20 marzo, 2023

Marino Marini, tra canzone napoletana e jazz

Il 20 marzo 1997 muore Marino Marini. «Cerco giovani musicisti inesperti senza deformazioni professionali. Buoni cantanti. Se malinconici, astenersi». In questo annuncio fatto pubblicare da lui stesso per cercare i futuri componenti del suo gruppo è racchiusa la filosofia di un musicista come lui, che dopo essersi abbeverato ancor giovane alla fonte chiara, fresca e trasparente del jazz statunitense non ne vuol più sapere di tornare indietro. Se la canzone napoletana è la sua prima fonte d’ispirazione l’ascolto e l’amicizia di gente come Dizzy Gillespie, Stan Kenton e Charles Ventura gli aprono le porte di sonorità e ritmi nuovi da cui non si separerà mai più. Nella sua concezione la musica è piacere, divertimento, passione vera e continua capacità di migliorare. Fin da quando, giovanissimo, muove i primi passi nel mondo della musica è affascinato dalle innovazioni. All’inizio degli anni Quaranta, quando la tecnologia mette a disposizione della musica gli strumenti elettrificati d’amplificazione, i musicisti si dividono tra gli entusiasti e i conservatori che in nome della tradizione rifiutano le moderne “diavolerie” accusate di appiattire il talento. Marino Marini non si limita a prendere posizione a favore delle innovazioni ma si cimenta direttamente nella sperimentazione. Nel 1942 inventa il “moltiplicatore di suoni”, una strumentazione elettrica capace di moltiplicare artificialmente il suono di uno strumento o la voce di un cantante. L’invenzione non trova un’applicazione immediata ma alla fine degli anni Cinquanta caratterizzerà il suono degli MM, il gruppo che l’accompagna nelle tournée in giro per il mondo. Cantante, pianista, autore e grande intrattenitore Marino Marini per lungo tempo è considerato uno dei simboli dell’internazionalizzazione della canzone italiana, applaudito e amato in tutto il mondo e soprattutto in quella Francia che per qualche tempo diventa un po’ la sua seconda patria. Marino Marini nasce l’11 maggio 1924, a Seggiano, in provincia di Grosseto, e trascorre l’adolescenza a Bologna dove frequenta i corsi di violino e composizione al Conservatorio e contemporaneamente l’Istituto Industriale diplomandosi Perito Elettrotecnico. Successivamente si trasferisce a Napoli dove frequenta i corsi di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Alla fine degli anni Trenta suona la fisarmonica nelle balere con lo pseudonimo di Marino Mauri. Nel 1949 viene scritturato come musicista di bordo sulla nave polacca “Sobieski” e se ne va negli Stati Uniti dove si appassiona al jezz e in particolare al be-bop. Tornato in Italia forma un quartetto con il chitarrista Peppino Sergi, il batterista Toni Flavio e il bassista-cantante Ruggero Cori, con i quali propone un repertorio di brani arrangiati in modo estremamente originale che spazia dai grandi successi internazionali dell’epoca alle canzoni napoletane. Nel 1955 si trasferisce a Milano e pubblica i primi dischi con la Durium. Nel 1957 l'ex fotografo francese Jacques Wolpson lo scrittura per la più popolare trasmissione radiofonica di Radio Europa 1, "Musicorama", trasmessa ogni settimana dall'Olympia di Parigi. Dotato di grande senso ritmico e di un voce moderna, in breve tempo diventa uno dei cantanti italiani più popolari all’estero. Il successo è tale che i suoi dischi vengono pubblicati in vari paesi del Medio Oriente, in America Latina, in Giappone e in quasi tutti i paesi dell’Est europeo, Unione Sovietica compresa. Nel 1960 si piazza al secondo posto al Festival di Napoli con Uè uè che femmena in coppia con Aurelio Fierro. A partire dagli anni Settanta lascia le scene, sia pur non disdegnando qualche saltuario ritorno, e si dedica alla produzione fondando anche la casa discografica Tiffany. Muore a Milano il 20 marzo 1997.


19 marzo, 2023

Giuseppe Cattafesta, uno dei pionieri della musica sincopata

Il 19 marzo 1895 nasce a Sustinente, in provincia di Mantova, il sassofonista Giuseppe Cattafesta, considerato uno dei pionieri della musica sincopata in Italia. Come la stragrande maggioranza dei musicisti della sua epoca, ha iniziato a suonare in una banda, nel suo caso quella municipale di Milano studiando con il maestro Quaranta. Negli anni Venti ha fatto parte di quasi tutte le prime orchestre jazz del capoluogo lombardo. La Concert 13 Jazz Band nel 1924, la Milton Ferracioli Jazz Band nel 1925, passando poi, nel 1926, a far parte della celebre Mediolana. Dopo lo scioglimento di quest'ultima entra negli All Devils, insieme al suo collega Attilio Oltrabella, anch'egli sassofonista. Negli anni successivi fa parte delle maggiori orchestre di musica leggera del periodo (Angelini, Barzizza, Zeme, Rizza, ecc.) fino agli anni Sessanta quando si stanca della vita dello strumentista e lascia l’attività per dedicarsi all'insegnamento. La critica è unanime nel considerarlo uno dei migliori sassofonisti della sua epoca, anche se il pubblico pian piano si dimentica di lui. Muore a Grado nel 1976.


18 marzo, 2023

18 marzo 1896 - Jean Wiener, il pianista del Boeuf sur le Toit

Il 18 marzo 1896 nasce a Saint-Cloud, in Francia, il pianista e compositore Jean Wiener. Dopo aver brillantemente concluso gii studi di musica classica al conservatorio di Parigi, dal 1920 comincia suonare e a organizzare concerti nei quali introduce, insieme a pezzi classici, brani americani, interpretati in stile jazzistico. Il suo nome è però indissolubilmente legato a quello del Boeuf sur le Toit, un locale di Parigi che l'ha visto tra i primi protagonisti. Avviene quando il club Le Gaya, in via Duphot vicino alla Madeleine, nel quale suonava su un piano verticale i successi che venivano dall'America si rivela troppo piccolo. Così Louis Moyses, il proprietario, apre Le Boeuf sur le Toit in via Boissy d'Anglas, nello stesso quartiere, che diventa il luogo di ritrovo di tutto il mondo dell'arte e dello spettacolo parigino. Nel 1936 Jean Wiener forma con il pianista belga Clement Doucet un duo che fino al 1939 darà in tutto il mondo più di duemila concerti. Nella seconda parie della sua carriera Jean Wiener si dedica soprattutto alla composizione di musiche per film pur non rinunciando a qualche incisione da solo e in duo con il vecchio socio Doucet. Muore a Parigi l'8 giugno 1982.

17 marzo, 2023

17 marzo 1931 – Miriam Klein, nata a Basilea, vicino a Chicago


Il 17 marzo 1931 nasce a Basilea, in Svizzera, la cantante Miriam Klein. Come può una ragazza nata nella fredda e austera confederazione elvetica diventare una delle stelle europee del blues? Tutto comincia quando la ragazza, avviata dai genitori ai normali studi musicali, ascolta per la prima volta i suoni che provengono dai dischi di una collezione privata di un amico della sua famiglia. Sono brani che hanno le tinte del blues e la piccola Miriam resta colpita dalle voci di interpreti dai nomi per lei ancora sconosciuti: Bessie Smith, Billie Holiday, Lester Young e Frankie Newton. Sono dischi che i suoi coetanei italiani e tedeschi non possono ascoltare, perché vietati dai regimi fascista e nazista. La bufera della seconda guerra mondiale sfiora ma non colpisce la piccola repubblica dove vive e il dopoguerra le porta una lunga colonna sonora che lei già conosce. Ascolta alla radio i concerti jazz che arrivano da Parigi e decide che quella deve essere la sua vita. Nel 1947, a sedici anni, inizia a cantare con vari gruppi di musicisti svizzeri, ma ben presto i confini della Confederazione le appaiono stretti e soffocanti. Molla la famiglia, gli amici e il suo ambiente e se ne va a Parigi. Nella capitale francese la sua voce non fatica a farsi notare. In breve diventa una delle vedette del Mars Club e si trova a cantare al fianco di personaggi che fino a quel momento aveva conosciuto soltanto nei dischi, come Don Byas e Art Simmons. Quando ritorna nella sua terra la piccola Miriam, adolescente innamorata del blues e del jazz, ha lasciato il posto a un'affermata vocalist famosa in tutto il mondo. A dispetto della promessa fatta in gioventù di non voler tornare in quella Svizzera che le era parsa arida e noiosa, decide di considerare il paese natale come una sorta di rifugio in cui tornare tra una tournée e l'altra. La sua produzione discografica nel frattempo si fa imponente, con brani che finiranno per segnare come pietre miliari la sua costante evoluzione musicale e tecnica: da Gimme a pigfoot del 1964 a una strepitosa Fine and mellow del 1973, in cui la sua voce è accompagnata da un gruppo di jazzisti di primo piano come Roy Eldridge, Dexter Gordon e Slide Hampton, per arrivare alle sorprendenti interpretazioni nel 1979 di Mean to me e Lush life con Roland Hanna e George Mraz. Per quel che riguarda le sue origini c'è chi giura di aver colto al volo questa battuta: «Si, sono nata a Basilea, a pochi chilometri da Chicago…».


16 marzo, 2023

16 marzo 1966 – Una zanzara eversiva

Il 16 marzo 1966 mentre al vertice della classifica dei dischi più venduti in Italia c'è Nessuno mi può giudicare della quasi debuttante Caterina Caselli, gli studenti del Liceo "Parini" di Milano pubblicano un giornale autogestito intitolato "La zanzara". La rivista non è diversa da tanti altri giornali studenteschi che escono nello stesso periodo: cronaca, un po' di goliardia, qualche riflessione sui problemi della società, il tutto condito con alcune notizie di musica e cinema. C'è poi un servizio, una sorta di "inchiesta speciale", che affronta il tema del comportamento sessuale dei giovani realizzata da tre studenti dell'istituto con interviste ai loro compagni. L'argomento, un po' scabroso per l'italia dell'epoca, sembra non suscitare, all'interno della scuola, particolari reazioni. Non così la pensa un genitore che, dopo aver visto tra i libri della figlia il giornale, prende carta e penna e rivolge un dettagliato esposto alla magistratura. L'inchiesta è immediata e rapida. I responsabili dell’inchiesta, tre studenti minorenni, Marco Sassano, Marco De Poli e Claudia Beltrami Ceppi, vengono denunciati per il reato di "pubblicazione oscena". Additati come "esempio della corruzione dei costumi" all'opinione pubblica dai giornali scandalistici e anche da qualche grande quotidiano, sono destinati a diventare il simbolo di una grande battaglia di libertà delle giovani generazioni alla vigilia della grande fiammata del Sessantotto. Gran parte delle forze laiche e di sinistra si schiera al loro fianco quando, per ordine del pubblico ministero Pasquale Carcasi viene disposta ai sensi di una legge fascista del 1933, mai abrogata, una visita medica per accertare se i tre «sono in grado di intendere e di volere». La ragazza, Claudia Beltrami Ceppi, oppone un netto rifiuto alla richiesta di denudarsi di fronte alla commissione di "esperti". Mentre la protesta e la mobilitazione crescono, i tre studenti vengono rinviati a giudizio. Nel corso del processo il pubblico ministero Oscar Lanzi chiede al giudice di disporre una nuova “ispezione corporale" nei confronti dei ragazzi, ma il presidente della Corte, Luigi Bianchi d’Espinosa, respinge la richiesta. C'è chi rileva come nell'aula si confrontino due Italie: quella dei nuovi fermenti e della voglia di protagonismo delle giovani generazioni e quella bigotta e democristiana. Alla fine di un lungo dibattimento i tre ragazzi verranno assolti, ma la battaglia non è che all'inizio.

15 marzo, 2023

15 marzo 1932 – Arif Mardin, il soul di un immigrato turco

Il 15 marzo 1932 nasce a Istanbul in Turchia Arif Mardin considerato, insieme a Jerry Wexler, il maggior artefice dell'esplosione soul dell'Atlantic Records, l’etichetta che ha fatto conoscere al mondo artisti come Aretha Franklin, Otis Redding, Arthur Conley, Wilson Pickett, King Curtis, Percy Sledge e Sam & Dave. Emigrato negli Stati Uniti, Mardin, alla fine degli anni Cinquanta, trova un impiego fisso come insegnante di musica alla Berklee School. Nonostante gli sforzi per integrarsi, la società statunitense di quegli anni non accetta tanto facilmente l’intrusione di un ragazzo dalla pelle scura proveniente da un oscuro paese ai limiti dell’Europa. Il suo ambiente naturale diventano, quindi, i piccoli locali della comunità nera, dove si può ascoltare buona musica e trovare qualcuno disposto a fare quattro chiacchiere senza problemi. Nel 1963, senza lasciare l’impiego fisso, inizia a lavorare come produttore in una piccola casa discografica, l’Atlantic Record, specializzata nella produzione di dischi soul e rhythm and blues destinati ai negozi dei quartieri neri. Lui ha in mente un progetto diverso. Pensa, infatti, che quel tipo di musica, se opportunamente arrangiato, possa avere grandi potenzialità. In breve da produttore diventa vicepresidente e direttore musicale dell'etichetta. I suoi arrangiamenti, la sua creatività e la sua tecnica di studio ne fanno uno degli uomini chiave della musica statunitense. Molti sono gli artisti in debito con l'intuito e la genialità di Arif, a partire da Aretha Franklin fino ai Bee Gees che devono a lui l'evoluzione stilistica che li rilancia alla metà degli anni Settanta. Se le sue capacità in studio sono fuori dal comune anche il suo fiuto non scherza. Tra gli artisti da lui scoperti figurano l'Average White Band, Bette Midler e Roberta Flack. Negli anni Sessanta e Settanta cura la produzione di oltre cento album di successo e un numero incalcolabile di singoli che fanno conoscere al mondo o rilanciano personaggi come Herbie Mann, Laura Nyro, gli Young Rascals, Stephen Stills, Wilson Pickett, Cher, King Curtis, John Prine e Dough Sahm. Con l’arrivo degli anni Ottanta riduce molto la sua attività. Si sente un po’ spaesato di fronte alla crescita d’importanza delle tecnologie disgiunte dalle capacità artistiche degli interpreti. Non polemizza ma si tira da parte, pur senza rinunciare, di tanto in tanto, alla cura di qualche produzione. Tra i beneficiati dai suoi sporadici ritorni in veste di produttore ci sono i Culture Club, gli Scritti Politti, David Bowie e la sua antica scoperta Bette Midler. In tempi più recenti c’è la sua mano anche nell’improvviso successo di Norah Jones. Muore a New York il 25 giugno 2006.

14 marzo, 2023

14 marzo 1979 - Nicoletta Romanoff, la bionda discendente degli Zar

Il 14 marzo 1979 nasce a Roma Nicoletta Consolo, figlia di un uomo politico e destinata a fare carriera nel mondo del cinema. Quando decide di darsi un nome d’arte lo prende in prestito dalla madre, la Principessa Natalia Nikolaevna Romanova, la maggiore delle tre figlie nate dall’unione del Principe Nikolai Romanovich Romanov con la contessa Sveva della Gherardesca. È una discendenza nobiliare importante, la sua, visto che ha origine dalla famiglia degli ultimi Zar di Russia. Nasce così Nicoletta Romanoff. Con questo nome la bionda ragazza diplomatasi a pieni voti alla Marymount International School nel 1997 e trasferitasi a Parigi per studiare Storia dell’Arte inizia a lavorare come modella presso la prestigiosa agenzia Ford Models Paris. Sposatasi giovanissima quando nel 2003, a soli ventitrè anni, fa il suo esordio sul grande schermo nel film "Ricordati di me" di Gabriele Muccino è già madre di due marmocchi, Francesco e Gabriele. La sua interpretazione della bella Valentina, la provocante lolita decisa a tutto pur di diventare una valletta di successo, le vale numerosi consensi da pubblico e critica oltre ad alcuni prestigiosi premi e riconoscimenti. Nello stesso anno gira, sempre con Muccino, il cortometraggio pubblicitario "Affinità elettive" e nel 2004 è la complicata Angela nella miniserie tv "Un anno a primavera". Dopo un anno di pausa nel 2006 torna davanti alla macchina da presa per interpretare il ruolo di Stefania, la protagonista del film "Cardiofitness" diretto da Fabio Tagliavia e uscito nelle sale nel giugno del 2007. Nel mese di febbraio dello stesso anno appare in televisione nel film "Il pirata – Marco Pantani" diretto da Claudio Bonivento interpretando il difficile ruolo di Christine, la donna con la quale Marco Pantani vive una travagliata e intensa storia d’amore.

13 marzo, 2023

13 marzo 1971 - Gli Allman al Fillmore East


Il 13 marzo 1971 la Allman Brothers Band si esibisce per il secondo giorno consecutivo al Fillmore East di New York. Non è una novità per la band più rappresentativa del rock sudista la presenza nel locale di Bill Graham. Gli abituali frequentatori hanno ancora scolpito nella memoria le sorprendenti esibizioni in occasione dei concerti dei Blood Sweat & Tears e dei Grateful Dead. I concerti del 12 e 13 marzo, aperti da Elvin Bishop e Johnny Winter, vengono interamente registrati. Dall'ingente materiale vengono poi scelti i brani destinati all'album doppio Live at the Fillmore East, considerato dalla critica un autentico capolavoro e una sorta di manifesto del rock sudista. I virtuosismi di Duane Allman e Dickey Betts lasciano senza fiato anche i più scettici e regalano una musica che affonda le sue radici nel blues più profondo con preziose gocce di gospel e country. La band schiera un insolito sestetto con due chitarristi, due batteristi, un bassista e il tastierista-cantante Gregg Allman. L'album si apre con due ruvidi classici del gruppo come Statesboro blues e Done somebody wrong. Il primo lato è chiuso da Stormy monday, un brano del leggendario bluesman T Bone Walker. La carica energetica degli Allman Brothers emerge prepotente nella lunga versione di You don't love me, un brano dilatato, una sorta di chilometrica improvvisazione sulle note di un classico di Willie Cobb, quasi una suite che occupa interamente la seconda facciata dell'album. Più lunga ancora, oltre ventidue minuti di musica, è Whipping post, considerata anche oggi una delle migliori composizioni in assoluto di Gregg Allman, che chiude in gloria il concerto dai solchi della quarta facciata. La introducono egregiamente due brani incisi sul terzo lato: Hot'lanta, una composizione corale di tutti i membri del gruppo, e In memory of Elizabeth Reed, frutto della genialità di Dickey Betts. Live at the Fillmore East scala rapidamente la classifica dei dischi più venduti e consolida la popolarità della Allman Brothers Band che tornerà ancora nel locale newyorkese di Bill Graham a giugno, poco tempo prima della sua definitiva chiusura. Questa volta i manifesti li annunceranno come "il miglior gruppo rock d'America". La parabola ascendente della band verrà interrotta di lì a poco dalla tragica morte di Duane Allman in un incidente motociclistico, ma questa è un'altra storia.



12 marzo, 2023

12 marzo 1896 - Jesse Fuller, The Lone Cat

Il 12 marzo 1896 nasce a Jonesboro, in Georgia Jesse Fuller, detto The Lone Cat, il gatto solitario, considerato uno deigli ultimi grandi interpreti vagabondi della musica nera. Canta accompagnandosi con la chitarra a dodici corde, l’armonica, il kazoo, la grancassa, i piatti e uno strumento di propria invenzione, il fotdella (una specie di basso a sei corde azionato da un piede). La sua carriera inizia intorno all'età di dieci anni quando, già a suo agio con l'armonica e la chitarra, si esibisce nelle feste contadine e nei balli dei fine settimana. Nel 1918 si trasferisce a Cincinnati e da lì inizia a girare per gli stati del nord e in Canada con lo spettacolo itinerante dell'Hagenbeck Wallace Circus. Nel 1922 si stabilisce a Los Angeles e due anni dopo partecipa a due film di Raoul Walsh: “Il ladro di Baghdad” con Douglas Fairbanks e “All'ombra delle pagode" con Pola Negri. Un po' stanco delle regole dello star system decide di mollare tutto e tornare sulla strada. Per sbarcare il lunario fa il venditore di hot dogs davanti l'uscita della United Artists a Hollywood, lavora in una piantagione di cotone a Bakersfield, per la Southern Pacific Railroad e presso alcuni cantieri navali in California. Per raggranellare qualche soldo in più accetta di partecipare a un paio di film. Cambia idea alla fine degli anni Quaranta quando incontra Leadbelly che lo convince a esibirsi nei club di Hollywood. Negli anni Cinquanta partecipa a varie trasmissioni televisive a San Francisco e a Los Angeles e registra i suoi primi dischi per la Cavalier, Arhoolie nel 1955 e  Good Time Jazz nel 1958. Nel suo repertorio ci sono oltre ai blues, vecchie ballate e brani di boogie-woogie. Nel 1959 è l'invitato d'onore ai festival di Berkeley e di Monterey. Nel 1968 viene girato un film interamente su di lui intitolato “Jesse Lone Cat Fuller”. Muore a Oakland, in California, il 29 gennaio 1976.

11 marzo, 2023

11 marzo 1929 - Dusty Brown, dal taxi al blues

L'11 marzo 1929 nasce a Tralake, nel Mississippi il bluesman Dusty Brown. Fin da piccolo impara a cantare e suonare l'armonica. Per molto tempo la musica resta solo un'attività marginale nella sua vita visto che deve guadagnarsi da vivere con ogni tipo di lavoro. Nel 1946 si trasferisce a Chicago ma la sua vita non cambia visto. Fa il conducente di taxi e si esibisce dove può finché non riesce a ottenere una vera scrittura dalle orchestre di Muddy Waters e di Little Walter. Lascia i taxi e si dedica a tempo pieno alla musica. Nel 1953 forma una propria orchestra con la quale si esibisce in locali prestigiosi di Chicago come il Lover's Lounge e il Casbah Lounge Nel 1966 decide di chiudere con la musica ma non ci riesce. Più volte torna sul palco accettando di esibirsi nel 1966 al Curley's, nel 1968 allo Y'alls Club e nel 1969 al Kansas City Red's. Nel 1970 riprende a tempo pieno al fianco di Eddie Taylor e Carey Bell. Seguiranno nuovi annunci di ritiro e nuovi rientri.

10 marzo, 2023

10 marzo 1977 – Il giubileo dei Sex Pistols

Il 10 marzo 1977, quando mancano due mesi all’inizio dei festeggiamenti per il giubileo della regina Elisabetta II, i Sex Pistols scelgono di dare appuntamento ai giornalisti di fronte a Buckingham Palace per la firma di un nuovo contratto discografico con la A&M. Dopo essere stati cacciati in malo modo ma con una cospicua somma di buonuscita gli oltraggiosi alfieri del punk hanno finalmente trovato una nuova casa discografica. La formazione non è più quella originale perché il bassista Glen Matlock è stato allontanato dai compagni che l’hanno sostituito con Sid Vicious, un bassista “inventato” proveniente dai Flowers Of Romance con all’attivo anche un’esperienza come batterista dei Siouxsie & The Banshees. I ragazzi e il loro manager Malcom McLaren ricevono su un tavolo apparecchiato per l’occasione nella piazza che fronteggia il palazzo reale i complimenti dei loro nuovi discografici accompagnati da cinquantamila sterline d'acconto per la pubblicazione del loro primo singolo targato A&M. Si intitola God save the Queen e vuole essere un ironico e dissacrante contributo ai festeggiamenti per il giubileo della regina Elisabetta II. L’uscita del disco non va via liscia. La rivisitazione parodistica e apocalittica dell’inno nazionale viene accolta come un oltraggio grave all’immagine del paese. Iniziano così le pressioni perché esso venga ritirato. A dar fuoco alle polveri è un gruppo di musicisti guidato da Rick Wakeman, il tastierista leader degli Yes, che prende apertamente posizione contro il brano. L’iniziativa censoria arriva anche in parlamento dove il deputato conservatore Marcus Lipton, incurante del ridicolo, chiede addirittura lo scioglimento della band. La mobilitazione spaventa la A&M che a soli sei giorni dalla firma rescinde in tutta fretta il contratto con la band risarcendola con venticinquemila sterline. Il sasso è, però, lanciato. Incurante delle pressioni la Virgin pubblica, in tutta fretta, God save the Queen che ottiene uno straordinario successo di vendite. I Sex Pistols sono ormai divenuti, loro malgrado, un simbolo. Gli anatemi dei benpensanti apriranno la strada alla violenza dei gruppi di estrema destra. Poco tempo dopo, infatti, gli squadristi del National Front accoltelleranno Johnny Rotten e feriranno alla testa Paul Cook. Entrambi sopravviveranno, ma la band, incapace di reggere il ruolo di emblema, non durerà a lungo.

09 marzo, 2023

9 marzo 1945 – Robin Trower, la chitarra blues dei Procol Harum

Il 9 marzo 1945 nasce a Catford, in Gran Bretagna, il chitarrista Robin Trower. Non ha ancora diciassette anni quando, con il tastierista Gary Brooker, il batterista Barry J. Wilson e il bassista Chris Copping forma i Raiders, poi ribattezzati Paramounts, il gruppo definito dai Rolling Stones come «la miglior band inglese di rhythm and blues». Nonostante la stima dell'ambiente musicale britannico i Paramounts non riescono, però, a ottenere il successo commerciale sperato con vari singoli tra i quali Bad blood, censurata dalla BBC. Nonostante tutto la passione di Trower non basta a mantenere in vita l’esperienza dei Paramounts che, nel 1966, decidono di prendersi un anno di riflessione. L’anno successivo da una costola del gruppo nascono i Procol Harum, una band dal sound impostato principalmente sull'organo di Brooker, ma che si avvale della chitarra blues di Trower per dare corpo all’insieme. Quando nel 1971 lascia i Procol Harum perchè non condivide la svolta progressiva del gruppo Robin Trower forma i Jude insieme a Jim Dewar l'ex bassista degli Stone The Crows, al batterista Clive Bunker già dei Jethro Tull e al cantante Frankie Miller. L’esperienza ha però una vita breve tanto che i quattro si separano senza riuscire a pubblicare nemmeno un disco. Il fallimento dei Jude convince Trower a continuare come solista, facendosi accompagnare da Dewar e dal batterista Reg Isidore, con i quali pubblica gli album Twice removed from yesterday e Bridge of sighs, entrambi prodotti da Matthew Fisher, un altro ex Procol Harum . In questi dischi, Robin, ben sostenuto da un solido tappeto ritmico attira l'interesse del pubblico e della critica con il suo blues acido, frutto di una tecnica dichiaratamente ispirata al suo idolo Jimi Hendrix. Dopo aver sostituito nel 1974 Isidore con Bill Lordan, l'ex batterista degli Sly & The Family Stone, pubblica, sempre con la produzione di Fisher, l'album For earth below con il quale sfonda anche negli Stati Uniti. Il successo, però, sembra intorpidire la sua creatività e le incisioni successive peccano di eccessiva ripetitività negli schemi musicali che, se da una parte contribuiscono a consolidare il suo personaggio, dall'altra allontanano i fans della prima ora. Incurante delle critiche continuerà per la sua strada anche negli anni Ottanta. Nel 1991 accetterà di partecipare alla riunione dei Procol Harum promossa da Gary Brooker.


08 marzo, 2023

8 marzo 1989 – Una Squillo a San Vittore

L'8 marzo 1989 Jo Squillo, una delle interpreti più discusse e contraddittorie della scena musicale italiana degli anni Ottanta, si esibisce nella sezione femminile del carcere di S. Vittore di Milano. Sembra quasi un ritorno al passato per Giovanna Coletti (questo è il suo vero nome), l'ex leader delle Kandeggina Gang, il gruppo punk femminile nato all'interno del Centro Autogestito S. Marta di Milano che scandalizzava i benpensanti con i testi delle canzoni e con atteggiamenti provocatori. Memorabile resta il loro concerto in piazza del Duomo l'8 marzo 1980 nel corso del quale rivendicano la distribuzione di tampax gratis lanciandoli macchiati di rosso sugli spettatori. Il gruppo pubblica per l’etichetta Cramps il 45 giri su vinile colorato Sono cattiva/Orrore. Nel giugno 1980 Jo Squillo è capolista del Partito Rock nato sempre nel centro autogestito S. Marta che si presenta alle elezioni comunali e nello stesso anno partecipa in Germania al grande raduno di Francoforte Rock contro il Razzismo. Dopo lo scioglimento della band continua da sola. Il suo primo lavoro in proprio è il singolo Skizzo skizzo in cui è accompagnata dai Kaos Rock, un altro gruppo cult del punk milanese di quel periodo. La consacrazione definitiva come solista arriva con l'album Girl senza paura che le vale il premio come miglior rivelazione femminile dell'anno. L'anno dopo la sua popolarità s'allarga a vari paesi europei, soprattutto Francia e in Germania. Proprio in quest'ultimo paese la critica e il pubblico le tributano un trionfale successo tanto che un diffusissimo magazine come "Stern" le dedica addirittura la copertina. Nel maggio del 1982 realizza Africa, dedicato a Nelson Mandela. In molti pensano che il disco preluda a una svolta professionale in una direzione più impegnata e riflessiva, ma, smentendo tutti, la ragazza qualche mese dopo con la pubblicazione del singolo Avventurieri inizia a percorrere una strada più commerciale anticipando l'album Bizarre del 1984, fortunato dal punto di vista del successo di vendita, ma destinato a segnare una frattura con i suoi e soprattutto le sue fans della prima ora. Quella commerciale non è, però, una scelta definitiva. Tre anni dopo, infatti, pubblica a sorpresa un lavoro ispirato ai "Carmina Burana" che fa da preludio all'album Terra magica del 1988, esplicitamente dedicato al suo amico Demetrio Stratos, cantante degli Area e sperimentatore di azzardate tecniche vocali. Il concerto dell'8 marzo 1989 a San Vittore e una presenza alla manifestazione nazionale per la salvaguardia dell'Amazzonia sembrano confermare il recupero della parte più alternativa e originale della sua personalità. Sulla stessa linea è anche la pubblicazione dell'album Tracce 80/90 che raccoglie alcune tra le sue più importanti tappe musicali. Sarà soltanto una fiammata. Jo Squillo finirà per privilegiare la ricerca del successo commerciale nel mondo variegato dello spettacolo lasciando sempre più sullo sfondo l'immagine dell'alternativa e provocatoria ragazzaccia del centro autogestito S. Marta.


07 marzo, 2023

7 marzo 1967 – Il sax alto di Willie Smith

Il 7 marzo 1967 muore di cancro a Los Angeles, in California, il cinquantaseienne Willie Smith, all’anagrafe William McLeish Smith, considerato, insieme a Johnny Hodges e Benny Carter, uno dei tre grandi specialisti di sax alto degli anni Trenta. Nato a Charleston, nel South Carolina, inizia gli studi musicali suonando il clarinetto e a quattordici anni suona già in pubblico accompagnato al pianoforte dalla sorella. Non pensa che la musica possa diventare la sua professione per cui frequenta, con buon profitto, il Case Technical College e successivamente la Fisk University di Nashville dove completa gli studi di chimica. Nel tempo libero il suo unico hobby è il jazz e durante le vacanze estive del 1927 percorre il New Jersey con il quartetto di Beaty Conner. Il primo ad accorgersi delle sue qualità è Jimmy Lunceford che lo corteggia a lungo e nel 1929, quando finisce l'università, lo scrittura per la sua orchestra. Willie resterà con lui fino all'estate del 1942 quando passa alla band di Charlie Spivack. Chiusa la parentesi bellica, si unisce ad Harry James nella cui formazione suona fino al marzo del 1951, salvo una breve parentesi nella primavera del 1947. Richiesto da quasi tutti i protagonisti della scena jazz di quel periodo, si lascia tentare da sempre nuove esperienze. Nell'inverno del 1951 è con la grande orchestra di Ellington, poi passa alla formazione di Billy May. Agli inizi del 1953 viene scritturato da Norman Granz che lo inserisce nel Jazz At The Philarmonic portandolo in tournée in Europa. Varie esperienze con Benny Goodman, Gene Krupa e il solito Billy May, precedono il tentativo di mettersi in proprio con una formazione a suo nome che si esibisce all’Oasis Club di Los Angeles. Nella primavera del 1954 torna con Harry James. Questa volta ci rimane fino all’estate del 1963, pur non disprezzando estemporanee esibizioni con il suo amico Billy May e con varie band della West Coast. Quando sul suo fisico si fanno sentire i primi segnali del cancro sparisce dalla scena per circa un anno e ricompare a Los Angeles nell’orchestra di Johnny Catron nell’autunno del 1964. Nel 1965 è a Las Vegas con Johnny Rivers, anche se preferisce dedicarsi maggiormente al lavoro in studio, decisamente meno stancante delle tournée. Continuerà a suonare fino alla morte. L'ultimo suo concerto è del 1966 nella big band di Charlie Barnet. Pochi mesi dopo il cancro lo uccide.



06 marzo, 2023

6 marzo 1893 - Furry Lewis, il blues ai confini del folk

Il 6 marzo 1893 nasce a Greenwood, nel Mississippi Furry Lewis, all'anagrafe Walter Lewis, uno dei bluesman più popolari degli anni Venti e Trenta. Riscoperto da Samuel Charters nel 1959, Furry Lewis rappresenta nel filone del blues una componente pittoresca capace di una comunicazione viva e spontanea. Il repertorio molto vario spazia dal blues vero e proprio fino al folclore, sostenuto da una tecnica di accompagnamento alla chitarra singolare e molto espressiva. Nel 1899 si stabilisce a Memphis nel Tennessee dove ottiene i suoi primi successi. In seguito se ne va a Chicago per incontrare il suo amico Arthur Petties e nel 1913 è già alla testa di una piccola orchestra che si esibisce per le vie di Memphis, dnelle feste e nei club più aperti verso il blues come il Pee Wee's, il Big Grundy's o il Cham Fields. Nel 1916 a causa di un incidente subisce l'amputazione della gamba sinistra, l’infermità non gli impedisce di continuare a esibirsi in pubblico. Suona in un medicine show e poi con Gus Cannon e Jim Jackson, dei quali diviene amico e collaboratore. Negli anni Trenta registra molto materiale per la Vocalion e la Victor scomparendo poi dalla circolazione per molti anni. Recuperato nel 1959 da Samuel Charters, riprende l’attività ottenendo nuovi consensi. Muore a Memphis il 14 settembre 1981.


05 marzo, 2023

5 marzo 1886 - Carl Davis, il mezzadro della musica statunitense

Il 5 marzo 1886 nasce a Rison, in Arkansas Carl Davis, uno dei personaggi chiave della musica statunitense del Novecento. Figlio di mezzadri, Carl lavora la terra con la famiglia e si trastulla con una chitarra recuperata chissà dove. Il lavoro dei campi è duro e il ragazzo quando compie diciotto anni comincia a pensare di lasciare il paese natìo per cercare fortuna. Il suo stile non è eccezionale, visto che ha imparato da solo a tirar fuori suoni dalla chitarra, ma la voglia di cambiare vita è più forte delle preoccupazioni. Intorno al 1905, si stabilisce a Shreveport in Louisiana dove si dà da fare a sbarcare il lunario in vari gruppi locali. Alla fine fa coppia fissa con Charles Chicken Jackson, un suonatore di washboard e di jug molto popolare in quel periodo. Per aumentare le possibilità di trovare lavoro comincia anche a strimpellare il pianoforte perché nella vita non si sa mai… Dopo qualche anno passato a girare per locali più o meno accoglienti si trasferisce a New Orleans e trova un posto quasi fisso nell'orchestra di Oscar Papa Celestin, un'altra leggenda del periodo. L’idea di un posto fisso, però, non lo affascina per niente. Intorno alla metà degli anni Venti inizia a girovagare per gli States in compagnie di spettacoli viaggianti. Dopo essersi esibito a fianco del cantante Hattie Burleson, incontra Texas Alexander con il quale entra per la prima volta in sala di registrazione nel mese di novembre del 1929. Deciso a non dipendere più da nessuno forma la Dallas Jamboree Jug Band, un'orchestra destinata a ottenere un buon successo per tutti gli anni Trenta e della quale restano varie testimonianze grazie alle registrazioni effettuate a partire dal 1935 per la Vocalion. All'inizio degli anni Quaranta abbandona la baracca ed entra nella formazione di Fat Head Williams, con la quale si esibisce nel circuito dei club dell'Illinois. Non concepisce la musica come un elemento statico della vita e, d’altra parte, comincia a essere stanco di vagabondare. Detto e fatto. Nel 1949 chiude per sempre con l'attività musicale perché non si diverte più.


04 marzo, 2023

4 marzo 1937 – Freddy Fender, il messicano del rockabilly

Il 4 marzo 1937 nasce a San Benito, nel Texas, il piccolo Baldemar Huerta, figlio di una coppia di immigrati messicani e futuro interprete di rockabilly con il nome d'arte di Freddy Fender. Fin dai primi anni si accorge di non essere nato dalla parte giusta. I suoi genitori faticano a tirare avanti e la miseria è una compagnia abituale per tutta la comunità messicana. Più diventa grande e meno gli piace quella vita. Ai suoi coetanei che lo prendono in giro, lui risponde stizzito «Io non sono messicano, ma americano come voi» e per dimostrarlo si arruola in marina a soli sedici anni. La divisa lo fa sentire finalmente integrato e per tre anni le navi sono il suo piccolo e protetto mondo. Quando, nel 1956, viene congedato si ritrova alle prese con il solito problema: vivere. Trova un posto da operaio e s'impegna a mettere a frutto la sua passione per la musica. Di giorno lavora e la sera canta nei bar e nei club. Il genere? Rock and roll o, meglio, il rockabilly, la versione più bianca possibile di quella musica un po' troppo da neri. Piano piano la sua popolarità si diffonde, tanto che, con un po' di spirito d'adattamento, può lasciare il lavoro e dedicarsi alla musica a tempo pieno. Pubblica anche qualche disco con piccole etichette indipendenti alternando la lingua inglese all'idioma ispanico. In questo periodo comincia anche a utilizzare, per le versioni in inglese dei suoi brani, il nome d'arte di Freddy Fender, sicuramente più americano di quello che gli hanno dato i suoi genitori. Un po' ingenuo, si fa spesso abbindolare da personaggi senza scrupoli che approfittano della sua voglia di emergere. Nel 1959 finisce in carcere a Baton Rouge, in Louisiana, vittima sacrificale di una sporca storia di soldi e droga. Nel 1963, quando torna libero, il mondo è cambiato. C'è stata la rivoluzione del beat che ha travolto anche il suo genere. Lasciati sul tavolaccio della cella i sogni di gloria riprende a suonare nel circuito dei locali notturni. A sorpresa, però, il destino si ricorda di lui nel 1975, quando il suo singolo Before the next teardrop falls arriva addirittura al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. Sull'onda dell'improvvisa popolarità le sue vecchie incisioni vengono ripubblicate in tutta fretta. Questa volta però Freddy non si fa incantare dai lustrini e dagli applausi. Non è più tempo di sogni. Sa che il successo può finire per cui pubblica un disco ogni tanto e cerca di far durare più a lungo possibile la sua carriera. Muore il 15 ottobre 2006.


03 marzo, 2023

3 marzo 1973 – The dark side of the moon

Il 3 marzo 1973 i Pink Floyd convocano i giornalisti al Planetario di Londra. Le ragioni di questa improvvisa conferenza stampa non sono chiare. Da un anno la band è in silenzio, se si eccettua la pubblicazione di Obscured by clouds, la colonna sonora del film "La vallée". Non sono pochi quelli che pensano all'annuncio dello scioglimento del gruppo. L'ovattata sala del planetario diventa, invece, l'insolito teatro per la presentazione di un album autoprodotto destinato a restare nella storia: The dark side of the moon. Fin dalle prime note i giornalisti che hanno aderito all'invito del gruppo capiscono di trovarsi di fronte a un lavoro che unisce alla semplicità una sorprendente forza espressiva. I Pink Floyd hanno lavorato un anno per ottenere quel risultato, utilizzando in modo decisamente innovativo le più sofisticate tecnologie disponibili in sala d'incisione. È uno sfoggio di musicalità e sapienza tecnica che non ha precedenti nella storia del rock britannico. Il compito di illustrarne il senso spetta a Rick Wright. Il tastierista spiega che il disco è nato da un'idea di Roger Waters: «Ci siamo seduti in sala prove e Roger ci ha parlato della sua idea di dare un suono a tutto ciò che porta la gente alla pazzia. Su questa idea abbiamo lavorato per mesi e il risultato è quello che avete appena ascoltato…». Da sempre attratta dal rapporto tra musica e arti visive, la band prepara con cura anche il tour di presentazione dell'album. Per l'appuntamento all'Earls Court di Londra, nel maggio successivo, i Pink Floyd mettono a punto uno spettacolo ricco di fantasmagoriche allegorie con effetti speciali strabilianti tra i quali spiccano un gong fiammeggiante, una strana e inquietante creatura che lancia raggi laser dagli occhi e un aereo che, sbucato dal fondo della platea, va a schiantarsi sul palco in un'esplosione di suoni, luci e fumi. Lo straordinario baraccone che accompagna il tour rischia di far passare in secondo piano il valore dell'album che è davvero straordinario e destinato a non risentire del passare del tempo. The dark side of the moon si rivela un disco intergenerazionale che resterà nelle classifiche dei settimanali specializzati per oltre un decennio e finirà per diventare un imbarazzante precedente con il quale i Pink Floyd dovranno confrontarsi in tutti i lavori successivi. Da quel momento, infatti, la critica e il pubblico chiederanno alla band di mantenere un livello per molti versi insuperabile e non si accontenteranno facilmente di opere minori!


02 marzo, 2023

2 marzo 1974 – Il primo concerto dei Television di Tom Verlaine

Il piccolo Townhouse Theatre di New York il 2 marzo 1974 ospita il primo concerto di un gruppo sconosciuto. Sono i Television, una band formatasi attorno alla carismatica personalità di Tom Verlaine, all’anagrafe Thomas Miller. La loro storia inizia quando Verlaine, uno studente che frequenta senza grande profitto la scuola nel Delaware, forma, insieme al suo compagno di scuola Billy Ficca, batterista ancora acerbo, una band scolastica la cui carriera termina con la festa di fine anno. Nel 1968, non ancora diciannovenne, se ne va a New York insieme al suo amico Richard Myers, in arte Richard Hell. Qui inizia a frequentare gli ambienti degli artisti, lavorando per guadagnarsi da vivere. Nel 1971, con Hell e il ritrovato Ficca forma i Neon Boys, una band dalla vita breve che si scioglie alla fine dell'anno quando proprio Ficca se ne va a Boston per tentare la fortuna con un nuovo gruppo. Due anni dopo, però, le strade dei tre amici si incontrano di nuovo e li convincono a unire per l’ennesima volta le loro forze. Con l’aggiunta del chitarrista Richard Lloyd danno così vita ai Television. Mesi e mesi di prove precedono il concerto del 2 marzo 1974 nel piccolo Townhouse Theatre. L’esibizione vale loro una scrittura per una serie di concerti al CBGB's Club, il tempio del punk newyorkese, insieme ai Blondie e ad altri gruppi della new wave della città. Qui vengono notati da Richard Williams, un discografico della Island che procura loro un provino con Brian Eno conclusosi senza alcun risultato. Nell'aprile del 1975 Hell, accusato di non essere all'altezza degli altri, lascia la band e venne sostituito dal bassista Fred Smith. Con la nuova formazione i Television pubblicano il loro primo singolo Little Johnny jewel. Il successo arriva però nel febbraio 1977 quando realizzano, sotto le attente cure di Andy Johns, già produttore di Goat's head soup dei Rolling Stones, l’album Marquee moon. Verlaine, impaurito dall’idea di restare prigioniero di uno stereotipo, partecipa alla registrazione dell'album Horses di Patti Smith prima di riunirsi alla band per realizzare il secondo album Adventure. L’esperienza di gruppo gli va, però, ormai stretta e nel 1978 decide di chiudere la storia dei Television. Si sposa con Patti Smith, ma il matrimonio durerà lo spazio di un respiro. Dopo varie esperienze solistiche riunirà nel 1992 i suoi vecchi compagni per registrare Television senza ritrovare più lo smalto dei giorni del debutto.


01 marzo, 2023

1° marzo 1949 - Louis Armstrong, The King of Zulus

Il 1° marzo 1949 sulla testa di Louis Armstrong viene posta la corona d'argento di King of The Zulus. Fino a poche ore prima il riconoscimento non era scontato. Tutto inizia nell'inverno quando il grande Satchmo, che ormai suona senza problemi visto che ha uno stipendio fisso garantitogli da Joe Glaser, decide il grande ritorno a New Orleans. Vuole essere incoronato King of Zulus, un sogno che coltiva fin dalla sua fanciullezza passata nella città del delta. Il premio è nato nello Zulu Social Aid and Pleasure Club, un circolo fondato dalla popolazione nera di New Orleans con lo scopo esplicito di costruire solidarietà umana. Tutti i membri giurano di aiutarsi vicendevolmente ogni volta in cui le circostanze li facciano trovare in difficoltà. Tutta la povera gente della città del delta fa parte dell'Associazione umanitaria e l'investitura annuale del King è riservata a personalità ch si sono distinte nella realizzazione degli scopi societari e consiste nella posa sul capo di una corona d'argento, simbolo di generosità e senso dell'umanità verso il prossimo. Per Armstrong non tutto è scontato. La regola, infatti, prevede che quella corona non possa essere posta sul capo di una persona benestante e il buon Louis, malgrado un passato poverissimo, all'epoca non può non dirsi benestante. Nasce così una sorta di comitato di amici e sostenitori che, in virtù della storia del jazzista, ricorre chiedendo di derogare alla norma. Il Comitato Organizzatore accoglie il ricorso e in occasione del Carnevale della Città, il 1° marzo del 1949 Louis, l'antico fanciullo che vendeva carbone a Perdido Street si sente chiedere dal sindaco Chep Morrisson, secondo una formula quasi nuziale, se voglia accettare la corona di re degli Zulù e osservare fedelmente fino alla morte gli impegni di occuparsi dei "fratelli" bisognosi e più deboli. Satchmo, commosso, risponde si e a New Orleans inizia la festa.