Il 21 aprile 1956 arriva per la prima volta nelle edicole “Il Giorno”, un quotidiano milanese nato per iniziativa dell’ENI di Enrico Mattei che ottiene un rapido e inaspettato successo per la sua originalità. Il nuovo giornale, pur essendo dipendente dagli interessi dell’industria di Stato, riesce a farsi interprete del grande desiderio di modernità che percorre l’Italia. Aperto alla circolazione dei fatti e delle idee e diretto da Gaetano Baldacci ha un aspetto grafico ispirato a quello del “Daily Express”, uno dei più diffusi quotidiani britannici. A differenza delle testate tradizionali, che vedono nel capofamiglia il loro principale destinatario, “Il Giorno” per la prima volta nella storia della stampa quotidiana cerca di rivolgersi all’intera famiglia, compresi i più piccini, ai quali è dedicato un inserto settimanale a fumetti.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
21 aprile, 2022
20 aprile, 2022
20 aprile 1875 - Walter P. Chrysler l'ex ferroviere con la passione dei motori
Il 20 aprile 1875 nasce a Wamego, nel Kansas, Walter P. Chrysler un tipo intraprendente che, dopo essersi fatto le ossa in ferrovia si fao catturare dalla passione dei motori. Nel 1924 fonda a Detroit una casa automobilistica cui dà il suo nome. Nell’anno della nascita della società viene messa sul mercato la Chrysler Six, una vettura potente e relativamente ingombrante per l’epoca ma, quel che più conta, viene venduta a un prezzo molto inferiore alla concorrenza anticipando le intuizioni relative alla possibile motorizzazione di massa. La linea dei modelli Chrysler si allarga subito su quattro serie separate, una delle quali è l’Imperial, un’automobile di lusso dalle prestazioni eccezionali, mentre l’intera produzione inizia a definire quelle che saranno le caratteristiche principali della casa automobilistica: affidabilità e innovazione tecnica. Le vetture dimostrano anche di poter competere sul piano sportivo tanto che nel 1928 due Chrysler ottengono il terzo e il quarto posto assoluto alla tremenda 24 di Le Mans. Nel 1934 la Airflow stupisce per l’azzardo tecnico e concettuale. Si tratta di un’automobile destinata a essere prodotta su larga scala progettata con l’aiuto di una galleria del vento. Con questa vettura vengono ridefinite le regole di progettazione delle automobili e l’innovazione trova un’applicazione più convenzionale l’anno successivo nei modelli Airstream. Negli anni seguenti arrivano la Fluid Drive, una frizione idraulica abbinata al cambio semiautomatico Vacamatic che elimina il 95% dei cambi di marcia. All’inizio degli anni Quaranta l’intera gamma viene rinnovata esteticamente mentre la presa d’aria del radiatore si amplia sino a coprire l’intera superficie frontale. Nello stesso periodo nasce il modello Town & Country, prodotto in serie limitata con cornici di intelaiatura in legno, che può essere considerato la prima station wagon di alta qualità. Proprio nel 1940 muore Walter P. Chrysler ma la sua azienda non si fermerà.
19 aprile, 2022
19 aprile 2003 – Nascondersi non paga mai. Parola di Ani Di Franco
Il 19 aprile 2003 arriva nei negozi italiani l’album Evolve di Ani DiFranco. La cantante ha detto «Nascondersi non paga mai». E per dimostrarlo è tornata in sala di registrazione la ribelle, femminista, anticonformista e, in fondo, un po' comunista, alfiera di quel pugno di ragazze sospese tra la ribellione del punk e le radici del folk chiamate "riot grrrl". Evolve è il suo nuovo album che, come il precedente doppio Revelling Reckoning, dal folk sembra spostare la ricerca musicale verso umori funky. «I’m trying to evolve» (sto cercando di evolvere). In queste parole, che regalano il titolo al disco c'è il senso della vita e della carriera di Ani DiFranco, in continua fuga dai compromessi e dalle trappole della normalità quotidiana, non per snobismo o per scarso senso di responsabilità, ma perché vive le lezioni del femminismo e sa bene che il mondo si cambia cominciando da sé. Evolve è arrivato inaspettato, ad appena sei mesi dal doppio live So much shouting, so much laughter, smentendo quei critici che vedevano il live come la chiusura di una tappa del percorso musicale della cantautrice. Non è un caso che con lei nel disco ci sia la band che l'ha accompagnata negli ultimi concerti, composta da Julie Wolf, Jason Mercer, Daren Hahn e Hans Teuber più il trio di trombe formato da Ravi Best, Shane Endsley e Todd Horton. Che l'ultima tappa sia questa e dopo ci sia un ritorno alle esibizioni solitari con chitarra e sentimento? In fondo se anche fosse così a chi importa? Ani DiFranco fin dal debutto si è sempre sottratta alle regole del music business seguendo più l'ispirazione che gli uffici marketing. Oggi torna puntuale a regalarci una serie di preziose perle musicali condite da testi mai banali in un disco che spazia dal folk nero al talkin’ blues al jazz passando per le sue ballate tenere e cattive nello stesso tempo. L'uscita del disco e l'inevitabile campagna promozionale non le hanno impedito di prendere posizione sulla guerra che, come chi la conosce poteva immaginare, è stata dura, diretta e senza alcuna mediazione: «George W. Bush non è un presidente, l'America non è una vera democrazia. I mass media non mi prendono in giro e questa guerra fa schifo». Chiaro? Nessuno può permettersi di dubitare sulla capacità di discernimento della "riot grrrl", che, sia detto per inciso, nel 1999, ha inciso una versione de L'internazionale insieme a un altro folk singer, Utah Phillips, in un album dal titolo Fellow Workers (compagni lavoratori). Del resto chi può permettersi di farla tacere? Le minacce dello star system fanno il solletico a una come lei, che si autogestisce fin dal primo album, e, senza venire mai a patti con il music-business, è riuscita ugualmente a vendere milioni di dischi. La radicalità è parte essenziale della sua stessa concezione artistica, aggressiva quando è necessario («…ogni cosa può essere un’arma, se tu ti aspetti che lo sia»), ma capace di slanci solidaristici e di un rapporto profondo con gli emarginati del suo paese. L'America nella quale lei si riconosce è la stessa di Woody Guthrie e dei grandi folksinger di strada, anima e voce della lotta di classe e per i diritti civili. «Mi sento figlia dell’esperienza storica del folk. Ho cominciato come tanti folksinger a suonare nelle "coffee house" e il mio percorso è stato simile a moltissimi altri: son partita da una comunità ben definita per poi cercare di parlare al numero maggiore di persone possibile». Il suo ultimo album ne conferma la capacità straordinaria di leggere la realtà, di interpretarla e di non farsi trascinare nel gorgo dell'acquiescenza al buon senso comune. È un modo di capire la realtà per trasformarla, per scovarne le contraddizioni e farle esplodere. In politica si chiama "militanza", termine che conviene usare con giudizio quando si parla con lei, perché la risposta è già stata scritta: «Militanza è una parola che, in astratto, non mi dice niente, ma convengo che abbia un senso se significa una ricerca di identità forte».
18 aprile, 2022
18 aprile 1946 – Georges Ulmer registra "Pigalle"
Per Georges Ulmer Pigalle rappresenta il più grande successo della sua carriera. La canzone destinata a regalargli l’immortalità viene depositata alla SACEM, l’ente francese che tutela i diritti d’autore, nel 1945 ed è firmata da lui per la musica e da Géo Kroger per le parole. Registrata per la prima volta il 18 aprile 1946 in una fortunata seduta nella quale vengono fissate su disco anche canzoni come Un petit bout de femme e C’est loin tout ça, Pigalle si tramuta in breve tempo in un successo mondiale. Ulmer, però, non è il tipo da dormire sugli allori. Incassato il successo di Pigalle non si ferma. Lavora a nuove canzoni e soprattutto si guarda un po’ in giro per annusare l’aria, cercare nuovi stimoli e ascoltare nuove musiche. In questo suo vagabondaggio culturale incontra una coppia di cantanti e autori che sta cominciando a farsi notare nei locali parigini. Si chiamano Pierre Roche e Charles Aznavour. A loro chiede in prestito un brano e lo incide su disco. Si intitola J’ai bu e gli varrà la conquista del Grand Prix di Disque.
17 aprile, 2022
17 aprile 1999 – Silvana Simone per la libertà del popolo curdo
Il 17 aprile 1999 a Bonn, in Germania, alla manifestazione per la libertà del popolo Curdo, di fronte a duecentocinquantamila persone appare una cantante dalla testa bionda e con una chitarra. Inizia a cantare e pian pian piano conquista l’immenso pubblico. In Italia il sitema non la ama troppo eppure la sua è una voce importante, dall'estensione straordinaria e dai mille colori, che si arrampica agile su canzoni mai banali che parlano d'amore, di pace, di utopia e di battaglie "dalla parte del torto". C'è chi ha scritto di lei che «è una cantautrice che spiazza» con le sue poesie in musica per la capacità di raccontare storie e sensazioni, senza indulgere in ammiccamenti. Sarà per questo che non ha mai avuto vita facile nel music business, nonostante le belle parole e le pacche sulle spalle. Ricordo di avere ascoltato per la prima volta alla metà degli anni Ottanta, poco tempo dopo la pubblicazione la demo del suo brano "Non si interrompono i sogni". Perché potesse finire su disco c'è voluto più di un decennio, tanti sono gli anni che separano il suo primo album Almeno tentare dal secondo L'utopia ti cingerà la vita del 1997. Incapace di scendere a patti con la sua coscienza ha vissuto di concerti dal vivo. Nel 2001 due anni dopo il concerto di Bonn riesce finalmente a pubblicare un nuovo CD, anzi due: un album intitolato Armonia novella e una sorta di singolo con la versione italiana della Marcia mondiale delle donne scritta dalle canadesi Karen Young e Janet Lumb, cui sono abbinati altri quattro brani scelti "non a caso" tra quelli già pubblicati. In entrambi i lavori la affiancano quelli che per qualche tempo sono diventati i suoi inseparabili compagni di strada: il nero e massiccio percussionista Karl Potter e il bianco ed etereo chitarrista e tastierista Roberto Genovesi. La linea e l'ispirazione dei due CD sono identiche. Sono nati sotto la stessa stella e hanno anche un brano che li unisce: è Merci (Grazie), una canzone in francese che sembra una preghiera laica. Ma mentre Marcia mondiale delle donne gira inevitabilmente tutto intorno all'inno che gli dà il titolo, Armonia novella è un disco più complesso e con maggior respiro. Si apre con La danza nel freddo, il brano ispirato al calvario del popolo curdo e si chiude con Sulla sabbia una delicata (ma non troppo) poesia d'amore. In mezzo c'è la tenerezza, la rabbia e la voglia di lottare di un'artista che non rinuncia coniugare l'impegno con la gioia di vivere perché anche nei momenti più difficili, nel «delirante frastuono, c'è dell'altro nell'aria…». E poi c'è l'ironia, un'arma che Silvana usa in modo devastante in Mercati mentali («com'è bello il discografaro/ha tutto il genio del somaro»), con ottimismo e determinazione. I due dischi sono un po' la trasposizione delle due facce di una cantautrice che fatica a farsi accettare per quello che è: una donna che canta e scrive parole e musica senza pensare allo sbocco commerciale. In altri paesi probabilmente, sarebbe un personaggio importante. Da noi fatica a trovare spazio.
16 aprile, 2022
16 aprile 2004 - Ruggeri: sono stato punk (prima di te)
Il 16 aprile 2004 Enrico Ruggeri pubblica l'album Punk (Prima di te). «Sono stato punk prima di te/sono stato più cattivo io/Suonavo l’heavy metal quando tu/eri chiuso nell’asilo… Sono stato punk prima di te/e mi sono fatto male…». Nel 1990 Enrico Ruggeri inseriva nell’album Il falco e il gabbiano il brano Punk (prima di te) una sorta di rivendicazione del proprio passato diretta ai cloni di ritorno del punk rock targato MTV. Era un sussulto d’orgoglio nell’anno in cui apriva gli occhi al mondo suo figlio Pico. Oggi quella canzone diventa il titolo di un album che, come un vecchio Lp, è diviso in un due parti. Nella prima ci sono sette brani pescati nel proprio repertorio degli anni Settanta con i Decibel e nella seconda sette cover dei “maestri”: Sex Pistols, David Bowie, Clash, Velvet Underground, Ramones, Mott The Hoople e Stranglers. Chi conosce l’epoca in cui ha mosso i primi passi l’intelligente cantautore milanese sa che è figlio di una generazione che ha spesso preso vie oblique, attraversando la musica con la curiosità dei neofiti e, qualche volta, è approdata sul lido dei furbi smentendo se stessa e le proprie scelte passate. Chi, vedendo Jo Squillo, potrebbe collegarla oggi alla leader delle Kandeggina Gang, la più arrabbiata e alternativa band femminile della Milano degli ultimi anni Settanta? E chi potrebbe credere che lei fosse una delle anime del Centro Sociale Occupato Santa Marta, un perno della musica alternativa in cui si agitavano Alberto Camerini, Eugenio Finardi, i Kaos Rock e molti artisti oggi incamminati su strade diverse. Molti di quelli che hanno provato a scrivere la storia di quegli anni si sono fatti catturare dai pregiudizi sul destino di tanti protagonisti o dal fatto che il punk italiano dell’epoca si interseca con l’ultimo drammatico sussulto dei movimenti prima dei devastanti anni Ottanta. Il merito di Enrico Ruggeri è quello di avere aperto uno scrigno personale senza temere che fosse un Vaso di Pandora. Lo fa con il pretesto di “erudire il pupo”, di mostrare, cioè a suo figlio Pico, all'epoca quattordicenne e ritratto sulla copertina con i vecchi occhiali bianchi del padre, che nella musica, come nella vita, quanto accade oggi non nasce dal nulla, ma è figlio di ciò che è stato ieri. Il risultato è un disco che, senza indulgere nella nostalgia, può fare da apripista a una riscoperta delle perle nascoste nelle pieghe della nostra storia musicale. Gli danno una mano il fedele Luigi Schiavone, già nei Kaos Rock e poi con lui al tempo dell’avventura degli Champagne Molotov, il tastierista Pino Di Pietro, il bassista Lorenzo Poli e il batterista Nano Orsi.
15 aprile, 2022
15 aprile 1987 - La prima di "Genesi" di Battiato
Il 15 aprile 1987 Franco Battiato presenta la sua prima opera lirica. La storia della canzone italiana è ricca di esempi di compositori lirici che si sono cimentati nella composizione di canzoni. La stessa storia della canzone affonda le sue radici nel melodramma. Nessun compositore ‘leggero’, però, ha mai fatto il percorso inverso passando dalla canzone alla lirica. Il compito di colmare la lacuna se lo assume Franco Battiato che il 15 aprile 1987 al teatro Regio di Parma, uno dei templi del melodramma italiano, presenta in prima assoluta l’opera “Genesi” che segna il suo debutto nel mondo della musica lirica. Il cantautore siciliano non è nuovo ad avventure "musicali" diverse dalla semplice "canzone" sia pur colta, come dimostrato dalla parentesi "sperimentale" degli anni Settanta.
14 aprile, 2022
14 aprile 1932 - Bobby Davis, detto Top Hat, un bluesman alla batteria
Il 14 aprile 1932 nasce a Dallas, in Texas, il bluesman Bobby Davis, detto "Top Hat". Batterista con un buon talento anche per le tastiere è un cantante dalle ricche sfumature. Rappresentante del moderno blues di Chicago, muove i primi passi nel mondo dello spettacolo esibendosi come ballerino nei club di Dallas. Nel 1949 passa alla batteria e debutta con il sassofonista Buster Smith. Suona poi con Red Calhoun e dai primi anni Cinquanta con Zuzu Bollin, Adolphus Sneed, Li'l Son Jackson, Big Bo Thomas e Danny Davis. Nella seconda metà degli anni Cinquanta alla batteria affianca anche qualche escursione al pianoforte. In quel periodo suona con le orchestre di Roscoe Gordon, Class Evans e T -Bone Walker e nel 1958 si trasferisce a Houston nel Texas, dove si esibisce con Albert Collins, al Down Beat Club e con Wademouth Brown al Melody Club. Dopo un breve giro nell'Arkansas, all'inizio degli anni Sessanta si stabilisce a Chicago. Qui lavora come free-lance al fianco di Willie Mabon, Jimmy Rogers, Mighty Joe Young e Charles Brown. Nel 1962 forma il Big Three Trio con Jody Williams. Nel 1966 lascia la batteria per passare all'organo e da' vita a un gruppo che comprende la sorella Loretta alla batteria e Dorothy "Foots" Jones, una ballerina e suonatrice di wash-board. Negli anni Settanta si sperimenta su nuove contaminazioni con il pop incurante delle accuse dei tradizionalisti che gli rimproverano di essere scivolato su registri troppo commerciali.
13 aprile, 2022
13 aprile 1934 - Lucia Altieri, la cantante italiana di Cuba
Il 13 aprile 1934 nasce a Foggia la cantante Lucia Altieri. Il suo vero nome è Lucia Nasillo e nei primi anni di carriera si esibisce con quel nome. Diventa Altieri soltanto dopo il matrimonio con Gianni Altieri. Dopo aver ottenuto buoni risultati in vari concorsi per voci nuove nel 1961 partecipa al IX Festival della Canzone Napoletana dove arriva in finale con 'O passato. Al Festival di Sanremo del 1962 interpreta in coppia con Wilma De Angelis, Lumicini rossi e nello stesso anno torna al Festival di Napoli con Tu staje sempre cu mme. Nel 1965 vince con Thanks il festival di Malta e nel 1967 rappresenta l'Italia al primo Festival Internazionale della Canzone Popolare dove arriva al secondo posto con la canzone Se potessi amare te. Negli anni Settanta si trasferisce a Cuba, dove organizza, in collaborazione con il Ministero della cultura, rassegne e concerti di musica internazionale.
11 aprile, 2022
11 aprile 1949 - Herbie Haymer, uno dei migliori tenorsassofonisti degli anni Trenta e Quaranta
L'11 aprile 1949 mentre sta tornando da una seduta in studio di registrazione muore in un incidente d'auto a Santa Monica, in California, il tenorsassofonista e clarinettista Herbie Haymer. Il suo vero nome è Herbert Haymer ed è nato a Jersey City, nel New Jersey, il 24 luglio 1915. Inizia giovanissimo e negli anni Trenta viene scritturato dalla Carl Sears-Johnny Watson Band a New York. Dopo un breve periodo trascorso con le orchestre di Rudy Vallee e di Charlie Barnet, nel 1936 entra a far parte del gruppo di Red Norvo con il quale rimane per due anni. Nel 1938 si unisce alla big band di Jimmy Dorsey con sui resta fino al 1941. Dal 1942 al 1944 suona con le formazioni di Woody Herman, Kay Kyser, Benny Goodman e Dave Hudkin. Dopo un breve periodo di ferma militare nel 1944 entra nella formazione di Red Nichols e nel 1947 passa con Benny Goodman nel 1947. È considerato uno dei migliori tenorsassofonisti degli anni Trenta e Quaranta.
10 aprile, 2022
10 aprile 1930 - Claude Bolling, pianista precoce di provenienza classica
Il 10 aprile 1930 nasce a Cannes, in Francia, il pianista Claude Bolling. Musicista precoce cresce nell'ambito della musica classica e nel 1944 dopo aver vinto il Tournoi des Amateurs, prende parte ai concerti organizzati dall'Hot Club di Francia all'École Normale di Musica. Nel 1945 forma un gruppo di jazz tradizionale, considerato insieme a quelli di Claude Abadie e Claude Luter, uno dei primi tre ensemble tradizionali sorti in Francia nel secondo dopoguerra. Nel 1948 accompagna la cantante Bertha “Chippie” Hill nell'esibizione per la Grande Settimana del Jazz. Successivamente suona con personaggi come Roy Eldridge, Lionel Hampton, Rex Stewart, Albert Nicholas, Cat Anderson Paul Gonsalves, Carmen McRae, Thad Jones e tanti altri. Nel 1955 forma la sua prima big band la cui esistenza è resa instabile da difficoltà di ogni tipo. Dopo aver constatato che in quegli anni il permanere di una grande orchestra stabile di jazz in Francia è estremamente difficile, riesce periodicamente a riunire alcuni dei migliori musicisti francesi in una formazione che sotto il nome di Show Bizz Band si esibisce in concerti, alla radio, alla televisione, incidendo dischi di grande qualità. Parallelamente lavora spesso con musicisti classici realizzando brani famosissimi come la Sonate pour Deux Pianos con Jean Bernard Pommier, il Concerto pour Guitare con Alexandre Lagoya e la Suite pour Flute et Piano Jazz. Compone anche numerose colonne sonore.
09 aprile, 2022
9 aprile 2004 - Ama la musica odia il razzismo
Il 9 aprile 2004 molti giornali riferiscono della nascita di un nuovo significativo movimento musicale. Si chiama “Love Music, Hate Racism” (Ama la musica, odia il razzismo), è nato da qualche mese in Gran Bretagna ma sta già dimostrando grande vitalità. È figlio dichiarato dell’associazione Rock Against Racism fondata alla fine degli anni Settanta da artisti come Billy Bragg, Clash, Tom Robinson, X-Ray Spexs, i Buzzcocks e Steel Pulse per contrastare l'estrema destra aggressiva e xenofoba. Oggi, di fronte alla ripresa di consensi del British National Party e soprattutto dopo la incredibile scelta di Eric Clapton di difendere pubblicamente le posizioni del razzista Enoch Powell la musica ha deciso di tornare in piazza. Tra i primi a prendere l’iniziativa spiccano i nomi della dominatrice delle classifiche Ms. Dynamite e dei Libertines, uno dei gruppi di maggior successo dell’ultima generazione. La strada che intendono seguire è quella percorsa nel passato: spendere la propri popolarità e la propria musica per una mobilitazione delle coscienze e delle persone contro i rigurgiti razzisti e nazisti. Fin dai primi, affollatissimi, concerti molti dei “vecchi" protagonisti si sono affiancati ai giovani, compreso Mick Jones dei Clash che non ha perso l’occasione per salire sul palco e suonare con i Libertines.
08 aprile, 2022
8 aprile 1938 – King Oliver, una leggenda del jazz
L’8 aprile 1938 a Savannah, in Georgia, muore il cornettista Joseph Joe Oliver, considerato una leggenda del jazz con il nome d’arte di King Oliver. Nato a New Orleans, Louisiana, il 11 maggio 1885 con lui il jazz cessa di essere un emento del folclore di New Orleans per assurgere al rango di genere musicale universalmente riconosciuto. Il fraseggio e la sonorità della sua cornetta sono rimasti un punto di riferimento per molte generazioni di musicisti a lui succedute. Muove i primi passi musicali in varirie brass band popolarissime nella sua città come la Olympia, la Eagle e la Magnolia Band. Successivamente passa con i Four Hot Hands di Richard M. Jones, imponendosi al pubblico come il più agguerrito rivale di Freddie Keppard, dominatore della scena jazzistica della Louisiana degli anni Dieci. Quando Keppard lascia New Orleans, Oliver si installa stabilmente al Pete Lala Saloon, uno dei locali più in vista della città dove conosce Clarence Williams, uno dei musicisti-impresari più importanti della musica nera di quegli anni che nel 1914 lo vuole con sé in una lunga tournée negli stati del sud che regala al cornettista popolarità e successo. Tornato a New Orleans inizia a collaborare con il trombonista Kid Ory fino a quando l'avvento del proibizionismo e la chiusura di gran parte dei locali lo costringe come altri a emigrare verso Chicago. Qui King Oliver suona contemporaneamente in due club: il Royal Gardens e il Dreamland Café. Per lui sono anni di grande fortuna. Diventa nei fatti il direttore e manager del Dreamland, suona al Pekin Cabaret, manda in vibilio critica e pubblico al Pergola Dancing Pavillon di San Francisco e poi se ne va a Los Angeles dove incontra un altro grande emigrato da New Orleans, Jelly Roll Morton. La sua Creole Jazz Band all’inizio degli anni Venti schiera una formazione stellare con lui e Louis Armstrog alla cornetta, Johnny Dodds al clarinetto, Honoré Dutrey al trombone, Lil Hardin al pianoforte, Baby Dodds, fratello di Johnny, alla batteria e Bill Johnson al basso. Nel 1924 inizia la parabola discendente. Uno dopo l'altro lo abbandonano i suoi migliori solisti. Honoré Dutrey viene sostituito da Calvin “Zue" Robertson, Dodds da Buster Bailey e Rudy Jackson. Lo stesso Armstrong, ormai marito di Lil Hardin, la raggiunge a New York e si lascia coinvolgere nella nuova avventura dell'orchestra di Fletcher Henderson. A tutte queste defezioni si aggiungono i colpi del destino. Un incendio scoppiato mentre sta per debuttare con una grossa orchestra al Lincoln Gardens rinnovato lo manda sul lastrico. King non s’arrende. Accetta di suonare nell'orchestra di Dave Peyton al Plantation Café, fin quando non riesce a rimettere in piedi una propria formazione, i Dixie Syncopators. Incredibile, ma vero, anche il Plantation Café viene distrutto dalle fiamme e Oliver per l'ennesima volta si ritrova senza lavoro. I Dixie Syncopators girano per gli Stati Uniti ma i tempi stanno cambiando. Pian piano quasi tutti i musicisti che stanno con lui se ne vanno a cercare fortuna altrove mentre Oliver comincia a essere perseguitato da una malattia terribile per chi deve suonare la cornetta: la piorrea, che colpisce le gengive e progressivamente fa cadere i denti. Negli ultimi anni di vita King Oliver non incide più un disco, suona saltuariamente e in locali fuori dal giro. La più terribile e cruda testimonianza del tramonto del vecchio re è evidente nelle lettere scritte alla sorella da Savannah, in Georgia, dove si è rifugiato adattandosi a fare ogni tipo di mestiere dopo aver venduto la preziosa tromba per comprare una dentiera. Scrive nel novembre del 1937: «Se mi accadesse qualcosa desidereresti avere il mio corpo? Fammelo sapere al più presto perché non penso che vivrò ancora a lungo, soprattutto se non posso curarmi. Qui non è come a New York o a Chicago... Se vuoi farti curare devi sborsare un mucchio di banconote verdi...». Quando muore per emorragia cerebrale fa il custode di una sala da biliardo.
07 aprile, 2022
7 aprile 1979 - Luciano Tajoli re di Toronto
Accolto come un re, nel 1979 Luciano Tajoli torna per l’ennesima volta in Canada. Lo attendono sei concerti organizzati da Bob Vinci, uno dei maggiori impresari del paese. Il debutto è previsto per sabato 7 aprile a Toronto, ma da tempo i biglietti per il concerto sono esauriti. I giornali parlano di lui come di un «...artista che in quarant’anni di carriera è riuscito ad assurgere all’Olimpo dello spettacolo internazionale» e lo paragonano a Louis Armstrong, Marlene Dietrich e Duke Ellington. Luciano legge e commenta: «Se raccontassi questi giudizi ai giornalisti italiani, probabilmente mi prenderebbero per matto, ma da noi c’è sempre questa strana voglia di distruggere l’immagine dei personaggi pubblici dopo averla costruita magari artificialmente. In fondo nel mio paese i personaggi veri e quelli inventati si confondono». La vena polemica non è del tutto ingiustificata, ma occorre aggiungere che la stima di cui gode nel nordamerica gli lascia anche maggior libertà interpretativa, consentendogli esperienze musicali diverse da quelle abituali. Si può dire che il pubblico canadese e statunitense conosce un Tajoli diverso dall’immagine che il cantante ha in Italia. Nei suoi concerti, per esempio, si diverte a presentare alcune canzoni tradizionali riarrangiate su schemi ritmici jazzati, alla maniera dei ‘crooner’.
06 aprile, 2022
6 aprile 2002 – Ken Livingston e Londra città della musica
Il 6 aprile 2002 la notizia arriva anche in Italia. Ken "The Red" Livingston, l'uomo che amministra Londra dopo aver sconfitto "da sinistra" laburisti e conservatori, non cessa di stupire. L'ultimo suo annuncio riguarda l'intenzione di rendere stabile e consolidato il rapporto già intenso con il mondo della musica. "Ken il rosso", dopo aver finanziato i progetti di educazione e di elaborazione musicale per i giovani delle periferie, ha deciso di andare oltre. Il suo progetto, infatti, è quello di «trasformare Londra nella culla mondiale della musica, delle arti e delle industrie “creative”. Forte dell'esperienza e del prestigio acquisito sul campo, nonché dell'appoggio di un elenco impressionante di artisti, il sindaco londinese ha avviato una serie di confronti per raccogliere idee, suggerimenti e progetti impegnandosi a modificare i piani di sviluppo economico della città. Non mancano le critiche. Gli ambienti conservatori lo accusano di muoversi «solo sul piano della propaganda", mentre una parte dei laburisti osserva che la proposta pecca di «scarsa concretezza». Imperturbabile, come sempre, Ken il Rosso non si è lasciato impressionare e ha risposto per le rime. Ricordando il prezioso valore sociale assunto in questi anni dalla musica e dalle arti in genere, ha rigettato al mittente le accuse di "scarsa concretezza": «I settori creativi sono il cuore della capitale e rappresentano per Londra una delle sorgenti di crescita economica più significative e a più rapido sviluppo. Il loro futuro stato di salute è di estrema importanza, considerando che questo comparto dà lavoro a oltre quattrocentomila persone». Non lo dice, ma si capisce che alla base di tutto c'è l'idea di fondo del suo programma elettorale: insieme alla lotta contro le privatizzazioni dei servizi e alla difesa degli spazi pubblici della città, è la creatività culturale e la sua capacità di parlare con molte lingue la linfa che può alimentare il "rinascimento" sociale e civile della città.
05 aprile, 2022
5 aprile 1925 - Stan Levey, uno dei migliori batteristi di scuola moderna
Il 5 aprile 1925 nasce a Philadelphia, in Pennsylvania, il batterista Stan Levey. Considerato tra i migliori batteristi di scuola “moderna" comincia a interessarsi di musica studiando piano e arrangiamento alla high school. La prima scrittura di un certo rilievo la ottiene nel 1942 al Down Beat Club di Philadelphia con Dizzy Gillespie e l’anno dopo suona a New York con Oscar Pettiford e Barney Bigard. Quando nel mondo del jazz inizia a farsi strada la rivoluzione dei boppers Stan Levy suona al Three Deuces, un club della 52a strada di New York, in trio con il pianista italo-americano Joe Albany e il contrabbassista Curly Russell. Al trio si aggiunge poi Charlie Parker e qualche tempo dopo Dizzy Gillespie. Levy ha così l'opportunità di suonare accanto a due dei padri fondatori del be bop destinati ad avere una grande influenza sulla sua maturazione stilistica. Con il quintetto di Parker e Gillespie resta fino a tutto il 1945. Successivamente suona con Gillespie al Billy Berg's di Hollywood. Negli anni dal 1946 al 1952 suona con Woody Herman, George Auld, Charlie Ventura e George Shearing. Nel 1952 viene scritturato da Stan Kenton per sostituire Shelly Manne. Nel 1954 suona con il contrabbassista Howard Rumsey alla Lighthouse di Hermosa Beach divenendo ben presto una delle figure di primo piano della West Coast. Muore a Van Nuys, in California, il 19 aprile 2005.
04 aprile, 2022
4 aprile 1949 - L’Italia nella NATO
Il 4 aprile 1949 l’Italia entra a far parte della NATO. «De Gasperi paga all’America il debito della sua campagna elettorale svendendo la sovranità italiana». Così titolano i giornali di sinistra in un’Italia che si spacca in due di fronte alla prospettiva di aderire a un sistema integrato di difesa contro i paesi dell’Est sotto il comando degli Stati Uniti. Grandi manifestazioni di piazza, scioperi e una massiccia mobilitazione delle forze contrarie al cosiddetto ‘Patto Atlantico’ precedono un dibattito parlamentare il cui esito appare scontato, alla luce del peso preponderante che la Democrazia Cristiana ha in entrambe le camere. Nasce anche il Movimento dei Partigiani della Pace, animato innanzitutto da comunisti e socialisti, di cui fanno, però, parte gruppi significativi d’ispirazione laica e cattolica. L’idea di una forza militare coordinata evoca scenari di guerra in un periodo in cui ancora troppo fresche sono le ferite umane e materiali e i segni delle distruzioni del recente conflitto. Una grande parte degli intellettuali lancia appelli e si mobilita in prima persona chiedendo al parlamento italiano di operare una scelta di neutralità. Le forze politiche e gli ambienti favorevoli all’accordo, invece, sostengono l’ineluttabilità di questa scelta per difendersi dal ‘pericolo rosso’ e paventano il rischio di invasioni da est contro le quali un’Italia disarmata non potrebbe reagire. Il clima è quello della guerra fredda tra due grandi potenze, USA e URSS, che si sono già accordate per divisione del mondo in due diverse aree di influenza. Un’Italia neutrale non rientra nei disegni dei nuovi occupanti statunitensi, vista anche la sua collocazione geografica di primaria importanza strategica nello scacchiere del Mediterraneo. Qualche perplessità sulla scelta emerge anche nello schieramento governativo, ma la ragion di Stato alla fine prevale. Dopo un’aspra battaglia parlamentare delle sinistre, che usano anche lo strumento dell’ostruzionismo, la decisione viene infine assunta e il 4 aprile 1949 l’Italia entra a far parte del ‘Patto Atlantico’.
03 aprile, 2022
3 aprile 1922 - Carlo Lizzani, un regista cresciuto alla scuola del neorealismo
Carlo Lizzani nasce a Roma il 3 Aprile 1922. Il suo primo incontro con il cinema avviene all’inizio degli anni Quaranta quando scrive articoli di critica per le riviste “Cinema” e “Bianco e nero”. Nel 1946 partecipa attivamente al neorealismo sceneggiando “Il sole sorge ancora” di Aldo Vergano cui prende parte anche come attore insieme a Gillo Pontecorvo. Varie sceneggiature al fianco di De Santis, Rossellini, Lattuada precedono il debutto alla regia nel 1951 con “Achtung, banditi”, il primo di una lunga serie di lavori sul tema dell’antifascismo. Nel 1954 ottiene un grande successo con “Cronache di poveri amanti”, riduzione cinematografica dell’omonimo romanzo di Vasco Pratolini. Negli anni successivi si misura con vari generi, dal comico al documentario, al western anche se la grande scuola del neorealismo gli consente di esprimersi al meglio nella trasposizione filmica della storia e della cronaca. Tra i film più importanti della sua carriera ci sono “Lo svitato” nel 1954, “Il processo di Verona” e “La vita agra” nel 1963, “Svegliati e uccidi” nel 1965, “Banditi a Milano” e “Requiescant” nel 1967, “L’amante di Gramigna” nel 1968, “Roma bene” del 1971, “Mussolini ultimo atto” del 1974, “San Babila ore 20 un delitto inutile” nel 1976, “Nucleo Zero” nel 1984, “Cattiva” nel 1991, “Celluloide” nel 1995 e “Hotel Meina” del 2007. Muore a Roma il 5 ottobre 2013.
02 aprile, 2022
2 aprile 2007 - Nasce l’Auditel del satellite
Il 2 aprile 2007 per la prima volta nella storia della televisione italiana, l’Auditel, l’ente specializzato nella rilevazione dei dati relativi all’ascolto televisivo, comunica gli indici d’ascolto dettagliati di ciascun canale satellitare e non più soltanto il dato complessivo della piattaforma Sky. La pubblicazione dei risultati dei rilevamento evidenzia alcune sorprendenti novità con una radicale modifica delle gerarchie che fino a quel momento hanno regolato il mercato pubblicitario.
01 aprile, 2022
1° aprile 1927 - Amos Milburn, il bluesman dal tocco potente della mano destra
Il 1° aprile 1927 nasce a Houston, Texas il cantante e pianista Amos Milburn. Comincia a suonare il piano fin da giovanissimo esibendosi la domenica in chiesa e il sabato sera nei barrelhouse locali. Proprio in quelle serate negli affollati ritrovi acquista quel tocco potente della mano destra che sarebbe divenuto la chiave di volta del suo successo. Durante la guerra si arruola nei marines e per lungo tempo se ne sta fermo in California dove impara a conoscere il blues sofisticato e urbano che in quel periodo sta nascendo in quella regione. Influenzato dai primi successi di Charles Brown, Nat King Cole e Roy Milton, alla fine della guerra forma un'orchestra simile a quella di Milton ma con in più una ritmica molto forte che da all'insieme uno swing irresistibile. Il grande successo arriva quando all'orchestra si unisce il sassofonista Maxwell Davis. A partire dal 1953 Milburn riduce progressivamente la sua attività. Muore il 3 gennaio 1980.
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