29 aprile, 2023

29 aprile 1967 - 14 Hours Technicolour Dream

Il 29 aprile 1967 all'Alexander Palace di Londra si svolge il 14 Hours Technicolour Dream, un gigantesco happening rock multimediale. Nato nel momento di massimo splendore della psichedelia vede i gruppi esibirsi in veri e propri "light show", concerti rock nei quali si mescolano con grande teatralità luci e suoni. Al 14 Hours Technicolour Dream  partecipano una quarantina di band tra le quali spiccano Syd Barrett e i suoi Pink Floyd, Keith West e i suoi Tomorrow, i Misunderstood di Tony Hill, gli aggressivi e violenti Creation del chitarrista e sperimentatore Eddie Phillips, gli Hapshash & Coloured Hat, i Soft Machine, i Pink Fairies, i Social Deviants, Marc Bolan e i suoi John's Children i Purple Gang, i Syn di Peter Banks e Chris Squire e moltissimi altri gruppi i cui nomi si sono persi con il tempo. Nell'agosto dello stesso anno più o meno gli stessi gruppi animeranno in Francia, a St. Tropez, il più grande love-in europeo. Una conseguenza diretta degli show psichedelici è l’accentuazione della tendenza alla teatralità e all'esibizionismo. I concerti diventano sempre più spettacolari e provocanti, e molti gruppi daranno il meglio di sé sul palcoscenico snobbando la sala di registrazione come i Move di Roy Wood, i Crazy World di Arthur Brown, Screaming Lord Sutch o la Bonzo Dog Doo-Dab Band.

28 aprile, 2023

28 aprile 1896 – George E. Lee da leader a taverniere

Il 28 aprile 1896 nasce a Kansas City, nel Missouri, il pianista e sassofonista George E. Lee. La sua è una famiglia di musicisti. Il padre è un buon violinista e la sorella Julia, che ha sei anni meno di lui, diventerà una famosa cantante e pianista blues. Proprio da suo padre impara a domare le note, a utilizzarle per esprimere i propri stati d'animo e a divertirsi. Indeciso nella scelta tra gli strumenti ad ancia e il pianoforte finisce per decidere… di non scegliere. Nel 1917 firma i suoi primi contratti regolari da strumentista come sassofonista baritono e pianista in varie orchestre. Quando rientra a Kansas City mette a frutto l'esperienza formando vari gruppi a suo nome. Il primo è un trio che si esibisce con regolarità alla Lyric Hall. Negli anni Venti si sente pronto per il grande passo della big band. Raccoglie alcuni tra i migliori strumentisti della sua zone e forma la Novelty Singing Orchestra, un'ensemble destinato a percorrere da protagonista tutti gli anni Venti e buona parte dei Trenta. Il ruolo di leader lo porta ad abbandonare progressivamente la pratica attiva come strumentista. Nei primi tempi suona il sassofono, ma poi finisce per limitarsi a dirigere accompagnando con la voce qualche ritornello. Tra il 1927 e il 1929 la Novelty Singing Orchestra registra anche qualche disco come band d'accompagnamento di Julia Lee, la sorellina di George. All'inizio degli anni Trenta può vantare la presenza in formazione di un sassofonista come Albert "Budd" Johnson e un pianista come Jesse Stone. Alla fine del decennio l'evoluzione del jazz con l'affermarsi nuovi stili lo mettono in crisi. Dopo un breve periodo con Bennie Moten, tenta di rimettersi in proprio, ma i tempi sono ormai cambiati. Incapace di adattarsi alle novità, negli anni Quaranta decide di farla finita con la musica. Lascia Kansas City e se ne va a Detroit dove apre una taverna che diventa il ritrovo preferito dei musicisti. Non si muoverà più fino al 1959, anno in cui morirà.

27 aprile, 2023

27 aprile 1965 - Oscar Mondadori, libri a transistor

Il 27 aprile 1965 esce il primo libro della collana degli Oscar Mondadori. Sono piccoli, in media venti centimetri di altezza per otto di base, e a prezzo contenuto. Vengono chiamati “tascabili” perché proprio le loro dimensioni fanno sì che sia possibile infilarseli in tasca e portarli in giro Hanno in genere un’altra caratteristica, anzi due. La prima è il prezzo contenuto e l’altra il confezionamento, piuttosto austero, con le pagine incollate e non rilegate. Sono i figli dei libri economici, quelli che nell’immediato dopoguerra nascono dall’idea di supportare la ricostruzione del paese dalle rovine della guerra con una diffusione più larga possibile della cultura. Ci provano in tanti. Il primo timido tentativo è quello dei “Libri della ricostruzione”, una collana della Mondadori che propone grandi autori pescati qua e là nei cataloghi propri e di altri. Poi tocca ai “Libri del pavone” che ripropongono pubblicazioni del catalogo Medusa. I primi veri tascabili, però, arrivano nel 1949 con la nascita della BUR, una collana nata in casa Rizzoli per riproporre a basso costo e a dimensioni contenute i grandi classici. Nello stesso anno la segue a ruota l’Universale Economica Colip, che diventerà in seguito l’Universale Economica Feltrinelli. I modelli cui si fa riferimento sono quelli dell’editoria francese e soprattutto britannica. Da queste esperienze nasce l’idea di allargare la distribuzione puntando direttamente alla diffusione di massa del libro, trattando anche la letteratura come un bene di consumo sull’esempio di quanto sta avvenendo in altri settori della produzione industriale italiana. Nascono così gli Oscar, una collana diretta da Alberto Mondadori e Vittorio Sereni che ha l’obiettivo di portare il tascabile ovunque utilizzando anche il canale fino allora destinato soltanto alle pubblicazioni periodiche: l’edicola. Gli Oscar, infatti, vengono registrati proprio come un periodico settimanale e la tiratura prevista dal piano editoriale è quasi una pazzia per l’epoca: 40.000 copie. Il 27 aprile 1965 esce il primo titolo. È “Addio alle armi” di Ernest Hemingway. Costa trecentocinquanta lire, il prezzo di un biglietto del cinema, e viene esaurito in un batter d’occhio (alla fine supererà le 60.000 copie vendute). Lo slogan pubblicitario, che si dice sia stato inventato dallo stesso Sereni, li chiama “Libri a transistor”, paragonandoli alle radioline portatili di ridotte dimensioni. L’Italia si innamora così della letteratura e anche il libro diventa un fenomeno di massa con tirature e vendite senza precedenti.

26 aprile, 2023

26 aprile 1938 – Duane Eddy, l'inventore del twangy

Il 26 aprile 1938 nasce a Corning, New York, il chitarrista Duane Eddy, uno dei più dotati chitarristi degli anni Cinquanta, tra i pionieri del rock and roll strumentale di quel periodo. I suoi genitori sono costretti a dedicare più tempo alla ricerca di lavoro che al figlio che si costruisce da solo la prima chitarra. In realtà è soltanto un legno con un'unica corda d'acciaio recuperata chissà dove, ma a un bambino può bastare. Nel 1951 la famiglia si trasferisce a Phoenix, in Arizona. Qui il ragazzo recupera una vera chitarra e impara da solo a suonarla. La tecnica non è proprio ortodossa, ma nel complesso il risultato è passabile. Il primo a pensare di utilizzarlo per le registrazioni di studio è Chet Atkins, ma successivamente la sua popolarità si allarga al punto che anche il grande talent-scout Lee Hazlewood gli chiede di lavorare con lui. In breve tempo tutti i musicisti conoscono il "twangy", quella strana tecnica di suonare la chitarra, inventata da Duane, che prevede l'impiego della sola corda bassa, invece delle altre cinque, per la melodia. La sua attività non si ferma solo agli studi di registrazione. Ben sostenuto dal proprio gruppo, i Rebels, di cui fanno parte Al Casey, Larry Knechtel (il futuro componente dei Bread) e Steve Douglas, centra nel 1958 con Rebel rouser il primo di una lunga serie di successi di rock and roll strumentale. Anche il cinema si accorge di lui e lo chiama a interpretare "Because they're young", una pellicola che consolida la sua popolarità tra i giovani. All'inizio degli anni Sessanta, però, la sua carriera entra in una fase difficile. Nel 1961 litiga con Hazlewood che decide di non occuparsi più di lui. Privo della astuta e geniale guida del produttore che l'ha scoperto, Duane pubblica una lunga serie di canzoni da dimenticare. Quando, superate le incomprensioni, Hazlewood torna con lui i tempi sono ormai cambiati. L'esplosione del beat inglese che spazza via e travolge tutti i vecchi templi del rock and roll sembra chiudere per sempre la sua avventura musicale, ma non sarà così. Dopo un lungo periodo passato negli stanchi circuiti del revival, il carisma di questo vecchio pioniere del rock strumentale tornerà ad affascinare le giovani generazioni in un periodo ricco di contraddizioni come gli anni Ottanta. Un tour nel 1983 e un nuovo album nel 1986 saluteranno il suo ritorno, mentre gli Art of Noise riproporranno una nuova e moderna versione del suo Peter Gunn, che tornerà nella classifica delle vendite trent'anni dopo la prima volta.

25 aprile, 2023

25 aprile 1915 - Sal Franzella al sax

Il 25 aprile 1915 nasce a New Orleans, in Louisiana, il clarinettista e sassofonista Salvatore Franzella detto Sal. Il suo nome denuncia chiaramente le sue origini italiane. Figlio di un clarinettista della French Opera House di New Orleans riceve un'istruzione musicale formale o accademica. Inizia a studiare pianoforte all'età di nove anni e a dodici se la cava bene anche con vari altri strumenti. Come professionista debutta in orchestre di fossa e sinfoniche della sua città natale. Quando sembra avviato a una trenquilla carriera di strumentista discretamente pagato decide di cambiare vita e di passare al jazz. Si esibisce per qualche tempo a varie orchestre locali e poi si aggrega alla formazione di Louis Prima. Dal 1937 suona con l'orchestra di Benny Meroff e dopo un periodo in proprio a New York presso gli studi della Columbia Broadcasting System su unisce poi all'ensemble  Isham Jones. Trasferitosi a Chicago si unisce ancora all'orchestra di Louis Prima e poi a quella di Paul Whiteman con la quale resta dal 1938 al 1941. Nei sei anni seguenti è musicista di studio presso la rete radiofonica NBC, salvo brevi intervalli nel 1943 e nel 1946 con le orchestre di Paul Whiteman e di Phil Napoleon. Trasferitosi sulla costa occidentale, riprese un'intensa attività come musicista di studio. Nel 1959 torna a New Orleans dove continua a suonare senza limiti di genere dal jazz alla classica, che riscopre in onore di suo padre e dei suoi antichi studi. Proprio nella sua città natale muore l'8 novembre 1968.



24 aprile, 2023

24 aprile 1902 - Rube Bloom, il pianista free lance

Il 24 aprile 1902 nasce a New York il pianista Rube Bloom. Fratello del trombettista Mickey Bloom è uno dei più noti free-lance della scena musicale della New York degli anni Venti e Trenta. Nel 1928 con Song of the Bayou vince il concorso per un nuovo motivo indetto dalla casa discografica Victor. Il suo brano, inciso da numerose orchestre, diventa grazie alla radio uno dei più popolari tra il 1928 e il 1930. Alla sua vena compositiva si debbono altri pezzi famosi come The man from the South, Truckin' don't worry about me, Fools rush in, Day in-day out e altri. Come pianista la sua mano accompagna quasi tutti i musicisti bianchi di New York di quel periodo da Mannie Klein a Red Nichols, a Tommy e Jimmy Dorsey, a Joe Venuti, a Eddie Lang, ad Adrian Rollini, a Benny Goodman e tanti altri. Fra le sue incisioni più significative ci sono quelle realizzate nel 1927 come solista o con il chitarrista Eddie Lang e quelle con il suo gruppo, i Bayou Boys, incise prevalentemente nel 1930. Free lance fino in fondo Rube Bloom partecipa anche a numerose sedute di incisione sotto il nome di altri musicisti come quelle del 1924 con i Cotton Pickers di Phil Napoleon, Miff Mole, Frankie Trumbauer, Red Nichols e Joe Tarto, o anche con i Sioux City Six, sempre del 1924 con Bix Beiderbecke alla cornetta, Miff Mole al trombone e Frankie Trumbauer al sax tenore, che segna, discograficamente, l'inizio del lungo sodalizio fra Bix e Trumbauer. C’è la sua mano anche nella registrazione discografica di Pretty trix di Joe Venuti, la versione jazzistica ideata dallo stesso venuti della celebre Mazurca Variata di Migliavacca. Negli anni Trenta e quaranta abbandona progressivamente le esibizioni per dedicarsi maggiormente alla composizione, all’arrangiamento e all’insegnamento.


23 aprile, 2023

23 aprile 2004 - AC/DC e Metallica usati come armi da guerra in Iraq

Il 23 aprile 2004 i media di tutto il mondo rimandano una notizia che divide il mondo del rock: la musica viene utilizzata come arma. Non è una novità per le truppe statunitensi l’idea di utilizzare enormi amplificatori per “sparare” musica ad altissimo volume contro le postazioni nemiche. Fin dai tempi dell’assedio alla nunziatura apostolica di Panama, dove s’era rifugiato Noriega, la pratica fa parte della guerra psicologica che affianca le azioni militari più tradizionali dell’esercito USA. Anche in Iraq la musica, in particolare l’heavy metal, viene utilizzata a questo scopo non senza polemiche. Quando si diffonde l'indiscrezione secondo la quale, per piegare le ultime sacche di resistenza militare delle truppe di Saddam, l'esercito statunitense sta impiegando le canzoni dei Metallica, un componente della band, Lars Ulrich, si infuria, dissociandosi pubblicamente dalla scelta. L'emittente radiofonica Arrow FM 93.1 di Los Angeles riferisce che i Marines, nell’assedio a Fallujah, stanno sparando canzoni degli AC/DC inframmezzate da appelli alla resa e a insulti vari. L’annuncio provoca la mobilitazione di moltissimi fans schierati per la pace che chiedono al gruppo australiano di assumere un atteggiamento simile a quello di Ulrich. A differenza dei Metallica però gli AC/DC tacciono.


22 aprile, 2023

22 aprile 1974 – Ken Russell inizia a girare Tommy


Il 22 aprile 1974 il regista Ken Russell inizia le riprese del film “Tommy”, una versione cinematografica dell’omonima opera rock creata da Pete Townshend per gli Who. A interpretare la parte del protagonista viene chiamato il cantante della stessa band Roger Daltrey, mentre Tina Turner è una splendida e memorabile Acid Queen. Al film partecipano anche Oliver Reed, Robert Powell, Paul Nicholas, Arthur Brown, Elton John, Eric Clapton, Jack Nicholson, Ann Margret e gli altri tre Who. L’approccio di Ken Russell con la storia è rispettoso delle musica e delle dinamiche di quella che lui stesso chiama “opera rock”. Supplendo con la fantasia e le invenzioni visive a qualche lacuna tecnica provocata dalla scarsa disponibilità finanziaria il regista fa procedere la storia per tappe progressive lasciando all’ossatura musicale il compito di dettare i tempi del racconto. Il risultato è un film visionario, decisamente lontano da altre opere del genere tratte dai musical. Ritenuto da una parte della critica una sorta di orgiastico omaggio al kitch del rock and roll più spettacolare il film appassionerà il pubblico giovanile che ne farà un lavoro di culto destinato a durare negli anni.

21 aprile, 2023

21 aprile 1978 – Sandy, la voce del folk britannico

Il 21 aprile 1978 Sandy Denny, l’ex cantante degli Strawbs, dei Fairport Convention e dei Fotheringay, cade dalle scale nella sua casa di Londra e batte il capo contro un gradino. La mancanza di soccorsi immediati le è letale. Poche ore dopo muore per un’emorragia cerebrale. Ha da poco compiuto trentun anni. Scompare così, per un banale incidente, la miglior voce femminile britannica dei primi anni settanta e una delle principali protagoniste della grande stagione del folk-rock inglese. Allieva dell'Art College di Kensington, ha come compagni di studi Eric Clapton, Jimmy Page e John Renburn. Irrequieta e attratta dalle sperimentazioni fatica a trovare una sua dimensione artistica. Nel 1968 si unisce agli Strawbs, con i quali registra l'album All our on work, ma se ne va dopo pochi mesi per passare ai Fairport Convention. Gli album Unhalfbricking, What we did on our holiday e, soprattutto, il delizioso Liege and lief fanno di lei la regina del nuovo folk britannico. La sua voce pulita e limpida diventa il simbolo di un rinnovamento musicale che cerca di legare le nuove forme espressive del rock con le sonorità della tradizione. Il ruolo della star, però, non fa per lei. Nel 1970, quando è all'apice del successo, decide di ricominciare da capo. Abbandona i Fairport Convention e forma un suo gruppo, i Fotheringay, con i chitarristi Trevor Lucas e Jerry Donahue, il bassista Pat Donaldson e il batterista Gerry Conway. La fredda accoglienza riservata dal pubblico al primo album della band, bellissimo ma troppo sperimentale, la convince a rinunciare all'impresa e a continuare da sola. Resta al suo fianco il chitarrista Trevor Lucas, divenuto anche il suo inseparabile compagno di vita. La pubblicazione di una serie di album di successo scandisce la sua crescita artistica tra il 1971 e il 1974 prima dell'atteso ritorno con i Fairport Convention per un tour da cui nasce anche un album live. L'anno dopo sia lei che Trevor restano con i Fairport giusto il tempo di realizzare il nuovo album della band, Rising for the Moon. Al termine se ne vanno. Decisa a prendersi un periodo di riposo Sandy non dà più notizie di sé per due anni fino al 1977 quando realizza l'album Rendez vous, l'ultimo della sua carriera. Nel 1986, otto anni dopo la scomparsa, verrà pubblicato Who knows where the time goes, un album quadruplo ricco di inediti, una sorta di monumento alla genialità e al talento musicale di una delle migliori voci femminili della musica britannica di tutti i tempi.



20 aprile, 2023

20 aprile 1992 – Cinquecento milioni in memoria di Freddie Mercury

Il 20 aprile 1992 ottantamila persone nello stadio di Wembley e oltre cinquecento milioni di telespettatori in settanta paesi di tutto il mondo ricordano Freddie Mercury, il cantante dei Queen ucciso dall’AIDS. Non era mai successo fino a quel momento che settanta nazioni diverse vivessero in contemporanea un avvenimento musicale. Per la prima volta c'è anche il Sud Africa, uscito dal lungo tunnel dell'apartheid. “A concert for life - Tribute to Freddie Mercury” entra di diritto nella lista dei più grandi avvenimenti della storia del rock. Non si tratta di un evento commerciale. I proventi del concerto sono, infatti, destinati a finanziare la ricerca contro l'AIDS. Cinque giorni prima, per dare l'esempio, i Queen hanno donato a un'associazione che assiste i malati terminali un milione e settecento sessantamila dollari: l'intera cifra ricavata dalla ripubblicazione del brano Bohemian rhapsody. L'organizzazione del concerto non è stata facile, ma la volontà di onorare nel miglior modo l'amico scomparso prevale sulle difficoltà logistiche e sulle perplessità dei media. La vera anima dell'evento è da ricercare nel gruppo di personaggi del mondo dello spettacolo da anni impegnati su questo fronte e che hanno un'agguerrita testimonial nell'attrice Elizabeth Taylor. «La nostra è una guerra contro un nemico implacabile. Non c'è tempo per le incertezze né per le giustificazioni: chi non c'è è un disertore». Per questo sul palco allestito nello stadio di Wembley sfila l'élite della musica pop internazionale di quel periodo, dai Metallica agli Extreme, dall'ideatore di Live Aid Bob Geldof agli Spinal Tap, dai Def Leppard ai Guns N’ Roses, dall'italiano Zucchero agli irlandesi U2 in collegamento via satellite da Sacramento in California. Particolarmente emozionanti sono le esecuzioni delle canzoni di Freddie Mercury da parte di una lunga serie di amici, a partire da George Michael che canta Year of 39 da solo, These are days of our lives con Lisa Stanfield e Somebody to love insieme al London Community Gospel Choir. David Bowie esegue Under pressure in coppia con Annie Lennox mentre Elton John dedica all'amico scomparso le commoventi versioni di Bohemian rhapsody con l'aiuto di Axl Rose e, soprattutto, di The show must go on, il brano che i Queen hanno giurato di non eseguire più dopo la morte del loro leader. Alla fine della lunga performance collettiva tutti gli artisti salgono sul palco per accompagnare un'emozionatissima Liza Minnelli in We are the champions.



19 aprile, 2023

19 aprile 1905 - Tommy Benford, la batteria dei Red Hot Peppers

Il 19 aprile 1905 nasce a Charleston, in Virginia, il grande batterista Thomas "Tommy" Bedford. Inizia a studiare musica insieme al fratello maggiore Bill, suonatore di basso tuba, al Jenkin's Orphanage nel South Carolina. Comincia a esibirsi giovanissimo con l’orchestra dell'Istituto e nel 1914, quando non ha ancora compiuto  dieci anni, partecipa alla tournée che la stessa effettua in Inghilterra. Tornato negli Stati Uniti, inizia a studiare batteria con Steve Wright e Herbert Wright, e nei primi anni Venti suona con il Green River Minstrel Show. In quel decennio diventa molto popolare perché, dopo aver suonato con Elmer Snowden e aver registrato con la orchestra di Charlie Skeets i suoi primi dischi, venne ingaggiato insieme al fratello Bill da Jelly Roll Morton, per far parte dei Red Hot Peppers. Con questo gruppo prende parte a New York a una delle sedute di registrazione più importanti della storia del gruppo di Morton, quella che 1'11 giugno 1928 produce Kansas City Stomp, Shoe Shiner's Drag, Bogaboo, Mournfull Serenade, Georgia Swing e Shreverport Stomp. Tommy partecipa ad altre sedute con i Red Hot Peppers nel 1930. Più o meno nello stesso periodo suona anche con l'orchestra di Edgar Hayes, con quella del fratello Bill Benford e, per un mese circa, con quella di Duke Ellington. Durante gli anni Trenta lavora per molto tempo in Europa, dove arriva ingaggiato dal violinista Eddie South e si ferma. Nel periodo "europeo" suona con Freddy Taylor, Garland Wilson, Louis Bacon, Freddy Johnson e dal 1938 con Willie Lewis, Coleman Hawkins e Bill Coleman. Tornato negli Stati Uniti nel 1943 suona con Noble Sissle e, dal 1946 al 1948, con Snub Mosley, per poi entrare a far parte dell'orchestra di Bob Wilber. Negli anni Cinquanta e nei primi Sessanta suona con Jimmy Archey, Rex Stewart Muggsy Spanier, Freddy Johnson, Joe Thomas, Edmond Hall, Danny Barker, la Jazz Train Revue e tanti altri. Alla metà degli anni Sessanta diminuisce progressivamente l'impegno pur non disdegnando di tanto in tanto di ritornare sulle scene. Negli anni Settanta partecipa all'avventura della Harlem Blues and Jazz Band di Clyde Bernhardt. Muore il 24 marzo 1994 a Mount Vernon, New York.


18 aprile, 2023

18 aprile 1971 – I Family arrivano a Milano

La sera del 18 aprile 1971 i Family sono attesi al Palalido di Milano, il palazzone in Piazza Stuparich da qualche anno destinato al rock e alla boxe. L'inizio del concerto è fissato per le ore 21 e il prezzo dei biglietti, contestato perché ritenuto eccessivo, è di mille lire in galleria, duemila in gradinata e tremila in platea. La band, la cui tournée italiana è sponsorizzata dal settimanale "Ciao 2001" e dal Piper Club, arriva direttamente da Roma dove il giorno prima ha tenuto ben due concerti al Teatro Brancaccio. L'appuntamento è di quelli da non mancare, anche se i più smaliziati sostengono che lo spirito originario della band se n'è andato da tempo. Hanno torto. La band è al culmine del suo miglior periodo, nonostante la formazione non sia più quella nata nel 1966 dalla fusione di due gruppi di Leicester, Jim King & The Farinas e Roaring Sixties. Dei componenti originari sono rimasti il cantante Roger Chapman, il chitarrista Charlie Whitney e il batterista Rob Townsend, mentre il sassofonista Jim King, ritiratosi a vita privata, e il bassista Rick Grech, passato con i Blind Faith, sono stati sostituiti dal chitarrista John Weider già con Eric Burdon & The Animals e dal tastierista John "Poli" Palmer, proveniente dai Blossom Toes e dagli Election. Questa formazione, che i critici ricorderanno come una delle migliori della storia della band, quando arriva in Italia ha all'attivo due album di tutto rispetto come A song for me e Anyway. Il pubblico che affolla il Palalido è irrequieto e rumoreggiante. Si calma soltanto quando sul palco appare il carismatico Roger Chapman che, senza dire una parola, dà il segnale d'inizio del concerto. Alla fine dell'esibizione, che ha raggiunto il culmine in una A song for me dilatata all'inverosimile con incursioni solistiche di tutti i componenti della band, tocca allo stesso Chapman il compito di ringraziare i giovani milanesi: «Sono stati fantastici. Noi viviamo per la musica dal vivo, non possiamo farne senza. Abbiamo bisogno di un contatto continuo con il nostro pubblico. È lui che ispira la nostra musica». Nessuno può immaginarlo, ma la formazione che si esibisce a Milano ha i giorni contati. Due mesi dopo Weider se ne va e verrà sostituito da John Wetton, l'ex bassista dei Mogul Trash, ma è ormai iniziata la lenta dissoluzione dei Family. La loro produzione diventerà sempre più stanca anche per le diserzioni e i cambiamenti di formazione. La fine ufficiale verrà annunciata nell'ottobre del 1973: in tempo per lanciare un antologico d'addio.

17 aprile, 2023

17 aprile 1971 – Joy to the world

Il 17 aprile 1971 i Three Dog Night arrivano al vertice della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti con Joy to the world, il brano che più e meglio di altri è divenuto l'emblema dello straordinario successo ottenuto dalla band a cavallo tra gli anni sessanta e i Settanta. Joy to the world mantiene per sette settimane in vetta alla classifica un gruppo dal palmarés ragguardevole: quindici milioni di dischi venduti con ben undici dischi d'oro per gli album e altrettanti per i singoli. Il brano diventerà uno dei più significativi inni generazionali e nel 1983 verrà recuperato, non a caso, nella colonna sonora del film "Il grande freddo". Il nucleo centrale dei Three Dog Night è costituito, come suggerisce il nome del gruppo, dalle tre voci di Cory Wells, Danny Hutton e Chuck Negron. Nascono nel 1968 quando al trio si uniscono quattro strumentisti esperti come il chitarrista Mike Allsup proveniente dai Family Scandar, il tastierista Jimmy Greenspoon degli East Side Kids, il batterista Floyd Sneed, già nelle band di Josè Feliciano e Bobby Taylor, e il bassista Joe Schermie, fresco reduce dall'esperienza con i Dyke & The Blazers. La perfetta intesa tra le voci di Cory, Danny e Chuck e la facilità delle canzoni, scritte dai migliori autori del periodo, sono le ragioni fondamentali della rapida affermazione dei Three Dog Night che, a partire dal 1969, collezionano una lunga serie di successi. Guardati con sospetto dal movimento hippie, che li considera troppo commerciali, sono invece molto amati dagli autori. Per loro scrivono personaggi come Randy Newman, Russ Ballard, Paul Williams e, soprattutto, Leo Sayer che regala ai Three Dog Night due canzoni come One man band e The show must go on. Il grande successo di Joy to the world segna il culmine della parabola ascendente della band che progressivamente perde smalto e personalità. Nel 1973 Schermie se ne va e viene sostituito dal bassista Jack Ryland mentre la formazione acquista l'ottavo elemento, il tastierista Skip Conte. È l'inizio della fine. Tre anni dopo anche Danny Hutton saluta la compagnia e cede il suo posto a Jay Gruska, ma la crisi è ormai esplosa. A nulla serve l'assurda decisione dei discografici di aggiungere alla formazione tre componenti dei Rufus come Al Ciner, Ron Stocker e Denny Belfield. In musica come in natura gli innesti artificiali spesso non danno i frutti sperati. In questo caso la forzatura non fa che accelerare la fine.




16 aprile, 2023

16 aprile 1943 – Nasce l'LSD

Il 16 aprile del 1943, Albert Hofmann, un chimico elvetico, scopre gli effetti allucinogeni dell'acido lisergico, una sostanza conosciuta e divenuta famosa come LSD. Che cosa c’entra la scoperta in un blog musicale? C’entra perché oltre a entrare di diritto nella memoria storica di più di una generazione, questa misteriosa sostanza ha uno spazio tutto suo nella storia della cultura mondiale a partire dal 1954 quando Aldous Huxley pubblica "Le porte della percezione", un libro nel quale descrive gli effetti della conoscenza "fantastica e creativa" ottenuta sotto gli effetti di sostanze allucinogene. L'uso delle droghe sintetiche caratterizza le sedute ad Harvard di Timothy Leary, Allen Ginsberg e Peter Orlowsky da cui parte la fiammata artistica, filosofica e culturale della beat generation. La sua influenza nel rock non è da meno. Un'intera generazione di musicisti si sperimenta sulle sottili e collose vie della psichedelia, a partire dai Beatles e dai Rolling Stones per raggiungere l'apice con i voli musicali dei Pink Floyd passando attraverso le porte di quel grande laboratorio all'aperto che vive e muore nella baia di San Francisco. È un'esperienza drammatica più che liberatoria quella dell'incontro tra la droga e le nuove pulsioni musicali. Spesso si tende a dimenticare che è costellata da una lunga lista di cadaveri eccellenti e di cervelli bruciati, come quello di Syd Barret, persi per sempre tra le costellazioni lisergiche. Oggi il rapporto tra l'LSD e la musica vive in una sorta di mitologia abborracciata che utilizza i sopravvissuti per celebrare qualche stanco rito un po' tardo-romantico e molto commerciale.


15 aprile, 2023

15 aprile 1967 - Totò ci lascia

Colto da un malore sul set del film "Capriccio all’italiana" Totò muore nella sua casa di Roma il 15 aprile 1967, intorno alle tre e mezzo del mattino per una devastante serie di attacchi cardiaci. Alle 11,20 del 17 Aprile 1967 la salma è trasportata nella chiesa di Sant'Eugenio in Viale delle Belle Arti. Sulla bara ci sono la sua bombetta e un garofano rosso. La cerimonia ufficiale è limitata ad una semplice benedizione perché le autorità religiose non possono accettare la suo convivenza con la Faldini senza matrimonio. Nel pomeriggio la salma arriva a Napoli accolta, già all'uscita dell'autostrada e alla Basilica del Carmine, da una folla enorme. Totò viene sepolto nella cappella De Curtis al Pianto, il cimitero di Capodichino sulle alture di Napoli. Finisce qui la storia di uno dei più importanti personaggi dello spettacolo italiano. Totò nasce il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità, a Napoli, al n. 109 di via Santa Maria Antesaecula. Figlio di Anna Clemente, viene registrato con il nome di Antonio Clemente perché il padre naturale, Giuseppe De Curtis, figlio di un marchese e costretto a dipendere dalle finanze del genitore perché senza lavoro, non può riconoscerlo pena la perdita del sostegno finanziario indispensabile a sopravvivere. Totò cresce tra i vicoli di Napoli, e per i compagni delle avventure d’infanzia il suo nome è già quello che poi diverrà quello artistico. Finite le elementari se ne va in collegio dove un insegnante boxando per scherzo con lui gli rompe il setto nasale definendo inconsapevolmente quella che sarà una linea caratteristica della sua maschera comica. Quando sale sul palcoscenico porta ancora i calzoni corti. A quindici anni debutta in uno dei piccoli teatri di Napoli. Con il nome d’arte di Clerment, derivato dalla storpiatura del suo cognome. Dopo l’interruzione dovuta alla Prima Guerra Mondiale, cui partecipa come fante, torna al teatro e nel 1928 finalmente può fregiarsi del cognome del padre diventando Antonio De Curtis visto che il suo genitore è diventato agente teatrale e si è reso economicamente indipendente dalla famiglia. Trasferitosi con la famiglia a Roma diventa uno dei protagonisti del teatro di varietà allargando pian piano a tutta Italia la popolarità del suo personaggio: una marionetta disarticolata, con la bombetta, il tight fuori misura, le scarpe basse e le calze colorate. Alle soddisfazioni della vita artistica fanno da contraltare le tragedie sentimentali come il suicidio per amore suo di Liliana Castagnola, una famosa cantante di café-chantant che si uccide nella notte del 3 dicembre del 1931 ingerendo barbiturici dopo una lite. Il drammatico episodio segnerà per sempre la vita di Totò che, oltre a far seppellire Liliana nella tomba di famiglia dei De Curtis imporrà il suo nome anche alla figlia avuta nel 1933 da Diana Bandini Lucchesi Rogliani. Nello stesso anno Antonio De Curtis viene adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas, che gli concede il suo nome, in cambio di un vitalizio. In quel periodo forma anche una propria compagnia attraversando da dominatore gli anni d'oro dell'avanspettacolo. Anche il cinema si accorge di lui e nel 1937 lo chiama a interpretare "Fermo con le mani!", il suo primo film cui segue due anni dopo "Animali pazzi". Non ottengono un grande successo, ma segnano l’inizio di una carriera destinata a dargli nuove soddisfazioni a partire dal 1947 con "I due orfanelli". La carriera cinematografica segna tutta la seconda parte della sua vita d’attore, che lo porterà ad essere protagonista di centodue film, trascurando definitivamente il teatro. Anche dal punto di vista sentimentale si apre una nuova epoca, segnata dalla felicità e dall’amore per la giovanissima Franca Faldini, che non sposerà mai ma l’accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni. La vita di Totò si chiude sul lavoro.


14 aprile, 2023

14 aprile 1969 – La stunt girl Fiorella Mannoia si dà al canto

Il 14 aprile 1969 con Gente qua e gente là fa il suo debutto discografico Fiorella, una quindicenne dai capelli rosso fuoco che ha grinta da vendere. La ragazzina due anni prima si era presentata al concorso per voci nuove di Castrocaro barando un po' sui suoi tredici anni per cantare Un bimbo sul leone di Celentano. Con Gente qua e gente là partecipa al Disco per l'Estate, ma nessuno sembra prenderla sul serio. Lei non se la prende. Abbozza e ai giornalisti dichiara di considerare la musica come un hobby. A suo dire il lavoro che la soddisfa di più è l'attività di stuntgirl cinematografica dove peraltro è molto brava. Abilissima sui cavalli è una delle più giovani e coraggiose cascatrici della stagione dei western all'italiana. È lei che nel 1970 sostituisce Candice Bergen nelle scene pericolose del film "The hunting party" (Il giorno dei lunghi fucili) ed è sempre lei la donna che prende gli schiaffoni di Alberto Sordi nel film "Amore mio aiutami" al posto di Monica Vitti. Sul fatto che la musica non la interessi molto, però, non la racconta giusta. Periodicamente, infatti, torna a farsi viva nell'ambiente musicale realizzando vari dischi destinati a passare sostanzialmente inosservati. La vera svolta nella sua carriera musicale è legata all'incontro con Antonio Coggio e Roberto Davini. I lavoro dei due dà i primi risultati nel 1981 quando Fiorella recupera il suo cognome, diventa Fiorella Mannoia e presenta al Festival di Sanremo un brano grintoso come Caffè nero bollente che le vale la partecipazione alla serata finale. La sua vocalità aggressiva e venata d'ironia fa colpo su pubblico e critica. In quell'anno finisce per sempre la carriera di una famosa stunt-girl e nasce una delle voci più significative della canzone italiana, la cui storia si intersecherà sempre di più con quella della canzone d'autore. La sua duttilità vocale, le sue sfumature espressive entusiasmano i cantautori che le affidano volentieri i loro brani. Ben presto nel repertorio di Fiorella entreranno canzoni scritte da quasi tutti i personaggi più autorevoli della canzone d'autore: da De Andrè a Bertoli, da Fossati e Ruggeri, da Bindi a Dalla a Cocciante a molti altri ancora, compreso quel Chico Buarque de Hollanda che si complimenta con lei dopo averla ascoltata eseguire la sua Che sarà. Alla fine degli anni Ottanta e nei primi Novanta arriveranno i riconoscimenti ufficiali con un paio di Premi Tenco e varie tournée in Europa.


13 aprile, 2023

13 aprile 1987 – Lo studio mobile dei Rolling Stones

«Quando abbiamo iniziato a suonare non c'era nessuno disposto a spendere un soldo per noi ma, soprattutto, non sapevamo a chi rivolgerci, come si realizzava un disco. Non sapevamo niente di niente e non conoscevamo nessuno. Oggi i ragazzi sono più svegli, ma la situazione non è poi tanto diversa da allora…». Con queste parole Bill Wyman, il bassista dei Rolling Stones, inizia il 13 aprile 1987 una lunga conferenza stampa per presentare un suo originale progetto. L'idea è quella di mettere a disposizione delle giovani band sconosciute una struttura professionale di registrazione. Non si tratta di uno studiolo anonimo, ma addirittura il famoso studio mobile che accompagna i Rolling Stones nel loro vagabondare creativo e che consente a Mick Jagger e soci di trasferire su nastro qualunque idea in qualunque luogo con una perfezione pressoché assoluta. Alla faccia dell'inaccessibilità e delle leggende che ne costellano la storia quello che da sempre è considerato il sancta sanctorum della band si apre all'esterno. Lo fa girando per le strade della Gran Bretagna come una sorta di messaggero per dare ospitalità a chiunque abbia qualcosa da dire e da far ascoltare. Bill Wyman spiega il progetto come un modo per evitare «che idee nuove e artisti importanti non vedano la luce perché non inseriti nel giro giusto». Sollecitato dai giornalisti presenti aggiunge che anche i suoi compagni sono d'accordo, pur non occupandosene personalmente. Non potrebbe essere altro che così visto che il bassista non potrebbe disporre dello studio mobile senza il preventivo assenso dei compagni. Non manca chi polemizza con lui sostenendo che l'iniziativa sia più che altro una trovata pubblicitaria visto che la scarsità di spazi per nuovi talenti è determinata anche dal permanere di vecchi dinosauri del rock come la band di cui fa parte. «Perché i Rolling Stones dovrebbero favorire la nascita di gruppi in grado di cancellarli dalla scena musicale?» Wyman non si scompone. Ricorda come nel rock non esiste l'idea della concorrenza e cita esempi per dimostrare che da sempre la forza delle rock band nasce dall'evoluzione e dalla contaminazione degli stili, non dalla conservazione di uno stato di fatto. Gli stessi Rolling Stones hanno accompagnato nella loro storia l'emergere e l'affermarsi di numerosi interpreti e band. «Dio solo sa quanto ci sia bisogno di nuove idee nel nostro ambiente!» conclude laconico Wyman.

12 aprile, 2023

12 aprile 1967 - Il clarinetto di Buster Bailey

Il 12 aprile 1967 muore a New York il clarinettista Buster Bailey, uno dei primi grandi virtuosi di clarinetto della storia del jazz. Ha sessantacinque anni. Nato a Memphis, nel Tennessee, è ancora un bambino quando inizia a studiare musica sotto la guida di Franz Schoepp, clarinettista dell'orchestra sinfonica di Chicago. Quando il leggendario direttore d'orchestra W. C. Handy lo scrittura per il suo ensemble il ragazzo non ha ancora compiuto quindici anni. A diciassette è a Chicago con l'orchestra di Erskine Tate e nel 1923 se ne va a New York. La sua tecnica prodigiosa e la straordinaria abilità di fraseggio entusiasmano l'ambiente newyorkese e Bailey, per non scontentare nessuno, suona con tutti quelli che lo cercano. In questi anni, infatti, passa da un'orchestra all'altra con estrema disinvoltura. A lui fondamentalmente piace suonare. Non importa con chi, purché si suoni. Alterna così concerti e lavoro di studio con quasi tutti i migliori gruppi di quel periodo: dai Blue Five di Clarenee Williams alla Creole di King Ohvier, dalle band che accompagnano le grandi signore del blues Ma Rainey, Bessie Smith e Alberta Hunter alla grande orchestra di Fletcher Henderson. Negli anni Trenta qualcuno comincia a considerarlo ormai superato e lui vive momenti difficili. Quello che sembra l'inizio del declino si rivela invece l'anticamera di un colossale rilancio. Con l'esplosione dello swing Bailey riemerge prepotentemente. Conteso dalle migliori formazioni nere della "swing era" ricomincia a darsi da fare passando, come sempre, da un gruppo all'altro: dalla Mills Blue Rhythm Band alle orchestre di Lucky Millinder, Stuff Smith e John Kirby. Proprio con quest'ultima ottiene anche il suo primo grande successo commerciale. Non smetterà più fino alla morte e nel 1958 registrerà per l'etichetta Felsted a New York una personalissima versione di due brani simbolo come Memphis blues e Beale street blues, oggi considerata il suo testamento artistico.

11 aprile, 2023

11 aprile 1966 – Lisa Stanfield, la signorina di Razzmatazz

L'11 aprile 1966 nasce a Rochdale, in Gran Bretagna, la cantante Lisa Stanfield, una delle migliori voci femminili affermatesi alla fine degli anni Ottanta. Il suo debutto in pubblico avviene a quattordici anni quando partecipa a un concorso di voci nuove. Qualche anno dopo il suo volto diventa famoso in tutta la Gran Bretagna perché è la presentatrice del programma televisivo per bambini "Razzmatazz". La musica resta però il suo sogno nel cassetto. Approfittando della popolarità tenta di farsi prendere sul serio come interprete, ma con scarsissimi risultati. Nessuno è disposto a investire su quella ragazza dal volto che richiama alla memoria giochi per l'infanzia. Negli anni Ottanta forma i Blue Zone con due polistrumentisti, Andy Morris e Ian Dewaney, e arriva anche a registrare un album Big thing che però non viene neppure distribuito perché giudicato scarsamente commerciale dalla sua casa discografica. I tre, delusi finiscono per aggregarsi ai Coldcut, un duo formato da Matt Black e Jonathan Moore come musicisti d'accompagnamento e voci di supporto. Per Lisa sembra la fine dei sogni, ma invece, nel 1989, la sua voce diventa l'elemento centrale di People hold on, il terzo successo in singolo dei Coldcut. Nell'estate del 1989 la ragazza debutta, quindi, come solista, contando sulla collaborazione dei fedeli amici Andy Morris e Ian Dewaney che, oltre ad affiancarla nella composizione dei brani, si occupano anche della sua produzione discografica. La sua voce calda e "nera" che fa quasi da contrappunto all'immagine fresca e giovanile, catturano l'attenzione del pubblico fin dal primo singolo This is the right time che prepara il terreno all'exploit di All around the world e dell'album Affection, dominatori delle classifiche. Proprio quando non se l'aspettava più Lisa si ritrova così catapultata al vertice del successo e il 1989 si conclude con il titolo di "miglior cantante britannica". Gli anni Novanta si aprono con una lunga fila di varie nomination per i Grammy Awards e numerosi premi, ma lei, consapevole della fragilità del successo, cerca di gestire con oculatezza la sua produzione. Riduce al minimo i concerti e le esibizioni, ma non lesina il suo aiuto alle iniziative benefiche, come quando, nel 1990, partecipa alla registrazione di Red, Hot & Blue, un doppio album destinato a raccogliere fondi per la ricerca contro l'AIDS, cantando Down in the dephs, un vecchio brano di Cole Porter. Continua per tutti gli anni Novanta poi, progressivamente riduce il suo impegno musicale cimentandosi nel cinema e nella TV.




10 aprile, 2023

10 aprile 1962 – Se ne va Stu, il quinto Beatle

Il 10 aprile 1962 muore a Amburgo, in Germania, per un aneurisma cerebrale il chitarrista Stuart Sutcliffe, detto "Stu". La sua scomparsa passa del tutto inosservata, visto che il ragazzo è praticamente uno sconosciuto, eppure trent'anni dopo la sua sfortunata vicenda ispirerà addirittura un film. Sutcliffe, infatti, entrerà nella storia del rock mondiale come uno dei soci fondatori dei Beatles. Amico e compare di bisbocce di John Lennon, inizia a suonare con lui e con Paul McCartney quando il gruppo si chiama ancora Johnny & The Moondogs. È il più folle della compagnia, allievo dell'Art College si veste con improbabili camicie rosa e jeans aderenti e scimmiotta il suo idolo James Dean. A lui la leggenda attribuisce addirittura la primogenitura del nome. Secondo questa versione quando Larry Parnes scrittura i tre per fare da supporto a Billy Fury è proprio Stu il primo a proporre il nome di Beetles, poi storpiato da Lennon in Beatles. Leggende a parte, l'allampanato casinista è come un fratello per l'intrattabile e umorale John Lennon. Quando i Beatles partono con un pulmino Austin tutto ammaccato e se ne vanno in Germania in cerca di fortuna, emigranti senza permesso di lavoro, lui è felice come un ragazzino. Il destino ha in serbo molte sorprese per i componenti del gruppo e sembra divertirsi a utilizzare Stu per segnarne i momenti di svolta. Il ragazzo, infatti, si innamora di Asdrid Kirchner, una fotografa esistenzialista che proprio su di lui inventa per la prima volta quella pettinatura a caschetto che caratterizzerà per sempre l'immagine della band. Quando, nel 1961, le azioni dei Beatles iniziano progressivamente a lievitare, Stu decide di fermarsi ad Amburgo. La musica e l'amicizia dei suoi compagni sono importanti, ma l'amore per Asdrid è più forte. Ne parla a lungo con il suo amico John Lennon e chiede di essere compreso. Non se la sente di sprecare neppure un momento della sua vita per inseguire la gloria. Oggi anche questa fretta di vivere intensamente quelli che saranno gli ultimi giorni della sua vita sembra frutto di un'intuizione dolorosa. La separazione avviene senza drammi, anche perché il ritorno in Inghilterra dei Beatles è provvisorio. La band ha ancora impegni contrattuali con i locali amburghesi e John è sicuro di poterlo recuperare di lì a poco. Non succederà. La notizia della sua morte segnerà profondamente John Lennon, suo inseparabile compagno di pazzie.