen" di Bizet. Ogni volta coglie l'occasione per fare da cassa di risonanza alle battaglie in cui crede. Boicottaggi e ricorrenti periodi di ostracismo televisivo saranno la risposta alle sue prese di posizione, ma non avranno mai la forza di appannarne l'immagine. «È così difficile capire che prima di essere un artista sono soprattutto un uomo, una persona con le sue idee e le sue opinioni?». No, non è difficile, visti i risultati. E a partire dagli anni Settanta chiude con lo spettacolo "leggero" e mette la sua popolarità interamente al servizio di quegli «imperativi civili e morali» che guidano la sua azione artistica e politica. Più nessuno riuscirà a fermarlo, né le campagne discriminatorie e neppure gli arresti clamorosi, come quello avvenuto negli anni Ottanta davanti all'ambasciata sudafricana a Washington nel corso di una manifestazione contro l'apartheid. Il suo impegno non flette neppure di fronte al mutare dei tempi. Così quando le periferie nere delle grandi metropoli cominciano a ruggire la loro rabbia sull'onda di nuovi ritmi più tecnologici del passato, riconosce che il filo conduttore è lo stesso dei suoi primi tentativi al Village. Con le sue risorse, nel 1984, finanzia e produce il discusso film "Beat street", in cui la cultura della break dance fa da guida a un impietoso spaccato sulle condizioni dei "nuovi" ghetti neri degli States. Oggi come ieri la sua vita è così. L'età non riesce a fermarlo perché «…c'è ancora tanto da fare, chi ha tempo di preoccuparsi degli anni che passano?». A Orlando nel corso di una manifestazione contro il boicottaggio statunitense della Conferenza di Durban sul razzismo si alza in piedi e punta il dito contro i due afroamericani dell'amministrazione Bush ai quali si rivolge direttamente. L'attacco del suo discorso è destinato a entrare nella leggenda. Umile e fermo al tempo stesso, nel silenzio di una sala affascinata dal suo magnetismo, parla con la solita perfetta dizione e scandisce bene le parole. «Come mai non sento la voce di Colin Powell? come mai non sento la voce di Condoleeza Rice?». E poi, incurante di embarghi e blocchi vari, giusto per far capire da che parte sta, accetta l'invito di Fidel Castro recandosi nell'Isola che Resiste per assistere alla consegna dell'Ordine José Martí alla sua grande amica Alicia Alonso, prima ballerina e direttrice del Balletto Nazionale di Cuba. Ma le battaglie, come gli esami, per lui non finiscono mai. Indignato dalla cieca voglia di guerra che pervade il suo paese dopo gli attentati dell'11 settembre fa sentire di nuovo la sua voce sostenendo che «…non si può, per rabbia o desiderio di vendetta, replicare indiscriminatamente, in modi che possono comportare l'ulteriore perdita di vite innocenti», perché, come scrivono gli studenti di Harvard: «anche la guerra è terrorismo». Al suo fianco ci sono gli stessi pochi intellettuali e i tanti cittadini che oggi hanno contribuito a regalargli un premio significativo come il Distinguished American Award.



22 marzo, 2022

22 marzo 1940 - Charles Weaver, in arte Shaker Abdullah

Il 22 marzo 1940 nasce a Cleveland, in Ohio, il percussionista e batterista Charles Weaver, destinato a lasciare un segno importante nel jazz con il nome di Shaker Abdullah. I primi passi nel mondo della musica li muove da autodidatta, affascinato dalla lezione musicisti come Albert Ayler, Clifford Brown, Charlie Parker, Max Roach, Candido e tanti altri. In seguito suona con vari gruppi che operano nell'area di Los Angeles. Tra questi spiccano il quintetto di Walter Bishop Jr., il quartetto di Gene Russell e la grande orchestra di Troby Robinson. Dal 1972 al 1974 fa parte della grande orchestra del pianista Horace Tapscott, lasciata la quale, si affianca poi a Chico Hamilton con cui ha tra l'altro prende parte alla realizzazione di colonne sonore. A lui si devono anche numerose composizioni.


21 marzo, 2022

21 marzo 1921 - Albert Langue, una tromba belga old style

Il 21 marzo 1921 nasce a Mons, in Belgio, il trombettista Albert Langue. Fin da ragazzo studia violino e tromba al conservatorio di Mons e comincia a interessarsi al jazz dopo aver ascoltato la musica di Louis Armstrong. Durante la seconda guerra mondiale suona in varie orchestre prima di entrare a far parte dei Dixie Stompers diretti dal pianista Jean Leclère nel 1946: Nel 1950 proprio lui assumere la direzione del gruppo destinato a diventare il primo ensemble old style del dopoguerra in Belgio e, per un certo tempo, anche il più famoso. In quel periodo tengono numerosi concerti nella Francia settentrionale diventando popolarissimi e riuscendo ad avere anche un ottimo successo di vendita con i loro dischi. I Dixie Stompers hanno accompagnato spesso musicisti in tournée in Europa come Sidney Bechet, Lil Hardin, Albert Nicholas, Peanuts Holland, Bili Coleman, ed hanno inciso dischi con Benny Waters e Nelson Williams. Una delle loro ultime esibizioni è nel maggio del 1963 ad Anversa. Muore il 2 giugno 2013.



19 marzo, 2022

19 marzo 1939 - Mike Longo, pianista di charme

Il 19 marzo 1939 nasce a Cincinnati, nell’Ohio, il pianista e tastierista Mike Longo, all’anagrafe Michael Joseph Longo. Nato in una famiglia di musicisti, all'età di tre anni impara a suonare il piano sotto la guida della madre. Inizia la carriera da professionista a quindici anni nell'orchestra del padre in Florida. Mentre frequenta il liceo suona con Cannonball Adderley e con vari complessi rhythm & blues. Nell'ottobre del 1961 studia a Toronto con Oscar Peterson e suona in vari club prima di formare un suo trio. Torna poi a New York nel marzo del 1962 per suonare a Basin Street East, al The Members, alla Hickory House, ecc. Tra il 1962 e il 1966 accompagna vari cantanti, poi, nel 1966, forma un suo trio e accompagna tra gli altri Roy Eldridge, Zoot Sims, Clark Terry. Nel dicembre del 1966 Gillespie lo ingaggia con il trio e ne fa il suo direttore musicale nel periodo 1968-1973. Negli stessi anni lavora spesso come free-lance a New York con il quartetto di James Moody, poi forma un proprio complesso nel 1973. Partecipa ai festival di Newport e Monterey, e a varie tournée in Europa e in Giappone. Muore il 22 marzo 2020

18 marzo, 2022

18 marzo 1986 - Luciano Virgili, la voce del rinnovamento della melodia

Il 18 marzo 1986 muore a Prato il cantante Luciano Virgili. Nato il 25 gennaio 1922 ad Ardenza, in provincia di Livorno, fin da bambino capisce che le condizioni economiche della sua famiglia non gli consentono troppi sogni e ben presto si vede costretto a lasciare la scuola per cercare un lavoro. Dapprima lavora come scaricatore al porto di Livorno e poi come autista di piazza. L’unico svago che si concede è quello della musica. Incoraggiato dal tenore Galliano Masini, amico e parente, prende lezioni di canto lirico. Dopo aver vinto una borsa di studio inizia a frequentare regolarmente il Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze. Allo scoppio della guerra nel 1940, viene chiamato sotto le armi e interrompe gli studi. Dopo la Liberazione e la fine del conflitto rientra nella sua città indeciso se continuare con il canto lirico o passare alla musica leggera. Un intervento chirurgico alle corde vocali decide per lui. Abbandonata la lirica nel 1946 canta nei locali della Versilia. Nel 1948 ottiene il suo primo contratto discografico con l’etichetta Fonit. Successivamente, scoperto dal maestro Dino Olivieri, destinato a restare per lungo tempo al suo fianco, passa prima alla Columbia Records e poi a La Voce del Padrone, con la quale resterà fino agli anni Sessanta. Grazie alla radio, dove riprende e reinterpreta i classici della canzone del periodo precedente la guerra mondiale, diviene uno dei cantanti più popolari degli anni Cinquanta. Dotato di una bella voce baritonale classica, dalle tinte cupe e con una buona estensione, Luciano Virgili passa dalla lirica alla musica leggera nel primo dopoguerra diventando uno dei grandi protagonisti della modernizzazione della melodia italiana. Alla fine degli anni Quaranta le sue reinterpretazioni dei grandi classici del repertorio canzonettistico italiano lo fanno diventare uno dei più popolari cantanti radiofonici dell’epoca. Canzoni nate negli anni Trenta per il cabaret e rese popolari dalla compagnie di giro dell’avanspettacolo come Vipera, Ladra o Signora fortuna rinascono a nuova vita nella sua interpretazione. La sua voce regala nuovi colori e suggestioni a brani nati in un’altra epoca, molto amati dalle generazioni precedenti, che nel clima febbrile del dopoguerra e nel fervore della ricostruzione sembravano aver perduto gran parte del loro fascino. Il segreto della riuscita di una straordinaria operazione di recupero e insieme di modernizzazione di una parte importante del patrimonio canzonettistico italiano sta proprio nel talento vocale di Luciano Virgili. La sua tecnica d’esecuzione è severa, sobria ed essenziale nello stile tipico di chi ha imparato a cantare con il duro lavoro delle scuole di canto lirico, ma evita la trappola della fredda esibizione di virtuosismi e si fa duttile come creta per esaltare il lavoro d’orchestrazione e d’arrangiamento dei grandi maestri di quel periodo. Sono sempre le sue qualità vocali e la sua intelligenza nella scelta del repertorio a consentirgli di restare sulla cresta dell’onda anche negli anni Cinquanta nonostante l’irrompere di nuovi protagonisti e nuove mode sulla scena musicale italiana. Nel 1957 partecipa al Festival di Sanremo con quattro brani, uno dei quali, Venezia mia, si piazza al secondo posto nella serata dedicata agli indipendenti. Nel 1960 è terzo al Festival di Napoli con Segretamente. Nel 1966 si stabilisce negli Stati Uniti dove resta fino al 1971. Tornato in Italia non riesce più a ripetersi ai livelli migliori anche perché tormentato da vari problemi di salute.



17 marzo, 2022

17 marzo 1963 - Lizzie Miles, la cantante blues che arriva dal circo

Il 17 marzo 1963 muore la cantante blues Lizzie Miles. Nata a New Orleans, in Louisiana, il 31 marzo 1895 si chiama in realtà Elizabeth Mary Landreaux. Intorno al 1909 lascia la città natale con il circo dei fratelli Jones. Per otto anni continua a vagabondare per gli Stati Uniti nei circhi e con compagnie di menestrelli Nel 1918 è costretta a fermarsi per una malattia. Quando riprende lo fa nei locali di New Orleans. Si esibisce con le orchestre di Joe King Oliver, A.J. Piron e, in seguito, se ne va ad Harlem per cantare con l’orchestra di Fats Waller. A Chicago si esibisce con Freddie Keppard, Glover Compton e Charlie Elgar. A partire dal 1922 canta con accompagnatori come Clarence Williams, Louis Metcalf King Oliver, Teddy Bunn e Pops Foster. Nel 1924 si stabilisce a New York e l’anno dopo è la voce di una formazione guidata da Alexander Shargenski. Negli anni Trenta deve interrompere la sua attività per motivi di salute. Negli anni Cinquanta fissa la sua residenza a San Francisco e dal 1955 al 1957 canta con Bob Scobey. Nel 1959 si ritira dalle scene per dedicarsi a studi religiosi.


16 marzo, 2022

16 marzo 1940 - Vagif Mustafazadek, il pianista che arriva da Baku

Il 16 marzo 1940 nasce a Baku, nell'Azerbajdžan, Vagif Mustafà Zadek, uno dei grandi protagonisti del jazz Azero. Inizia a suonare il pianoforte all'età di cinque anni. Si diploma al conservatorio di Baku e già all'età di vent'anni è considerato un eccellente pianista jazz. All'inizio degli anni Sessanta forma un proprio trio, chiamato Kaukaz, con il quale vince per due anni di fila il concorso per la migliore nuova formazione jazz al festival di Tallin del 1966 e 1967. All'impegno nel jazz affianca un'attività in orchestre commerciali che si esibiscono alla radio e alla tv. Nel 1978 ottiene un grande successo con il gruppo Magam al festival jazz di Tblisi. L'uso di elementi tratti dal folclore dell'Azerbajdžan e la loro fusione nel linguaggio jazzistico aprono una via che sarà più tardi seguita da molti musicisti. Il successo riportato al festival di Tblisi gli permette di lasciare i vari lavori a carattere commerciale e di dedicarsi completamente al jazz, compiendo tournée sia nell'Unione Sovietica, di cui l'Azerbajdžan in quel periodo è parte, che all'estero. Nel 1979  partecipa al concorso per temi jazzistici che si tiene ogni anno nel Principato di Monaco e vince il primo premio con la composizione Waiting for Aziza. L'anno dopo, il 15 dicembre 1980, muore.





15 marzo, 2022

15 marzo 1921 – Vinnie Burke, il contrabbasso

Il 15 marzo 1921 nasce a Newark, nel New Jersey il contrabbassista Vinnie Burke, registrato all’anagrafe con il nome di Vincent Bucci. Autodidatta inizia a suonare il violino, poi passa alla chitarra e, solo quando è un po’ più grande, comincia a cimentarsi con il contrabbasso. Il suo talento lo impone all’attenzione dell’ambiente musicale. Il suo primo ingaggio lo vede al fianco di Joe Mooney e poi di Tony Scott. Suona quindi con Cy Coleman e con l'orchestra Sauter-Finnegan. Dopo una breve parentesi con il trio di Marian McPartland, Vinnie Burke entra a far parte del sestetto di Don Elliott con il quale registra a New York nel 1956 un album, cui partecipano anche Herbie Mann, Al Cohn, Joe Puma e Osie Johnson. Lavora quindi con il trio del vibrafonista Eddie Costa, con quello del chitarrista Tal Farlow e con la cantante Chris Connors. Sul piano tecnico mette in mostra notevoli capacità sotto il profilo ritmico pur senza lasciare particolari tracce come solista. Muore il 1° febbraio 2001.

14 marzo, 2022

14 marzo 1939 - Rosa King, la sassofonista americana innamorata dell'Olanda

Il 14 marzo 1938 nasce a Macon, in Georgia, la sassofonista Rosa King. A dimostrazione che spesso nessuno è profeta in patria diventa popolarissima in Europa, soprattutto in Olanda, mentre per lungo tempo non riesce a conquistare né il pubblico né la critica statunitense. Pur mantenendo un appartamento a New York trasferisce la sua residenza principale ad Amsterdam e collabora a lungo con il sassofonista Hans Dulfer. Nella sua carriera suona con moltissimi personaggi di spicco della scena internazionale come Gladys Knight, Ben E. King, Cab Calloway, Eric Burdon, Sly Hampton, Candy Dulfer, Saskia Laroo e l'italiano Alex Britti. Alla fine degli anni Novanta, finalmente, anche negli Stati Uniti si accorgono di lei. All'inizio del 2000 ha la soddisfazione di tornare in Georgia per una lunga serie di concerti accompagnata dai Looters, un gruppo che comprende il chitarrista J. Lyon Layden, il bassista Eric layden, la violinista Kristina Train, il batterista Jeff Evans e il tastierista Dan Walker. Pochi mesi dopo, il 12 dicembre 2000, Rosa, che da tempo soffre di disturbi cardiaci, muore destinando i suoi beni alla Rosa King Foundation, un'organizzazione nata in Olanda per aiutare le giovani artiste.


13 marzo, 2022

13 marzo 1924 - Dick Katz, tastierista dallo stile essenziale ma ricco di sfumature

Il 13 marzo 1924 nasce a Baltimora, nel Maryland, il tastierista Dick Katz, all'anagrafe Richard Aaron Katz. In possesso di una robusta formazione accademica inizia l'attività jazzistica soltanto verso il 1950. In quel periodo studia con Teddy Wilson e suona con personaggi come Al Casey, Ben Webster, Don Elliott, Chuck Wayne e, soprattutto, Tony Scott. Collabora poi con i trombonisti Jay Jay Johnson e Kai Winding. L’elenco di jazzisti che hanno suonato con lui dal vivo o in studio è impressionante e comprende Lucky Thompson, Gigi Gryce, Tyree Glenn e Carmen McRae, Oscar Pettiford, con Jimmy Raney, Bob Brookmeyer, Sonny Rollins, Kenny Dorham, Philly Joe Jones, Jim Hall, Gunther Schuller, Al Cohn, Zoot Sims, Don Ellis, Phil Woods, Gene Quill ed Helen Merrill. Collabora a lungo con Lee Konitz, e allarga il suo impegno alla produzione discografica fondando insieme a Orrin Keepnews la Milestone. Strumentista colto dal gusto impeccabile ha uno stile essenziale ma ricco di sfumature e raffinatezze. Muore il 10 novembre 2009.


12 marzo, 2022

12 marzo 2004 - La Macina e i Gang nel tempo ed oltre...

“Nel tempo ed oltre, cantando…”. Il verso del poeta Alfonso Gatto fa da titolo a un album pubblicato da Storie di Note , presentato il 12 marzo 2004 e nato dalla collaborazione tra La Macina, uno dei gruppi di musica popolare più longevi del nostro paese, e i Gang, icona del combat rock italiano. Il disco, annunciato da tempo e dato addirittura per imminente nel 2001 quando un medley di due brani, Iside e Cecilia, trovò spazio in una compilation di anticipazioni, vede la luce con un po’ di ritardo. Troppo? «Forse è vero – dicono quasi all’unisono Gastone Pietrucci, leader maximo della Macina e Sandro Severini, chitarra da ricamo del suono targato Gang – ma di questi tempi è già una fortuna che sia uscito». Dodici brani, sei pescati da Pietrucci nel repertorio dei Gang e sei dai fratelli Severini in quello de La Macina, senza aggiunte o inediti. Scelta o necessità? «La nostra è una scelta di qualità. Avremmo potuto appiccicare un inedito inventato lì per lì, ma sarebbe stato un nonsenso rispetto al lavoro comune. L’alternarsi dei vari brani, che è in gran parte fedele a quanto proposto dal vivo in questi quattro anni, ha un delicato equilibrio narrativo che parla di impegno civile e sociale, di lavoro, lotta e resistenza. Dal punto di vista musicale, poi, i brani appaiono nuovi, rielaborati dalla fusione delle nostre due diverse esperienze. Non è un’antologia a quattro mani, ma un vero e proprio manifesto musicale composto da parti diverse riarmonizzate tra loro e ricomposte in una sintesi unitaria». A parte l’ispirazione ideologica e la comune origine marchigiana che cosa porta due gruppi tanto diversi a lavorare insieme? «Si può dire che i Gang dal punto di vista musicale stavano ritornando a casa, alle loro radici, mentre La Macina, dopo trent’anni passati ad annaffiare quelle radici tentava di trovare strade nuove per uscire dal giardino… L’incontro è stato inevitabile e ha consentito a ciascuno di ottenere quello che cercava». L’uscita del disco chiude un cerchio? «No, tutt’altro. L’esperienza comune è già proiettata verso il futuro, verso un nuovo lavoro che racconterà l’opposizione contro la guerra, lo sfruttamento e le ingiustizie sociali. Ci saranno brani nuovi e canti della tradizione a partire dall’Ottocento». Quindi avete intenzione di continuare a lavorare insieme anche sul palco? «Certo. Tutto nasce dall’esperienza dal vivo e tutto continua come è nato. L’ensemble Macina-Gang non ha alcuna intenzione di interrompere un’avventura che, per molti versi, si è rivelata esaltante». E se nel futuro ci fosse una fusione definitiva? «Non crediamo. La nostra forza nasce dall’unione di due realtà che continuano a percorrere strade autonome. Se ci fondessimo nascerebbe una cosa diversa che, per ora, non ci interessa. Come è stato in questi quattro anni, dunque, i Gang continuano a fare i Gang e La Macina a riproporre le sue cose. Ogni tanto, quando qualcuno ce lo chiede o quando ne sentiamo la necessità, ci mettiamo insieme, saliamo sul palco e regaliamo al pubblico il sapore diverso dei Macina-Gang».


11 marzo, 2022

11 marzo 1932 - LeRoy Jenkins, l'avanguardia nelle corde del violino

L'11 marzo 1932 nasce a Chicago, nell'Illinois, il violinista Le Roy Jenkins, uno dei protagonisti dell'avanguardia jazz della seconda metà degli anni Settanta. Inizia a studiare il violino a otto anni e l'anno dopo già si esibisce nella chiesa del suo quartiere. Nel corso della sua vita imparrerà anche a suonare il sassofono, subendo profondamente l'influenza parkeriana. Negli anni Cinquanta vive in Florida e dopo essersi diplomato in violino all'inizio del decennio successivo insegna musica a Mobile, Alabama. Nel 1965 è torna a Chicago. Qui conosce Roscoe Mitchell ed entra a far parte della giovane A.A.C.M., Association for the Advancement of Creative Musicians, Associazione per la valorizzazione dei musicisti creativi, una struttura destinata a segnare fortemente l’evoluzione del jazz negli anni Sessanta e Settanta. In quel periodo suona con Richard Abrams e costituisce con Anthony Braxton e Leo Smith il gruppo cooperativo Creative Construction Company, che dal 1968 incide alcuni dischi, spesso sotto il nome di Braxton. Nel 1969 il gruppo si trasferisce a Parigi con l'aggiunta del batterista Steve McCall. Nel febbraio del 1970 i quattro tornano a New York, dove lavorano con Ornette Coleman. Successivamente Jenkins suona con molti musicisti, in particolare Alice Coltrane, Cecil Taylor, la Jazz Composer's Orchestra, Archie Shepp, Cal Massey, e alla fine del 1970 forma un trio con Norris "Sirone" Jones e Frank Clayton, che verrà in seguito denominato Revolutionary Ensemble quando Clayton viene sostituito da Jerome Cooper. Seguono nuovi dischi e nuove collaborazioni importantis e ricche. Jenkins è tra i più rigorosi e importanti esponenti dell'avanguardia. La sua opera di affrancamento del violino dai modelli tradizionali gli assegna un posto importante nella storia del jazz. Il suo stile, immediatamente riconoscibile, mescola elementi della musica europea e altri appartenenti all'intera storia della musica statunitense offrendo una musica piena e intensa, spesso organizzata in ampie strutture cicliche, di grande forza emotiva. Muore il 24 febbraio 2007.


10 marzo, 2022

10 marzo 2001 - PJ Harvey con le sue nuove storie al Palalido di Milano.

Il 10 marzo 2001 arriva al Palalido di Milano PJ Harvey. La ragazza è in un periodo di grandi mutazioni sottolineate dalla recente uscita di Stories from the city, stories from the sea un disco di cambiamento compiuto più che di passaggio. Le novità iniziano dalla copertina dove la cantante, che ha abituato il suo pubblico ad ambientazioni astratte, spesso con volute distorsioni del proprio corpo, è fotografata come una passante qualunque, in una strada di una città, vestita in modo normalissimo con occhiali e borsetta. È un modo come un altro per far capire che l’album propone una PJ Harvey meno fragile e precaria del passato, più sicura di sé. La ragazza si lascia dietro alle spalle le storie un po' contorte, gli amori ambigui e gli umori gravidi di oscurità e, soprattutto, non è più la sola protagonista delle vicende raccontate. Le storie scelte sembrano quasi legate da un filo sottile, il tema dell'amore, trattato con una dolcezza e una semplicità inusuali. È come se PJ Harvey avesse scoperto che la vita ha anche un lato più chiaro di quello conosciuto finora e ce lo volesse raccontare. Anche le parole delle canzoni sono decisamente fuori registro rispetto ai lavori precedenti, come accade in This is love dove le parole assumono inaspettati colori romantici: «Vorrei solo stare seduta qui e guardarti mentre ti spogli». Non mancano, naturalmente, momenti più complessi, anche violenti, ma nel contesto sembrano gli inevitabili passaggi delle vita più che la paranoica contorsione onirica di un'artista innamorata del lato oscuro dell'esistenza. Si tratta di una rottura con il passato che non infastidisce, perché appare come un momento d'evoluzione e non come una furbetta operazione commerciale. Nel disco c'è di tutto, dal rock robusto alla melodia romantica. C'è anche We float, sicuramente una delle più belle ballate mai scritte dalla ragazza. C'è, infine, la voce splendida e mutante di PJ Harvey che a volte si trasforma in un vero e proprio strumento musicale, quando non si veste di panni nuovi come nell'attacco di Good fortune dove sembra quella di Patti Smith.



09 marzo, 2022

9 Marzo 1959 - Mi chiamo Barbara Millicent Roberts, chiamatemi Barbie

Il 9 Marzo 1959 viene messa in vendita una bambola dal nome lunghissimo. Si chiama Barbara Millicent Roberts. Per evitare problemi nella dizione e soprattutto nella memorizzazione i produttori le affibbiano anche il nomignolo abbreviativo di Barbie. L'artefice principale di questa piccola creatura artificiale è Ruth, la moglie di Ellit Handler, uno dei fondatori della casa produttrice di giocattoli Mattel. Il debutto ufficiale della bambola avviene in occasione della fiera del giocattolo di New York. La sua peculiarità è quella di disporre di un ampio guardaroba di abiti e accessori venduti separatamente. Fin dal suo primo apparire sul mercato la bambola appare come un fenomeno commerciale senza precedenti. Soltanto nel 1959 infatti vengono vendute più di 350 mila Barbie al prezzo di 3 dollari ciascuna. La bambola progressivamente conquista tutto il mondo e nel 1964 approda anche in Italia.

08 marzo, 2022

8 marzo 2006 - Il Corriere della Sera si schiera per il centro-sinistra

Rompendo un'antica tradizione che lo voleva al di fuori delle contese elettorali il "Corriere della Sera" l'8 marzo prende posizione a favore dell'Unione, il raggruppamento di centro-sinistra costituitosi per sostenere la candidatura a Presidente del Consiglio di romano Prodi. nelle imminenti elezioni politiche. Lo "strappo" avviene con un editoriale intitolato ''La scelta del 9 aprile'' nel quale il direttore del quotidiano Paolo Mieli, scrive che l'Unione «...ha i titoli atti a governare al meglio per i prossimi cinque anni». Mieli aggiunge poi che potrebbe essere un bene per il paese se nel centrodestra crescessero i due leader alternativi a Berlusconi, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini. Secco il commento di Berlusconi: «I lettori del Corriere già sapevano di leggere qualcosa di vicino all'Unità».

07 marzo, 2022

7 marzo 1935 - Wanda Romanelli, voce swing

Il 7 marzo 1935 nasce a Roma Wanda Romanelli. La sua voce swing colpisce nel 1955 il maestro Francesco Ferrari che l’aiuta a muovere i primi passi nell’ambiente musicale. Per qualche anno la sua attività si svolge quasi esclusivamente in ambito radiofonico. Successivamente canta con l'orchestra di Armando Fragna sperimentandosi con successo anche nel genere melodico e poi con quella di William Galassini che tende a recuperarne l'originaria impostazione ritmica. Partecipa a tante manifestazioni, lavora in teatro e nel cinema e la sua notorietà si allarga anche al di fuori dei confini italiani. Nel 1962 partecipa al Festival di Sanremo con Fiori nell'acqua, in coppia con Nelly Fioramonti. Tra le sue canzoni sono da ricordare Ansioso cuore, Il sogno dell'attacchino, A Venezia in carcere e Il festival del mambo.


06 marzo, 2022

6 marzo 1893 - Furry Lewis, il blues ai confini del folk

Il 6 marzo 1893 nasce a Greenwood, nel Mississippi Furry Lewis, all'anagrafe Walter Lewis, uno dei bluesman più popolari degli anni Venti e Trenta. Riscoperto da Samuel Charters nel 1959, Furry Lewis rappresenta nel filone del blues una componente pittoresca capace di una comunicazione viva e spontanea. Il repertorio molto vario spazia dal blues vero e proprio fino al folclore, sostenuto da una tecnica di accompagnamento alla chitarra singolare e molto espressiva. Nel 1899 si stabilisce a Memphis nel Tennessee dove ottiene i suoi primi successi. In seguito se ne va a Chicago per incontrare il suo amico Arthur Petties e nel 1913 è già alla testa di una piccola orchestra che si esibisce per le vie di Memphis, dnelle feste e nei club più aperti verso il blues come il Pee Wee's, il Big Grundy's o il Cham Fields. Nel 1916 a causa di un incidente subisce l'amputazione della gamba sinistra, l’infermità non gli impedisce di continuare a esibirsi in pubblico. Suona in un medicine show e poi con Gus Cannon e Jim Jackson, dei quali diviene amico e collaboratore. Negli anni Trenta registra molto materiale per la Vocalion e la Victor scomparendo poi dalla circolazione per molti anni. Recuperato nel 1959 da Samuel Charters, riprende l’attività ottenendo nuovi consensi. Muore a Memphis il 14 settembre 1981.


05 marzo, 2022

5 marzo 1955 - L'ultimo concerto di Charlie Parker

Il 5 marzo 1955 Charlie Parker è di scena al Birdland per la seconda serata consecutiva. Il ritorno inaspettato dopo il lungo ricovero volontario presso il Bellevue Hospital di New York, lo vede accompagnato da un gruppo d'eccezione composto da Kenny Dorham, Mel Powell, Charlie Mingus e Art Blakey. Sembra un nuovo inizio della sua vita e della sua carriera ma non è così. Una settimana dopo il concerto, il 12 marzo muore a New York per un infarto cui il suo fisico indebolito affetto da cirrosi epatica e polmonite non aveva potuto resistere. Ha trentacinque anni. Il mondo del jazz e gli amici gli danno l'ultimo saluto ad Harlem, prima della sepoltura nella natia Kansas City. Charlie Parker lascia oltre ottanta album, testimonianza di una genialità che ha apportato fondamentali innovazioni alla musica jazz.



04 marzo, 2022

4 marzo 2007 - Finisterre, l'inventore del calciobalilla che giocò con Che Guevara

Il 4 marzo 2007 muore a Zamora, in Spagna a ottantasei anni Alejandro Finisterre. Poeta, filosofo, editore, ballerino di tip tap, coraggioso oppositore del franchismo e tra i primi dirottatori aerei della storia dell'aviazione resta nella storia del costume per aver inventato quello che lui chiamava “futbolìn” e che in Italia è stato ribattezzato “calciobalilla”. Diffuso in tutto il mondo il gioco da tavolo nasce quando il suo inventore, che in realtà si chiama Alexandre Campos Ramírez, è ricoverato in ospedale dopo essere stato ferito da una bomba nel corso della guerra civile spagnola. Qui decide di fare qualcosa per alleviare le sofferenze degli altri ricoverati, adolescenti come lui, ma più sfortunati perché hanno subito l'amputazione degli arti inferiori. Appassionato di ping pong il giovane e intraprendente Alejandro si ispira a quel mini tennis giocato con le racchette su un tavolo verde per fare lo stesso con il calcio. A dargli una mano c’è un carpentiere che lavora nell'ospedale e che realizza i piccoli calciatori di legno da infilare in lunghe aste orizzontali. Costruita la struttura apre due aperture sui lati corti del piano di compensato e le circonda con una piccola rete come accade sui campi di calcio. L'invenzione viene registrata nel 1937 a Barcellona. La fine della guerra civile con la vittoria di Franco lo costringono a fuggire in Francia. Si dice che non abbia mai più giocato a calciobalilla con la sola eccezione di una sfida estemporanea con Ernesto Che Guevara.


03 marzo, 2022

3 marzo 1934 – Con la Traction Avant l’innovazione parla francese

Il 3 marzo 1934 la Citroën presenta la prima Traction Avant ai propri concessionari rivoluzionando gran parte dei concetti seguiti fino a quel momento dalla totalità delle case automobilistiche. Una serie di soluzioni tecniche che stanno alla base di quel modello e delle successive evoluzioni sono valide e applicate ancora oggi: trazione anteriore, carrozzeria-scocca senza telaio, sospensione a barre di torsione, motore a valvole in testa e camicie amovibili. In realtà il deus ex machina della casa francese, André Citroën, vede questo modello come il primo passo verso il sogno della PV (Petite Volture), l’auto a basso prezzo capace di far viaggiare su quattro ruote tutti i francesi. Fedele a questa impostazione crede che l’innovazione tecnologica possa rendere possibile l’abbattimento dei costi migliorando le prestazioni. Per questa ragione nel 1923 acquista dalla ditta statunitense Budd l’esclusiva del brevetto di fabbricazione delle carrozzerie “tout-acier”, tutto acciaio, composte da una scocca di lamiera rivestita a freddo e assemblata con saldatura in modo da formare un insieme unico e massiccio. Sulla robustezza di questa carrozzeria Citroën imposta anche una campagna pubblicitaria che, nel 1934, spiega ai francesi come «Solo le carrozzerie tout acier offrono ai passeggeri la sicurezza migliore. Solo le officine Citroën, in Francia, costruiscono queste carrozzerie perchè solo la Citroën si è dotata dell’attrezzatura necessaria, del valore di circa 200 milioni di franchi». La Traction Avant nasce quasi da una scommessa di André Citroën con il destino e contro il vento di crisi che ha già iniziato a spirare forte dagli Stati Uniti. Tra gli artefici c’è un giovane e ambizioso progettista arrivato alla sua corte dopo un paio d’anni passati con la concorrente Renault. Si chiama André Lefebvre e ha la fama di anticonformista incapace di adattarsi a regole precostituite. Il suo genio un po’ visionario conquista Citroën che nel mese di marzo del 1933 gli affianca una squadra di progettisti e gli dà dodici mesi di tempo per realizzare un’automobile a trazione anteriore con queste caratteristiche: consumo di sette litri per cento chilometri, velocità di 100 km/h, quattro posti, 800 kg di peso, prezzo non superiore ai 15.000 franchi, carrozzeria a scocca portante in acciaio, cambio automatico. La squadra che affianca Lefebvre è composta da specialisti come Sainturat per il motore, Forceau per il cambio, l’italiano Bertoni per la linea della carrozzeria, Lemaire e d’Aubarède per la sospensione motrice, Grégoire per i giunti cardanici. Non mancano momenti di sperimentazione un po’ folle come quando, per testarne la robustezza, Lefebvre e i suoi compagni decidono di lanciare un prototipo da una scarpata alta sette metri e, vita la inaspettata resistenza, di ripetere l’esperimento con un modello di serie, riprendendo il tutto per un breve film che a partire dal maggio del 1934 verrà proiettato ogni giorno nei Magasins Citroen degli Champs Elysées di Parigi. Tra follie e problemi la vettura è pronta nei tempi prefissati. Nel mese di marzo del 1934 viene presentata ai concessionari che la possono offrire ai clienti al prezzo di lancio 17.700 franchi. In pochi mesi vengono consegnate 25.000 Traction Avant, ma la definitiva consacrazione avviene al Salone dell’Automobile di Parigi nel mese d’ottobre quando i francesi fanno la fila davanti allo stand della Citroën per ammirare ben dieci modelli diversi di Traction Avant: tre 22 CV a otto cilindri, cinque 11 cv e due 7cv. L’occupazione nazista della Francia e le devastazioni della Seconda Guerra mondiale non riusciranno a cancellare la vettura dal cuore dei francesi. Alla fine della guerra la produzione ripartirà con immutato successo e la Traction Avant continuerà a restare tra le vetture più vendute fino agli anni Cinquanta quando uscirà di produzione.