Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
02 settembre, 2022
2 settembre 1986 – Il precoce talento di Debbie Gibson
01 settembre, 2022
1° settembre 1979 - Sette pazzi scatenati
31 agosto, 2022
31 agosto 1976 - Quel copione di George Harrison
30 agosto, 2022
30 agosto 1961 : Roberto Ciaramella, la più bella voce d'angelo
29 agosto, 2022
29 agosto 1911 - Marcel Bianchi, la miglior chitarra dopo Django Reinhardt
26 agosto, 2022
26 agosto 1994 - Rap, coltelli e tanti soldi
25 agosto, 2022
25 agosto 1973 - Tetsu Yamauchi non può far parte dei Faces perché non è inglese
23 agosto, 2022
23 agosto 1995 - Nina non subisce, Nina spara!
19 agosto, 2022
19 agosto 1906 - Manzie Johnson e il sogno di una vita ad Harlem
16 agosto, 2022
16 agosto 1977 – Muore Elvis
13 agosto, 2022
13 agosto 1982 - Joe Tex, il cantante che parla sulle note alte
10 agosto, 2022
10 agosto 1957 - Pasquale 'O Piattaro muore al Morvillo
Il 10 agosto 1957 al Morvillo, l’ospedale dei poveri di Napoli muore a quasi novantadue anni, in miseria e dimenticato, da tutti il cantante e chitarrista Pasquale Jovino. Popolarissimo in Europa all'inizio del secolo nell'ambiente musicale napoletano è conosciuto anche con il soprannome di Pasquale ‘O Piattaro. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla musica, infatti, lavora come garzone in una bottega dove si decorano piatti. Un giorno, sorpreso dalle sue qualità vocali, il maestro Vergine decide di dargli i primi rudimenti di musica e tecnica vocale. Nei pomeriggi in casa del celebre maestro gli è compagno di studi un altro giovane di belle speranze che risponde al nome di Enrico Caruso. Pasquale non termina il corso. Scritturato da un gruppo folcloristico se ne va in Germania. Finita la tournée non torna a Napoli, ma resta a Berlino dove per quattro anni sbarca il lunario cantando canzoni napoletane in vari locali. Sono i primi anni del Novecento e il suo spirito curioso e vagabondo si lascia trasportare dalle varie compagnie teatrali. La sua voce risuona in Russia, in Ungheria e nelle due Americhe. Tornato in Europa ricomincia da capo accettando scritture nelle bettole di Marsiglia. Ancora una volta, però, la fortuna lo assiste. Notato da un impresario viene scritturato per una rivista che resta per sei mesi in cartellone alle Folies Bergère di Parigi. Nel 1910, a quarantacinque anni, decide di tornare a casa. Da quel momento la sua voce diventa il sottofondo musicale dei migliori caffè concerto e ristoranti di Napoli e Posillipo. Leggendaria resta la sua interpretazione di un classico come 'O guarracino, eseguito ogni volta con l'aggiunta di un finale diverso ispirato dal momento, dall'ambiente o dagli interlocutori. Si ritira dalle scene nel 1945, ormai settantacinquenne. Stanco, malato e senza una lira il cantante che ha fatto impazzire il pubblico di due continenti vive i suoi ultimi dodici anni tra gli stenti e la miseria più nera.