06 marzo, 2023

6 marzo 1893 - Furry Lewis, il blues ai confini del folk

Il 6 marzo 1893 nasce a Greenwood, nel Mississippi Furry Lewis, all'anagrafe Walter Lewis, uno dei bluesman più popolari degli anni Venti e Trenta. Riscoperto da Samuel Charters nel 1959, Furry Lewis rappresenta nel filone del blues una componente pittoresca capace di una comunicazione viva e spontanea. Il repertorio molto vario spazia dal blues vero e proprio fino al folclore, sostenuto da una tecnica di accompagnamento alla chitarra singolare e molto espressiva. Nel 1899 si stabilisce a Memphis nel Tennessee dove ottiene i suoi primi successi. In seguito se ne va a Chicago per incontrare il suo amico Arthur Petties e nel 1913 è già alla testa di una piccola orchestra che si esibisce per le vie di Memphis, dnelle feste e nei club più aperti verso il blues come il Pee Wee's, il Big Grundy's o il Cham Fields. Nel 1916 a causa di un incidente subisce l'amputazione della gamba sinistra, l’infermità non gli impedisce di continuare a esibirsi in pubblico. Suona in un medicine show e poi con Gus Cannon e Jim Jackson, dei quali diviene amico e collaboratore. Negli anni Trenta registra molto materiale per la Vocalion e la Victor scomparendo poi dalla circolazione per molti anni. Recuperato nel 1959 da Samuel Charters, riprende l’attività ottenendo nuovi consensi. Muore a Memphis il 14 settembre 1981.


05 marzo, 2023

5 marzo 1886 - Carl Davis, il mezzadro della musica statunitense

Il 5 marzo 1886 nasce a Rison, in Arkansas Carl Davis, uno dei personaggi chiave della musica statunitense del Novecento. Figlio di mezzadri, Carl lavora la terra con la famiglia e si trastulla con una chitarra recuperata chissà dove. Il lavoro dei campi è duro e il ragazzo quando compie diciotto anni comincia a pensare di lasciare il paese natìo per cercare fortuna. Il suo stile non è eccezionale, visto che ha imparato da solo a tirar fuori suoni dalla chitarra, ma la voglia di cambiare vita è più forte delle preoccupazioni. Intorno al 1905, si stabilisce a Shreveport in Louisiana dove si dà da fare a sbarcare il lunario in vari gruppi locali. Alla fine fa coppia fissa con Charles Chicken Jackson, un suonatore di washboard e di jug molto popolare in quel periodo. Per aumentare le possibilità di trovare lavoro comincia anche a strimpellare il pianoforte perché nella vita non si sa mai… Dopo qualche anno passato a girare per locali più o meno accoglienti si trasferisce a New Orleans e trova un posto quasi fisso nell'orchestra di Oscar Papa Celestin, un'altra leggenda del periodo. L’idea di un posto fisso, però, non lo affascina per niente. Intorno alla metà degli anni Venti inizia a girovagare per gli States in compagnie di spettacoli viaggianti. Dopo essersi esibito a fianco del cantante Hattie Burleson, incontra Texas Alexander con il quale entra per la prima volta in sala di registrazione nel mese di novembre del 1929. Deciso a non dipendere più da nessuno forma la Dallas Jamboree Jug Band, un'orchestra destinata a ottenere un buon successo per tutti gli anni Trenta e della quale restano varie testimonianze grazie alle registrazioni effettuate a partire dal 1935 per la Vocalion. All'inizio degli anni Quaranta abbandona la baracca ed entra nella formazione di Fat Head Williams, con la quale si esibisce nel circuito dei club dell'Illinois. Non concepisce la musica come un elemento statico della vita e, d’altra parte, comincia a essere stanco di vagabondare. Detto e fatto. Nel 1949 chiude per sempre con l'attività musicale perché non si diverte più.


04 marzo, 2023

4 marzo 1937 – Freddy Fender, il messicano del rockabilly

Il 4 marzo 1937 nasce a San Benito, nel Texas, il piccolo Baldemar Huerta, figlio di una coppia di immigrati messicani e futuro interprete di rockabilly con il nome d'arte di Freddy Fender. Fin dai primi anni si accorge di non essere nato dalla parte giusta. I suoi genitori faticano a tirare avanti e la miseria è una compagnia abituale per tutta la comunità messicana. Più diventa grande e meno gli piace quella vita. Ai suoi coetanei che lo prendono in giro, lui risponde stizzito «Io non sono messicano, ma americano come voi» e per dimostrarlo si arruola in marina a soli sedici anni. La divisa lo fa sentire finalmente integrato e per tre anni le navi sono il suo piccolo e protetto mondo. Quando, nel 1956, viene congedato si ritrova alle prese con il solito problema: vivere. Trova un posto da operaio e s'impegna a mettere a frutto la sua passione per la musica. Di giorno lavora e la sera canta nei bar e nei club. Il genere? Rock and roll o, meglio, il rockabilly, la versione più bianca possibile di quella musica un po' troppo da neri. Piano piano la sua popolarità si diffonde, tanto che, con un po' di spirito d'adattamento, può lasciare il lavoro e dedicarsi alla musica a tempo pieno. Pubblica anche qualche disco con piccole etichette indipendenti alternando la lingua inglese all'idioma ispanico. In questo periodo comincia anche a utilizzare, per le versioni in inglese dei suoi brani, il nome d'arte di Freddy Fender, sicuramente più americano di quello che gli hanno dato i suoi genitori. Un po' ingenuo, si fa spesso abbindolare da personaggi senza scrupoli che approfittano della sua voglia di emergere. Nel 1959 finisce in carcere a Baton Rouge, in Louisiana, vittima sacrificale di una sporca storia di soldi e droga. Nel 1963, quando torna libero, il mondo è cambiato. C'è stata la rivoluzione del beat che ha travolto anche il suo genere. Lasciati sul tavolaccio della cella i sogni di gloria riprende a suonare nel circuito dei locali notturni. A sorpresa, però, il destino si ricorda di lui nel 1975, quando il suo singolo Before the next teardrop falls arriva addirittura al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. Sull'onda dell'improvvisa popolarità le sue vecchie incisioni vengono ripubblicate in tutta fretta. Questa volta però Freddy non si fa incantare dai lustrini e dagli applausi. Non è più tempo di sogni. Sa che il successo può finire per cui pubblica un disco ogni tanto e cerca di far durare più a lungo possibile la sua carriera. Muore il 15 ottobre 2006.


03 marzo, 2023

3 marzo 1973 – The dark side of the moon

Il 3 marzo 1973 i Pink Floyd convocano i giornalisti al Planetario di Londra. Le ragioni di questa improvvisa conferenza stampa non sono chiare. Da un anno la band è in silenzio, se si eccettua la pubblicazione di Obscured by clouds, la colonna sonora del film "La vallée". Non sono pochi quelli che pensano all'annuncio dello scioglimento del gruppo. L'ovattata sala del planetario diventa, invece, l'insolito teatro per la presentazione di un album autoprodotto destinato a restare nella storia: The dark side of the moon. Fin dalle prime note i giornalisti che hanno aderito all'invito del gruppo capiscono di trovarsi di fronte a un lavoro che unisce alla semplicità una sorprendente forza espressiva. I Pink Floyd hanno lavorato un anno per ottenere quel risultato, utilizzando in modo decisamente innovativo le più sofisticate tecnologie disponibili in sala d'incisione. È uno sfoggio di musicalità e sapienza tecnica che non ha precedenti nella storia del rock britannico. Il compito di illustrarne il senso spetta a Rick Wright. Il tastierista spiega che il disco è nato da un'idea di Roger Waters: «Ci siamo seduti in sala prove e Roger ci ha parlato della sua idea di dare un suono a tutto ciò che porta la gente alla pazzia. Su questa idea abbiamo lavorato per mesi e il risultato è quello che avete appena ascoltato…». Da sempre attratta dal rapporto tra musica e arti visive, la band prepara con cura anche il tour di presentazione dell'album. Per l'appuntamento all'Earls Court di Londra, nel maggio successivo, i Pink Floyd mettono a punto uno spettacolo ricco di fantasmagoriche allegorie con effetti speciali strabilianti tra i quali spiccano un gong fiammeggiante, una strana e inquietante creatura che lancia raggi laser dagli occhi e un aereo che, sbucato dal fondo della platea, va a schiantarsi sul palco in un'esplosione di suoni, luci e fumi. Lo straordinario baraccone che accompagna il tour rischia di far passare in secondo piano il valore dell'album che è davvero straordinario e destinato a non risentire del passare del tempo. The dark side of the moon si rivela un disco intergenerazionale che resterà nelle classifiche dei settimanali specializzati per oltre un decennio e finirà per diventare un imbarazzante precedente con il quale i Pink Floyd dovranno confrontarsi in tutti i lavori successivi. Da quel momento, infatti, la critica e il pubblico chiederanno alla band di mantenere un livello per molti versi insuperabile e non si accontenteranno facilmente di opere minori!


02 marzo, 2023

2 marzo 1974 – Il primo concerto dei Television di Tom Verlaine

Il piccolo Townhouse Theatre di New York il 2 marzo 1974 ospita il primo concerto di un gruppo sconosciuto. Sono i Television, una band formatasi attorno alla carismatica personalità di Tom Verlaine, all’anagrafe Thomas Miller. La loro storia inizia quando Verlaine, uno studente che frequenta senza grande profitto la scuola nel Delaware, forma, insieme al suo compagno di scuola Billy Ficca, batterista ancora acerbo, una band scolastica la cui carriera termina con la festa di fine anno. Nel 1968, non ancora diciannovenne, se ne va a New York insieme al suo amico Richard Myers, in arte Richard Hell. Qui inizia a frequentare gli ambienti degli artisti, lavorando per guadagnarsi da vivere. Nel 1971, con Hell e il ritrovato Ficca forma i Neon Boys, una band dalla vita breve che si scioglie alla fine dell'anno quando proprio Ficca se ne va a Boston per tentare la fortuna con un nuovo gruppo. Due anni dopo, però, le strade dei tre amici si incontrano di nuovo e li convincono a unire per l’ennesima volta le loro forze. Con l’aggiunta del chitarrista Richard Lloyd danno così vita ai Television. Mesi e mesi di prove precedono il concerto del 2 marzo 1974 nel piccolo Townhouse Theatre. L’esibizione vale loro una scrittura per una serie di concerti al CBGB's Club, il tempio del punk newyorkese, insieme ai Blondie e ad altri gruppi della new wave della città. Qui vengono notati da Richard Williams, un discografico della Island che procura loro un provino con Brian Eno conclusosi senza alcun risultato. Nell'aprile del 1975 Hell, accusato di non essere all'altezza degli altri, lascia la band e venne sostituito dal bassista Fred Smith. Con la nuova formazione i Television pubblicano il loro primo singolo Little Johnny jewel. Il successo arriva però nel febbraio 1977 quando realizzano, sotto le attente cure di Andy Johns, già produttore di Goat's head soup dei Rolling Stones, l’album Marquee moon. Verlaine, impaurito dall’idea di restare prigioniero di uno stereotipo, partecipa alla registrazione dell'album Horses di Patti Smith prima di riunirsi alla band per realizzare il secondo album Adventure. L’esperienza di gruppo gli va, però, ormai stretta e nel 1978 decide di chiudere la storia dei Television. Si sposa con Patti Smith, ma il matrimonio durerà lo spazio di un respiro. Dopo varie esperienze solistiche riunirà nel 1992 i suoi vecchi compagni per registrare Television senza ritrovare più lo smalto dei giorni del debutto.


01 marzo, 2023

1° marzo 1949 - Louis Armstrong, The King of Zulus

Il 1° marzo 1949 sulla testa di Louis Armstrong viene posta la corona d'argento di King of The Zulus. Fino a poche ore prima il riconoscimento non era scontato. Tutto inizia nell'inverno quando il grande Satchmo, che ormai suona senza problemi visto che ha uno stipendio fisso garantitogli da Joe Glaser, decide il grande ritorno a New Orleans. Vuole essere incoronato King of Zulus, un sogno che coltiva fin dalla sua fanciullezza passata nella città del delta. Il premio è nato nello Zulu Social Aid and Pleasure Club, un circolo fondato dalla popolazione nera di New Orleans con lo scopo esplicito di costruire solidarietà umana. Tutti i membri giurano di aiutarsi vicendevolmente ogni volta in cui le circostanze li facciano trovare in difficoltà. Tutta la povera gente della città del delta fa parte dell'Associazione umanitaria e l'investitura annuale del King è riservata a personalità ch si sono distinte nella realizzazione degli scopi societari e consiste nella posa sul capo di una corona d'argento, simbolo di generosità e senso dell'umanità verso il prossimo. Per Armstrong non tutto è scontato. La regola, infatti, prevede che quella corona non possa essere posta sul capo di una persona benestante e il buon Louis, malgrado un passato poverissimo, all'epoca non può non dirsi benestante. Nasce così una sorta di comitato di amici e sostenitori che, in virtù della storia del jazzista, ricorre chiedendo di derogare alla norma. Il Comitato Organizzatore accoglie il ricorso e in occasione del Carnevale della Città, il 1° marzo del 1949 Louis, l'antico fanciullo che vendeva carbone a Perdido Street si sente chiedere dal sindaco Chep Morrisson, secondo una formula quasi nuziale, se voglia accettare la corona di re degli Zulù e osservare fedelmente fino alla morte gli impegni di occuparsi dei "fratelli" bisognosi e più deboli. Satchmo, commosso, risponde si e a New Orleans inizia la festa.

28 febbraio, 2023

28 febbraio 1992 – Shakespear's Sisters, una gravidanza in due

Il 28 febbraio 1992 in vetta alle classifiche britanniche dei singoli più venduti c'è Stay (with me), un brano interpretato dal duo delle Shakespear's Sister. Dietro questa singolare sigla ci sono due tra le più intelligenti e originali protagoniste della musica pop degli anni Ottanta: l'irlandese Siobhan Fahey, all’anagrafe Siobhan Marie Deidre Fahey e la statunitense Marcella Detroit, il cui vero nome è Marcy Levy. Nel 1988, quando decidono di unire le forze per cantare in coppia non sono né sconosciute né ragazzine. Siobhan Fahey ha alle spalle l’esperienza delle Bananarama, il gruppo femminile nato nel crogiolo d’esperienze cresciute dopo la diaspora dei vari membri degli Specials e la fine del movimento ska. Marcella Detroit, invece, ha lavorato a lungo con personaggi come Al Jarreau, Chaka Khan, Robin Gibb ed Eric Clapton, con il quale ha composto anche il brano Lay down Sally. Per il nome del duo, Shakespear’s Sister, s’ispirano a una canzone degli Smiths. Non sono in molti quelli disposti a scommettere sul successo di una coppia di trentenni di sesso femminile in un periodo in cui la scena musicale sembra dare spazio soltanto a personaggi femminili sempre più giovani e decorativi. Fa eccezione il produttore Richard Feldman che decide di affiancare il loro sforzo. Le due artiste scelgono di essere se stesse: allegre e divertenti, ma anche provocatorie fin dalla scelta del luogo in cui tenere il primo concerto, che si svolge nel gennaio del 1989 a Leningrado, in quella che allora è ancora l’Unione Sovietica. Alla fine dello stesso anno centrano il primo successo commerciale con l’album Sacred heart e il singolo You're history. Polemiche nei confronti di un music business troppo maschilista, pur senza assumere atteggiamenti di critica radicale, attirano la simpatia dei gruppi femministi. Nel 1991, quando scoprono di essere entrambe in attesa di un figlio entrano in sala di registrazione e realizzano l’album Hormonally yours, da cui verrà tratto il fortunato singolo Stay (with me). La scelta fa scalpore, anche se Siobhan, interpellata sull’argomento, risponderà con semplicità: «Ma quale provocazione! Io sono incinta, Marcella anche. Incinta, non malata. Sia io che lei cantiamo perché questo è il lavoro che abbiamo scelto. Non riusciamo a capire tutta questa sorpresa. Abbiamo lavorato in stato di gravidanza perché questo è ciò che fanno milioni di donne ogni giorno al mondo. E allora?»



27 febbraio, 2023

27 febbraio 1968 – Frankie Lymon, il primo divo adolescente nero del r & r

Il 27 febbraio 1968 muore a venticinque anni, solo e dimenticato, Frankie Lymon, il primo "divo adolescente" nero della storia del rock. Il suo corpo senza vita viene ritrovato nel bagno dell'appartamento di New York in cui vive con la nonna. L'autopsia attribuisce la morte a un mix eccessivo di sostanze stupefacenti e medicinali. Qualcuno avanza l'ipotesi che il cantante, incapace di vivere una vita normale dopo aver assaporato il successo e la gloria abbia cercato volutamente la morte. Si chiude così la breve esistenza di uno dei personaggi più emblematici della breve stagione del rock and roll. La sua avventura inizia quando, a dieci anni, diventa il cantante dei Premiers, un gruppo di ragazzini-prodigio che si esibisce nelle feste. La sua duttilità vocale e la sua presenza scenica non sfuggono a Richard Barrett, il leader del gruppo vocale dei Valentines che in breve ne diventa il pigmalione. Grazie a Barrett il ragazzino nero dai capelli crespi ottiene il suo primo contratto discografico. È il 1955 e il music business sta scoprendo le potenzialità commerciali dei prodotti destinati a un pubblico adolescente. In breve Frankie Lymon si trova al centro di una delle più imponenti operazioni promozionali della discografia statunitense degli anni Cinquanta. Nel 1956 non ha ancora compiuto quattordici anni quando, accompagnato dai Teenagers, una band formata dai sedicenni Jimmy Merchant, Sherman Garnes, Joe Negroni e dal quindicenne Herman Santiago pubblica Why do fools fall in love?, un brano che ottiene un rapido successo e vende oltre due milioni di copie. I discografici, incuranti dell'età del ragazzo, decidono di sfruttare quanto più possibile la popolarità del personaggio. Prima della fine dell'anno altri tre suoi brani arrivano ai vertici delle classifiche di vendita mentre Hollywood lo chiama a interpretare se stesso nel film "Rock, rock, rock" in cui canta la sua I'm not a juvenile delinquent. Nel 1957 Lymon lascia il gruppo debuttando come solista con l'album Rock'n'roll with Frankie Lymon. Il disco è un fiasco e la casa discografica decide di puntare su altri artisti. A soli diciassette anni il ragazzo entra così in una crisi tremenda. Si sente abbandonato e inizia a far amicizia con le droghe pesanti. Al music business non interessa più è lui non avrà più pace. Nonostante tutto non riuscirà mai a recuperare la popolarità perduta. Soltanto la droga gli sarà compagna fedele fino al giorno della sua morte.


26 febbraio, 2023

26 febbraio 1924 - Mario Pratella, il novarese fondatore dei Magentonians

Il 26 febbraio 1924 nasce a Novara Mario Pratella, un chitarrista e banjoista con qualche incursione al piano. Personaggio storico della scena jazzistica di Milano nel 1953 insieme al trombettista Giuseppe Ferrario e il trombonista Francesco Cavallari dà vita alla Magentonians Jazz Band una formazione che schiera solo musicisti che risiedono nel quartiere milanese di Porta Magenta. Il loro repertorio è esclusivamente quello degli Hot Five di Armstrong. Con il passare del tempo la popolarità della band si allarga anche al di fuori dell'hinterland milanese grazie a una nutrita serie concerti nei locali di jazz del Nord Italia. Registrano anche alcuni dischi per la Fonit e si esibiscono alla radio. Riescono a suonare anche al Santa Tecla, il locale esclusivo della Original Lambro Jazz Band e nell'aprile del 1954 vincono la Coppa New Orleans dell'Hot Club Milano. Pratella insieme a Cavallari e Ferrario nel 1956 passa poi proprio alla Original Lambro Jazz Band. Con la Lambro Pratella registra molti dischi e partecipa a tournée, concerti e trasmissioni radio Tv. Muore il 18 ottobre 2022.




25 febbraio, 2023

25 febbraio 1965 – Roberto Balocco, un folksinger targato Torino

La sera del 25 febbraio 1965 il Teatro Stabile di Torino ha in cartellone "Le canssôn d'la piola" (Le canzoni dell'osteria), il primo concerto di Roberto Balocco, un giovane folksinger torinese scoperto da Pierino Novelli, giornalista de "La Gazzetta del Popolo". Il pubblico del capoluogo sabaudo scopre così, quella sera, un artista particolare, capace di reinterpretare in modo del tutto personale le vecchie canzoni della tradizione. Nonostante l'uso del dialetto, il suo stile è più vicino a quello dei protagonisti del folk statunitense, come Bob Dylan o Joan Baez, che alle storie cadenzate dei vecchi cantastorie. Affiancato dall'attrice Silvana Lombardo, Balocco propone nel corso della serata vecchi brani del folklore urbano torinese e quattro nuove canzoni da lui composte su testi di Novelli. Visto il successo la Cetra gli propone un contratto discografico. Lo spettacolo diventa così un album, il primo di una lunga serie: alla fine saranno ben otto, tutti registrati con la collaborazione del bassista Gino Luone, del fisarmonicista Ducci e del maestro Giancarlo Chiaramello alle tastiere. Sull'onda dello straordinario interesse di quegli anni per il folk Balocco vive una stagione eccezionale. Al primo spettacolo, riproposto in moltissimi teatri italiani, ne seguono altri, prodotti da Aldo Landi, che vedono il folksinger torinese esibirsi al fianco di strumentisti di valore, come il pianista Luciano Sangiorgi, e personaggi affermati nel mondo della musica leggera, come il Quartetto Cetra. Nel 1968 il suo album triplo Le nostre canssôn vince l'ambito Premio della Critica Discografica. Verso la metà degli anni Settanta, mentre cala l'interesse del pubblico nei confronti del folk, prosegue il suo lavoro per un ristretto gruppo d'appassionati, anche se non mancano momenti di intensa partecipazione, come il concerto organizzato al Teatro Carignano di Torino nel 1977 per festeggiare dodici anni di attività, pubblicato l'anno dopo in un album doppio. Quando anche le case discografiche chiudono la produzione folk non accetta di adattarsi alle nuove mode. Abbandona l'ambiente musicale e torna a fare l'impiegato. Non abbandona, però, la musica e periodicamente accetta di imbracciare di nuovo la chitarra e di riproporre i brani di un'epoca che è stata straordinaria per tutta la produzione folk italiana, come accade nell'estate del 1990 quando, a sorpresa, si esibisce a Torino di fronte a un pubblico foltissimo per un concerto unico e pieno di nostalgia.


24 febbraio, 2023

24 febbraio 1965 – Ciak, si gira il secondo film dei Beatles

Il 24 febbraio 1965 inizia ufficialmente alle Bahamas la lavorazione di "Help" il secondo film dei Beatles. Dopo il successo di "A hard day's night" la United Artists, alla quale la band è legata da un impegno contrattuale per tre lungometraggi, affida nuovamente l'impresa al geniale Richard Lester, regista del primo film, che intende riproporre le surreali avventure del quartetto di Liverpool in modo innovativo e strizzando l'occhio alla pop art. Non è un caso che questa volta la pellicola sia interamente a colori, proprio per sfruttare meglio le fantasie cromatiche e i trucchi cinematografici nella costruzione di una racconto filmico paradossale. L'improbabile storia, nata da un soggetto di Marc Behm che collabora anche alla sceneggiatura, inizia quando il grande sacerdote indù Clang non può compiere l'ordinario sacrificio umano alla dea Kalì perché alla vittima manca l'anello sacrificale che per varie, e non tutte chiare, ragioni è finito al dito di Ringo Starr. Oltre ai componenti della sanguinaria setta, sulle tracce dell'anello ci sono anche un gioielliere e uno scienziato pazzo. Inutile dire che l'inseguimento sarà l'origine di una serie infinita di gag nello stile funambolico e surreale dei fratelli Marx. Quando, il 24 febbraio 1965, viene dato "il primo giro di manovella" al lungometraggio nessuno può immaginare che proprio "Help" segnerà una rottura violenta tra i quattro ragazzi di Liverpool e la United Artists. All'uscita del film, infatti, i Beatles faranno fuoco e fiamme sostenendo di essere stati trattati come marionette senza cuore. Il solito Lennon andrà ancora più in là, accusando la produzione di aver trattato la band alla stregua di un gruppo di comparse di lusso. Il rapporto con l'United Artists si interromperà e la band nei fatti non terrà fede all'impegno contrattuale per il terzo film rifiutando, uno dopo l'altro, i soggetti proposti, compreso quello scritto dal drammaturgo Joe Orton che vedrà poi la luce autonomamente una decina d'anni dopo con il titolo di "Up against it". Quasi a voler dimostrare che l'ira dei Beatles ha come obiettivo soltanto la major e non il regista, John Lennon accetterà di lavorare proprio con Richard Lester nel film "Come ho vinto la guerra". In ogni caso la United Artists farà valere i diritti contrattuali per un terzo film. Il contenzioso si concluderà soltanto con l'assenso alla realizzazione di "Yellow submarine", un lungometraggio dove i Beatles ci sono, ma disegnati.


23 febbraio, 2023

23 febbraio 1963 – Una tromba di nome Algeria

Il 23 febbraio 1963 muore a New York il trombettista June Clark, all'anagrafe Algeria Junius Clark. Un mese dopo avrebbe compiuto sessantatré anni. Il primo strumento della sua vita è il pianoforte, che studia da ragazzo sotto la guida della madre. Successivamente passa al sax baritono e, infine, alla cornetta. Nato a Long Beach, nel New Jersey, fa le sue prime esperienze in campo musicale nella grande fucina di Philadelphia, città nella quale la sua famiglia si è trasferita nel 1908. La musica, però, non basta a garantire il denaro necessario a sopravvivere, perciò il ragazzo affianca all'attività di strumentista quella di autista di pullman. Questa sorta di doppia vita finisce quando ottiene il suo primo ingaggio professionale dai Black Sensations di Dudley, un gruppo di cui fa parte anche il suo grande amico James P. Johnson. Con il passare del tempo, però, finisce per sentirsi limitato dall'ambiente di Philadelphia e se ne va. Insieme a Johnson si trasferisce a Toledo, nell'Ohio, dove incontra il grande trombonista Jimmy Harrison con cui suonerà a più riprese negli anni successivi. Nel 1920 ritorna a Philadelphia per suonare nella band della cantante Josephine Stevens, ma l'anno dopo riprende a vagabondare per gli States con il gruppo di Willie "The Lion" Smith. Contemporaneamente non abbandona il suo amico James P. Johnson con il quale incide i suoi primi dischi nel corso del 1921. Come molti jazzisti di quel periodo detesta mettere radici e passa da una band all'altra. Decisamente interessanti risultano le sue esperienze con le orchestre di Fess Williams, della cantante Ethel Waters e soprattutto, nel 1925, l'intensa attività al fianco di Sara Martin, in cui incrocia il suo strumento con quelli di Clarence Williams e Jimmy Harrison. Proprio con quest'ultimo partecipa alla straordinaria avventura dei Gulf Coast Seven, una formazione stellare che comprende, oltre a lui e ad Harrison, Buster Bailey, Prince Robinson, Willie The Lion Smith, Buddy Christian e Bill Benford. Nel 1927 viene chiamato da Duke Ellington a sostituire per un breve periodo il grande trombettista Bubber Miley, lo specialista del "jungle". Negli anni Trenta alterna l’attività in proprio a quella di trombettista aggiunto in varie orchestre come quelle di Jimmy Reynolds, George Baquet e Charlie Skeets. Negli anni Quaranta inizia ad affiancare all'attività di strumentista anche quella di impresario che svolgerà fino alla morte.

22 febbraio, 2023

22 febbraio 1986 – Candelotti sui Fine Young Cannibals

Fa un freddo cane a Boston il 22 febbraio 1986 e sono moltissimi i ragazzi che aspettano da ore di poter entrare al concerto dei Fine Young Cannibals. La band inglese nata dalle ceneri dei Beat (da non confondere con gli omonimi statunitensi) si è rapidamente affermata come una delle rivelazioni del 1985 grazie ai singoli Johnny go home, Blue e all'album Fine Young Cannibals. Mentre gli organizzatori del concerto tardano ad aprire le porte, la polizia di Boston, che ha sottovalutato la capacità d'attrazione del gruppo, chiede l'invio di rinforzi. Ben presto si formano due schieramenti contrapposti. Da un lato i giovani che aspettano di poter entrare e dall'altro un folto cordone di agenti nervosi e sorpresi. All'arrivo dei rinforzi in divisa la folla inizia rumoreggiare. Finalmente si aprono gli ingressi. Gli agenti si schierano ai lati del lungo serpente disordinato che si accalca per riuscire a entrare. I ragazzi delle file laterali vengono pressati contro gli agenti che, invece di arretrare, rafforzano la pressione con il risultato di provocare le prime reazioni. Dagli spintoni si passa ai calci e alle manate. La polizia reagisce a colpi di scudo. Qualche ragazzo cade a terra e alcuni agenti cominciano a sfilare i lunghi manganelli. Volano le prime botte. Il grosso degli spettatori, chiuso nella calca, si impaurisce, sbanda, mentre qualcuno tenta di reagire. Vengono lanciate alcune bottiglie verso i poliziotti che rispondono ancora con maggior decisione. La folla dei giovani preme sempre più verso gli ingressi. Sotto la pressione salta ogni barriera e l'afflusso al concerto diventa caotico. Dalle file della polizia qualcuno ha la bella di idea di "mettere un po' d'ordine" lanciando qualche candelotto lacrimogeno. Un paio si infilano direttamente nella platea trasformandola in una pestilenziale camera a gas. Gli organizzatori pensano di sospendere il concerto, ma i Fine Young Cannibals non sono della stessa idea. «Se c'è da aspettare, aspettiamo, ma noi siamo venuti qui per suonare e quello faremo». La decisione del cantante Roland Gift vede d'accordo i suoi compagni. La notizia viene data al pubblico. Gli organizzatori cercano, nei limiti del possibile, di arieggiare l'enorme platea, mentre fuori volano ancora candelotti. Ci vogliono più di due ore perché anche l'ultimo residuo del fumo irritante sparisca definitivamente dalla sala, ma nessuno se ne va. Quando l'aria è finalmente pulita, i Fine Young Cannibals iniziano il loro concerto.


21 febbraio, 2023

21 febbraio 1925 – Peckinpah, il controverso

Il 21 febbraio 1925 a Fresno, in California nasce  Sam Peckinpah, all'anagrafe David Samuel Peckinpah, uno dei più controversi e discussi registi del cinema statunitense. Pessimista sul destino del “sogno americano” nei suoi film esalta la capacità distruttiva dell’uomo e spesso ipotizza la disgregazione della società per iniziativa individuale e violenta. Definito come un “anarchico di destra” coltiva una grande nostalgia per un passato che nelle condizioni in cui l’immagina forse non è mai esistito, virile e regolato dalla forza bruta. Il suo cinema sovverte le consolatorie mitologie delle produzioni hollywoodiane proponendo storie nelle quali non esiste una scala di valori morali e dove spesso la morte è appare come l’unico elemento capace di annullare le differenze. Il western è una delle dimensioni preferite per mettere in scena le sue convinzioni. Qui, in quelli che sono stati ribattezzati “dirty western”, la sua narrazione abbandona i codici dettati da John Ford e si fa sporca e brutale raccontando il degrado e il disfacimento di un mondo e di una frontiera dove non esiste alcun futuro né per vincitori né per i vinti. Tra i più importanti film di questo genere ci sono Il mucchio selvaggio del 1969 e Pat Garrett & Billy The Kid del 1973. Fuori dalle strutture del western lascia tracce importanti e un capolavoro assoluto come Cane di paglia del 1971. Tra le curiosità è da annoverare la sua partecipazione nei panni di uno scribacchino ad Amore piombo e furore, un film western all'italiana, genere che ammirava molto. Muore d’infarto il 21 dicembre 1984 a soli cinquantanove anni senza essere riuscito a girare un film a cui teneva molto: Cukoos progress, la versione cinematografica di un romanzo dello scrittore svedese Sture Dahlström, che parla di un uomo la cui unica ambizione è ingravidare tutte le donne della terra. Le sue ceneri, per espressa volontà, vengono sparse sulle acque dell’Oceano Pacifico al largo di Malibu. Muore il 21 dicembre 1984.

20 febbraio, 2023

20 febbraio 1941 - Buffy Sainte-Marie, la folksinger nativa americana

Il 20 febbraio 1941 in una riserva indiana nella Qu'Appelle valley nel Canada centrale nasce  Buffy Sainte-Marie, una delle protagoniste della rivoluzione folk degli anni Sessanta con brani come Universal soldierCod'ine e My country' tis of thy people you're dying. La sua famiglia appartiene alle tribù native, quelle che i film western ci hanno abituato a chiamare indiani o pellirosse. Adottata dai coniugi Albert e Winifred Sainte-Marie e trascorre infanzia e adolescenza a Sabago Lake, nel Maine. Dopo essersi laureata all'Università del Massachusetts in filosofia orientale si trasferisce a New York, attratta dalla vitalità culturale del Greenwich Village e inizia a cantare nei locali off come il Gerde's, il Gaslight e il Bitter End. La grande occasione sembra arrivare quando il grande pubblico la scopre e la applaude nel festival di Newport, ma la ragazza è più impegnata a superare i non pochi problemi causati dalla sua dipendenza dalla droga che a inseguire il successo. Chiusa la brutta parentesi esistenziale si impegna attivamente nella difesa dei diritti degli indiani d'America, tema che ispira molte delle sue canzoni. Nel corso degli anni Sessanta se ne va in giro per il mondo a far concerti toccando l’Europa, l’Australia e l’Asia e pubblica anche alcuni degli album fondamentali del folk di quel periodo come It's my way!, Many a mile, Little wheel/Spin and spin, Quiet places, Native North American child: an odyssey e Fire, fleet, candlelight. Molti suoi brani diventano famosi anche nell'interpretazione di altri artisti come Universal soldier, portata in classifica da Donovan e Glenn Campbell. Nonostante il successo il music business la stanca presto. Nella seconda metà degli anni Settanta, preferisce lasciare l'ambiente musicale per lavorare in una fondazione di assistenza all'infanzia. Nel 1982, però, compone Up where be belong per la colonna sonora del film "Ufficiale e gentiluomo" che, nell'interpretazione di Joe Cocker e Jennifer Warnes, arriva al primo posto della classifica statunitense e diventa il maggior successo della sua carriera. L’exploit la convince a ritornare a comporre con maggior continuità, pur tenendosi sempre lontana dalle lusinghe dello showbusinnes.


19 febbraio, 2023

19 febbraio 1972 – Ridate l’Irlanda agli Irlandesi

Il 19 febbraio 1972 Paul McCartney pubblica con gli Wings il singolo Give Ireland back to the Irish (Ridate l’Irlanda agli Irlandesi). Il “belloccio” dei Beatles, simbolo del disimpegno e da sempre contrapposto al politicizzato John Lennon, interpreta un brano che ferisce la coscienza pelosa dell’Inghilterra conservatrice. Scritta di getto e registrata in meno di due settimane, la canzone denuncia una delle pagine più vergognose della politica britannica nell’Ulster, l’Irlanda del Nord, passata alla storia come “Bloody sunday” (domenica di sangue). Oggetto dell’indignazione dell’ex Beatle è un fatto accaduto diciannove giorni prima, il 30 gennaio 1972, quando a Derry quindicimila persone, in grandissima maggioranza cattolici, marciano chiedendo maggior democrazia. Nell’Irlanda del Nord, in quel periodo, si vota infatti “per censo”, cioè il voto di chi è più ricco conta di più. I cattolici, esclusi dal potere economico, manifestano per rivendicare una delle più elementari regole della democrazia: “una testa, un voto”. Già che ci sono, poi, cercano di far capire che non ne possono più nemmeno delle vessazioni della Ruc, la polizia nordirlandese, protestante e unionista. Il corteo è pacifico e mescola bambini, ragazzi, ragazze, donne, uomini, vecchi e sta concludendosi a Free Derry Corner, dove è previsto un comizio di Bernadette Devlin, la popolare leader cattolica nordirlandese. Proprio mentre sta per parlare la folla viene assalita da paracadutisti inglesi in assetto di guerra. L’aggressione è premeditata. I militari, che hanno l’ordine di sparare per uccidere inseguono e giustiziano sommariamente chiunque capiti loro tra le mani. Sul terreno restano quattordici morti e sedici feriti, tutti civili inermi. Gli assassini in divisa sono comandati dal colonnello Michael Jackson, che quasi trent’anni dopo tornerà all’onore delle cronache come comandante della Nato in Kosovo. La strage suscita orrore, ma gli inglesi, forti della loro esperienza coloniale, sanno che il tempo e il silenzio sono alleati. Presto il mondo dimenticherà. Quando Paul McCartney pubblica il suo disco ci rimangono male. La sua popolarità è tale da compromettere i piani di normalizzazione. Anche contro di lui si scatena la repressione, sia pure in guanti di seta: la canzone viene esclusa dalla programmazione della BBC e stroncata dalla critica. All’ex Beatle dal cuore di coniglio basta così. Spaventato dalle reazioni e preoccupato per il suo ruolo, tornerà alle solite canzoncine senza contenuto che l’hanno reso celebre.


18 febbraio, 2023

18 febbraio 1922 - Hazy Osterwald, quello di "Kriminaltango"

Il 18 febbraio 1922 nasce a Berna il trombettista e direttore d'orchestra Hazy Osterwald. Il suo vero cognome è Osterwalder e suo padre è Adolf Josef Felix Osterwalder, uno dei componenti della quadra nazionale di calcio elvetica. Appassionato di musica frequenta il Conservatorio di Berna e prima ancora di diventare maggiorenne scrive numerosi arrangiamenti per vari musicisti, in particolare per Teddy Stauffer. Dal 1941 ottiene vari ingaggi nelle orchestre svizzere più popolari di quel periodo, come quelle di Fred Böhler, Edmond Cohanier e Walter Baumgartner. In qualche caso si esibisce anche come tromba solista. Nel 1944 forma il suo primo gruppo che ben presto trasforma in una grande orchestra con l'apporto di musicisti come Ernst Höllerhagen, Stuff Combe, Eric Brooke, Geo Voumard e altri. Dopo il declino delle grandi orchestre jazzistiche, nel 1949 dà vita all'Hazy Osterwald Sextett, che debutta al festival del jazz di Parigi del 1949 e con il quale riscuote un grande successo internazionale. Tra i suoi brani più conosciuti c'è Kriminaltango inciso per la prima volta nel 1959 e divenuto un successo mondiale. Muore a Berna il 26 febbraio 2012.


17 febbraio, 2023

17 febbraio 1986 – Con i Sigue Sigue Sputnick la seconda truffa non riesce

Il 17 febbraio 1986 viene distribuito nei negozi britannici Love missile F1-11, il primo singolo dei Sigue Sigue Sputnick, una band sconosciuta che ha il suo leader in Tommy James, ex chitarrista dei Chelsea e dei Generation X. Preceduto da una martellante campagna promozionale il disco è già ai vertici delle classifiche di vendita soltanto con le prenotazioni. L’invasione di gadget, anticipazioni, foto del gruppo, presentato come il simbolo dei “ribelli degli anni Ottanta” prima ancora di aver suonato una sola nota, non convince i giornalisti più sperimentati cui sembra di assistere a un “deja vu”. Nonostante siano passati una decina d’anni è ancora vivo il ricordo della colossale operazione commerciale costellata di provocazioni vere e finte e orchestrata dal manager Malcom McLaren per sfruttare l’immagine dei Sex Pistols. L’ombra di quella che è passata alla storia come “La grande truffa del rock and roll” inizia ad aleggiare, sempre più insistente, sui Sigue Sigue Sputnick. Sentendo puzza di bruciato alcune riviste musicali sguinzagliano i loro migliori segugi sulle tracce della band. Si scopre così che la EMI ha concesso a Tommy James e ai suoi compagni un compenso miliardario, inusuale per una band al primo disco. Ci si chiede perché, si denuncia l’operazione commerciale e si parla di “gruppo nato a tavolino", con il risultato di alimentare ulteriormente la già ricca campagna promozionale. Pur non volendolo, i giornalisti sono caduti nella trappola dello stesso sistema già sperimentato con i Sex Pistols: portare all’eccesso la comunicazione sul gruppo facendone lievitare il valore indipendentemente dalla produzione musicale. A differenza di dieci anni prima, questa volta, però, non funzionerà. Il pubblico degli anni Ottanta, abituato a consumare le mode più rapidamente di quanto non facessero i suoi fratelli maggiori, non abbocca per molto tempo all’amo della provocazione. Flaunt it, il primo album della band, pur pubblicato a breve distanza dal singolo, fatica a guadagnare le prime posizioni delle classifiche di vendita. Al primo cedimento segue poi la sostanziale disfatta dell’operazione, che, alla lunga, finisce per ottenere risultati commerciali decisamente modesti. I Sigue Sigue Sputnick si scioglieranno nel 1989 dopo tre anni senza infamia né lode. Non diventeranno il simbolo di nessuna generazione e nessuno potrà dire di aver truffato per la seconda volta il pubblico del rock.


16 febbraio, 2023

16 febbraio 1945 – Pete Christlieb: l'anima non è prigioniera di un genere musicale

Il 16 febbraio 1945 nasce a Los Angeles, in California, il sassofonista Pete Christlieb. Figlio del maestro di fagotto Don Christlieb, si può dire che respiri musica fin dalle prime ore di vita. A sette anni inizia a studiare violino, strumento che lascia per il sax dopo essere stato folgorato dall’ascolto di Gerry Mulligan. Il padre accetta il suo amore per il jazz purché continui gli studi. Nel 1957, a soli dodici anni, vince una borsa di studio per studiare al Valley College di Akron, nell’Ohio. Lontano da casa e fuori dall’autorità del severo genitore, fugge dal College dopo poche settimane per aggregarsi all’orchestra di Si Zentner. Inizia così la carriera di uno dei più dotati e poliedrici sassofonisti degli anni Settanta e Ottanta. Geniale e ribelle rifugge dalla standardizzazione e non si lascia imprigionare da un genere. Alterna l’impegno in jazz band di grande livello, come quelle di Chet Baker e Woody Herman, a esperienze come session man in concerto e negli studi di registrazione. Tra le sue performance c’è anche un filmato televisivo in cui accompagna Elvis Presley. Il suo nome figura in alcuni tra i migliori dischi del gruppo diretto dal batterista Louis Bellson, come Break through, Explosion o Sunshine rock. Instancabile e innamorato del suo strumento, alla fine degli anni Sessanta non disdegna di partecipare a spettacoli televisivi delle popstar di quel periodo. «So di dire una stupidaggine, ma io amo la musica. Non potrei immaginare la mia vita senza di lei, è la mia droga. Ringrazio il destino per avermi permesso di vivere di musica». Non si cura di tutelare la propria immagine. Crea un proprio quintetto jazz con il vibrafonista Charlie Shoemake, il pianista Terry Trotter, il bassista Harvey Newmark e il batterista Steve Schaffer, ma non rinuncia al lavoro di studio con personaggi come Doc Severinsen, Freddie Hubbard, Pat Williams, Tom Waits e Quincy Jones. A chi gli chiede la ragione di questo continuo alternarsi tra generi commerciali e musiche più impegnate lui risponde, serafico: «La musica è solo musica e basta. Jazz, pop, rock, blues, sono nomi che indicano, in fondo, la stessa cosa: una lunga serie di note messe in fila e destinate a produrre dei suoni. È l’anima dello strumentista che dà loro vita, non l’etichetta… e l’anima non è prigioniera di un genere musicale».



15 febbraio, 2023

15 febbraio 1981 – La misteriosa fine di Mike Bloomfield

È la mattina del 15 febbraio 1981, domenica. Nella zona di Forest Hills, a San Francisco, è parcheggiata una Mercury beige del 1971. Uno dei rari passanti nota che sul sedile posteriore c'è il corpo d'un uomo apparentemente addormentato. I vetri limpidi e non appannati fanno pensare all'assenza di respirazione. Preoccupato, il passante picchia sui vetri nel tentativo di richiamare l'attenzione dello sconosciuto, ma non ottiene alcuna risposta. Dà l'allarme e in breve tempo, come nella scena di un film, arriva un'auto della polizia, un'ambulanza e un mezzo dei vigili del fuoco. Dopo aver forzato la serratura i soccorritori scoprono che l'uomo sul sedile posteriore è morto. Accanto al cadavere c’è una boccetta di barbiturici, quasi a indicare un riuscito tentativo di suicidio. Lo sconosciuto ha un volto noto. È quello del bluesman Mike Bloomfield, uno dei chitarristi più rappresentativi del blues bianco di Chicago. La notizia della sua morte, battuta dalle agenzie di stampa, fa il giro del mondo. La tesi del suicidio, a prima vista considerata inequivocabile, viene progressivamente messa in dubbio. L'autopsia attribuisce la morte del chitarrista a un micidiale cocktail di alcool, barbiturici e sostanze varie. Restano i dubbi sulla dinamica e sulle circostanze, ma l'indagine ufficiale si chiude rapidamente non sciogliendo il dilemma tra suicidio e fatalità. Ben presto emerge, però, un'altra più inquietante ipotesi. Un'inchiesta giornalistica, meno disposta a cedere alle pressioni dello show business, mette in dubbio che il cantante sia morto nella sua auto. Chi si sarebbe preso la briga, però, di costruire la messinscena del suicidio? E per coprire chi? Tra pressioni, minacce e pentimenti vari le ricerche dei cronisti finiscono per far trapelare uno scenario completamente diverso da quello descritto nelle versioni ufficiali. In sostanza, Mike Bloomfield sarebbe morto all’alba in una villa privata durante una festa cui avrebbero partecipato musicisti, discografici e varie "persone importanti" del mondo politico ed economico di San Francisco. Preoccupati dal coinvolgimento in uno scandalo degli illustri partecipanti al party, gli organizzatori avrebbero provveduto a trasportarne il corpo a Forest Hills imbastendo poi il finto suicidio. La ricostruzione farà scalpore, ma di fronte al muro di gomma delle autorità, non avrà seguito mentre i personaggi citati si guarderanno bene dallo sporgere querela contro i giornalisti.