05 settembre, 2023

5 settembre 1924 – Gli Wolverines nella Grande Mela

La sera del 5 settembre 1924 la Wolverine Orchestra, conosciuta anche con il nome di Wolverines, suona al “Cinderella Ballroom” di New York, un locale situato nei pressi di Times Square. Il concerto, il primo del gruppo nella Grande Mela, è destinato a restare nella storia, non solo per ragioni specificamente riferite alla musica. La critica musicale newyorkese, infatti, colleziona una delle più clamorose “magre” di tutti i tempi, snobbando e liquidando con sufficienza uno dei concerti maggiormente ispirati di quella che è considerata la più leggendaria white band del jazz pionieristico. Ancora oggi alcuni ritagli dei giornali dell’epoca rappresentano una efficace dimostrazione del significato concreto del termine “infortunio giornalistico” nel campo della critica musicale. Gli articoli che raccontano l’esibizione si assomigliano un po’ tutti e lasciano pensare che i pochi presenti abbiano poi cortesemente passato ai colleghi assenti le proprie superficiali opinioni sulla serata. I giudizi provocano la reazione dei musicisti presenti al concerto, primo fra tutti Red Nichols, che subissano di lettere di protesta le redazioni dei giornali. Le reazioni sono sacrosante e fondate, visto che la Wolverine Orchestra ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del dixieland, anticipando quello che più tardi verrà definito “Chicago style”. Fin dal suo primo apparire introduce un cambiamento rivoluzionario nella struttura classica della scuola dixieland di New Orleans perché sostituisce al trombone il sassofono tenore. La band nasce nel 1923 per iniziativa del clarinettista Jimmy Hartwell, che chiama a farne parte il batterista Bob Conselman, il cornettista Bix Beiderbecke, il banjoista Bob Gillette e il pianista Dick Voynow. La formazione si completa con il sassofono tenore di George Johnson e la tuba di Ole Vangsness. Successivamente Conselman e Vangsness se ne vanno e vengono sostituiti da Bill Moore e Wilford “Min” Leibrook. Formata da giovani musicisti bianchi innamorati della musica nera, in gran parte studenti nati e cresciuti nel Middle West, la Wolverine Orchestra nasce senza particolari ambizioni e inizia a svolgere la sua attività prevalentemente nei campus. Ben presto l’ambiente musicale, più attento dei critici di New York, si accorge che il lavoro del gruppo è qualcosa di più che un semplice modo per divertirsi con la musica. Il primo ad accorgersene è il compositore Hoagy Carmichael, futuro autore di musical e di brani come Stardust o Georgia on my mind che, particolarmente impressionato da una loro esibizione, così descrive l’apporto della cornetta di Beiderbecke all’insieme: «Le note non erano soffiate, erano colpite, come un martello colpisce un gruppo di campane. Il tono aveva una ricchezza che sembrava sgorgare direttamente dal cuore… Avevo ascoltato la musica di Wagner e di altri compositori che amavo, ma le quattro note suonate da Bix mi aprirono la mente più di quanto avessi imparato sui testi». Decide anche di scrivere in collaborazione con Beiderbecke un brano per i Wolverines, Free wheeling, che in seguito viene ribattezzato Riverboat shuffle. La band ottiene la sua prima scrittura discografica dalla Gennett Records, una piccola etichetta di Richmond, nell’Indiana. Nel febbraio 1924 entra così per la prima volta in una sala di registrazione dove esegue Jazz me blues. Nell’ottobre del 1924, a poco più di un mese dalla discussa esibizione newyorkese Bix Beiderbecke lascia i compagni e se ne va per continuare con altri gruppi la sua straordinaria carriera. La formazione entra in un periodo turbolento, caratterizzato da molti cambiamenti e da qualche litigio che si conclude con la decisione di sciogliersi definitivamente nel 1925. Negli anni successivi alcuni dei numerosi musicisti che, soprattutto nell’ultimo periodo, hanno fatto parte della band tenteranno più volte di rilanciarla, costituendo band chiamate Original Wolverines, ma saranno sempre operazioni di breve durata e di scarso interesse musicale.

04 settembre, 2023

4 settembre 1972 - Francesco Caruso, un problema per gli Wishbone Ash

Il 4 settembre 1972 durante un concerto dei britannici Wishbone Ash in Texas scoppia una rissa tra il pubblico per motivi banali che si allarga e finisce per coinvolgere qualche centinaio di spettatori. Quando l'intervento del servizio d'ordine con molta fatica riesce a riportare la calma sul terreno resta il corpo di un giovane. È italoamericano e si chiama Francesco Caruso. I ragazzi della band, che hanno seguito con sgomento l'esplosione di violenza, restano sconvolti dalla notizia. Il giorno dopo i giornali conservatori partono all'attacco: la responsabilità è della violenza della musica degli Wishbone Ash e della loro carica aggressiva sul palco. L'occasione della morte del ragazzo offre l'inaspettata occasione agli ambienti reazionari statunitensi per regolare i conti con un gruppo di cui fa parte il chitarrista Ted Turner, sospettato di simpatie estremistiche per la sua amicizia con John Lennon che l'ha voluto al suo fianco nella registrazione di Imagine. Poco amati dallo show-businnes americano e un po' snobbati in patria, nonostante i discreti, ma non eccezionali, risultati commerciali, gli Wishbone Ash registrano sempre una grande partecipazione di pubblico ai loro concerti. In quel periodo la band formata dal batterista Steve Upton, dal bassista Martin Turner e dai chitarristi Andy Powell e Ted Turner sta vivendo un momento magico con la pubblicazione di Argus, che vincerà il premio della critica per il miglior album dell'anno. La morte di Caruso e le accuse di «istigazione alla violenza» finiranno per lasciare il segno sul gruppo. Il buon successo di Wishbone four, l'album successivo non basterà a normalizzare i rapporti tra i componenti, non sufficientemente strutturati per vivere sotto la pressione continua dei media. Il primo a gettare la spugna sarà proprio "l'estremista" Ted Turner che nel giugno del 1974 lascerà i compagni. La storia della band non finirà con la sua defezione, ma niente più sarà uguale a prima.

03 settembre, 2023

3 settembre 1887 – Frank Christian, una delle grandi trombe di New Orleans

Il 3 settembre 1887 nasce a New Orleans, in Louisiana il trombettista Frank Christian, uno dei trombettisti più interessanti del jazz delle origini. Fratello degli altri due Christian, Charles ed Emile, comincia a suonare professionalmente nel 1908 con la celebre Reliance Brass Band diretta da Jack "Papa" Laine, la più prestigiosa tra le prime brass bands "bianche", che tiene a battesimo quasi tutti i più noti dixielanders di New Orleans da Nick La Rocca a Johnny De Droit, da Tom Brown a George Brunis, da Larry Shields a Leon Roppolo, da Yellow Nuñez a Tony Sbarbaro. Entra poi a far parte della Fischer's Brass Band di Johnny Fischer. In entrambi i gruppi Frank Christian ha come partner i due fratelli. Nel 1910 forma la Ragtime Band, un'orchestra che rimarrà in attività sino al 1918 e della quale faranno parte musicisti come Nuñez, Achille Baquet, Tony Giardina, Manuel Gomez, oltre a i soliti Emile e Charles Christian. Nel 1918, su invito di Johnny Stein, il batterista-manager della Original Dixieland Jazz Band, si trasferisce a Chicago per entrare a far parte della New Orleans Jazz Band con il pianista Jimmy Durante, il trombonista Frank Lhotag, il clarinettista Achille Baquet e lo stesso Stein alla batteria. Nello stesso anno la New Orleans Jazz Band si trasferisce a New York dove registra alcuni dischi. Christian resta con questa orchestra fino al 1922 poi se ne va per vagabondare nel giro del vaudeville lavorando con vari gruppi e soprattutto con quello di Gilda Gray. Rientrato a New Orleans nel corso degli anni Trenta suona con la Durfee’s Band. Della sua attività posteriore non ci sono molte notizie, a parte la registrazione delle quote versate al sindacato dei musicisti.

02 settembre, 2023

2 settembre 1973 - Jack Marshall lavora per il futuro

Il 2 settembre 1973 a Huntington Beach in California, un infarto stronca la vita e la carriera del chitarrista jazz cinquantunenne Jack Marshall, un musicista che da tempo dedica gran parte delle sue risorse ad aiutare i giovani talenti della chitarra. La sua morte inaspettata coglie di sorpresa l'ambiente musicale californiano che vorrebbe onorarne in qualche modo la memoria. Alla fine un'idea mette tutti d'accordo: istituire una fondazione a lui dedicata che abbia lo scopo di fornire aiuto e assistenza finanziaria agli studi dei giovani chitarristi. In questo modo gli amici perpetuano il ricordo di Marshall regalandogli un pezzetto d'immortalità. È un riconoscimento singolare per un artista poco conosciuto dal grande pubblico ma molto apprezzato dai colleghi. Inizia a suonare l’ukulele a dieci anni e a tredici scopre la chitarra attraverso le abili geometrie sonore di Django Reinhardt. Nel 1938, diciassettenne, lascia il natìo Kansas per spostarsi in California con la famiglia. Qui acquista la prima chitarra elettrica e inizia a suonare con l’orchestra della sua scuola. La sua abilità tecnica non sfugge agli addetti ai lavori che lo mettono spesso alla prova. Sostituisce occasionalmente Oscar Moore nel trio di Nat King Cole e suona al fianco di Art Tatum. Dal 1940 al 1942 viene scritturato dagli studi MGM, ma la seconda guerra mondiale rivendica la sua partecipazione. Alla passione musicale affianca gli studi in Ingegneria e nel 1946, chiusa la parentesi bellica, riprende gli studi di ingegneria presso l’università del sud California. Fino alla laurea la musica è solo un divertimento. La sua posizione è destinata ben presto a cambiare. Terminati gli studi ingegneristici passa a quelli musicali. Studia orchestrazione e armonia con Albert Harris e riprende il suo vecchio posto negli studi della MGM. Lavora anche per la televisione e il cinema firmando oltre trecento tra colonne sonore e commenti musicali. Nonostante la giovane età ricopre il ruolo di direttore musicale nella sala di registrazione della Capitol e produce dischi di un gran numero di artisti. La sua attività concertistica diventa quasi un hobby, anche se si esibisce con regolarità a San Francisco ogni fine settimana. Il suo amore per la chitarra diventa una ragione di vita. Si dedica alla valorizzazione dei giovani e nel 1967 riesce a convincere i proprietari di un club di Burbank, il Dontes, a organizzare una settimana di jazz interamente dedicata al suo strumento cui partecipano i più famosi chitarristi d’America.



01 settembre, 2023

1° settembre 1962 - Tommy Roe, il clone di Buddy Holly

Il 1° settembre 1962 arriva al vertice della classifica statunitense Sheila, un brano che molti giurano sia una pubblicazione postuma di Buddy Holly, lo sfortunato rocker scomparso nel mese di febbraio di tre anni prima. La somiglianza della voce è davvero sorprendente, ma non è lui. L'interprete di Sheila è Tommy Roe, un ventenne sconosciuto al grande pubblico. Il brano non è nuovo. Il ragazzo infatti l'ha già pubblicato nel 1960 con la sua band, Tommy Roe & The Satins, per una piccola etichetta di provincia. Nessuno si è accorto allora del disco tranne un talent scout della ABC Paramount, una casa discografica sempre alla ricerca di giovani cantanti da far consumare rapidamente al pubblico degli adolescenti. Gli esperti dell'etichetta ascoltano il disco e si accorgono che quel ragazzo ha qualcosa in più rispetto ai soliti cantanti adolescenti di rock and roll: «La voce! Ha la stessa voce di Buddy Holly». Lo scritturano e gli fanno registrare di nuovo il brano. La sua voce, già naturalmente simile a quella di Holly, viene ulteriormente elaborata dai tecnici e l'arrangiamento fa il resto. Il risultato è quello voluto. La faccia pulita da adolescente un po' cresciuto cattura il pubblico giovanile e la somiglianza della sua voce con quella di Buddy Holly suscita nostalgie mai sopite. In breve tempo il disco vola alto nelle classiche. Il successo ottenuto viene poi consolidato da una serie di canzoncine come Susie darlin', The folk singer ed Everybody. Quando, nel mese di marzo del 1963, partecipa a un tour con i Beatles capisce che i tempi stanno cambiando. A differenza di molti artisti di quel periodo, torna nell'anonimato in attesa che l'ondata del beat esaurisca la sua spinta propulsiva e si dedica prevalentemente alla composizione. Nel 1969, passata la bufera, decide che è tempo di riemergere e torna al successo con Dizzy mantenendosi a galla anche negli anni Settanta con brani pop di buona fattura ma senza particolari pretese.

31 agosto, 2023

31 agosto 1963 - La breve gloria delle Ronettes

Il 31 agosto 1963 le Ronettes entrano per la prima volta nella classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti con il brano Be my baby. Dopo lunghi anni di gavetta l'apporto di un mago della produzione come Phil Spector sembra lanciare definitivamente il trio composto dalle sorelle Veronica ed Estelle Bennett con la loro cugina Nedra Talley. Inseparabili fin da bambine coltivano da sempre il sogno di lasciare una traccia nel mondo dello spettacolo. La loro è una storia di tentativi andati a male o interrotti sul più bello. Quando le loro coetanee giocano ancora con le bambole Veronica, Estelle e Nedra sgambettano sui palcoscenici dei teatrini di New York con il nome di Dolly Sister. Il precoce talento di cui danno prova attira impresari veri e più d'un marpione deciso a sfruttarne l'ingenuità. La loro prima vera scrittura le vede nel ruolo di ballerine del Peppermint Lounge, cui segue la partecipazione come coriste e danzatrici alle esibizioni del Clay Cole Twist Package. Nel 1961, quando Veronica ha diciotto anni, Estelle diciassette e la piccola Nedra soltanto quindici, pubblicano il loro primo disco con il nome di Ronettes. Il risultato è deludente e solo la convinzione di potercela fare le trattiene dal mollare tutto. Analogo destino hanno i quattro dischi successivi. Quando stanno per rassegnarsi a un ruolo di secondo piano nel sottobosco dello spettacolo newyorkese incontrano il produttore Phil Spector. Innamoratosi di Veronica il produttore inizia a occuparsi delle tre ragazze e in pochi mesi le porta al successo. Be my baby è solo il primo di una serie di dischi fortunati come Baby, I love you e soprattutto Walking in the rain. All'apice della popolarità e frastornate dal successo improvviso le Ronettes all'inizio del 1964 partecipano al tour inglese dei Rolling Stones, ma la loro avventura è già arrivata alla fine. L'artefice del disastro è lo stesso che le ha portate al successo: Phil Spector. Il produttore, infatti, sposa Veronica e la convince a lasciare il gruppo che, nonostante l'inserimento della cugina Elaine, si scioglie. Qualche anno dopo Veronica tenterà di riformarlo senza grande convinzione e con risultati deludenti. Ci proverà più seriamente nel 1973 quando, con Denise Edwards e Chip Field, darà vita alle Ronnie & The Ronettes, che più tardi diventeranno Ronnie Spector & The Ronettes. Pur continuando fino alla metà degli anni Settanta non riusciranno mai a ripetere il successo delle prime, ineguagliabili, Ronettes.


30 agosto, 2023

30 agosto 1921 – Carlo Alberto Rossi, un sanguigno creatore di successi

Il 30 agosto 1921 nasce a Rimini Carlo Alberto Rossi, uno dei compositori più importanti della storia della canzone italiana. Nel 1939 scrive la sua prima canzone Tango di Manuelita. Tra i primi a capire l’importanza del music-businnes affianca all’attività di compositore quella di editore e discografico. Nel 1950 fonda con l’ungherese Ladislao Sugar le Edizioni Musicali Ariston, che lascia nel 1955 per dare vita alle Edizioni Musicali C.A. Rossi. Tre anni dopo crea l’etichetta discografica Juke box e contemporaneamente costruisce un modernissimo studio di registrazione, la Fonorama. La sua attività imprenditoriale dura fino al 1974 quando capisce che è giunto il momento di smettere, liquida tutte le società e si dedica a lunghi viaggi per il mondo. Alla sua fertile vena compositiva si devono innumerevoli successi come, tra i tanti, Mister jazz, Al chiar di luna porto fortuna, Le mille blu, E se domani, Se tu non fossi qui, Notorius, Vecchia Europa, Ritroviamoci e Nun è peccato. Muore a Milano il 12 aprile 2010.

29 agosto, 2023

29 agosto 1914 – Clely Fiamma, la più giovane stella dell’Olympia

Il 29 agosto 1914 nasce a Milano Clelia, la figlia dell'attore e cantante Bruno Cantalamessa destinata a diventare famosa con il nome d’arte di Clely Fiamma. Attrice, soubrette e cantante diventerà uno dei personaggi più eclettici del teatro di rivista italiano. Cresciuta nell’ambiente artistico a sette anni debutta col suo vero nome per la prima volta in palcoscenico a La Spezia al fianco del famoso chansonnier Gino Franzi. Nel 1923, quando ha soltanto nove anni, entra nella storia del teatro parigino dell’Olympia per essere la più giovane vedette mai proposta dal cartellone di quello che in Francia è considerato un vero e proprio tempio dello spettacolo. Nel 1932 debutta come soubrette accanto al celebre Totò, con il quale resta ben sette anni e poi lavora con Riccardo Billi e Tino Scotti. Nel dopoguerra entra a far parte della Compagnia del Teatro Comico Musicale di Radio Roma e non disdegna di cimentarsi anche con la prosa con Gino Cervi e Lilla Brignone. Non mancano esperienze interessanti e con buon successo nella canzone. Tra le sue interpretazioni più famose ci sono Qui fu Napoli, E tu chi si? e Quando ammore vo' filà. Muore a Roma il 19 febbraio 1977.

28 agosto, 2023

28 agosto 1979 - Il sequestro di Fabrizio e Dori

Alla fine degli anni Settanta Fabrizio De André è ormai considerato uno dei più importanti cantautori della storia della musica italiana. Il tempo delle discriminazioni, della censura delle sue composizioni e dell’ostracismo nei suoi confronti da parte della radio e della televisione sembra ormai alle spalle. Gli album La buona novella, Non al denaro, nè all’amore, nè al cielo, Storia di un impiegato, Canzoni e, nel 1978, Rimini vengono regolarmente salutati come capolavori anche da quei settori della critica che un tempo lo snobbavano. Reticente e timido non ama esibirsi dal vivo e quando lo fa si sente a disagio. Proprio nel 1978, stanco della monotonia della vita di città e del tran tran quotidiano decide insieme alla sua compagna, la cantante Dori Ghezzi, di abbandonare il “continente” e di acquistare un’azienda agricola a Lagnata, in Sardegna, una zona nelle vicinanze di Tempio Pausania. L’aria dell’isola e l’isolamento del posto ne fanno un luogo ideale per un artista che ha elevato la riservatezza e la discrezione a stile di vita. È un De Andrè diverso dal cantautore che per anni il suo pubblico ha imparato ad amare quello che si dedica, quasi a tempo pieno, all’allevamento e alla cura dei poderi. Questo paradiso terrestre cela una trappola. Il 28 agosto 1979 lui e la sua compagna vengono sequestrati da un gruppo di persone armate. Lo scopo del sequestro è evidente: chiedere un riscatto approfittando della popolarità del personaggio. La prigionia non sarà breve. Durerà quattro mesi. Per tutto quel periodo i due artisti verranno tenuti all’aria aperta sugli aspri contrafforti delle montagne sarde e passeranno le notti incatenati agli alberi. Il loro unico riparo sarà un telo di plastica. Dopo la liberazione il cantautore conserverà per sempre i segni della prigionìa e nel suo album del 1981, scritto insieme a Massimo Bubola, descriverà lo smarrimento e le incertezze di quelle notti in una canzone cruda e ricca di suggestione come Hotel Supramonte.



27 agosto, 2023

27 agosto 1990 - Steve Ray Vaughan, il bianco dalla chitarra nera

Il 27 agosto 1990 l’elicottero che sta trasportando a Chicago Steve Ray Vaughan precipita. A soli trentacinque anni muore così uno dei più grandi chitarristi bianchi di blues degli anni Ottanta. È reduce da un concerto all’Alpine Valley Music Theatre di East Troy dove si è esibito insieme al fratello Jimmie, Eric Clapton, Buddy Guy e Phil Palmer. Nell’incidente muoiono anche l’agente di Eric Clapton, Bobby Brooks, la sua guardia del corpo Nigel Browne, il tour manager Colin Smith e il pilota Jeffrey Browne. Nato a Dallas nel 1954, Stevie Ray Vaughan inizia a suonare la chitarra per imitare il suo fratello maggiore Jimmie, entrato poi a far parte dei Fabulous Thunderbirds. Non ha ancora dieci anni quando forma la sua prima band, i Chantones e, dopo aver abbandonato gli studi nel 1972 decide di fare della musica il suo mestiere. A diciotto anni si trasferisce ad Austin dove registra con i Nightcrawlers un disco mai pubblicato. Tra il 1975 ed il 1977 fa parte dei Cobras e successivamente decide di formare una propria band, i Triple Threat Revue, per essere libero di suonare la propria musica senza nessun tipo di condizionamento. I Triple Threat a partire dal 1981 diventano i Double Trouble, un nome ispirato a Ray da una canzone di Otis Rush che il gruppo manterrà fino alla sua morte. La band ottiene nell'aprile del 1982 un clamoroso successo al festival di Montreux, e l’anno dopo David Bowie vuole Vaughan alla chitarra solista nel suo album Let's dance. Indimenticabile resta la sua versione di Voodoo Chile, dedicata a Jimi Hendrix, che Stevie Ray considera il suo principale maestro. La morte lo coglie nel momento di maggior successo e contribuisce ad alimentarne la leggenda. Durante i suoi funerali, che si svolgono il 31 agosto al Laurel Land Memorial Park di Dallas, Jackson Browne, Stevie Wonder e Bonnie Raitt cantano il brano Amazing grace. Nel 1991 suo fratello Jimmie raccoglierà vari brani inediti e li pubblicherà nell'album postumo The sky is crying.



24 agosto, 2023

24 agosto 1968 - Caro Country Joe, se non ti piace l’America vattene!

La mobilitazione è davvero impressionante. Sono moltissimi i giovani che arrivano a Chicago nell’agosto del 1968 per manifestare contro il razzismo, per i diritti civili e contro la guerra del Vietnam. La calata nello stato-simbolo dell’Illinois è stata decisa da centinaia di organizzazioni, non tutte coordinate tra loro, per sfruttare la visibilità che può offrire la concomitanza con lo svolgimento della Convention del Partito Democratico. Le vie della città sono quotidianamente interessate da iniziative, cortei e manifestazioni. Molti sono gli artisti che portano la loro solidarietà, di giorno partecipando alle manifestazioni e la sera suonando in concerti come il Festival of Love, organizzato da Jerry Rubin insieme alle comuni hippie più radicali. Tra questi non poteva mancare uno dei cantautori elettrici più politicizzati di quel periodo, Country Joe McDonald con il suo gruppo, i Fish. Arrivati in città fin dai primi giorni di mobilitazione Country Joe e i suoi compagni alloggiano in un alberghetto nelle vicinanze del centro della città. Il loro concerto di solidarietà è programmato per la tarda serata del 24 agosto. Già nel nome il gruppo rappresenta un po’ una provocazione. Country Joe, infatti, è il nome dato dai servizi segreti americani a Giusepe Stalin nella seconda guerra mondiale e Fish, cioè pesci, è la definizione di comunisti nelle opere di Mao Tse Dong. Nelle ore che precedono la sua esibizione il cantautore si trattiene nella hall dell’albergo che lo ospita insieme al chitarrista Barry Melton e al tastierista David Cohen. I tre definiscono alcuni dettagli dell’esibizione serale e conversano a lungo scambiandosi battute. Un’occhiata all’orologio suggerisce che è tempo di prepararsi. Country Joe si alza e chiama l’ascensore per andare a prendere la chitarra che ha lasciato nella sua camera. I due strumentisti lo seguono senza prestare attenzione ad altre tre persone che si sono accodate al gruppo. Quando la porta dell’ascensore si apre i tre sconosciuti spingono con violenza nella cabina il cantautore e i suoi due compagni. Chiudono la porta e iniziano a tempestarli di pugni e calci. L’aggressione, fredda e premeditata, dura pochi secondi e lascia i ragazzi malconci a terra. Quando la porta dell’ascensore si riapre i tre, che si qualificano come “veterani del Vietnam”, urlano: «Non vi piace l'America? Allora andatevene, non c’è posto qui per quelli come voi!»

23 agosto, 2023

23 agosto 1975 - Togliete quel Reynolds!

Il 23 agosto 1975 in vetta alla classifica statunitense dei singoli c'è il brano Fallin' in love e l'indicazione degli interpreti sull'etichetta riporta un marchio abbastanza noto in quel periodo: Hamilton, Joe Frank & Reynolds. Il nome è quello del gruppo formato alla fine degli anni Sessanta da Dan Hamilton, Joe Frank Carollo e Tommy Reynolds, tre ex componenti dei T-Bones, la band di No matter what shape (Your stomach's in). Il trio, dato per scomparso nel 1972 dopo un paio d'album di buon successo sembra così tornare alla ribalta. Sembra, perché gli esperti di cose musicali sono perplessi. Si sa, infatti, che Tommy Reynolds da tempo preferisce le regole di un ordine religioso del Texas allo scintillante mondo dello show-business. La comparsa della sigla appare quindi sospetta. C'è chi sostiene che Fallin' in love sia un brano inedito registrato tre anni prima quando Reynolds faceva ancora parte della band, ma c'è anche chi parla esplicitamente di "gruppo fantasma". La pubblicazione di un album con lo stesso titolo complica ancora di più le cose. Quanti sono gli inediti del gruppo? La verità sta nel mezzo. Il disco è nuovo ed è stato registrato da due terzi del vecchio trio, cioè da Dan Hamilton e Joe Frank Carollo, con l'aggiunta di un nuovo componente: Alan Dennison. Il trucco è stato quello di non cambiare nome al gruppo. Il clamore suscitato dalle polemiche fa arrabbiare il buon Tommy Reynolds che chiede di togliere il suo nome dal marchio. I due ex compagni non gli rispondono neppure e a lui non resta che citarli in tribunale. La causa durerà un anno e nel frattempo il gruppo pubblicherà, ancora come Hamilton, Joe Frank & Reynolds, l'album Winners and losers. Nell'estate del 1976 Tommy Reynolds riuscirà a impedire al gruppo di continuare a usare il suo nome e la band diverrà Hamilton, Joe Frank & Dennison. Paradossalmente con il cambio del nome finirà il successo. I tre pubblicheranno ancora qualche disco, con scarsi risultati.


22 agosto, 2023

22 agosto 1988 - Aretha, la regina

Fresca vincitrice di due Grammy Awards, Aretha Franklin assiste il 22 agosto 1988 alla presentazione di un film-documentario su di lei: “Aretha Franklin: The queen of soul” (Aretha Franklin, la regina del soul). Oltre a raccontarne la vita e le vicende artistiche, raccoglie le testimonianze di colleghi come Ray Charles, Eric Clapton, Whitney Houston e Smokey Robinson. Nata a Memphis il 25 marzo 1942 la Franklin inizia a cantare da giovanissima, insieme al fratello Cecil e alle sorelle Erna e Carolyn, sotto la guida del padre, il reverendo C.L. Franklin, cantante di gospel che la porta con sé nei suoi spettacoli itineranti. In questa mescola di musica, ritmo, fede e teatralità si forma la sua personalità artistica. Conosce grandi artisti come Mahalia Jackson e James Cleveland e pubblica il suo primo disco nel 1956 quando, appena quattordicenne, è la solista del coro della New Bethal Baptist Church di Detroit. Ben presto la sua fama travalica i confini dei concerti religiosi e di lei si accorge John Hammond, lo scopritore di Billie Holiday, che le procura il primo contratto discografico con la Columbia Records. Sotto la sua guida incide vari dischi gospel, ma i limiti di questo genere le stanno stretti. Nella seconda metà degli anni Sessanta passa alla Atlantic dove entra in contatto con i nuovi fermenti della musica nera. È il produttore John Wexler l’artefice del suo cambiamento. La lascia libera di spaziare come vuole, limitandosi a curare gli arrangiamenti e il tessuto orchestrale. Nel 1967 con I never loved a man (the way I love you) Aretha vola alta nelle classifiche e nel cuore del pubblico. La conferma arriva, qualche mese dopo da una drammatica versione di Respect, un brano di Otis Redding. Sono anni di forti tensioni razziali e di lotte per i diritti civili. La sua voce, potente e dolcissima, si leva sulla scena artistica statunitense di quel periodo e ne interpreta, come poche altre, la colonna sonora. Negli anni Settanta la formula ideata da Wexler sembra non funzionare più. Aretha ripiega allora sulle atmosfere eleganti e rilassate del pop orchestrale, imprigionando in parte la sua personalità e affidandosi a produttori abili come Quincy Jones. Sembra l’inizio del declino artistico, il progressivo adattamento a una tranquilla normalità, ma le apparenze ingannano. All’inizio degli anni Ottanta si rivede la vecchia e non sopita grinta in un’indimenticabile apparizione nel film “The blues brothers” che la rilancia come una delle più grandi interpreti del soul moderno. La sua scomparsa, il 16 agosto 2018, lascia il mondo della musica un po' più povero.



20 agosto, 2023

20 agosto 1983 - Tornano i pirati dell’etere

Il 20 agosto 1983 torna a trasmettere Radio Caroline, una delle leggendarie radio pirata degli anni Settanta. L’emittente riprende a irradiare i propri programmi da una nave che viene battezzata "Imagine" in onore di John Lennon. La radio non ha più, ovviamente, la forza dirompente dell’originale, ma riporta all’attualità della cronaca l’era in cui i “pirati dell’etere” contribuirono a innovare la musica di una generazione. Artefice di questa rivoluzione fu un ventitreenne irlandese, Ronn O’Rahilly, che per primo comprese la necessità di creare uno spazio autonomo in grado di rompere il monopolio della BBC e di Radio Luxembourg nella programmazione musicale, chiuso alle nuove tendenze. Con una sottoscrizione raccolse 250.000 sterline con le quali acquistò una vecchia bagnarola danese, la “Frederika” ancorandola fuori dalle acque territoriali britanniche, quattro miglia al largo di Harwich. Con due trasmettitori da dieci kilowatt e un’antenna di cinquanta metri la domenica di Pasqua del 1964 Radio Caroline iniziò le sue trasmissioni. L’iniziativa ispirò altre avventure analoghe. Le reazioni del governo conservatore britannico non si fecero attendere, ma l’extraterritorialità delle stazioni e la simpatia del pubblico impedivano di dare concretezza alle minacce di chiusura. Dopo le elezioni del 1964 e l’avvento dei laburisti la linea nei confronti delle radio pirata cambiò di segno. Si riconobbe che esse avevano posto seriamente un problema di qualità della programmazione e pian piano si fece strada la convinzione che fosse meglio adeguare la BBC piuttosto che cercare lo scontro. Nel 1965 Simon Dee fu il primo di una lunga serie di disk jockey a passare da Radio Caroline alla BBC che, qualche tempo dopo inaugurò la sua nuova rete dedicata esclusivamente alla musica giovanile, Radio One. Esaurito il ruolo iniziale le radio pirata persero gran parte della loro carica innovativa per finire preda dell’affarismo delle major discografiche. La simpatia con cui erano state accolte all’inizio svanì rapidamente consentendo al governo britannico di varare il Marine Broadcasting (Offences) Act che pose fine alla loro attività.

18 agosto, 2023

18 agosto 1941 – Lili Marleen

Il 18 agosto 1941 Radio Belgrado, la stazione radiofonica messa in piedi dai nazisti nella Jugoslavia occupata, diffonde per la prima volta le note di una canzone destinata a conquistare il cuore dei soldati di tutti gli eserciti impegnati nella seconda guerra mondiale. Si intitola Lili Marleen e la sua musica è stata composta nel 1938 dal musicista tedesco Norbert Schultze. Il testo, inusuale, è stato scritto tredici anni prima, nel 1915, dall'allora giovane poeta Hans Leip mentre stava partendo per il fronte dei Carpazi nella prima guerra mondiale. La versione diffusa da Radio Belgrado è quella registrata l'anno precedente in Germania dalla canzonettista Lale Andersen e accolta con molta freddezza dal pubblico tedesco. Malinconica e carica di nostalgia, mal si sposa con le velleità belliche del Terzo Reich. Un anno prima il disco è rimasto praticamente invenduto e sembra non sia estraneo a questo risultato il giudizio negativo di Goebbels, il ministro nazista della propaganda, che la ritiene inadatta per la sua tristezza a mantenere alto il morale della popolazione tedesca e delle truppe al fronte. Come è arrivata, dunque, a Radio Belgrado? Per uno strano scherzo della sorte. Il destino delle scorte invendute della produzione discografica tedesca è quello di alimentare le emittenti radiofoniche nei paesi occupati dai nazisti o di arricchire i pacchi dono per gli ufficiali impegnati al fronte. Lili Marleen, insieme ad altri dischi invenduti in Germania, finisce così a Radio Belgrado che la manda in onda per la prima volta proprio il 18 agosto 1941. L’emittente radiofonica in territorio jugoslavo è una delle più potenti dell’epoca. Per questa ragione la voce di Lale Andersen arriva ovunque e diventa popolarissima tra i soldati di tutte le bandiere. Ciascun paese impegnato nel conflitto ne realizzerà una versione destinata alle proprie truppe. In Italia il brano viene tradotto da Nino Rastelli e interpretato dalla voce di Lina Termini.

17 agosto, 2023

17 agosto 1964 – Con "You really got me" i Kinks prendono il volo

Il 17 agosto 1964 la Pye Records pubblica You really got me. Il brano sarà il primo grande successo dei Kinks, uno dei gruppi più spigolosi degli anni Sessanta che più di altri incarna lo spirito ribelle delle bande giovanili dell'epoca. La loro selvaggia irruenza sul palco piace ai Mods, ma è amata anche dai Rockers e verrà presa a esempio dai protagonisti del punk. I Kinks nascono, di fatto, nel 1962 attorno ai fratelli Davies, Ray e Dave soprannominati "Rock Brothers" per la mania di ascoltare i dischi ad altissimo volume. Entrambi chitarristi formano il primo nucleo della band con il batterista Mick Avory e il bassista Peter Quaife. Per un po' si fanno le ossa come gruppo d'accompagnamento del cantante Robert Wace, un onesto mestierante che diventerà il loro manager. La storia non va avanti per molto, perché alla fine del 1963 decidono di proseguire da soli. Notati dal produttore Shel Talmy ottengono il primo contratto discografico con la Pye Records e si mettono subito al lavoro in sala di registrazione. Nel mese di febbraio del 1964 pubblicano il loro primo singolo, una cover di Long tall Sally, il brano di Little Richard. Il disco passa quasi inosservato e non va meglio al successivo You do something to me. Decisi a non mollare i quattro lavorano all'idea di realizzare un brano che possa avere la stessa carica esplosiva delle loro esibizioni dal vivo. Nasce così You really got me. Nonostante sia già pronto alla fine della primavera la loro casa discografica prende tempo tentando di convincerli ad ammorbidirne l'impatto con un arrangiamento meno selvaggio e duro. Sono in molti a dubitare che quel selvaggio e grezzo miscuglio di rock urlato e blues nero possa interessare a un mercato che si sta ormai evolvendo in forme più raffinate, ma Ray Davies e i suoi compagni tengono duro. You really got me esce così com'è. In pochi mesi conquista i giovani di tutto il mondo e diventa uno dei più longevi brani della storia del rock.





16 agosto, 2023

16 agosto 1968 – L’inaspettata fine di Cutty Cutshall

Il 16 agosto 1968 a Toronto, in Canada, dove si trova in tournée con gli All Stars di Eddie Condon, muore improvvisamente il trombonista Cutty Cutshall. Ha cinquantasette anni. Nato a Huntington County, in Pennsylvania, 29 dicembre 1911 è registrato all’anagrafe con il nome di Robert Dewee Cutshall. Giovanissimo comincia l'attività professionale a Pittsburg suonando nell'orchestra sinfonica comunale e in vari gruppi da ballo. Nel 1934 viene ingaggiato da Charley Dornberg e dal 1938 al 1940 suona con il gruppo della cantante Jan Savitt Successivamente entra nell’organico dell'orchestra di Benny Goodman e ci resta fino alla fine del 1946 sviluppando un rapporto di amicizia e rivalità professionale con Lou McGarity. Nella band di Goodman Cutshall si fa conoscere e apprezzare sia dai critici sia dal grosso pubblico. Nel 1948 ottiene un importante ingaggio al Nick's, il tempio dei dixielanders di New York, dove suona prima con Billy Butterfield. A partire dal 1949 entra a far parte degli All Stars di Eddie Condon diventandone un componente fedele e quasi inamovibile. Verso la fine degli anni Cinquanta, Cutshall suona anche con le orchestre di Bob Crosby, ancora una volta a fianco di McGarity, e di Wild Bill Davison pur senza abbandonare l’impegno primario con il "clan” di Condon. Nel 1965 entra partecipa a una serie di registrazioni della band di Yank Lawson e Bob Haggart che dal punto di vista stilistico anticipano la nascita della World Greatest Jazz Band nella quale ha ancora una volta al suo fianco McGarity. Non riuscirà però a prender parte alle prime incisioni di quest’orchestra perchè la morte lo sorprende a Toronto dove avrebbe dovuto esibirsi per l’ultima volta con gli All Stars di Condon.


15 agosto, 2023

15 agosto 1969 - Alle cinque del pomeriggio inizia Woodstock

Alle cinque del pomeriggio del 15 agosto 1969, sono duecentomila le persone che affollano a Bethel i prati della fattoria di Max Yasgur. Il Woodstock Music and Art Fair sembra destinato a non avere mai inizio, ma i giovani arrivati fin lì non danno l’impressione di preoccuparsene. Non c’è il nervosismo che precede eventi di questo genere. Nella confusione indescrivibile ciascuno aspetta con pazienza che qualcosa succeda. Improvvisamente qualcuno arriva sul palco. È un emozionatissimo Richie Havens che, afferrato il microfono intona con voce tremante la sua Freedom. Inizia così, con un ritardo di molte ore e con la scaletta rivoluzionata, il festival di Woodstock, destinato a entrare nella leggenda come “Tre giorni di pace, amore e musica”. Secondo quanto annunciato dal programma non avrebbe dovuto essere Havens il primo a esibirsi e neppure si sarebbe dovuto attendere il pomeriggio per poter ascoltare le prime note. La manifestazione doveva aprirsi nella mattinata con Joan Baez, seguita da Arlo Guthrie e da Tim Hardin, quindi Havens, poi la Incredible String Band, Ravi Shankar, Bert Sommer e gli Sweetwater, cui era affidato il compito di chiudere la prima delle tre giornate. Già all’alba del 15 agosto, però, si capisce che tutte le previsioni sono saltate. Fin dal giorno prima tutte le linee viarie di comunicazione sono saltate. Una folla immensa sta intasando le strade con ogni mezzo nel tentativo di raggiungere i prati della fattoria di Max Yasgur, incurante degli elicotteri della polizia che con gli altoparlanti invitano a tornare indietro annunciando che l’area del festival è già al limite della capienza. Le autorità preposte all’ordine pubblico fanno diffondere via radio la notizia che la zona viene considerata “area disastrata”, ma non serve a molto. Ogni passaggio degli elicotteri viene accompagnato da gesti di scherno e il fiume umano continua ad avanzare. L’intasamento diventa definitivo quando, vista la situazione, molti ragazzi decidono di abbandonare i propri mezzi di locomozione in mezzo alle strade per continuare a piedi. La situazione che si crea rende, però, difficile, se non impossibile per gli artisti raggiungere l’area del festival. Qualcuno arriverà a piedi, altri riusciranno a garantire la loro presenza solo grazie all’intervento degli elicotteri della polizia. Mentre la fiumana di gente continua ad affluire, l’area destinata al Festival, controllata dai ragazzi della Hog Farm, una comunità hippy che si è assunta l’impegno del servizio d’ordine, ospita già duecentomila giovani, ai quali vengono consegnate razioni gratuite di riso integrale per sopperire alla mancanza di cibo. Alle cinque del pomeriggio il clima non è teso, ma la musica deve iniziare. L’unico cantante presente è Richie Havens, non ci sono dubbi che gli tocchi l’apertura. «Continua fin che ce la fai», gli dicono gli organizzatori e lui va avanti per tre ore, fino allo sfinimento, in attesa che arrivi qualcuno a dargli il cambio. Fortunatamente, quando già il povero Richie comincia a temere di dover cantare per tre giorni da solo, arriva quel folle di Country Joe McDonald che, senza la band, ancora dispersa nel traffico, sale sul palco e intona una lunghissima versione di I feel like I’m fixin’ to die rag, il suo brano contro la guerra del Vietnam, concluso da un coro di centinaia di migliaia di persone che all’unisono con lui urlano un sonoro «Fuck». Anche Country Joe, però, non è di ferro e prima o poi bisognerà pur dargli il cambio, ma non si hanno notizie degli altri artisti previsti dal programma. Gli organizzatori non sanno che pesci pigliare, ma la fortuna è decisamente dalla loro parte. Non si sa bene come, ma scovano tra il pubblico John Sebastian, il leader dei Lovin’ Spoonful, arrivato lì in veste di spettatore. Lo convincono a salire sul palco e guadagnano un’altra preziosa mezz’ora. Nel frattempo comincia ad arrivare qualcuno, sia pure alla spicciolata e senza rispettare l’ordine originario. Dopo Sebastian tocca a Bert Sommer, quindi a Ravi Shankar, la cui esibizione si svolge quasi interamente sotto una pioggia battente e improvvisa. Seguono Arlo Guthrie e gli Sweetwater. Manca sempre Joan Baez. Non c’è problema. Come già per John Sebastian, viene recuperata tra il pubblico Melanie, anche lei arrivata come spettatrice e spedita velocemente sul palco mentre calano le prime ombre della sera. Finalmente arriva anche Joan Baez. Quando la folksinger inizia a cantare è ormai notte fonda e, teoricamente, la prima giornata di Woodstock dovrebbe già essersi chiusa da qualche ora, ma chi ha tempo o voglia di guardare l’orologio?

14 agosto, 2023

14 agosto 1971 – King Curtis accoltellato

Il 14 agosto 1971 il sassofonista King Curtis viene accoltellato a morte da un ladro sorpreso davanti alla porta del suo appartamento a New York. Ha trentasei anni e negli ultimi tempi è divenuto, nei fatti, il direttore musicale di Aretha Franklin, di cui accompagna le esibizioni con la sua band, The King Pins. È sua la tromba che si può ascoltare nell'album Live at the Fillmore West, uno dei migliori della Franklin. Talento precoce, a quindici anni è già un musicista professionista in vari gruppi commerciali della zona di Fort Worth, in Texas, dove è nato. Si trasferisce a New York nel 1952 quando Lionel Hampton lo invita a far parte della sua band. Negli anni successivi lavora con jazzisti di grande valore come Wynton Kelly, Nat Adderley, Sam Jones e molti altri. Parallelamente non disdegna il fronte del rhythm and blues, collaborando con quasi tutti i maggiori esponenti del genere. Eclettico e geniale non vive di sole collaborazioni. Alla testa del suo gruppo si esibisce anche in modo autonomo entusiasmando pubblico e critica con la sua sonorità asciutta e ricca di grinta, con evidenti richiami alla grande scuola del folk blues. Alla fine degli anni Sessanta la sua popolarità si allarga grazie alle musiche scritte per la serie televisiva "Soul", in particolare per il brano Soulful 13 che fa da sigla al programma. Tra le sue composizioni maggiormente conosciute ci sono Soul serenade, Instant groove e Memphis soul stew. La sua morte violenta suscita grande emozione nella scena musicale newyorkese. Tre giorni dopo, il 17, a New York si svolgono i suoi funerali di fronte a una grande folla di musicisti, appassionati e semplici cittadini. Nel corso della cerimonia funebre celebrata dal reverendo Jesse Jackson, sono moltissimi gli artisti che vogliono cantare e suonare per lui. Ci riescono, tra gli altri, Aretha Franklin, Stevie Wonder, Cissy Houston, Brook Benton e Arthur Prysock, Delaney & Bonnie Bramlett, Duane Allman ed Herbie Mann.


13 agosto, 2023

13 agosto 1965 - Il primo volo del Jefferson Airplane

Nell’estate del 1965 la città di San Francisco è un immenso laboratorio musicale. La città più europea degli Stati Uniti vive uno straordinario fermento creativo e culturale in cui si mescolano le utopie delle comunità hippy, i figli dei fiori con la loro idea di “rivoluzione dell’amore”, i primi gruppi più politicizzati in cerca di sbocchi radicali, gli spinelli e la psichedelia. Nei mille ritrovi improvvisati si suona di tutto, dal folk elettrico al blues più nero al jazz, mentre i gruppi nascono e muoiono come i funghi nel sottobosco di un caldo settembre. In questo clima nessuno presta molta attenzione al gruppo in cartellone il 13 agosto 1965 al Matrix Club, uno dei tanti locali alternativi della città. Sono i Jefferson Airplane, la band destinata a rappresentare per San Francisco quello che i Beatles sono stati per Liverpool: la sintesi più alta di un crogiuolo di esperienze passato alla storia con il nome di “San Francisco sound”. La storia del gruppo è iniziata pochi mesi prima per iniziativa di tre personaggi molto conosciuti nei localini alternativi della città: il cantante e poeta Marty Balin, l’occhialuto chitarrista Paul Kantner, un tipo singolare reduce da un’esperienza nell’entourage dei Byrds, e Jorma Kaukonen, anch’egli chitarrista, appassionato di blues e con all’attivo una breve militanza nel gruppo di Janis Joplin. I tre, decisi a dar vita a un gruppo musicale, l’hanno completato con il bassista Jack Casady, il batterista Skid Spence e la cantante Signe Anderson. Con questi sei componenti i Jefferson Airplane esordiscono il 13 agosto 1965 di fronte al pubblico del Matrix. La storia del gruppo è solo all’inizio. La formazione subirà una rapida evoluzione nel giro di pochi mesi. Skip Spence se ne andrà con i Moby Grape e verrà sostituito da Spencer Dryden, mentre Signe Anderson lascerà il suo posto a Grace Slick, l'ex modella ed ex cantante dei Great Society destinata a diventare un personaggio chiave nella vita e nel successo della band. Rapidamente la popolarità dei Jefferson Airplane supererà i confini di San Francisco fino a farli diventare un punto di riferimento fondamentale per un’intera generazione.