03 agosto, 2023

3 agosto 1969 - Carl Wilson, un imbarazzante disertore

Il 3 agosto 1969 Carl Wilson, il chitarrista dei Beach Boys, compare davanti alla Corte Federale di Los Angeles per rispondere dell’accusa di diserzione. Non è un reato da poco negli Stati Uniti dell’epoca, dove vige la coscrizione obbligatoria e il paese è impegnato in una guerra mai dichiarata nel Vietnam. Obiettore di coscienza il musicista, dopo una lunga trattativa caratterizzata da blandizie e proposte nel tentativo di farlo recedere dai suoi propositi, aveva ottenuto di sostituire la divisa con il servizio civile. Poteva evitarselo. In fondo, gli avevano detto tutti, poteva anche accettare di farsi il periodo di leva sotto le armi. Non avrebbe certo rischiato, lui così biondo, bianco e famoso, di andare a combattere nelle giungle indocinesi. Tutt’al più gli sarebbe toccato di visitare in elicottero qualche base militare USA ben lontana dal fronte, ripulito e con la divisa in perfetto ordine, a uso e consumo dei fotografi e dei telegiornali. Nonostante tutto ha detto no. I militari non hanno gradito e, alla prima occasione si sono vendicati. Quando non si è presentato nel luogo e nel giorno stabiliti per l'inizio del servizio civile hanno chiesto il suo rinvio a giudizio per diserzione, salvo scoprire quasi subito di non aver avuto una bella idea in un periodo in cui sta crescendo nell’opinione pubblica l’opposizione alla guerra in Vietnam. Tutta l’America infatti viene così a sapere che persino uno dei componenti del gruppo-simbolo dello scanzonato disimpegno californiano tutto casa, surf e ragazze si rifiuta di vestire la divisa. L’udienza del 3 agosto si risolve in pochi minuti perché Carl presenta ai giudizi un certificato da cui risulta che nel giorno in cui avrebbe dovuto iniziare a lavorare nel servizio civile era ricoverato in ospedale. Il processo finisce lì. Uscendo dall’aula il chitarrista dice ai giornalisti che, a parziale risarcimento del disturbo arrecato alla collettività dalla sua ritardata presentazione, i Beach Boys suoneranno gratuitamente in ospedali, carceri e in altri luoghi “dove c’è gente che soffre”.

31 luglio, 2023

31 luglio 1968 – Chiude la boutique dei Beatles

Il 31 luglio 1968 la boutique Apple di Londra chiude i battenti regalando le rimanenze ai clienti. È il fallimento sostanziale di una delle sezioni più importanti della società creata dai Beatles dopo la morte del loro scopritore, manager e amico Brian Epstein. La chiusura della boutique è solo l'ultima tappa di un cammino segnato dall'incertezza e da crescenti difficoltà nei rapporti interni alla band. Negli anni successivi John Lennon confesserà: «La morte di Brian ci aveva sconvolto. In quel momento fu Paul (McCartney) ad assumere il controllo della situazione. Prese per mano il gruppo e iniziò a condurci, ma non tutti eravamo d’accordo di andare nella direzione che aveva scelto. Fu allora che cominciò la nostra disintegrazione, non dopo». Eppure in quel momento i Beatles sembrano nocchieri di una nave inaffondabile. Su proposta di Paul viene fondata la Apple, un’organizzazione di proprietà di tutti e quattro i componenti della band destinata a occuparsi della produzioni in campo artistico e della gestione di vari settori merceologici collegati all’immagine del gruppo. Il nome e il marchio sono ispirati a un quadro del pittore belga René Magritte, mentre per la sede della società viene scelto un imponente palazzo del XVIII secolo situato in un angolo di Baker Street a Londra. La prima operazione, il film "Magical mistery tour", si rivela un clamoroso fiasco commerciale e artistico. Le perdite vengono in parte compensate dal successo delle canzoni contenute nella colonna sonora. Più grave è la chiusura della boutique perché evidenzia anche il fallimento del tentativo di gestire in modo commercialmente interessante l'immagine del gruppo. Nel disastro generale fa eccezione il settore musicale e della produzione discografica, che continua a essere trainato dal costante successo del marchio Beatles e dal lancio di alcuni giovani talenti, ma la solidità interna del quartetto mostra le prime evidenti crepe. Con la boutique si chiude un sogno.

30 luglio, 2023

30 luglio 1960 - Arv Garrison, chitarrista di transizione

Il 30 luglio 1960 muore il chitarrista Arv Garrison. Registrato all’anagrafe con il nome di Arvin Charles Garrison, nasce a Toledo, in Ohio, il 17 agosto 1922 in una famiglia di musicisti. Il suo approccio agli strumenti a corda avviene senza alcun maestro. Il precoce Arv, infatti, impara da solo a nove anni a trarre suoni intonati dalle corde tese, dapprima utilizzando l’ukulele e in seguito passando alla chitarra. Dai dodici ai diciotto anni si fa le ossa suonando nelle feste da ballo con vari gruppo e successivamente dà vita a una propria formazione con la quale nel 1941 si esibisce al Kenmore Hotel di Albany. Dopo una permanenza nell’orchestra di Don Seat a Pittsburgh, costituisce un trio che prende il nome di Vivien Garry Trio, dal nome della contrabbassista Vivien Garry, moglie dello stesso Garrison. Chitarrista di transizione, inizialmente influenzato da Django Reinhardt, Garrison, partecipa anche a varie sedute d'incisione con i boppers, compresa quella diretta da Charlie Parker nel marzo 1946 nella quale vengono incisi Yardbird Suite, Ornithology e A Night In Tunisia. Negli anni Cinquanta torna nella sua città natale limitando le sue esibizioni ai locali della zona.

29 luglio, 2023

29 luglio 1987 - Bill Clinton al sax per i Four Tops

Mercoledì 29 luglio 1987 il governatore dello Stato del Michigan James Blanchard dichiara il Four Tops Day, la “Giornata dei Four Tops”, in tutto il territorio dello stato per sottolineare il contributo dato alla crescita civile e culturale di Detroit e della nazione intera dal gruppo vocale nero dei Four Tops. Sulla breccia da più di trent’anni (sono nati nel 1956) senza mai cambiare formazione i quattro, Levi Stubbs, Lawrence Payton, Abdul “Duke” Fakir e Renaldo “Obie” Benson, sono il gruppo più longevo della Motown, la casa discografica fondata da Berry Gordy jr che ha il merito di aver imposto il “Detroit sound”, la musica nera di derivazione soul, in tutto il mondo. I Four Tops sono degli operai della canzone. Abili esecutori senza velleità compositive credono nella forza del gruppo e non sono mai stati tentati dall’idea di esibirsi come solisti. Nel 1987 sono passati ventitré anni dal loro primo grande successo Baby I need your loving, ma la loro popolarità non ha subito flessioni, anche se i dischi non arrivano più al vertice della classifica. In quell’anno Levi Stubbs ha anche prestato la sua voce alla pianta carnivora del film “Little shop of horrors” (La piccola bottega degli orrori). In occasione del Four Tops Day viene organizzata una grande festa nella cittadina di Traverse City cui partecipano artisti e personalità provenienti da tutti gli Stati Uniti. Il programma prevede che il gruppo esegua i brani più famosi accompagnato da molti strumentisti neri degli studi Motown. Quando partono le prime note il pubblico s’accorge che sul palco c’è una mosca bianca, non in senso figurato. Tra i sassofonisti, infatti, c’è un giovanottone di pelle bianca che suona il sax. È un ex obiettore alla leva negli anni della guerra in Vietnam che è riuscito a diventare Governatore dell’Arkansas. Il suo nome è Bill Clinton e nel suo futuro c’è la presidenza degli Stati Uniti.

28 luglio, 2023

28 luglio 1979 – Il sogno della 2-Tone

Il 28 luglio 1979 con il singolo Gangsters degli Specials per la prima volta le classifiche britanniche ospitano un disco della 2-Tone, la casa discografica autogestita dalla band, il cui logo, un omino bianco e nero, è diventato da tempo il simbolo del movimento ska. Più che un'etichetta la 2-Tone è un laboratorio dello ska, la musica nata dalla mistura tra la secca essenzialità del punk e la ritmica armonia delle musiche giamaicane. Per i giovani ribelli e antirazzisti delle metropoli britanniche la 2-Tone è l'emblema di un rinnovamento musicale capace di mescolare culture diverse. Nata dalla geniale e fertile inventiva di Jerry Dammers, il leader degli Specials, ha una struttura del tutto improbabile. Non c'è una vera e propria sala di registrazione. I primi nastri vengono praticamente registrati tutti, o quasi, nel suo appartamento a Coventry. Non c'è una programmazione né uno staff che si occupi del marketing. La principale e, per molto tempo, unica forma di promozione sono i concerti e il nutrito sottobosco di fanzine del movimento ska, fogli autoprodotti che passano di mano in mano. Soltanto l'anno prima gli Specials, pur di salvaguardare l'integrità artistica dell'etichetta, hanno rifiutato di firmare un ricco contratto proposto loro da Bernie Rhodes, il manager dei Clash. La 2-Tone non è soltanto Specials. Si può dire che tutti i principali gruppi del movimento ska partano dall'etichetta dell'omino bianco e nero «di sinistra e contro ogni razzismo». La lista è lunghissima e comprende dai Selecter ai Madness, dai Beat agli Swingin' Cats, alle Bodysnatchers, a Rico, un trombonista giamaicano onnipresente considerato una sorta di portafortuna. E quando la destra si scatena, da questo gruppo nasce l'idea della resistenza militante contro le violenze del National Front. Non tutti resisteranno per sempre alle lusinghe del mercato e anche la 2-Tone finirà. L'esperienza resterà però una delle pagine più belle della musica britannica.


27 luglio, 2023

27 luglio 1979 - In fiamme l’emporio di Alice Cooper

Il 27 luglio 1979 un attentato distrugge a Scottsdale, in Arizona, un negozio di prodotti d’artigianato dei nativi americani, quelli che nei film western vengono chiamati “indiani”. Le fiamme riducono in cenere l’intero emporio. In assenza di rivendicazioni gli investigatori brancolano nel buio. L’unica certezza è l’origine dolosa dell’incendio, preceduto da un’esplosione assordante. La curiosità dei giornalisti aumenta quando si scopre che il proprietario del negozio è Alice Cooper, una delle rockstar più popolari dei primi anni Settanta, le cui violente e raccapriccianti invenzioni sceniche hanno entusiasmato anche Salvador Dalì. Proprio il celebre pittore lo ha definito “re della confusione totale”. Nel 1972 la sua School’s out era divenuta l’inno di ribellione degli studenti inglesi («Noi non abbiamo classi/e non abbiamo princìpi/e non abbiamo neanche l’innocenza/e non riusciamo a pensare neppure una parola che faccia rima»). Simbolo di un rock decadente ricco d’effetti e affascinato dall’horror, Vincent Damon Furnier, questo è il suo vero nome, ha sempre diviso l’immagine pubblica dalla vita privata. Incendiario e provocatorio sul palcoscenico, quando sveste i panni della rockstar si trasforma in un uomo cortese, intelligente e colto. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta riduce l’attività artistica, allargando il campo dei suoi interessi anche a settori diversi dalla musica. Per questa ragione appare improbabile che l’incendio sia opera di qualche ammiratore in cerca di popolarità. Ai giornalisti confessa che nell’attentato sono andati distrutti tutti i riconoscimenti ottenuti nel corso della sua carriera, compresi i dischi d’oro. «Non so chi volessero colpire con questa azione, se la mia modesta attività commerciale o l’opera di sensibilizzazione sui diritti dei nativi americani, ma chiunque sia stato sappia che non otterrà risultati. Sgomberate le macerie ricominceremo come prima».

26 luglio, 2023

26 luglio 1959 – La Rosa di Napoli

Il 26 luglio 1959 muore a Napoli, la città che le ha dato i natali e alla quale è stata sempre profondamente legata, la cantante e attrice Rosa Moretti. Da un mese ha compiuto cinquantacinque anni. Il suo nome vero, per la verità, è Maria Santoro ma da anni in tutto il mondo è conosciuta come "la Rosa di Napoli". Proprio nella città partenopea nasce, infatti, nel 1904. La bambina si fa notare per la sua voce squillante e naturalmente intonata. Ben presto scopre che, con un po' di studio e tanta applicazione, può migliorare la sue qualità. È difficile dire quanto pesino le lezioni dei vari maestri che, via via, l'assistono nei suoi progressi e nell'apprendimento delle tecniche vocali, e quanto, invece, sia determinante la sua caparbia voglia di migliorare. Comunque sia, non ha ancora diciotto anni ed è già una della cantanti più contese dalle varie "sale da musica" napoletane. La sua voce da soprano leggero dotata di ampia estensione conquista un pubblico sempre più vasto. Nel 1928 viene scritturata dall'appena nata EIAR e fa il suo debutto ai microfoni di Radio Napoli accompagnata dall’orchestra di un grande maestro come Tito Petralia. In quei tempi un contratto radiofonico richiede un impegno costante, con orari quasi impiegatizi. Tutto viene trasmesso in diretta e richiede prove quotidiane. La ragazza appena può cambia aria e se ne va all'estero dove diventa una vera e propria star delle comunità italiane sparse per il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e nel Sudamerica. Nonostante le sue tournée si tramutino regolarmente in grandi bagni di folla, Rosa non ce la fa a stare lontana dalla sua Napoli. Nel dopoguerra, superato il traguardo dei quarant'anni sceglie di cambiare genere per dedicarsi quasi esclusivamente alla sceneggiata. Abituata a essere padrona del proprio destino, verso la metà degli anni Cinquanta, quando capisce che il suo fisico non regge più le fatiche e lo stress del palcoscenico, saluta tutti e lascia le scene.

25 luglio, 2023

25 luglio 1981 – "Enola gay" porta al vertice gli Orchestral Manoeuvres In The Dark

Il 25 luglio 1981, quasi un anno dopo la sua prima pubblicazione in Gran Bretagna, il brano Enola gay arriva al vertice della classifica dei singoli più venduti in Italia. Sia pur in ritardo il disco ha un successo commerciale più eclatante di quello ottenuto in patria, dove non è andato oltre l'ottavo posto in classifica. Gli interpreti del brano si fanno chiamare Orchestral Manoeuvres In The Dark. Dietro questa sigla si nascondono, in realtà, due ingegneri del suono di Liverpool, Paul Humphreys e Andy McCluskey, provenienti dall'esperienza della cool wave. Definiti, forse con un po' di precipitazione, "alfieri della tecno pop", con il loro sound, basato su un ampio uso di tutte le soluzioni tecnologiche più avanzate disponibili in campo musicale, tende a superare gli angusti limiti di una definizione schematica. Enola gay è uno dei brani del loro secondo album Organisation, realizzato con la collaborazione di un gruppo di strumentisti che comprende, tra gli altri, il percussionista Malcolm Holmes, il sassofonista Martin Cooper e il tastierista Michael Douglas, un trio che li supporta anche nelle esibizioni dal vivo. Quando Enola gay arriva al vertice della classifica italiana in patria la band ha già pubblicato il nuovo album, Architecture and morality, con i singoli Souvenir e Joan of Arc (Maid of Orleans). Chi pensa che gli Orchestral Manoeuvres In The Dark, il cui nome si è nel frattempo accorciato in O.M.D. siano destinati a ripetersi all'infinito si sbaglia. Nel 1983 con l'album Dazzle ship e il singolo Genetic engeneering, i due di Liverpool inizieranno a prendere le distanze dalle facili tentazioni del pop. Non sarà, però, una scelta definitiva. Per qualche anno alterneranno brani decisamente sperimentali e ostici a parentesi commerciali. Alla fine degli anni Ottanta Humphreys se ne andrà per formare i Listening Pool. Quella degli Orchestral Manoeuvres In The Dark diventerà così una sigla nelle mani del solo McCluskey.


24 luglio, 2023

24 luglio 1978 – Il film del sergente Pepper è un fiasco

Il 24 luglio 1978, preceduto da una martellante campagna promozionale, arriva finalmente nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti il film “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”. Sono molti quelli che scommettono su un rapido e sicuro successo del lungometraggio prodotto da Robert Stigwood. Le premesse ci sono tutte, visto che si tratta di un film musicale che mette insieme i Bee Gees, cioè il gruppo più famoso del momento, e Peter Frampton, il solista più venduto dell'anno. Anche il titolo dovrebbe, nelle intenzioni degli ideatori, costituire un valore aggiunto, visto che si ispira al famoso concept album dei Beatles, considerato uno dei più importanti album della storia del rock mondiale. In più la locandina annuncia la partecipazione in ruoli minori di una lunga serie di musicisti, tra i quali spiccano i nomi di Alice Cooper, degli Aerosmith e degli Earth Wind & Fire. Il cast artistico è completato dalla presenza di Frankie Howerd, George Burns, Donald Pleasance e di uno Steve Martin al debutto su grande schermo. Come spesso accade, però, i fatti smentiscono la pianificazione a tavolino. I critici stroncano l'intero film, a partire dalla strampalata e improbabile storia di una band formata da Frampton e dai Bee Gees che lotta contro i cattivi di turno sulle arie delle canzoni dei Beatles. Quello che nelle intenzioni degli autori e delle numerose anticipazioni dei media doveva diventare una sorta di manifesto neo-psichedelico folle e surreale appare, in realtà, una commediola musicale scialba e insipida. Terminato l'effetto della campagna promozionale di lancio anche il pubblico diserterà le sale. Il fiasco del film costringerà il produttore Robert Stigwood a far fronte a una perdita di rilevanti proporzioni, ma avrà anche una serie di effetti collaterali. La figuraccia peserà negativamente sui Bee Gees e anche su Peter Frampton, ma soprattutto rischierà di chiudere prematuramente la carriera del regista Michael Schultz.




23 luglio, 2023

23 luglio 1970 Basta con lo sconcio dei concerti rock!

«Corpi nudi che si abbracciano nel fango, droga a fiumi, bestemmie, oscenità varie e promiscuità. Questo è lo spettacolo che danno quei raduni chiamati, con termine improprio, "concerti rock". Sono orge sfrenate accompagnate da dosi massicce di rumori assordanti e ululati belluini. Nessuna persona di buon senso può accettare l’idea di averne uno vicino alla sua casa. Chiunque sia timorato di Dio non può che avere un moto di raccapriccio all’idea che il proprio figlio, o, peggio, la propria figlia, entrino in contatto con una di queste manifestazioni...». Dichiarazioni come questa condiscono, nel luglio 1970 una straordinaria campagna di mobilitazione contro il rock “corruttore della gioventù”, attuata nello Stato del Connecticut da un insieme improvvisato di benpensanti, conservatori, fondamentalisti religiosi e associazioni della destra culturale. L’obiettivo dichiarato è quello di impedire lo svolgimento dal 30 luglio al 1° agosto di un Festival Rock nei pressi della cittadina di Powder Ridge. La mobilitazione vede in prima fila, accanto a semplici cittadini, numerosi amministratori locali desiderosi di mettersi in evidenza. I giovani organizzatori del Festival Rock, decisi a non accettare le provocazioni, tendono a sottovalutare la portata di queste iniziative demolitorie, evitando perfino di rispondere alle centinaia di lettere di protesta che invadono le redazioni dei giornali locali. Nelle prime settimane di luglio, in una conferenza stampa, sostengono che i benefici economici per la zona sono notevolmente superiori ai possibili disagi. Annunciano poi di aver già venduto più di diciottomila biglietti. Infine si dicono certi dell’assoluta infondatezza dell’azione legale che chiede la sospensione del Festival. L’illusione finisce il 22 luglio 1970 quando, mentre a Powder Ridge stanno arrivando i primi gruppi di ragazzi, il caso viene discusso di fronte alla Corte Distrettuale di New Haven. La sentenza è sorprendente. Accettando le ragioni dei ricorrenti, si proibisce “per ragioni d’ordine pubblico” lo svolgimento della manifestazione. Le autorità locali sono incaricate di predisporre lo sgombero immediato dell’area che avrebbe dovuto ospitare il concerto.


22 luglio, 2023

22 luglio 1954 – Al Di Meola, batterista mancato

Il 22 luglio 1954 nasce a Bergenfield, nel New Jersey, il chitarrista Al DiMeola. A cinque anni comincia a picchiare sui tamburi di una batteria tra la disperazione dei famigliari e dei vicini di casa. Le proteste e la crescente insofferenza del quartiere fanno sì che, dopo qualche anno, le lezioni di batteria lascino il posto allo studio di un nuovo e meno problematico strumento: la chitarra. Proprio con le corde e la cassa armonica ha modo si svilupparsi lo straordinario e precoce talento musicale del piccolo Al. Ha soltanto undici anni, anche se ne dimostra qualcuno di più, quando forma la sua prima rockband. Inizialmente non proprio disposti ad assecondare quello che considerano un hobby, i suoi famigliari cedono alle insistenze del ragazzo e gli passano il sostegno economico necessario a frequentare il prestigioso Berklee College of Music di Boston. Qui Al DiMeola si trova a suo agio. Alterna gli studi alle esibizioni e ben presto riesce a conquistarsi un posticino nella band di Barry Miles. L'avventura dura soltanto qualche mese ma si rivela un passaggio decisivo per la sua carriera. Grazie ai buoni uffici del suo amico ed estimatore Larry Coryell a soli diciannove anni entra a far parte dei Return To Forever di Chick Corea. I suoi virtuosismi e la magica purezza del suo tocco vengono esaltati dall'esplosione del jazz rock. La critica è unanime nel considerarlo uno chitarristi più importanti del genere. La conclusione dell'esperienza dei Return To Forever non cambia la sua vita. Nel 1976 debutta come solista con l'album Land of the midnight sun. L'anno dopo per la realizzazione del suo secondo album Elegant gypsy può contare sulla collaborazione attiva e sulla partecipazione di grandi musicisti come Jan Hammer, Lenny White, Steve Gadd, Mingo Lewis e il chitarrista classico spagnolo Paco de Lucia. Superata indenne anche la fine del periodo d'oro del jazz rock, si presenta all'appuntamento degli anni Ottanta pubblicando il doppio album Splendido Hotel con la collaborazione, tra gli altri, di Chick Corea. In quel periodo oltre al lavoro in solitario realizza un'interessante collaborazione con i chitarristi John McLaughlin e Paco de Lucia che sfocia in una lunga serie di concerti dal vivo. Appassionato ricercatore, Al DiMeola svilupperà negli anni successivi innovative esperienze con moltissimi musicisti, compreso il geniale giapponese Stomu Yamashta.



21 luglio, 2023

21 luglio 1981 – Snub Mosley, lo showman del trombone

Il 21 luglio 1981 muore a New York il trombonista Snub Mosley, all’anagrafe Lawrence Leo Mosely. Nato a Little Rock, nell'Arkansas, ha settantun anni. È adolescente e sta ancora studiando per migliorare la sua tecnica quando Alphonso Trent lo vuole nella sua orchestra. Il suo debutto professionale avviene proprio nella formazione di Trent a Dallas e prosegue con un'intera stagione all'Adolphus Hotel. Con la stessa band se ne va a Richmond dove, alla fine del 1928, registra i primi dischi. La sua presenza scenica e la capacità di divertire il pubblico ne fanno lievitare le azioni e, nel 1934, entra a far parte della formazione di Claude Hopkins. Non ci resta per molto perché non tardano a bussare alla sua porta personaggi leggendari del jazz di quel periodo come Fats Waller e Louis Armstrong. Snub non dice mai di no, ma non accetta contratti a lungo termine. Il suo sogno è quello di mettersi in proprio. Ci riesce nel 1936 quando dà finalmente vita a un'orchestra che porta il suo nome e che riesce a tenere unita per molti anni. Alla testa dei suoi strumentisti diventa l'attrazione di locali come il Woodmere Country Club e il Queen's Terrace di Long Island. Tra lui è il gruppo c'è amore vero, come emerge anche dalla cura con la quale prepara le numerose sedute di registrazione per la Decca nelle quali suona sia il suo trombone, stilisticamente influenzato da Tommy Dorsey, che come vocalist e anche come solista di slide-sax, un sassofono inventato da lui al quale è dedicato il brano The man with the funny little horn. Nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta la sua popolarità si allarga anche al di fuori dei confini degli Stati Uniti, in Oriente e in Europa dove colpisce l'immaginazione del pubblico più per le doti di showman che per le sue qualità artistiche. Con la crisi delle big band si dedica alle orchestre-spettacolo, capaci di esaltarne le doti di simpatia e d'intrattenimento sulle note del suo brano più famoso: Snub's blues.

20 luglio, 2023

20 luglio 1968 – In a gadda da vida

Il 20 luglio 1968 entra nella classifica degli album più venduti negli Stati Uniti In a gadda da vida degli Iron Butterfly. Il titolo è preso in prestito dal brano principale che, con i suoi diciassette minuti, occupa un intero lato del disco. Il successo commerciale arriva decisamente a sorpresa per gli Iron Butterfly, formati un paio d'anni prima a San Diego dal tastierista Doug Ingle e fino a quel momento considerati una band di culto della ristretta cerchia del movimento hippie. La formazione del gruppo in quel momento comprende, oltre a Ingle, il chitarrista Erik Braunn, il bassista Lee Dorman e il batterista Ronald Bushy, anche se i cambiamenti sono all'ordine del giorno. Il brano che dà il titolo al disco è una suite psichedelica che nei diciassette minuti di svolgimento, raccoglie un numero impressionante di citazioni. Il riff d'attacco guarda alla lezione dei Cream, ma si sviluppa lungo una sorta improvvisazione collettiva a tema guidata dalla chitarra, in cui ciascuno degli strumentisti gioca a differenziarsi dagli altri. C'è un assolo di batteria geometrico in cui qualcuno ha visto addirittura un'anticipazione delle strutture della disco dance, ci sono distorsioni blues, ma il collante di tutto finisce per essere la psichedelica e solenne esecuzione all'organo di Doug Ingle, che stranisce, stravolge, rivolta ogni variazione fino a ricondurre tutti al tema principale. Il testo suscita più di un sospetto. Per i più smaliziati In a gadda da vida non sarebbe altro che la versione corrotta dagli effetti degli allucinogeni della frase «In a garden of Eden». Sollecitati a una risposta sull'argomento i musicisti tacciono. Il loro silenzio durerà anni. Il successo commerciale dell'album è straordinario: più di tre milioni di copie vendute e disco di platino. Meno bene andrà agli Iron Butterfly. Inadatti a rivestire il ruolo delle rockstar finiranno per perdersi anche se verranno considerati i più influenti precursori dell'heavy metal.

19 luglio, 2023

19 luglio 1934 – Bobby Lee Bradford, un trombettista che meritava di più

Il 19 luglio 1934 nasce a Cleveland, nel Mississippi, il trombettista Bobby Lee Bradford. A dieci anni è costretto a lasciare i suoi compagni di giochi e la città dove è nato per seguire la famiglia a Los Angeles. Non è che la prima tappa di una continua migrazione che in un paio d'anni lo porta a cambiare altre due volte ambiente: prima a Detroit e poi a Dallas nel Texas. Proprio in questa città nel 1949 scopre la tromba. Ha quindici anni, se ne innamora e inizia a suonare quasi subito. Non ha un maestro, è un autodidatta e la sua tecnica è fondamentalmente imitativa. Nello stesso anno entra a far parte della banda della scuola Lincoln, dove studia anche il pianista Cedar Walton. Ci resta fino al 1952, quando cambia scuola e se ne va ad Austin. Alla fine del 1953 presta il servizio militare nell'aviazione preferendo la banda musicale del suo contingente all'esercitazione nell'uso delle armi. In quel periodo conosce Ornette Coleman. È proprio quest'ultimo che nel 1961 lo chiama a New York, per coprire nel suo quartetto il buco lasciato dalla partenza di Don Cherry. Con questa formazione resta fino al 1963, a parte una breve parentesi nel 1962 con l'orchestra di Quincy Jones. Quando lascia Coleman torna nel Texas. A qualche amico confessa di non aver più voglia di muoversi da lì, ma è soltanto l'impressione di un momento. Nel 1966 è a Los Angeles con il sassofonista John Carter. Il sodalizio tra i due dura fino al 1971, anno in cui s'imbarca per l'Europa dove suona, tra gli altri, anche con i musicisti britannici dello Spontaneous Music Ensemble. Il vecchio continente gli piace. Si sente amato e apprezzato. Ci tornerà più volte e terrà un'infinita serie di concerti con una band che, nonostante le numerose variazioni di formazione, potrà contare su due perni fissi nel sassofonista Trevor Watts e nel contrabbassista Kent Carter. Nonostante tutto la sua popolarità non riuscirà mai a raggiungere le vette dei grandi musicisti suoi contemporanei.

18 luglio, 2023

18 luglio 1938 – Roby Crispiano, dal twist a Dylan

Il 18 luglio 1938 nasce a Roma il cantautore Roby Crispiano. Alla fine degli anni Cinquanta si esibisce nei locali della capitale con il nome di Roberto Castiglione, che poi è il suo vero nome. Fa un genere che in quel periodo si chiama “melodico moderno”. È pulitino e preciso come tutti i ragazzi che temono da un momento all’altro di perdere il posto. Pian piano si fa conoscere anche fuori dalle mura della sua città e dopo aver ottenuto il primo contratto discografico, nel 1962 partecipa al Cantagiro nel girone B, riservato ai giovani di belle speranze. Canta un brano a tempo di twist intitolato I nuovi angeli che sembra costruito apposta per fare da sottofondo alle calde sere estive. I tempi, però, stanno cambiando velocemente. Dagli Stati Uniti arriva l’eco della nuova generazione di folk singers che sta tentando di dare la scalata al cielo con le sue canzoni. Il buon Roberto resta affascinato da quella strana musica e decide di cambiare radicalmente genere. Molla la compagnia beata delle orchestrine da locali notturni e, con un paio di sandali, una chitarra e un armonica ricomincia tutto da capo o quasi. Per cancellare il passato cambia nome in Roby Crispiano. La metamorfosi è impressionante. La voce pulita ed educata di Roberto Castiglione diventa ruvida come la carta vetrata. All’inizio fatica un po’ a trovare qualcuno disposto a dargli spazio, anche per il clima inquietante e aggressivo che traspare dalle sue canzoni. I tempi però, come dice Bob Dylan, stanno cambiando e finisce che ai discografici va bene anche uno come lui. Nel 1966 pubblica il folk blues Solo io e te che spodesta un mito come Caterina Caselli nella settimanale classifica della trasmissione radiofonica “Bandiera gialla”. Nello stesso anno arrivano i grattacapi. Al Festival delle Rose di Roma dovrebbe presentare, in coppia con i Pooh, un suo brano intitolato Brennero 66 dedicato ai ragazzi di leva costretti a rischiare la vita per far la guardia ai tralicci in Alto Adige contro gli attentati degli autonomisti. Nei suoi confronti scatta, però, la censura televisiva che prima cambia il titolo della canzone in Le campane del silenzio e poi sostituisce la frase «Tu sei morto inutilmente» con «Tu sei morto in silenzio». L’anno dopo centra un paio di successi con A piedi scalzi e Uomini uomini, ma la canzone italiana sta correndo velocemente e l'esaurirsi della fiammata del beat chiude anche il suo momento migliore. Muore a Roma il 16 giugno 2000.

17 luglio, 2023

17 luglio 1968 - La prima volta del sottomarino giallo sullo schermo

Il 17 luglio 1968 al Pavillion di Londra viene presentato per la prima volta il film d’animazione "Yellow submarine", una surreale favola musicale diretta da George Dunning che ha come interpreti le effigi disegnate dei Beatles. Il lungometraggio, il primo a disegni animati prodotto in Inghilterra dopo “La fattoria degli animali” di Halas e Batchelor del 1957, racconta la storia della lotta di Old Fred, direttore della Sergeant Pepper’s Lonely Heart Club Band, e di quattro ragazzi di Liverpool, John, Paul, George e Ringo, contro i Biechi Blu, che hanno conquistato Pepperland e sono intenzionati a far scomparire per sempre la musica e i colori dal mondo. La sera della prima c’è molta curiosità attorno al nuovo film targato Beatles, dopo il clamoroso fiasco del confusionario - psichedelico “Magical Mistery Tour”, stroncato dalla critica e accolto tiepidamente dal pubblico. In più il gruppo attraversa una fase contraddittoria e incerta sia nei rapporti interni che sul piano musicale, caratterizzata da un lungo periodo di meditazione in India. Al Pavillion la band si presenta senza Ringo Starr, ufficialmente impegnato altrove, ma in realtà polemicamente incline a marcare le distanze nei confronti delle suggestionii spiritualistiche dei compagni. Ispirato all’omonima canzone, “Yellow Submarine” si conclude con un appello dei quattro ragazzi di Liverpool alla pace universale e, come rileva la critica dell’epoca, «propone una morale edificante, ma non tediosa, moderna e piacevole», in sintonia con un periodo di speranze e di cambiamenti annunciati. Nei disegni di Heinz Edelman, John Cramer e Gordon Harrison, ricchi di citazioni si possono ritrovare fuse insieme con fantasia e originalità le espressioni figurative di moltissime correnti di questo secolo. Non si tratta di un capolavoro, ma di una geniale fusione tra colori, musica, immagini e idee, proposta con garbo e ironia e destinata a ottenere un buon successo di pubblico.




16 luglio, 2023

16 luglio 1982 - Peter Gabriel: l'Occidente non è il centro della musica

«Contrariamente a quello che pensiamo, noi musicisti occidentali non siamo il centro del mondo. Le nostre sonorità sono debitrici nei confronti delle tradizioni culturali di popoli diversi. Ci sono al mondo esperienze, musiche e suoni alle quali attingiamo quotidianamente senza dare niente in cambio. Io, per quel che posso, vorrei poter modificare questa situazione». Con queste parole il 16 luglio 1982 Peter Gabriel, l’ex cantante e leader dei Genesis, apre al Royal Bath & West Showground di Shepton Mallet, in Gran Bretagna, il WOMAD, World Of Music Arts and Dance, una tre giorni di musica etnica, teatro e danza popolare cui partecipano artisti provenienti da tutto il mondo, in particolare dall’Asia e dall’Africa. È un’impresa che va di pari passo con il suo impegno a favore dei diritti umani. Smessi da tempo i panni della rockstar e abbandonati al loro destino i Genesis da qualche anno il cantante è alla ricerca di nuovi orizzonti musicali. Profondamente convinto della necessità di integrare senza prevaricazioni le mille culture del mondo, nella sua produzione solistica ha attinto a piene mani alla musica etnica, campionandone suoni, modi e ritmi. L’esperienza lo riempie di entusiasmo tanto da farlo decidere di impegnarsi in prima persona nella valorizzazione e nella diffusione delle varie culture musicali. La tre giorni del WOMAD, nelle sue intenzioni, dovrebbe essere il primo grande appuntamento pubblico in questa direzione. Investe nell’operazione tutte le sue risorse finanziarie e utilizza abilmente la sua popolarità per promuoverla. I risultati economici però non saranno pari a quelli artistici e il cantante dovrà ricorrere all’aiuto dei suoi ex compagni per pagare i debiti organizzando una storica riunione dei Genesis al Milton Keynes Bowl di fronte a migliaia di fans in delirio. Non abbandonerà comunque le sue convinzioni e cocciutamente riuscirà a trasformare il WOMAD in uno dei più importanti appuntamenti annuali di quella che verrà chiamata World Music.

15 luglio, 2023

15 luglio 1935 – Gianni Garko, dall’Oscar a Sartana

Il 15 luglio 1935 a Zara in Croazia nasce Giovanni Garcovich destinato a diventare un attore popolarissimo con il nome d’arte di Gianni Garko. Nel 1948 si trasferisce con la famiglia a Trieste dove negli anni successivi si avvicina al teatro frequentando i corsi del locale Teatro Nuovo. Dopo essere stato ammesso all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” si trasferisce a Roma dove nel 1958 debutta in teatro in “Veglia la mia casa, angelo” diretto da Luchino Visconti. Nello stesso anno partecipa allo sceneggiato televisivo “L’isola del tesoro” diretto da Anton Giulio Majano ed esordisce anche nel cinema in “Pezzo, capopezzo e capitano”. È il primo di una lunga serie di pellicole dirette da moltissimi registi tra i quali Franco Rossi, Pier Paolo Pasolini e Gillo Pontecorvo. Proprio quest’ultimo lo sceglie tra i protagonisti di “Kapo”, il lungometraggio che entra nelle nomination per l’Oscar nel 1962. È anche uno dei pochi attori italiani che partecipano alla mitica serie televisiva “Spazio 1999”. Per gli appassionati del western all’italiana Gianni Garko è, soprattutto, Sartana. Lo è naturalmente, come Franco Nero è naturalmente Django e Giuliano Gemma è Ringo. Pur essendo personaggi fortunati e protagonisti di decine di film con interpreti spesso diversi sono rimasti impressi nell’immaginario collettivo con un volto preciso che ha fatto inevitabilmente diventare gli altri semplici imitazioni. Nel caso del rapporto tra Garko e Sartana ha i contorni della leggenda. L’attore veste i panni di Sartana fin dal suo debutto nel western all’italiana, addirittura due anni prima del primo fortunato film della serie, nato nel 1968 dalla geniale creatività di Frank Kramer, alias Gianfranco Parolini. Garko, infatti, in “1.000 dollari sul nero” è il “vilain” cattivo e infido che dopo averne combinate di tutti i colori viene ucciso dal fratello “buono” Anthony Steffen. Il nome di quel malvagio personaggio è proprio Sartana, anche se è ben diverso dal sanguinario giustiziere con lo stesso nome che gli regalerà un’incredibile popolarità. Il suo approccio con western all’italiana non si ferma lì. Tra i personaggi cui presta il volto e la recitazione sciolta e disinvolta, ci sono anche Camposanto e Spirito Santo, altre due creature di Giuliano Carnimeo, alias Anthony Ascott, instancabile creatore di “tipi da western”. Il grande successo popolare ottenuto con il western all’italiana non ne attenua l’impegno che lo vede lavorare a progetti teatrali per i diritti umani e civili. A partire dagli anni Novanta dirada le presenze sul grande schermo privilegiando la televisione e il teatro. In Tv presta il suo volto a Pierfrancesco Moretti, uno dei più amati personaggi della serie “Vivere”, mentre in teatro spicca la sua presenza nella versione di “Tre sorelle” di Anton Checov messa in scena da Luca Ronconi.

14 luglio, 2023

14 luglio 1970 - Aiuto! i Guevaristi!

Martedì 14 luglio 1970, la Brave New World Productions, società organizzatrice del Randall’s Island Rock Festival, convoca una conferenza stampa a New York nella quale denuncia che i “guevaristi” del White Panthers Party vogliono disturbare i concerti per protestare contro la mercificazione della musica. Da qualche giorno, per la verità, sull’area destinata a ospitare la manifestazione, sono accampati alcune centinaia di giovani, in gran parte membri di varie Comuni del “Movement”, il variegato arcipelago delle organizzazioni d’estrema sinistra nate dopo la grande fiammata del 1967 e del 1968. Di per sé non è, però, un fatto strano. Tutte le manifestazioni musicali di quel periodo vedono molti giovani affluire in zona con largo anticipo. Qualche giornalista sospetta che la denuncia sia una trovata pubblicitaria, ma le autorità, accusate di inerzia, intervengono. L’area del Festival viene sgomberata. I giovani si accampano fuori dal perimetro della manifestazione, mentre gli organizzatori rafforzano la recinzione. Lo sgombero si conclude rapidamente senza tensioni e non succede nulla nemmeno nei giorni successivi, quando i ragazzi delle Comuni ricevono la solidarietà di due gruppi in cartellone: gli Elephant’s Memory e gli Steppenwolf. Sembra tutto finito, ma la calma è apparente. La resa dei conti arriva il 18 luglio, giorno d’inizio della manifstazione. Fin dalle prime ore dell’alba piccoli gruppi di militanti del White Panthers Party fingono vari tentativi di sfondamento degli ingressi ufficiali per impegnare e distrarre il servizio d’ordine. Contemporaneamente il grosso dei giovani delle Comuni rimuove parti intere di recinzione in punti precisi e indicati su volantini passati di mano in mano nei giorni precedenti. Il Festival ha un grande successo di pubblico, ma è un fiasco sul piano economico: si calcola che solo uno spettatore su cinque abbia pagato regolarmente il biglietto. I cronisti riferiscono una frase colta al volo tra i giovani delle Comuni: «L’idea del piano per far fallire la manifestazione era una balla da paranoici. Noi siamo arrivati qui per divertirci e basta, ma dopo le accuse della conferenza stampa ci siamo detti: perché non farlo davvero?»


13 luglio, 2023

13 luglio 1947 – Jimmie Lunceford non lascia eredi

Il 13 luglio 1947 muore a Seadise, nell’Oregon, il sassofonista, clarinettista, direttore d'orchestra e compositore Jimmie Lunceford, all’anagrafe James Melvin Lunceford. All'età di quarantacinque anni se ne va così un personaggio di primo piano nella storia del jazz del periodo compreso fra gli anni Venti e Quaranta. I critici sono pressoché concordi nel ritenerlo uno fra i più validi e importanti leader orchestrali dell'era dello swing, di quel periodo, cioè, nel quale il jazz viveva uno dei momenti di maggior espansione. Proprio in negli anni in cui le grandi orchestre iniziano a sostituire i piccoli gruppi su cui si era costruito il jazz delle origini emergono le sue capacità di organizzatore e leader. Le sue fortune nascono certamente dalla sua non comune sensibilità musicale, ma anche dal fiuto notevole nella scelta dei collaboratori. Le sue orchestre, infatti, si avvalgono del lavoro di alcuni arrangiatori fra i migliori che il jazz abbia avuto come Sy Oliver, Willie Smith ed Edwin Wilcox. In ogni caso Lunceford ha il merito di aver inventato dal nulla un impasto sonoro morbido e soffice di forte suggestione formale, destinato a esaltare la validità tecnica dei solisti. La sua lezione resta unica e non è un caso che la "sonorità luncefordiana" riesca a farsi strada e ad affermarsi in anni in cui la concorrenza ha i nomi di Duke Ellington, Count Basie e Benny Goodman. Il destino di Jimmie è diverso da altri leader orchestrali dell'epoca perché riesce a non farsi schiavizzare dalle tendenze, ma conserva sempre un notevole margine di originalità e di autonomia. Resta proverbiale e, per molti versi, insuperata la sua perfetta calibratura delle diverse sezioni della formazione, realizzata attraverso una sapiente alternanza fra unisono e blocchi separati. Dopo la sua morte vari musicisti, tra cui i suoi amici Joe Thomas ed Edwin Wilcox, tenteranno più volte senza fortuna di recuperarne il sound e di rilanciarne l'orchestra. La "sonorità luncefordiana" muore con lui.