07 agosto, 2023

7 agosto 1941 – Una tuba jazz prestata al pop

Il 7 agosto 1941 nasce a Montgomery, nell'Alabama, Howard Lewis Johnson, polistrumentista tra i più versatili del jazz e del rock statunitense degli anni Settanta. Dalla tuba al sassofono, al trombone, al flicorno, non c'è strumento a fiato con il quale non si sia sperimentato con successo. Ancora piccolo resta affascinato dalle orchestrine jazz che gironzolano nell'Ohio, stato nel quale si è trasferito poco tempo dopo la nascita. Non potendo contare su maestri affidabile rubacchia il mestiere qua e là e a tredici anni sa già cavarsela egregiamente con il sassofono baritono. In breve diventa un po' la mascotte dei musicisti che operano nella sua zona e nel 1955 inizia a frequentare un corso (quasi) regolare di tuba. Non fa in tempo a terminare gli studi che deve indossare la divisa marina statunitense. Ci resta quattro anni, passati in gran parte a Chicago, ma mantiene i contatti con l'ambiente del jazz. Proprio a Chicago conosce Eric Dolphy, che lo consiglia di trasferirsi a New York. Ci va nel 1963 e un anno dopo entra a far parte del gruppo di Charlie Mingus con cui resta fino al 1966, senza rinunciare ad altre collaborazioni come quelle con Gil Evans, Hank Crawford, Archie Shepp e Buddy Rich, soltanto per citarne alcuni. In questo periodo inizia anche il suo rapporto con il Composer's Workshop Ensemble, destinato a durare a lungo. Quando molla la band di Mingus, dopo un breve periodo a Los Angeles, nel settembre del 1967 forma a New York i Substructure, un gruppo di solisti di tuba che cambia poi nome in Gravity. Oltre a lui e alla indispensabile sezione ritmica ne fanno parte Joe Daley, Morris Edwards, Carleton Greene, Jack Jeffers e Bob Stewart. Negli anni Settanta collabora a vari progetti di Carla Bley e, come molti altri strumentisti, allarga il suo interesse anche al di fuori del jazz. Particolarmente interessante risulta la sua collaborazione con Taj Mahal. Compare anche insieme alla Band nel film di Scorsese "The Last Waltz".

06 agosto, 2023

6 agosto 1970 - Mai più Hiroshima, basta con la guerra!

«Mai più stragi inutili, mai più guerra!». Il variegato mondo del pacifismo statunitense si mobilita, nell’estate del 1970, per ricordare il venticinquesimo anniversario dell’esplosione della bomba atomica di Hiroshima. Lo fa sapendo che non sarà una passeggiata perché “peace and love” è un bello slogan se serve a decorare le magliette o le copertine dei dischi, ma diventa pericoloso e sovversivo se trasferito nella realtà. E la realtà è che gli Stati Uniti sono impegnati a “difendere la civiltà occidentale” nelle paludi della penisola indocinese e che, come contro i giapponesi, il fine giustifica qualunque mezzo. Ieri era giusto lanciare un paio di bombe atomiche contro un paese già prossimo alla resa come oggi il napalm è l’unico modo per “stanare i musi gialli” da quelle giungle così intricate dove i marines si perdono. Il movimento pacifista sa che il ricordo di Hiroshima rischia di essere un ingombrante fantasma per l’establishment americano e che la celebrazione del venticinquennale non avrà vita facile. Decide così di costringere il “nemico” a dividere le forze. Per il 6 agosto 1970 programma due concerti in contemporanea, entrambi dedicati all’anniversario della bomba atomica di Hiroshima, entrambi contro la guerra. Il primo si dovrebbe svolgere a New York e l’altro a Filadelfia. Gli organizzatori sono sicuri che nessuno dirà loro un chiaro e tondo “no”, ma con altrettanta sicurezza si rendono conto che si tenterà in ogni modo di impedire le due manifestazioni. Parte così una corsa a ostacoli contro il tempo e le complicazioni burocratiche. Il 6 agosto allo Shea Stadium di New York più di ventimila persone gridano il loro impegno per la pace mentre sul palco si esibiscono John Sebastian, Janis Joplin, Paul Simon, Paul Butterfield, Johnny Winter e tutto il cast del musical “Hair”. La stessa sera tutto tace, invece, al JFK Stadium di Filadelfia. Guarda caso, la mancanza di banalissimo certificato ha impedito la concessione dello stadio: all’ultimo momento, naturalmente.

05 agosto, 2023

5 agosto 1967 – Il primo album dei Pink Floyd

Il 5 agosto 1967 viene pubblicato The piper at the gates of dawn, il primo album dei Pink Floyd. La realizzazione del disco è stata preceduta dal licenziamento di Joe Boyd, il produttore della band, e dalla sua sostituzione con Norman Smith, più gradito alla Columbia, l'etichetta del gruppo EMI alla quale sono legati contrattualmente. È proprio Smith il primo a intuire che le potenzialità dei Pink Floyd non possono essere compresse nel ristretto spazio di un singolo. Per questa ragione lascia mano libera alla band nella scelta dei brani da inserire nel loro primo album. Il risultato è un disco splendido, completamente ispirato dal genio visionario del chitarrista Syd Barrett. A lui si deve, oltre che la composizione di ben dieci degli undici brani dell'album, anche la scelta del titolo The piper at the gates of dawn, ispirato a uno racconto dello scrittore underground Kenneth Graham. L'impronta di Barrett non finisce qui, visto che s'è anche occupato delle grafica della copertina. Il disco segna una forte discontinuità con i due singoli che l'hanno preceduto. Due brani in particolare, Astronomy domine e Interstellar overdrive sono destinati a vivere a lungo entrando nei classici senza tempo della band. L'album, accolto con stupore e qualche perplessità dalla critica, vola alto nelle classifiche di vendita aprendo ai nuovi leader della psichedelia britannica le porte del mercato internazionale. Di lì a qualche mese, infatti, i Pink Floyd partiranno per la loro prima tournée negli Stati Uniti. Soprattutto nei concerti dal vivo emerge con forza la completa dipendenza della band da Syd Barrett, la cui carismatica presenza scenica è però resa ogni giorno più imprevedibile dalla costante assunzione di forti dosi di LSD. I rapporti interni al gruppo vengono messi a dura prova nonostante o, forse, a causa del crescente successo. I Pink Floyd da band "di nicchia", con un seguito ristretto a pochi ma fedeli appassionati, si ritrovano, quasi da un giorno all'altro, a dover gestire il ruolo di profeti della psichedelia con un crescente ed entusiastico seguito di pubblico. Con il passar del tempo cresce l'insofferenza dei compagni nei confronti di Barrett, spesso alle prese con disturbi mentali provocati dall'azione dell'acido lisergico. Proprio in questo periodo inizia l'evoluzione che li porterà prima ad affiancare, poi a sostituire il loro fragile leader con David Gilmour. I fans della prima ora lo rimpiangeranno per sempre, ma per i Pink Floyd inizierà l'era dei grandi successi mondiali.

04 agosto, 2023

4 agosto 1972 – 10CC, la faccia scanzonata del rock progressivo

Il 4 agosto 1972 l’etichetta UK di Jonathan King pubblica Donna, il primo singolo dei 10CC, una band che nel proprio nome ha aggiunto un centimetro al volume massimo dell’eiaculazione umana. Il gruppo si forma a Manchester con i chitarristi Eric Stewart e Lol Creme, il batterista Kevin Godley e il bassista Graham Gouldman. Nessuno di loro è alla prima esperienza. Stewart e Gouldman fino al 1968 hanno fatto parte dei Mindbenders di Wayne Fontana. Il secondo, poi, è l'autore di una lunga serie di brani di successo per gli Hollies, gli Herman's Hermits e gli Yardbirds, oltre a un album in proprio prodotto da John Paul Jones dei Led Zeppelin. Dopo lo scioglimento dei Mindbenders Stewart ha formato con gli ex Sabres Godley e Creme gli Hotlegs. Proprio dalla struttura di questa band, con l’innesto di Gouldman, nascono i 10CC. Donna, il loro primo singolo, non è un fulmine di guerra. Piace, ma non convince del tutto. I primi risultati positivi arrivano con il terzo singolo Rubber bullets, fiondatosi immediatamente al vertice della classifica britannica dei dischi più venduti, e con l’album 10CC. A partire dal 1973 diventano uno dei più importanti fenomeni musicali di quel periodo. Dotati di una sorprendente capacità di condensare in brevi brani orecchiabili suoni e ritmi di provenienza eterogenea i 10CC scoprono il lato più divertente del rock progressivo e scalano le classifiche di mezzo mondo con i loro album. Il successo non basta, però, a tenere insieme i quattro musicisti. Nel 1976, infatti, Godley e Creme lasciano la band per formare un duo con il proprio nome, mentre Stewart e Gouldman, inserito il organico il batterista Paul Burgess tentano continuare. L’anno dopo risistemano la formazione aggiungendo un altro batterista, Stuart Tosh, un tastierista, Tony O'Malley e un bassista, Ric Fenn. Alla fine del 1977, con alle spalle un tour mondiale di grande successo e un paio di dischi milionari, l’organico della band cambia ancora. Tony O’Malley se ne va e al suo posto arriva Duncan McKay, ex componente dei Cockney Rebel. Nel 1979 inizia il declino. Bloccato a lungo dai postumi di un grave incidente, Eric Stewart cura la produzione dell'album Facades dei Sad Cafe e scrive la colonna sonora del film "Girls". Anche Gouldman scrive musica per il cinema e si dedica a varie produzioni. I nuovi interessi dei due leader segnano il destino dei 10CC che nel 1983, dopo la pubblicazione di Windows in the jungle, si separeranno definitivamente.

03 agosto, 2023

3 agosto 1969 - Carl Wilson, un imbarazzante disertore

Il 3 agosto 1969 Carl Wilson, il chitarrista dei Beach Boys, compare davanti alla Corte Federale di Los Angeles per rispondere dell’accusa di diserzione. Non è un reato da poco negli Stati Uniti dell’epoca, dove vige la coscrizione obbligatoria e il paese è impegnato in una guerra mai dichiarata nel Vietnam. Obiettore di coscienza il musicista, dopo una lunga trattativa caratterizzata da blandizie e proposte nel tentativo di farlo recedere dai suoi propositi, aveva ottenuto di sostituire la divisa con il servizio civile. Poteva evitarselo. In fondo, gli avevano detto tutti, poteva anche accettare di farsi il periodo di leva sotto le armi. Non avrebbe certo rischiato, lui così biondo, bianco e famoso, di andare a combattere nelle giungle indocinesi. Tutt’al più gli sarebbe toccato di visitare in elicottero qualche base militare USA ben lontana dal fronte, ripulito e con la divisa in perfetto ordine, a uso e consumo dei fotografi e dei telegiornali. Nonostante tutto ha detto no. I militari non hanno gradito e, alla prima occasione si sono vendicati. Quando non si è presentato nel luogo e nel giorno stabiliti per l'inizio del servizio civile hanno chiesto il suo rinvio a giudizio per diserzione, salvo scoprire quasi subito di non aver avuto una bella idea in un periodo in cui sta crescendo nell’opinione pubblica l’opposizione alla guerra in Vietnam. Tutta l’America infatti viene così a sapere che persino uno dei componenti del gruppo-simbolo dello scanzonato disimpegno californiano tutto casa, surf e ragazze si rifiuta di vestire la divisa. L’udienza del 3 agosto si risolve in pochi minuti perché Carl presenta ai giudizi un certificato da cui risulta che nel giorno in cui avrebbe dovuto iniziare a lavorare nel servizio civile era ricoverato in ospedale. Il processo finisce lì. Uscendo dall’aula il chitarrista dice ai giornalisti che, a parziale risarcimento del disturbo arrecato alla collettività dalla sua ritardata presentazione, i Beach Boys suoneranno gratuitamente in ospedali, carceri e in altri luoghi “dove c’è gente che soffre”.

31 luglio, 2023

31 luglio 1968 – Chiude la boutique dei Beatles

Il 31 luglio 1968 la boutique Apple di Londra chiude i battenti regalando le rimanenze ai clienti. È il fallimento sostanziale di una delle sezioni più importanti della società creata dai Beatles dopo la morte del loro scopritore, manager e amico Brian Epstein. La chiusura della boutique è solo l'ultima tappa di un cammino segnato dall'incertezza e da crescenti difficoltà nei rapporti interni alla band. Negli anni successivi John Lennon confesserà: «La morte di Brian ci aveva sconvolto. In quel momento fu Paul (McCartney) ad assumere il controllo della situazione. Prese per mano il gruppo e iniziò a condurci, ma non tutti eravamo d’accordo di andare nella direzione che aveva scelto. Fu allora che cominciò la nostra disintegrazione, non dopo». Eppure in quel momento i Beatles sembrano nocchieri di una nave inaffondabile. Su proposta di Paul viene fondata la Apple, un’organizzazione di proprietà di tutti e quattro i componenti della band destinata a occuparsi della produzioni in campo artistico e della gestione di vari settori merceologici collegati all’immagine del gruppo. Il nome e il marchio sono ispirati a un quadro del pittore belga René Magritte, mentre per la sede della società viene scelto un imponente palazzo del XVIII secolo situato in un angolo di Baker Street a Londra. La prima operazione, il film "Magical mistery tour", si rivela un clamoroso fiasco commerciale e artistico. Le perdite vengono in parte compensate dal successo delle canzoni contenute nella colonna sonora. Più grave è la chiusura della boutique perché evidenzia anche il fallimento del tentativo di gestire in modo commercialmente interessante l'immagine del gruppo. Nel disastro generale fa eccezione il settore musicale e della produzione discografica, che continua a essere trainato dal costante successo del marchio Beatles e dal lancio di alcuni giovani talenti, ma la solidità interna del quartetto mostra le prime evidenti crepe. Con la boutique si chiude un sogno.

30 luglio, 2023

30 luglio 1960 - Arv Garrison, chitarrista di transizione

Il 30 luglio 1960 muore il chitarrista Arv Garrison. Registrato all’anagrafe con il nome di Arvin Charles Garrison, nasce a Toledo, in Ohio, il 17 agosto 1922 in una famiglia di musicisti. Il suo approccio agli strumenti a corda avviene senza alcun maestro. Il precoce Arv, infatti, impara da solo a nove anni a trarre suoni intonati dalle corde tese, dapprima utilizzando l’ukulele e in seguito passando alla chitarra. Dai dodici ai diciotto anni si fa le ossa suonando nelle feste da ballo con vari gruppo e successivamente dà vita a una propria formazione con la quale nel 1941 si esibisce al Kenmore Hotel di Albany. Dopo una permanenza nell’orchestra di Don Seat a Pittsburgh, costituisce un trio che prende il nome di Vivien Garry Trio, dal nome della contrabbassista Vivien Garry, moglie dello stesso Garrison. Chitarrista di transizione, inizialmente influenzato da Django Reinhardt, Garrison, partecipa anche a varie sedute d'incisione con i boppers, compresa quella diretta da Charlie Parker nel marzo 1946 nella quale vengono incisi Yardbird Suite, Ornithology e A Night In Tunisia. Negli anni Cinquanta torna nella sua città natale limitando le sue esibizioni ai locali della zona.

29 luglio, 2023

29 luglio 1987 - Bill Clinton al sax per i Four Tops

Mercoledì 29 luglio 1987 il governatore dello Stato del Michigan James Blanchard dichiara il Four Tops Day, la “Giornata dei Four Tops”, in tutto il territorio dello stato per sottolineare il contributo dato alla crescita civile e culturale di Detroit e della nazione intera dal gruppo vocale nero dei Four Tops. Sulla breccia da più di trent’anni (sono nati nel 1956) senza mai cambiare formazione i quattro, Levi Stubbs, Lawrence Payton, Abdul “Duke” Fakir e Renaldo “Obie” Benson, sono il gruppo più longevo della Motown, la casa discografica fondata da Berry Gordy jr che ha il merito di aver imposto il “Detroit sound”, la musica nera di derivazione soul, in tutto il mondo. I Four Tops sono degli operai della canzone. Abili esecutori senza velleità compositive credono nella forza del gruppo e non sono mai stati tentati dall’idea di esibirsi come solisti. Nel 1987 sono passati ventitré anni dal loro primo grande successo Baby I need your loving, ma la loro popolarità non ha subito flessioni, anche se i dischi non arrivano più al vertice della classifica. In quell’anno Levi Stubbs ha anche prestato la sua voce alla pianta carnivora del film “Little shop of horrors” (La piccola bottega degli orrori). In occasione del Four Tops Day viene organizzata una grande festa nella cittadina di Traverse City cui partecipano artisti e personalità provenienti da tutti gli Stati Uniti. Il programma prevede che il gruppo esegua i brani più famosi accompagnato da molti strumentisti neri degli studi Motown. Quando partono le prime note il pubblico s’accorge che sul palco c’è una mosca bianca, non in senso figurato. Tra i sassofonisti, infatti, c’è un giovanottone di pelle bianca che suona il sax. È un ex obiettore alla leva negli anni della guerra in Vietnam che è riuscito a diventare Governatore dell’Arkansas. Il suo nome è Bill Clinton e nel suo futuro c’è la presidenza degli Stati Uniti.

28 luglio, 2023

28 luglio 1979 – Il sogno della 2-Tone

Il 28 luglio 1979 con il singolo Gangsters degli Specials per la prima volta le classifiche britanniche ospitano un disco della 2-Tone, la casa discografica autogestita dalla band, il cui logo, un omino bianco e nero, è diventato da tempo il simbolo del movimento ska. Più che un'etichetta la 2-Tone è un laboratorio dello ska, la musica nata dalla mistura tra la secca essenzialità del punk e la ritmica armonia delle musiche giamaicane. Per i giovani ribelli e antirazzisti delle metropoli britanniche la 2-Tone è l'emblema di un rinnovamento musicale capace di mescolare culture diverse. Nata dalla geniale e fertile inventiva di Jerry Dammers, il leader degli Specials, ha una struttura del tutto improbabile. Non c'è una vera e propria sala di registrazione. I primi nastri vengono praticamente registrati tutti, o quasi, nel suo appartamento a Coventry. Non c'è una programmazione né uno staff che si occupi del marketing. La principale e, per molto tempo, unica forma di promozione sono i concerti e il nutrito sottobosco di fanzine del movimento ska, fogli autoprodotti che passano di mano in mano. Soltanto l'anno prima gli Specials, pur di salvaguardare l'integrità artistica dell'etichetta, hanno rifiutato di firmare un ricco contratto proposto loro da Bernie Rhodes, il manager dei Clash. La 2-Tone non è soltanto Specials. Si può dire che tutti i principali gruppi del movimento ska partano dall'etichetta dell'omino bianco e nero «di sinistra e contro ogni razzismo». La lista è lunghissima e comprende dai Selecter ai Madness, dai Beat agli Swingin' Cats, alle Bodysnatchers, a Rico, un trombonista giamaicano onnipresente considerato una sorta di portafortuna. E quando la destra si scatena, da questo gruppo nasce l'idea della resistenza militante contro le violenze del National Front. Non tutti resisteranno per sempre alle lusinghe del mercato e anche la 2-Tone finirà. L'esperienza resterà però una delle pagine più belle della musica britannica.


27 luglio, 2023

27 luglio 1979 - In fiamme l’emporio di Alice Cooper

Il 27 luglio 1979 un attentato distrugge a Scottsdale, in Arizona, un negozio di prodotti d’artigianato dei nativi americani, quelli che nei film western vengono chiamati “indiani”. Le fiamme riducono in cenere l’intero emporio. In assenza di rivendicazioni gli investigatori brancolano nel buio. L’unica certezza è l’origine dolosa dell’incendio, preceduto da un’esplosione assordante. La curiosità dei giornalisti aumenta quando si scopre che il proprietario del negozio è Alice Cooper, una delle rockstar più popolari dei primi anni Settanta, le cui violente e raccapriccianti invenzioni sceniche hanno entusiasmato anche Salvador Dalì. Proprio il celebre pittore lo ha definito “re della confusione totale”. Nel 1972 la sua School’s out era divenuta l’inno di ribellione degli studenti inglesi («Noi non abbiamo classi/e non abbiamo princìpi/e non abbiamo neanche l’innocenza/e non riusciamo a pensare neppure una parola che faccia rima»). Simbolo di un rock decadente ricco d’effetti e affascinato dall’horror, Vincent Damon Furnier, questo è il suo vero nome, ha sempre diviso l’immagine pubblica dalla vita privata. Incendiario e provocatorio sul palcoscenico, quando sveste i panni della rockstar si trasforma in un uomo cortese, intelligente e colto. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta riduce l’attività artistica, allargando il campo dei suoi interessi anche a settori diversi dalla musica. Per questa ragione appare improbabile che l’incendio sia opera di qualche ammiratore in cerca di popolarità. Ai giornalisti confessa che nell’attentato sono andati distrutti tutti i riconoscimenti ottenuti nel corso della sua carriera, compresi i dischi d’oro. «Non so chi volessero colpire con questa azione, se la mia modesta attività commerciale o l’opera di sensibilizzazione sui diritti dei nativi americani, ma chiunque sia stato sappia che non otterrà risultati. Sgomberate le macerie ricominceremo come prima».

26 luglio, 2023

26 luglio 1959 – La Rosa di Napoli

Il 26 luglio 1959 muore a Napoli, la città che le ha dato i natali e alla quale è stata sempre profondamente legata, la cantante e attrice Rosa Moretti. Da un mese ha compiuto cinquantacinque anni. Il suo nome vero, per la verità, è Maria Santoro ma da anni in tutto il mondo è conosciuta come "la Rosa di Napoli". Proprio nella città partenopea nasce, infatti, nel 1904. La bambina si fa notare per la sua voce squillante e naturalmente intonata. Ben presto scopre che, con un po' di studio e tanta applicazione, può migliorare la sue qualità. È difficile dire quanto pesino le lezioni dei vari maestri che, via via, l'assistono nei suoi progressi e nell'apprendimento delle tecniche vocali, e quanto, invece, sia determinante la sua caparbia voglia di migliorare. Comunque sia, non ha ancora diciotto anni ed è già una della cantanti più contese dalle varie "sale da musica" napoletane. La sua voce da soprano leggero dotata di ampia estensione conquista un pubblico sempre più vasto. Nel 1928 viene scritturata dall'appena nata EIAR e fa il suo debutto ai microfoni di Radio Napoli accompagnata dall’orchestra di un grande maestro come Tito Petralia. In quei tempi un contratto radiofonico richiede un impegno costante, con orari quasi impiegatizi. Tutto viene trasmesso in diretta e richiede prove quotidiane. La ragazza appena può cambia aria e se ne va all'estero dove diventa una vera e propria star delle comunità italiane sparse per il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e nel Sudamerica. Nonostante le sue tournée si tramutino regolarmente in grandi bagni di folla, Rosa non ce la fa a stare lontana dalla sua Napoli. Nel dopoguerra, superato il traguardo dei quarant'anni sceglie di cambiare genere per dedicarsi quasi esclusivamente alla sceneggiata. Abituata a essere padrona del proprio destino, verso la metà degli anni Cinquanta, quando capisce che il suo fisico non regge più le fatiche e lo stress del palcoscenico, saluta tutti e lascia le scene.

25 luglio, 2023

25 luglio 1981 – "Enola gay" porta al vertice gli Orchestral Manoeuvres In The Dark

Il 25 luglio 1981, quasi un anno dopo la sua prima pubblicazione in Gran Bretagna, il brano Enola gay arriva al vertice della classifica dei singoli più venduti in Italia. Sia pur in ritardo il disco ha un successo commerciale più eclatante di quello ottenuto in patria, dove non è andato oltre l'ottavo posto in classifica. Gli interpreti del brano si fanno chiamare Orchestral Manoeuvres In The Dark. Dietro questa sigla si nascondono, in realtà, due ingegneri del suono di Liverpool, Paul Humphreys e Andy McCluskey, provenienti dall'esperienza della cool wave. Definiti, forse con un po' di precipitazione, "alfieri della tecno pop", con il loro sound, basato su un ampio uso di tutte le soluzioni tecnologiche più avanzate disponibili in campo musicale, tende a superare gli angusti limiti di una definizione schematica. Enola gay è uno dei brani del loro secondo album Organisation, realizzato con la collaborazione di un gruppo di strumentisti che comprende, tra gli altri, il percussionista Malcolm Holmes, il sassofonista Martin Cooper e il tastierista Michael Douglas, un trio che li supporta anche nelle esibizioni dal vivo. Quando Enola gay arriva al vertice della classifica italiana in patria la band ha già pubblicato il nuovo album, Architecture and morality, con i singoli Souvenir e Joan of Arc (Maid of Orleans). Chi pensa che gli Orchestral Manoeuvres In The Dark, il cui nome si è nel frattempo accorciato in O.M.D. siano destinati a ripetersi all'infinito si sbaglia. Nel 1983 con l'album Dazzle ship e il singolo Genetic engeneering, i due di Liverpool inizieranno a prendere le distanze dalle facili tentazioni del pop. Non sarà, però, una scelta definitiva. Per qualche anno alterneranno brani decisamente sperimentali e ostici a parentesi commerciali. Alla fine degli anni Ottanta Humphreys se ne andrà per formare i Listening Pool. Quella degli Orchestral Manoeuvres In The Dark diventerà così una sigla nelle mani del solo McCluskey.


24 luglio, 2023

24 luglio 1978 – Il film del sergente Pepper è un fiasco

Il 24 luglio 1978, preceduto da una martellante campagna promozionale, arriva finalmente nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti il film “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”. Sono molti quelli che scommettono su un rapido e sicuro successo del lungometraggio prodotto da Robert Stigwood. Le premesse ci sono tutte, visto che si tratta di un film musicale che mette insieme i Bee Gees, cioè il gruppo più famoso del momento, e Peter Frampton, il solista più venduto dell'anno. Anche il titolo dovrebbe, nelle intenzioni degli ideatori, costituire un valore aggiunto, visto che si ispira al famoso concept album dei Beatles, considerato uno dei più importanti album della storia del rock mondiale. In più la locandina annuncia la partecipazione in ruoli minori di una lunga serie di musicisti, tra i quali spiccano i nomi di Alice Cooper, degli Aerosmith e degli Earth Wind & Fire. Il cast artistico è completato dalla presenza di Frankie Howerd, George Burns, Donald Pleasance e di uno Steve Martin al debutto su grande schermo. Come spesso accade, però, i fatti smentiscono la pianificazione a tavolino. I critici stroncano l'intero film, a partire dalla strampalata e improbabile storia di una band formata da Frampton e dai Bee Gees che lotta contro i cattivi di turno sulle arie delle canzoni dei Beatles. Quello che nelle intenzioni degli autori e delle numerose anticipazioni dei media doveva diventare una sorta di manifesto neo-psichedelico folle e surreale appare, in realtà, una commediola musicale scialba e insipida. Terminato l'effetto della campagna promozionale di lancio anche il pubblico diserterà le sale. Il fiasco del film costringerà il produttore Robert Stigwood a far fronte a una perdita di rilevanti proporzioni, ma avrà anche una serie di effetti collaterali. La figuraccia peserà negativamente sui Bee Gees e anche su Peter Frampton, ma soprattutto rischierà di chiudere prematuramente la carriera del regista Michael Schultz.




23 luglio, 2023

23 luglio 1970 Basta con lo sconcio dei concerti rock!

«Corpi nudi che si abbracciano nel fango, droga a fiumi, bestemmie, oscenità varie e promiscuità. Questo è lo spettacolo che danno quei raduni chiamati, con termine improprio, "concerti rock". Sono orge sfrenate accompagnate da dosi massicce di rumori assordanti e ululati belluini. Nessuna persona di buon senso può accettare l’idea di averne uno vicino alla sua casa. Chiunque sia timorato di Dio non può che avere un moto di raccapriccio all’idea che il proprio figlio, o, peggio, la propria figlia, entrino in contatto con una di queste manifestazioni...». Dichiarazioni come questa condiscono, nel luglio 1970 una straordinaria campagna di mobilitazione contro il rock “corruttore della gioventù”, attuata nello Stato del Connecticut da un insieme improvvisato di benpensanti, conservatori, fondamentalisti religiosi e associazioni della destra culturale. L’obiettivo dichiarato è quello di impedire lo svolgimento dal 30 luglio al 1° agosto di un Festival Rock nei pressi della cittadina di Powder Ridge. La mobilitazione vede in prima fila, accanto a semplici cittadini, numerosi amministratori locali desiderosi di mettersi in evidenza. I giovani organizzatori del Festival Rock, decisi a non accettare le provocazioni, tendono a sottovalutare la portata di queste iniziative demolitorie, evitando perfino di rispondere alle centinaia di lettere di protesta che invadono le redazioni dei giornali locali. Nelle prime settimane di luglio, in una conferenza stampa, sostengono che i benefici economici per la zona sono notevolmente superiori ai possibili disagi. Annunciano poi di aver già venduto più di diciottomila biglietti. Infine si dicono certi dell’assoluta infondatezza dell’azione legale che chiede la sospensione del Festival. L’illusione finisce il 22 luglio 1970 quando, mentre a Powder Ridge stanno arrivando i primi gruppi di ragazzi, il caso viene discusso di fronte alla Corte Distrettuale di New Haven. La sentenza è sorprendente. Accettando le ragioni dei ricorrenti, si proibisce “per ragioni d’ordine pubblico” lo svolgimento della manifestazione. Le autorità locali sono incaricate di predisporre lo sgombero immediato dell’area che avrebbe dovuto ospitare il concerto.


22 luglio, 2023

22 luglio 1954 – Al Di Meola, batterista mancato

Il 22 luglio 1954 nasce a Bergenfield, nel New Jersey, il chitarrista Al DiMeola. A cinque anni comincia a picchiare sui tamburi di una batteria tra la disperazione dei famigliari e dei vicini di casa. Le proteste e la crescente insofferenza del quartiere fanno sì che, dopo qualche anno, le lezioni di batteria lascino il posto allo studio di un nuovo e meno problematico strumento: la chitarra. Proprio con le corde e la cassa armonica ha modo si svilupparsi lo straordinario e precoce talento musicale del piccolo Al. Ha soltanto undici anni, anche se ne dimostra qualcuno di più, quando forma la sua prima rockband. Inizialmente non proprio disposti ad assecondare quello che considerano un hobby, i suoi famigliari cedono alle insistenze del ragazzo e gli passano il sostegno economico necessario a frequentare il prestigioso Berklee College of Music di Boston. Qui Al DiMeola si trova a suo agio. Alterna gli studi alle esibizioni e ben presto riesce a conquistarsi un posticino nella band di Barry Miles. L'avventura dura soltanto qualche mese ma si rivela un passaggio decisivo per la sua carriera. Grazie ai buoni uffici del suo amico ed estimatore Larry Coryell a soli diciannove anni entra a far parte dei Return To Forever di Chick Corea. I suoi virtuosismi e la magica purezza del suo tocco vengono esaltati dall'esplosione del jazz rock. La critica è unanime nel considerarlo uno chitarristi più importanti del genere. La conclusione dell'esperienza dei Return To Forever non cambia la sua vita. Nel 1976 debutta come solista con l'album Land of the midnight sun. L'anno dopo per la realizzazione del suo secondo album Elegant gypsy può contare sulla collaborazione attiva e sulla partecipazione di grandi musicisti come Jan Hammer, Lenny White, Steve Gadd, Mingo Lewis e il chitarrista classico spagnolo Paco de Lucia. Superata indenne anche la fine del periodo d'oro del jazz rock, si presenta all'appuntamento degli anni Ottanta pubblicando il doppio album Splendido Hotel con la collaborazione, tra gli altri, di Chick Corea. In quel periodo oltre al lavoro in solitario realizza un'interessante collaborazione con i chitarristi John McLaughlin e Paco de Lucia che sfocia in una lunga serie di concerti dal vivo. Appassionato ricercatore, Al DiMeola svilupperà negli anni successivi innovative esperienze con moltissimi musicisti, compreso il geniale giapponese Stomu Yamashta.



21 luglio, 2023

21 luglio 1981 – Snub Mosley, lo showman del trombone

Il 21 luglio 1981 muore a New York il trombonista Snub Mosley, all’anagrafe Lawrence Leo Mosely. Nato a Little Rock, nell'Arkansas, ha settantun anni. È adolescente e sta ancora studiando per migliorare la sua tecnica quando Alphonso Trent lo vuole nella sua orchestra. Il suo debutto professionale avviene proprio nella formazione di Trent a Dallas e prosegue con un'intera stagione all'Adolphus Hotel. Con la stessa band se ne va a Richmond dove, alla fine del 1928, registra i primi dischi. La sua presenza scenica e la capacità di divertire il pubblico ne fanno lievitare le azioni e, nel 1934, entra a far parte della formazione di Claude Hopkins. Non ci resta per molto perché non tardano a bussare alla sua porta personaggi leggendari del jazz di quel periodo come Fats Waller e Louis Armstrong. Snub non dice mai di no, ma non accetta contratti a lungo termine. Il suo sogno è quello di mettersi in proprio. Ci riesce nel 1936 quando dà finalmente vita a un'orchestra che porta il suo nome e che riesce a tenere unita per molti anni. Alla testa dei suoi strumentisti diventa l'attrazione di locali come il Woodmere Country Club e il Queen's Terrace di Long Island. Tra lui è il gruppo c'è amore vero, come emerge anche dalla cura con la quale prepara le numerose sedute di registrazione per la Decca nelle quali suona sia il suo trombone, stilisticamente influenzato da Tommy Dorsey, che come vocalist e anche come solista di slide-sax, un sassofono inventato da lui al quale è dedicato il brano The man with the funny little horn. Nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta la sua popolarità si allarga anche al di fuori dei confini degli Stati Uniti, in Oriente e in Europa dove colpisce l'immaginazione del pubblico più per le doti di showman che per le sue qualità artistiche. Con la crisi delle big band si dedica alle orchestre-spettacolo, capaci di esaltarne le doti di simpatia e d'intrattenimento sulle note del suo brano più famoso: Snub's blues.

20 luglio, 2023

20 luglio 1968 – In a gadda da vida

Il 20 luglio 1968 entra nella classifica degli album più venduti negli Stati Uniti In a gadda da vida degli Iron Butterfly. Il titolo è preso in prestito dal brano principale che, con i suoi diciassette minuti, occupa un intero lato del disco. Il successo commerciale arriva decisamente a sorpresa per gli Iron Butterfly, formati un paio d'anni prima a San Diego dal tastierista Doug Ingle e fino a quel momento considerati una band di culto della ristretta cerchia del movimento hippie. La formazione del gruppo in quel momento comprende, oltre a Ingle, il chitarrista Erik Braunn, il bassista Lee Dorman e il batterista Ronald Bushy, anche se i cambiamenti sono all'ordine del giorno. Il brano che dà il titolo al disco è una suite psichedelica che nei diciassette minuti di svolgimento, raccoglie un numero impressionante di citazioni. Il riff d'attacco guarda alla lezione dei Cream, ma si sviluppa lungo una sorta improvvisazione collettiva a tema guidata dalla chitarra, in cui ciascuno degli strumentisti gioca a differenziarsi dagli altri. C'è un assolo di batteria geometrico in cui qualcuno ha visto addirittura un'anticipazione delle strutture della disco dance, ci sono distorsioni blues, ma il collante di tutto finisce per essere la psichedelica e solenne esecuzione all'organo di Doug Ingle, che stranisce, stravolge, rivolta ogni variazione fino a ricondurre tutti al tema principale. Il testo suscita più di un sospetto. Per i più smaliziati In a gadda da vida non sarebbe altro che la versione corrotta dagli effetti degli allucinogeni della frase «In a garden of Eden». Sollecitati a una risposta sull'argomento i musicisti tacciono. Il loro silenzio durerà anni. Il successo commerciale dell'album è straordinario: più di tre milioni di copie vendute e disco di platino. Meno bene andrà agli Iron Butterfly. Inadatti a rivestire il ruolo delle rockstar finiranno per perdersi anche se verranno considerati i più influenti precursori dell'heavy metal.

19 luglio, 2023

19 luglio 1934 – Bobby Lee Bradford, un trombettista che meritava di più

Il 19 luglio 1934 nasce a Cleveland, nel Mississippi, il trombettista Bobby Lee Bradford. A dieci anni è costretto a lasciare i suoi compagni di giochi e la città dove è nato per seguire la famiglia a Los Angeles. Non è che la prima tappa di una continua migrazione che in un paio d'anni lo porta a cambiare altre due volte ambiente: prima a Detroit e poi a Dallas nel Texas. Proprio in questa città nel 1949 scopre la tromba. Ha quindici anni, se ne innamora e inizia a suonare quasi subito. Non ha un maestro, è un autodidatta e la sua tecnica è fondamentalmente imitativa. Nello stesso anno entra a far parte della banda della scuola Lincoln, dove studia anche il pianista Cedar Walton. Ci resta fino al 1952, quando cambia scuola e se ne va ad Austin. Alla fine del 1953 presta il servizio militare nell'aviazione preferendo la banda musicale del suo contingente all'esercitazione nell'uso delle armi. In quel periodo conosce Ornette Coleman. È proprio quest'ultimo che nel 1961 lo chiama a New York, per coprire nel suo quartetto il buco lasciato dalla partenza di Don Cherry. Con questa formazione resta fino al 1963, a parte una breve parentesi nel 1962 con l'orchestra di Quincy Jones. Quando lascia Coleman torna nel Texas. A qualche amico confessa di non aver più voglia di muoversi da lì, ma è soltanto l'impressione di un momento. Nel 1966 è a Los Angeles con il sassofonista John Carter. Il sodalizio tra i due dura fino al 1971, anno in cui s'imbarca per l'Europa dove suona, tra gli altri, anche con i musicisti britannici dello Spontaneous Music Ensemble. Il vecchio continente gli piace. Si sente amato e apprezzato. Ci tornerà più volte e terrà un'infinita serie di concerti con una band che, nonostante le numerose variazioni di formazione, potrà contare su due perni fissi nel sassofonista Trevor Watts e nel contrabbassista Kent Carter. Nonostante tutto la sua popolarità non riuscirà mai a raggiungere le vette dei grandi musicisti suoi contemporanei.

18 luglio, 2023

18 luglio 1938 – Roby Crispiano, dal twist a Dylan

Il 18 luglio 1938 nasce a Roma il cantautore Roby Crispiano. Alla fine degli anni Cinquanta si esibisce nei locali della capitale con il nome di Roberto Castiglione, che poi è il suo vero nome. Fa un genere che in quel periodo si chiama “melodico moderno”. È pulitino e preciso come tutti i ragazzi che temono da un momento all’altro di perdere il posto. Pian piano si fa conoscere anche fuori dalle mura della sua città e dopo aver ottenuto il primo contratto discografico, nel 1962 partecipa al Cantagiro nel girone B, riservato ai giovani di belle speranze. Canta un brano a tempo di twist intitolato I nuovi angeli che sembra costruito apposta per fare da sottofondo alle calde sere estive. I tempi, però, stanno cambiando velocemente. Dagli Stati Uniti arriva l’eco della nuova generazione di folk singers che sta tentando di dare la scalata al cielo con le sue canzoni. Il buon Roberto resta affascinato da quella strana musica e decide di cambiare radicalmente genere. Molla la compagnia beata delle orchestrine da locali notturni e, con un paio di sandali, una chitarra e un armonica ricomincia tutto da capo o quasi. Per cancellare il passato cambia nome in Roby Crispiano. La metamorfosi è impressionante. La voce pulita ed educata di Roberto Castiglione diventa ruvida come la carta vetrata. All’inizio fatica un po’ a trovare qualcuno disposto a dargli spazio, anche per il clima inquietante e aggressivo che traspare dalle sue canzoni. I tempi però, come dice Bob Dylan, stanno cambiando e finisce che ai discografici va bene anche uno come lui. Nel 1966 pubblica il folk blues Solo io e te che spodesta un mito come Caterina Caselli nella settimanale classifica della trasmissione radiofonica “Bandiera gialla”. Nello stesso anno arrivano i grattacapi. Al Festival delle Rose di Roma dovrebbe presentare, in coppia con i Pooh, un suo brano intitolato Brennero 66 dedicato ai ragazzi di leva costretti a rischiare la vita per far la guardia ai tralicci in Alto Adige contro gli attentati degli autonomisti. Nei suoi confronti scatta, però, la censura televisiva che prima cambia il titolo della canzone in Le campane del silenzio e poi sostituisce la frase «Tu sei morto inutilmente» con «Tu sei morto in silenzio». L’anno dopo centra un paio di successi con A piedi scalzi e Uomini uomini, ma la canzone italiana sta correndo velocemente e l'esaurirsi della fiammata del beat chiude anche il suo momento migliore. Muore a Roma il 16 giugno 2000.

17 luglio, 2023

17 luglio 1968 - La prima volta del sottomarino giallo sullo schermo

Il 17 luglio 1968 al Pavillion di Londra viene presentato per la prima volta il film d’animazione "Yellow submarine", una surreale favola musicale diretta da George Dunning che ha come interpreti le effigi disegnate dei Beatles. Il lungometraggio, il primo a disegni animati prodotto in Inghilterra dopo “La fattoria degli animali” di Halas e Batchelor del 1957, racconta la storia della lotta di Old Fred, direttore della Sergeant Pepper’s Lonely Heart Club Band, e di quattro ragazzi di Liverpool, John, Paul, George e Ringo, contro i Biechi Blu, che hanno conquistato Pepperland e sono intenzionati a far scomparire per sempre la musica e i colori dal mondo. La sera della prima c’è molta curiosità attorno al nuovo film targato Beatles, dopo il clamoroso fiasco del confusionario - psichedelico “Magical Mistery Tour”, stroncato dalla critica e accolto tiepidamente dal pubblico. In più il gruppo attraversa una fase contraddittoria e incerta sia nei rapporti interni che sul piano musicale, caratterizzata da un lungo periodo di meditazione in India. Al Pavillion la band si presenta senza Ringo Starr, ufficialmente impegnato altrove, ma in realtà polemicamente incline a marcare le distanze nei confronti delle suggestionii spiritualistiche dei compagni. Ispirato all’omonima canzone, “Yellow Submarine” si conclude con un appello dei quattro ragazzi di Liverpool alla pace universale e, come rileva la critica dell’epoca, «propone una morale edificante, ma non tediosa, moderna e piacevole», in sintonia con un periodo di speranze e di cambiamenti annunciati. Nei disegni di Heinz Edelman, John Cramer e Gordon Harrison, ricchi di citazioni si possono ritrovare fuse insieme con fantasia e originalità le espressioni figurative di moltissime correnti di questo secolo. Non si tratta di un capolavoro, ma di una geniale fusione tra colori, musica, immagini e idee, proposta con garbo e ironia e destinata a ottenere un buon successo di pubblico.