Il 6 novembre 1938, a Houston, nel Texas nasce James Marcus Smith destinato a diventare un personaggio di spicco della scena musicale con il nome di P. J. Proby. Inizia a esibirsi in pubblico a soli undici anni e a diciassette ottiene, grazie a Jackie De Shannon, il suo primo contratto discografico. Nonostante la sua precocità Proby non riesce a sfondare negli Stati Uniti, ma sotto l'abile guida di Brian Epstein diventa uno dei cantanti più popolari in Inghilterra, debuttando nel 1964 nello show dei Beatles “Around The Beatles”. Famoso anche per il suo codino, inusuale in quel periodo, e per l'abbigliamento in stile “rivoluzione francese”, per un paio d'anni colleziona successi con brani come Hold me, Somewhere I apologize, Let the water run down, That means a lot, Maria, You need love e I can't make it alone. Nel 1968, ormai in declino, torna negli Stati Uniti. Si parla nuovamente di lui nel 1971, quando ritorna a Londra per interpretare Jago nel musical "Catch my soul", versione rock dell'Otello. Nel 1977 è uno dei protagonisti del musical "Elvis" con Shakin' Stevens.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
06 novembre, 2023
05 novembre, 2023
5 novembre 2002 – Not in my name
Il 5 novembre 2002 a Roma viene presentato ufficialmente Not in my name, un album di canzoni contro la guerra edito dal quotidiano "Liberazione" e realizzato da quattordici gruppi e artisti italiani. Il progetto è nato sottoponendo ai gruppi e agli artisti una lista di canzoni "storiche" del rock, del pop e della tradizione che avessero al centro il tema del rifiuto della guerra e della pace e chiedendo agli stessi di "reinterpretarli" filtrandoli attraverso la loro sensibilità artistica. Il risultato è un disco di notevole interesse e di grande suggestione con brani di una lunga serie di autori che va da Dylan a Fossati, da Country Joe McDonald a De André, da Lennon a Tenco, da Pietrangeli a De Gregori, al "primo" Guccini. Tutti i brani però, appaiono "nuovi" perché ciascuno è "ripensato" e filtrato attraverso la personalità degli interpreti finendo per disegnare una caleidoscopica rassegna dei linguaggi principali della musica di oggi. Accanto a Gang, Paolo Pietrangeli, Ratoblanco, Groovers, Mirafiori Kids e gran parte dei gruppi emergenti della canzone d'impegno la lista degli interpreti vede anche il gradito ritorno in sala di registrazione di Tommaso Leddi e Umberto Fiori, cioè il chitarrista e il cantante dei leggendari Stormy Six, che hanno regalato all'album un brano originale. Molti sono stati gli apporti "illustri" alla realizzazione del progetto, come quella di Jaré, un gruppo dietro al quale si nasconde il nome di Mauro Sabbione, il protagonista della svolta elettropop dei Matia Bazar di Vacanze romane nonché tastiera aggiunta dei "vecchi" Litfiba in El Diablo e dei nuovi in Elettromacumba. Tra le collaborazioni importanti c'è poi da annoverare anche la presenza di Fabrizio Barale degli Yo Yo Mundi nel brano registrato dal Gruppo Spontaneo di Musica Moderna. Il missaggio finale del CD è stato curato da Daniele Denti, l'indimenticato chitarrista dei Settore Out passato poi alla live band di Gianna Nannini. In un periodo in cui da più parti si criticano gli artisti italiani perché, pur prendendo posizione contro la guerra, faticano a elaborare un progetto collettivo, "Liberazione" ha fatto un piccolo miracolo.
04 novembre, 2023
4 novembre 1928 – Larry Bunker tra piano, vibrafono e percussioni
Il 4 novembre 1928 a Long Beach, in California, nasce il vibrafonista, pianista e percussionista Larry Bunker, all’anagrafe Lawrence Benjamin Bunker, componente di quella singolare schiera di polistrumentisti che hanno fatto la fortuna degli studi di registrazione statunitensi. Fin dai primi anni di vita viene avviato agli studi musicali. Dopo una lunga pratica sugli strumenti a tastiera, in particolare la fisarmonica e il pianoforte, si innamora della batteria e di tutto ciò che si può percuotere. L'hobby della musica diventa professione nel 1948 quando il ventenne Larry viene scritturato da un settetto be-bop che si esibisce su uno dei battelli di linea che percorrono il corso del fiume Mississippi. Negli anni successivi sbarca il lunario in vari locali californiani come pianista. Nel 1951 decide di dedicarsi al vibrafono grazie alle insistenze del contrabbassista Howard Rumsey che lo vuole nella sua band. L'avventura continua poi con i sassofonisti Art Pepper e Georgie Auld. Alla fine del 1952 torna con Rumsey, ma ancora una volta l'esperienza è destinata a durare poche settimane. Nel gennaio del 1953 affianca il sassofonista Gerry Mulligan prima di accettare un posto fisso nell’orchestra di Bob Crosby. Instancabile vagabondo collezione una serie di presenze in alcuni tra i più importanti gruppi del periodo. La sua versatilità gli consente di passare indifferentemente dalla band del chitarrista Barney Kessel a quella del sassofonista Stan Getz. Nel 1955 sembra aver trovato la sua collocazione definitiva nel gruppo che accompagna la cantante Peggy Lee, ma non è così. Dopo cinque anni se ne va e, al termine di una lunghissima serie di collaborazioni, nel 1963 forma un trio con Clare Fischer al piano e Ralph Peña al contrabbasso. Il sodalizio si scioglie un anno dopo quando Larry se ne va prima in Europa con il pianista Bill Evans e poi in Australia per suonare nella band della cantante Judy Garland. Nel 1965 è sul palco del festival di Monterey accanto al trombettista Dizzy Gillespie, mentre nel 1966 è uno degli strumentisti che accompagnano in Giappone Stan Getz. Strumentista versatile non si accontenta della popolarità come vibrafonista negli ambienti jazz, ma continua anche a lavorare come percussionista, soprattutto in ambito accademico, partecipando anche a diversi concerti e sedute di incisione della Los Angeles Philarmonic diretta da Zubin Mehta. oltre a vari concerti con Pierre Boulez e con Michael Tilson Thomas. Muore l'8 marzo 2005.
03 novembre, 2023
3 novembre 1967 – Il primo singolo dei Fleetwood Mac
Il 3 novembre 1967 viene pubblicato un singolo dal titolo I believe my time ain't long. È firmato dai Peter Green's Fleetwood Mac, una band appena nata e praticamente sconosciuta ai più. Come molti altri gruppi del periodo nasce da una delle tante scissioni di quei Bluesbreakers di John Mayall divenuti con il tempo una palestra di strumentisti destinati a restare nella storia del rock. La compongono i chitarristi Peter Green e Jeremy Spencer, il batterista Mick Fleetwood e il bassista John McVie. Il disco segna l'inizio della storia di una delle band più longeve e turbolente del rock blues britannico. Ben presto il gruppo perde un pezzo del suo nome che diventa, più semplicemente, Fleetwood Mac. Nel 1968, dopo l'arrivo del chitarrista Danny Kirwan, i cinque ragazzi sono la prima band della storia a schierare tre chitarre soliste in formazione. Non è soltanto una curiosità, ma un cambiamento sostanziale. L'ingresso del diciannovenne Kirwan, infatti, determina un poderoso salto commerciale del gruppo. Alla fine dell'anno i Fleetwood Mac centrano con Albatross il loro primo grande successo di vendita che verrà ripubblicato più volte nel corso degli anni successivi. All'inizio degli anni Settanta la band sopravviverà anche all'abbandono di uno dei suoi "soci fondatori", Peter Green, che verrà sostituito da Christine Perfect, ex cantante dei Chicken Shack e futura moglie di John McVie. La forte personalità della ragazza caratterizzerà negli anni successivi la storia dei Fleetwood Mac. Dopo l'uscita di Green, infatti, il gruppo entrerà in una fase di generale riorganizzazione che culminerà nell'addio di un altro "socio fondatore", il chitarrista Jeremy Spencer, colto da una crisi mistica. La sua uscita, paradossalmente, sarà l'inizio di un nuovo salto di qualità nella band. Il vuoto riempito in un primo tempo da Bob Welch successivamente creerà le condizioni per l'ingresso in formazione di una giovane coppia non di primo pelo come Stevie Nicks e Lindsey Buckingham. Con loro i Fleetwood Mac perderanno parte delle caratteristiche più decisamente blues a favore di un'impostazione sempre più commerciale ed entreranno in una fase costellata da un lunga striscia di successi straordinari. I brani interpretati dalle voci di Christine Perfect McVie, Stevie Nicks e Lindsey Buckingham trasformeranno i Fleetwood Mac in una delle bands più vendute del mondo.
02 novembre, 2023
2 novembre 1975 – Pier Paolo Pasolini, l’eretico fustigatore del boom economico
Il 2 novembre 1975 su una spiaggia di Ostia viene ritrovato il corpo sfigurato di Pier Paolo Pasolini. Poche ore dopo il ritrovamento viene annunciato l’arresto del suo assassino. È il diciassettenne Giuseppe Pelosi, detto “Pino la rana” che confessa di averlo ucciso dopo un litigio e di averlo poi investito casualmente con l’automobile mentre fuggiva in preda al panico. Muore così uno dei protagonisti assoluti della cultura del Novecento italiano. Scrittore, poeta, critico, sceneggiatore e regista cinematografico, Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922, l’anno in cui Mussolini va al potere. Il padre Carlo Alberto Pasolini è ufficiale di fanteria, mentre la madre, Susanna Colussi, è una maestra elementare. Il piccolo Pier Paolo trascorre l’infanzia e la prima giovinezza girovagando al seguito del padre, ufficiale di carriera. Se ne va prima a Parma, quindi a Belluno, Conegliano, Cremona e Reggio Emilia, anche se il luogo che ama di più è Casarsa, la cittadina friulana dove è nata sua madre, che lui descriverà come un «… vecchio borgo… grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana». Il rapporto con il padre non è facile e il giovane sviluppa un attaccamento fortissimo nei confronti della madre. Terminato il liceo, nel 1939 s’iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, e nel 1942 pubblica a proprie spese, Poesie a Casarsa, una raccolta di composizioni poetiche in dialetto friulano. In quell’anno il padre cade prigioniero degli inglesi in Africa. Chiamato alle armi il giovane figlio dell’ufficiale Pasolini non ci resta per molto. L’8 settembre 1943 butta la divisa e torna a Casarsa dalla madre. Gli ultimi anni della guerra e i primi dopo la liberazione sono tragici e segnati dalla morte del fratello minore partigiano. Alla fine degli anni Quaranta, dopo un periodo d’insegnamento nella scuola media di Valvasone, viene sospeso dall’incarico perché omosessuale e nei suoi confronti viene avviato anche un vero processo. Per tentare di ricominciare se ne va con la madre a Roma dove riesce a sbarcare il lunario insegnando in una scuola privata a Ciampino per ventisettemila lire al mese. Nella capitale vedono la luce “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta” due fra i romanzi più importanti di Pier Paolo Pasolini. Vede la luce anche “Le ceneri di Gramsci”, un’opera poetica che gli vale il Premio Viareggio del 1957. La letteratura però non è sufficiente a mantenerlo. Per arrotondare le scarse entrate inizia a lavorare anche come sceneggiatore cinematografico. Tra il 1957 e il 1961 sono undici le sceneggiature firmate da Pasolini che considera cinema e scrittura due forme espressive strettamente complementari e non alternative. I suoi romanzi e le sue poesie, infatti, sono ricche, infatti, di elementi per cosi dire “cinematografici”, mentre le sceneggiature dei suoi film hanno spesso una autonoma e solida validità letteraria. La sua avventura cinematografica nasce un po’ per incoscienza e un po’ per caso. Pur non essendo in possesso di una particolare preparazione tecnica, ma sorretto dall’ispirazione interiore, fa il suo esordio come regista nel 1961 con il film “Accattone”, con il quale porta sul grande schermo il suo interesse e la sua simpatia per le fasce più marginali del sottoproletariato romano. Nel lavoro di quel periodo è evidente la solidarietà con il mondo che il boom della società italiana sta lasciando al margine. I suoi personaggi sono diseredati, dimenticati da ogni chiesa e partito, dei quali lui cui ammira gli istintivi valori culturali che sopravvivono alla miseria materiale e morale, ma che nella sua visione pessimista sono però destinati a soccombere di fronte ai miti del “benessere” e della normalità piccolo-borghese. Negli anni successivi la sua narrazione cinematografica si arricchisce di un afflato religioso d’impianto squisitamente laico disegnando una sorta di cattolicesimo “eretico” che trova il suo momento culminante nel 1964 con “Il Vangelo secondo Matteo”. Negli anni della contestazione, la sua posizione dissente sia dai palazzi del potere che dai nuovi oppositori, ai quali attribuisce il tentativo di omologare l’intero tessuto sociale dell’Italia al modello piccolo-borghese spazzando via i valori dell’Italia precapitalistica e contadina. Accusa i contestatori del Sessantotto di essere i portatori di un nuovo potere e, negli anni successivi, pur continuando a militare nel Partito Comunista (che lo aveva sospeso nel 1949 per la sua omosessualità) critica aspramente il “conformismo di sinistra”. Le modalità del suo assassinio così come sono state diffuse non convincono. Non tutti credono alla versione raccontata dal ragazzo e molti amici dell’intellettuale scomparso sosterranno negli anni successivi la tesi di un vero proprio agguato premeditato ed eseguito da un gruppo numeroso. Sergio Citti, regista attore e amico di Pasolini dichiara pubblicamente che «...Quella notte Pelosi era insieme ad altre quattro persone e quelle persone erano lì per uccidere Pier Paolo... Pier Paolo era scomodo. Scriveva cose scomode, anche sul Corriere . No, non fu un incidente, una lite: Pier Paolo fu giustiziato. Qualcuno aveva deciso che Pasolini dovesse morire...». Già due settimane dopo il ritrovamento del suo corpo la giornalista Oriana Fallaci in un lungo articolo su “L’Europeo” ipotizza per la prima volta che il poeta, scrittore e regista sia stato ucciso in un agguato premeditato cui avrebbero partecipato più persone. L’ipotesi viene ripresa più volte nel corso degli anni e argomentata anche da inchieste giornalistiche accurate e ben documentate. Nessuna delle ricostruzioni riesce però a far riaprire le indagini finché nel 2005 è lo stesso Pino Pelosi annunciare in un seguitissimo programma televisivo: «Non sono io l’assassino di Pasolini ma tre uomini sui 45 anni, dal forte accento siciliano, scesi da una 1500 Fiat targata Catania, che lo assalirono gridandogli “Fetuso, arruso, sporco comunista” e minacciando di uccidere i miei genitori se non avessi taciuto su ciò che avevo visto quella notte».
01 novembre, 2023
1° novembre 1926 – Lou, il figlio del predicatore
Il 1° novembre 1926 a Badin, nel North Carolina nasce il sassofonista Lou Donaldson. Figlio di un predicatore che di mestiere fa l’insegnante di musica, apprende le prime nozioni musicali in famiglia e a quindici anni, inizia a studiare clarinetto. È durante il servizio militare prestato in marina che prende la decisione di lasciare il suo strumento di legno per il metallo del sax contralto. Congedato, nel 1950 frequenta il Darrow Institute dove incontra Charlie Parker, Sonny Stitt e altri boppers. Dopo varie esperienze si trasferisce a New York dove incidere per la Blue Note prima in una formazione guidata da Horace Silver e poi anche sotto suo nome. Dopo un breve passaggio al al rhythm and blues torna al jazz dando vita a una propria band con la quale suona in alcuni tra i più importanti club di New York, dal Five Spot all’Half Note, al Play House e tanti altri. Nell’autunno del 1965 arriva in Europa per una breve permanenza al Golden Circle di Stoccolma. Dopo aver inciso per quattro anni per la Cadet, ritorna alla Blue Note. Considerato dalla critica come un allievo di Charlie Parker, in realtà Donaldson ha due facce. La prima decisamente e rigorosamente jazz hard bopper e la seconda nata nel rhythm and blues ed evoluta nel funky.
31 ottobre, 2023
31 ottobre 2003 – Frankie Hi-Nrg Mc, l'autarchico
Ci sono anche Franca Valeri, Arnoldo Foà, Antonio Rezza, Paola Cortellesi e Pacifico in Ero un autarchico, l’album che vede la luce il 31 ottobre 2003. L’artefice è Frankie Hi-Nrg Mc, uno dei personaggi più significativi dell'hip-hop italiano dei primi anni Novanta, capace di essere, insieme, innovativo e campione di vendite. Arriva nei negozi sei anni dopo il suo ultimo lavoro in studio La morte dei miracoli, un periodo lunghissimo per un ambiente che è abituato a capitalizzare in fretta le azioni consolidate. Frankie, al secolo Francesco Di Gesù, nonostante i successi la prende con calma ma non sta fermo. La sua creatività si sperimenta anche in altre direzioni. Prova a realizzare alcuni video-clip per sé, poi ci prende gusto e lavora ai filmati musicali di altri come Nocca, Flaminio Maphia, Tiromancino e Pacifico. Sul piano strettamente musicale spiccano le collaborazioni con Alice, Puff Daddy, Nas, Alter Ego, Shel Shapiro, Banda Osiris e, soprattutto la partecipazione all'album The world according to RZA, uscito quest'anno dalla factory dei Wu-Tang Clan, che sembra avergli ridato la voglia di lavorare a un progetto musicale nuovo e più ampio. L'album che esce il 31 ottobre Ero un autarchico, un voluto omaggio a Nanni Moretti, segna una svolta decisa rispetto al passato almeno sul piano musicale. Le atmosfere sono meno cupe e la sua voce non ha i connotati della disperazione presenti soprattutto nel disco precedente, anche se le parole restano di pietra, ben tagliata e dura come il diamante. In Generazione di mostri spiega che «Rivoluzione resta un vocabolo impronunciabile/se l'unico scontro possibile/è tra parti di popolo/che vivono gomito a gomito/e non si accorgono di essere identiche…» e in Rap lamento usa l'accetta contro un'opposizione che rischia di assomigliare troppo alla "squadraccia" di governo del centro-destra. Strepitoso è Morsi e rimorsi, un taglia e incolla dell'intervento di Arnoldo Foà per il "no" all'abrogazione del divorzio nel 1974, smontato e ricomposto in una dichiarazione attualissima. La critica è radicale, ma a dispetto delle apparenze, non prevale mai la tentazione qualunquista: «Io sono geneticamente di sinistra, ma non posso ignorare le deficienze di questa sinistra prigioniera di piccole beghe di condominio. Ci sono milioni di salotti che assomigliano a tante piazzette Venezia e la sinistra si muove in punta di forchetta quando tutti ci si dovrebbe tirare su le maniche». Questa è l'aria che tira nel disco e che, a partire dal 13 novembre 2003 a Verona dà anche sostanza al nuovo tour di Frankie Hi-Nrg Mc accompagnato da una band che schiera Francesco Bruni alla chitarra, Lino De Rosa al basso, Ninja alla batteria e Skizo al piatto dei vinili.
30 ottobre, 2023
30 ottobre 1970 - Gli Hotlegs, quelli di Neanderthal
Il 30 ottobre 1970 i Moody Blues aprono con un concerto alla Festival Hall di Londra il loro nuovo tour. Il buon momento del gruppo basterebbe da solo a garantire un discreto afflusso di pubblico, ma sia per gli spettatori che per la stampa c'è un motivo d'interesse in più. I manifesti infatti annunciano tra i gruppi di supporto gli Hotlegs, protagonisti di uno straordinario successo internazionale con il brano-tormentone Neanderthal man. Successo a parte, nessuno ha mai pensato che esistessero davvero, e neppure la loro casa discografica ha mai smentito le voci che parlavano di un gruppo fantasma. La notizia dell'esibizione dal vivo, per di più in tour, suscita, quindi, una giustificabile curiosità. La formazione che si presenta sul palco comprende il batterista Eric Stewart, già dei Mindbenders, il chitarrista Kevin Godley e il bassista Lol Creme. Il trio è lo stesso che negli Strawberry Studios ha registrato per la Fontana Neanderthal man ma quello che gli spettatori non sanno è che il brano è stato davvero registrato per caso e che nessuno di loro aveva l'intenzione di dare vita a un gruppo. Il successo ha spinto la loro casa discografica a dare continuità all'esperimento. Che si tratti di un lavoro "in progress" lo dimostra anche il fatto che la formazione a tre diventerà un quartetto a metà del tour con l'ingresso in formazione del bassista Graham Gouldman e il conseguente passaggio fisso di Creme alla chitarra. La band nata per caso pubblicherà anche un album dal titolo Think school stinks. Al termine del tour gli Hotlegs si scioglieranno e il loro affiatamento sarà la base del successivo grande successo dei 10CC. Nonostante tutto la sigla servirà per firmare nel 1971 una sorta di album postumo dal titolo Songs. Sarà poi riesumata nel 1976, a cinque anni dalla scomparsa ufficiale del gruppo, come firma dell'album You didn't like it, registrato da Stewart, Godley, Creme e Gouldman, più il tastierista Mike Timoney e il violinista Baz Barker.
29 ottobre, 2023
29 ottobre 1970 – La fine tragica di Duane Allman
Il 29 ottobre 1970 Duane Allman, leader con il fratello Gregg della Allman Brothers Band, viene investito da un camion mentre sta rincasando in moto dopo la festa di compleanno di Linda, la moglie di Berry Oakley, il bassista della sua band. Scagliato sull’asfalto dopo un volo di una cinquantina di metri Duane, ventiquattrenne, muore dopo tre ore di agonia nella sala rianimazione del Macon Medical Center. La sua fine lo consacra alla leggenda e alle speculazioni discografiche. Il gruppo decide di continuare ugualmente sotto la guida del fratello Gregg. La morte di Duane non attenua il successo della band ma ne impoverisce la classe. Nonostante lo straordinario successo di vendite, un album milionario come Brothers And Sisters sembra vivacchiare su canzoncine sofisticate ma deboline che amalgamano bene senza troppa fantasia limitandosi a un country blues più scolastico che convinto. L’assenza del virtuosismo di Duane favorirà una sorta di contrapposizione tra il bluesistico Dicky Betts e Gregg Allman, più disposto a cedere al lato commerciale e alle suggestioni in chiave country che porterà la formazione storica a sciogliersi per un po' e a rinascere poi sull'onda di nuove suggestioni.
28 ottobre, 2023
28 ottobre 1961 – Brian Epstein e il disco quasi introvabile
Il 28 ottobre 1961 la città di Liverpool si è svegliata sotto un cielo plumbeo e gonfio che minaccia pioggia. Brian Epstein è solo nel suo negozio di dischi quando il suono del campanello posto sopra la porta d’entrata rompe il silenzio ovattato e annuncia una visita. Si affaccia dal retrobottega e vede una faccia conosciuta. È quella di Raymond Jones, un ragazzo del quartiere che spesso si intrufola nel negozio per scambiare quattro chiacchiere o ascoltare le ultime novità discografiche. Sono rare le volte in cui la sua visita si conclude con un acquisto. Dal piglio con cui è entrato sembra, però, che questa volta abbia in mente un disco preciso. «Scusa Brian, non hai per caso My Bonnie? È stato inciso da un gruppo di ragazzi di qua, di Liverpool, che suonano spesso al Cavern. Si chiamano Beatles, li conosci?» Epstein è perplesso. Non ha mai sentito parlare di quella band di quel nome, o, meglio, non ne ha mai sentito parlare prima di quel giorno, perché Raymond è solo il primo di una lunga lista di clienti che chiedono il disco. Cerca nei cataloghi e poi conferma: «Ti metto in nota, ma non so se riesco a procurarmelo. È stato inciso in Germania e non è di questi… Beatles. È di Tony Sheridan. I Beatles sono soltanto il gruppo d’accompagnamento». Il giovane Jones vuole comunque il disco. Quando se ne va a Epstein resta la curiosità di saperne di più sul fantomatico gruppo di Liverpool. Gli annunci di un quotidiano gli confermano che si esibiscono al Cavern, una sorta di cantina dove si ritrovano i giovani dei quartieri popolari della città. Una sera ci va. Tra il fumo e la fioca illuminazione del locale resta impressionato dalla scarna immediatezza e dalla capacità comunicativa dei quattro ragazzi: John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Pete Best. Più per gioco che per effettiva convinzione si presenta e chiede di diventare il loro manager. «Io mi accontento del 25% di percentuale su tutte le vostre entrate. Ci state?» I ragazzi, che non hanno niente da perdere e soprattutto non hanno mai avuto un manager, accettano convinti che un negoziante di dischi abbia più possibilità di loro di parlare con una casa discografica. Inizia così una delle più straordinarie avventure del rock internazionale: quella di un quartetto di giovani scanzonati capace di influenzare la musica di tutto il mondo.
27 ottobre, 2023
29 ottobre 1979 – Ad Hatfield non si scappa più!
Il 29 ottobre 1979 vengono rilasciati i giovani arrestati un paio di giorni prima ad Hatfield, una cittadina a pochi chilometri da Londra. Accolti da un centinaio di ragazzi e ragazze con gli occhi lucidi vengono portati in trionfo. I fatti che hanno portato al loro arresto risalgono al 27 ottobre, quando ad Hatfield viene programmato un concerto ska delle bands della casa discografica autogestita 2-Tone. L’etichetta è l’emblema della sinistra giovanile britannica e bersaglio preferito delle frange violente dell’estrema destra organizzate sotto varie sigle, la più consistente delle quali è il National Front. Il raduno del 27 ottobre è classificato “ad altissimo rischio” dalle forze dell’ordine oltre che per la presenza in cartellone di tre bands esplosive come Specials, Madness e Selecter, per le esplicite minacce del National Front che accusa il concerto essere “un raduno di drogati, froci, negri, meticci e bianchi imbastarditi”. Quando salgono sul palco i Selecter stanno ancora arrivando alla spicciolata gruppi di ragazzi e ragazze “filtrati” da un imponente schieramento di polizia. Ben presto l’atmosfera si riscalda e la musica spazza via la tensione. Tocca ai Madness e sul palco arrivano i primi sassi. Organizzati in piccoli gruppi coordinati tra loro, gli estremisti di destra hanno saltato il cordone della polizia e aggrediscono con violenza selvaggia i giovani spettatori. Nell’aria volano bottiglie mentre la folla si accalca sotto il palco alla ricerca di una via di fuga. Mike Barson, il leader dei Madness, tenta di calmare gli animi quando un ragazzo gli ruba il microfono e urla con quanto fiato ha in corpo: «Io non ne posso più di questi bastardi. È ora di capire che non si può andare avanti così. Chi scappa è un coniglio e verrà sempre trattato da coniglio…». Le parole hanno l’effetto di una scossa elettrica. Anche i componenti dei gruppi si buttano nella mischia. La reazione sorprende gli estremisti di destra che iniziano ad arretrare verso il cordone della polizia, immobile e inattivo. Gli scontri, violentissimi, durano meno di un’ora e si concludono con la fuga dei neofascisti. La polizia, accusata dai giovani di essere complice degli aggressori, dà una dimostrazione della sua efficienza operando un centinaio di fermi, dieci dei quali tramutati, qualche ora dopo, in arresto. Il 29 ottobre con il trionfale rilascio dei ragazzi arrestati si chiude l’episodio.
26 ottobre, 2023
26 ottobre 1931 - Little Junior Williams e Detroit Junior, due nomi un solo blues
Il 26 ottobre 1931 nasce ad Haynesville, in Arkansas, Emery H. Williams jr., destinato a diventare un bluesman famoso con due nomi d'arte in due epoche diverse della sua carriera: Little Junior Williams e Detroit Junior. Gli inizi della sua carriera si perdono nella notte dei tempi. Sballottato qua e là dalla sua famiglia che si sposta continuamente vive l'infanzia in una sorta di triangolo tra le città di Forrest City, Memphis e Pulaski (un piccolo centro dell'Illinois). In questo suo vagabondaggio apprende le prime nozioni musicali, non complete dal punto di vista formativo, ma sufficienti a dargli la possibilità di cantare accompagnandosi in modo accettabile con pianoforte e chitarra. Nel 1948 si stabilisce a Flint nel Michigan, dove comincia ad esibirsi soprattutto nelle feste private. Ha diciassette anni e si presenta con il suo vero nome. La svolta sul piano professionale avviene nei primi anni Cinquanta, quando ottiene un contratto fisso dal Mellowland Club di Pontiac e incide i primi dischi con la Great Lakes. La sua giovane età gli regala il primo nome d'arte. In questo periodo, infatti, diventa Little Junior Williams. Nel 1953 forma i Blues Champs, una band destinata ad avere vita breve. Dopo lo scioglimento del gruppo riprende a vagabondare offrendo i propri servigi come solista e suonando occasionalmente con l'orchestra del Circle Club di Flint. Nel 1956 va a Chicago a cercare fortuna. La trova nella band del chitarrista Eddie Taylor e, dal 1959, con i Royal Aces di Little Mack. In quel periodo l'etichetta Bea & Baby gli propone un nuovo contratto discografico. «Sei già sotto contratto con altri?». Il buon Emery non si ricorda i termini del contratto con la Great Lakes, ma dice di no. Per evitare guai decide di cambiare nome d'arte. Nasce così Detroit Junior. Nel 1967 verrà ingaggiato dal grande Howlin' Wolf con cui resterà fino alla metà degli anni Settanta, partecipando tra l'altro al festival blues di Ann Arbor del 1972.
25 ottobre, 2023
25 ottobre 2004 - Quando Papa Wemba venne accusato di favorire l’immigrazione clandestina
Il 25 ottobre 2004 a Bobigny, Parigi, inizia il processo intentato contro Papa Wemba, una delle star della world music mondiale, nato in Congo, cittadino belga e residente in Francia, accusato di vari reati collegati all’immigrazione illegale. Il musicista rischia una pena pesante, fino a dieci anni di carcere, per aver fatto entrare in Francia centinaia di cittadini congolesi con un’ingegnosa truffa ai danni delle leggi sull’immigrazione. Secondo l’accusa, infatti, Papa Wemba chiedeva visti per loro dichiarando che erano componenti del suo nutrito gruppo Vive La Musique. Sempre stando alla ricostruzione dell’accusa i cittadini congolesi, una volta ottenuto il visto per la Francia, non avrebbero fatto più ritorno in Congo. Con Papa Wemba, il cui vero nome è Jules Shungu Wembadio Pene Kikumba, saranno giudicate altre sette persone. Il musicista, che ha cinquantacinque anni, al momento del processo ha già trascorso in prigione quasi quattro mesi da quando ha preso avvio l’inchiesta. Il processo si concluderà con una condanna che non intaccherà la sua carriera,
24 ottobre, 2023
24 ottobre 1925 – Willie Mabon, una vita tra blues e camion
Il 24 ottobre 1925 nasce a Hollywood, nel Tennessee, il bluesman Willie Mabon. Come accade a molti altri protagonisti della storia del soul e del blues, la sua prima scuola di musica è il coro della chiesa del quartiere dove vive. Nel 1940, a quindici anni, convinto che il canto possa essere la sua definitiva scelta di vita, inizia a studiare pianoforte e armonica, ma l'anno dopo è costretto a cambiare progetti. La morte improvvisa della madre lo costringe a stabilirsi a Chicago dove alterna lavori saltuari a sporadiche esibizioni nei locali della città. La fine della seconda guerra mondiale lo sorprende al volante di un poderoso autocarro di proprietà di un'impresa di trasporti. Appena può, però, abbandona la vita vagabonda e senza orari per fare l'operaio in una fabbrica d'ascensori. Il lavoro è più duro ma gli lascia maggior tempo per la musica. I suoi amici di quel periodo si chiamano Memphis Slim e Sunnyland Slim, personaggi destinati a scrivere pagine importanti nella storia del blues. Nel mese di dicembre del 1946 forma con Lazy Bill Lucas ed Earl Dranes un trio che debutta al Tuxedo Lounge. L'esperienza di gruppo gli piace. Nel 1948 dà vita ai Blues Rockers e qualche tempo dopo forma addirittura una sorta di big blues band. Sono anni fortunati che lo vedono protagonista di innumerevoli successi discografici tra cui spicca, nel 1952, il singolo I don’t know e, nel 1953, I’m mad. In quel periodo vagabonda per le varie città degli Stati Uniti accompagnato da una band di sette elementi. Negli anni Sessanta, mentre sull'onda dell'esplosione del beat tutto il mondo scopre e impara ad amare il blues, lui comincia ad avere una crisi di rigetto nei confronti del music business. L'invadenza delle case discografiche e del sistema in generale finiscono per fargli rimpiangere gli anni della gioventù, duri ma caratterizzati da maggior libertà. Quando nessuno se l'aspetta abbandona tutto e torna a guidare camion. Accade alla fine del 1967, dopo una lunga serie di concerti nei club di Chicago. Per evitare problemi con la sua casa discografica entra in sala di registrazione e incide a tappe forzate i brani previsti dal contratto. Poi si cerca un posto da camionista e lascia tutto. La scelta non sarà definitiva. Dopo quattro anni sulle strade tornerà a esibirsi alla fine del 1972. L'anno dopo, invitato in tournée in Europa, scoprirà Parigi e non si muoverà più. Stabilirà la sua residenza nella capitale francese e troverà gli stimoli giusti per continuare.
23 ottobre, 2023
23 ottobre 1940 – Edson Arantes Do Nascimento, in arte Pelè
Il 23 ottobre 1940 a Tres Corações in Brasile nasce un bambino che viene registrato all’anagrafe con il nome di Edson Arantes Do Nascimento e che tutto il mondo conoscerà con il nome di Pelé. Lui stesso racconta di chiamarsi Edson in onore di Thomas Alva Edison e di non aver mai apprezzato particolarmente il nomignolo di Pelé. Nonostante le sue personali preferenze resta nella storia dello sport e del costume proprio con questo appellativo di due sole sillabe regalatogli da un compagno di scuola e di giochi quando era ancora un ragazzino e rimastogli appiccicato per tutta la vita. Talento naturale viene scoperto all'età di 11 anni dall'ex giocatore della nazionale brasiliana Waldemar de Brito che lo segue e si incarica di trovargli una collocazione. Quando entra a far parte della prestigiosa formazione del Santos ha soltanto quindici anni e non ne ha ancora compiuti sedici quando, nel mese di settembre del 1956, debutta contro il Corinthians segnando un gol. Due anni dopo i mondiali di Svezia lo consacrano tra gli dei del calcio mondiale. La fortuna non l’assiste quattro anni dopo, ai Mondiali del Cile del 1962. Attesissimo e in gran forma si fa male nel primo incontro e chiude lì la sua avventura. I suoi compagni vincono di nuovo il titolo ma lui deve accontentarsi di entrare nell’albo d’oro della manifestazione senza mai alzarsi dalla panchina. Il destino sembra prendersi gioco di lui anche nei mondiali del 1966 quando, colpito a uno stinco nel corso della terza partita contro il Portogallo deve uscire dal campo in barella e assistere al resto degli incontri dalla panchina. Questa volta, però, il tormento dura poco perché il Brasile viene rapidamente eliminato. Per rivedere il suo genio calcistico all’opera nella più grande e importante competizione internazionale di calcio si dovrà attendere Messico 1970 quando ormai trentenne, assistito dalla giovanile esuberanza di Jairzinho, Tostao, Rivelino e Carlos Alberto darà al mondo una serie di prove delle sue straordinarie qualità In quello che passerà alla storia come il primo Mondiale di calcio trasmesso a colori (anche se in Italia lo si vedrà ancora in bianco e nero) Pelé regala almeno tre perle rimaste negli annuari del calcio spettacolo. La prima è il tentativo di colpire la Cecoslovacchi con un pallonetto da metà campo, la seconda il colpo di testa contro l’Inghilterra impossibile per posizione e per dinamica cui risponde con una parata-capolavoro il portiere inglese Gordon Banks. Terza, ma soltanto in ordine di tempo, è la finta con la quale lascia scorrere il pallone oltre il portiere dell'Uruguay uscito fuori area, per poi recuperarlo e tirare verso la porta mancandola di un soffio. Nella finale contro l’Italia realizza il centesimo gol del Brasile in un Mondiale con un colpo di testa dopo essere stato sospeso in aria per un’eternità. Tarcisio Burgnich, il difensore italiano che ha l’ingrato compito di marcarlo, non si dimenticherà più quella giornata: «Prima della partita mi ripetevo che era un uomo di carne e ossa come me e come tutti gli altri, ma sbagliavo». Il Brasile vince il titolo e Pelé entra definitivamente nella leggenda. Il giorno dopo la finale sulla prima pagina del Sunday Times c’è scritto: «Come si scrive Pelé? D-I-O». Nel 1974 Pelé annuncia il suo abbandono del campo da gioco, ma non è vero. Un anno dopo accetta di andare a giocare nei Cosmos di New York «per portare il gioco più diffuso al mondo al pubblico nordamericano». L’esperienza si rivela molto remunerativa ma non ottiene i risultati sperati sul piano sportivo per cui appende definitivamente le scarpe al chiodo nel 1977 dopo aver realizzato 1.281 gol, un record insuperato che fa di lui il più grande cannoniere della storia del calcio. Muore il 29 dicembre 2022.
22 ottobre, 2023
22 ottobre 1958 - La prima volta di "Canzonissima"
Il 22 ottobre 1958 va in onda la prima puntata di “Canzonissima”, una sfida musicale collegata alla Lotteria di Capodanno, che qualche anno più tardi cambierà nome in Lotteria Italia. Il ruolo di presentatore-conduttore è affidato a Renato Tagliani, mentre l’ospite fisso è Ugo Tognazzi, che verrà sostituito successivamente da Walter Chiari. La prima edizione si concluderà il 4 gennaio con la vittoria di Nilla Pizzi, che canta L’edera, davanti a Claudio Villa con Arrivederci Roma. Verranno venduti 2.246.763 biglietti della lotteria e il possessore del biglietto accoppiato alla canzone vincitrice riceverà un premio di 100 milioni.
21 ottobre, 2023
21 ottobre 1996 - I cantautori non sono il diavolo!
Il 21 ottobre 1996 il programma televisivo “Roxy Bar” condotto da Red Ronnie ha un ospite d’eccezione e inusuale. Si tratta del cardinale Ersilio Tonini. Il prelato dovrebbe confrontarsi con il cantautore Francesco De Gregori dopo le polemiche scatenate dal L’Osservatore Romano, il giornale del Vaticano, nei confronti dei cantautori italiani per l’utilizzazione di Dio nei loro testi. Il confronto, annunciato dalla stampa come una sorta di resa dei conti tra la musica dei giovani e la Chiesa, attira l’attenzione di milioni di spettatori. Contrariamente alle previsioni non c’è battaglia, ma un gesto ufficiale di conciliazione da parte dell’autorevole esponente della Chiesa Cattolica. Al termine del faccia a faccia con Francesco De Gregori, infatti, il cardinale Ersilio Tonini, si alza e abbraccia il cantautore esclamando «Posso ringraziare Dio di avere fatto uno come te».
20 ottobre, 2023
20 ottobre 1920 – Dino D'Alba il cantante perseguitato dal fascismo
Il 20 ottobre 1920 a Olgiate Olona, in provincia di Varese, nasce Edoardo Segatto, destinato a diventare un cantante di successo con il nome di Dino D’Alba. È figlio d'arte. Suo padre infatti è il tenore Dante Segatto, già primo violino del Teatro alla Scala, e la madre, la soprano Maria Tosi, deve interrompere la rappresentazione della "Tosca" per darlo alla luce. I suoi genitori, insofferenti alle regole dei grandi teatri, lavorano in proprio spostandosi di paese in paese con il loro spettacolo ambulante. La loro ambizione è quella di possedere un teatro, anche piccolo. Proprio sulle assi malferme di un teatrino di paese il futuro Dino D'alba debutta a sette anni cantando Spazzacamino e a quindici anni è già un veterano del teatro di rivista. La sua però non è una vita facile. L'impegno antifascista della sua famiglia deve fare in conti con la sempre più opprimente repressione del regime. Il piccolo cinema di cui sono proprietari viene dato alle fiamme, i suoi due fratelli finiscono confinati a Lipari. Va ancora peggio a sua sorella che viene uccisa. Pur tra mille difficoltà nel 1940 nascosto dietro il nome d'arte di Dino D'Alba e con la complice solidarietà del maestro Glauco Masetti, riesce a superare un concorso per voci nuove a Radio Trieste. Lo scoppio della guerra vanifica, però, il suo tentativo di risolvere così il problema della sopravvivenza. Dopo la Liberazione non riesce a riconciliarsi con quell'Italia che gli ha distrutto gli affetti, che ha perseguitato la sua famiglia e gli ha reso la vita impossibile. Se ne va a cantare in giro per il mondo e diventa molto popolare nelle comunità degli emigrati italiani in Canada, in Sudamerica e negli Stati Uniti. Torna quasi vent'anni dopo nel 1964. Ricomincia da capo. Nel 1967 ritrova la sua vecchia amica Silvana Fioresi, con la quale compie varie tournée in Europa e nel 1971 registra Senza tempo, una preziosa antologia della canzone italiana in cinque album. Inquieto e perennemente alla ricerca di nuove esperienze decide di andarsene all'Est. Dopo un lungo giro che tocca quasi tutti i paesi dell'Europa Orientale si ferma in Jugoslavia dove può contare anche sull’amicizia personale del maresciallo Tito. Per dieci anni partecipa a moltissime trasmissioni radiofoniche e televisive. Negli anni Ottanta chiude con la canzone e si ritira a vita privata. Nel suo vastissimo repertorio, composto da oltre quattrocento canzoni, spicca la famosa Tu musica divina scritta proprio per lui da Giovanni D'Anzi.
19 ottobre, 2023
19 ottobre 1967 – Per Henderson il trombone da hobby diventa mestiere
Il 19 ottobre 1967 muore New York il cinquantottenne trombonista Henderson Charles Chambers. Nato ad Alexandria, in Georgia, nel 1908 inizia a coltivare la passione per uno strumento inusuale come il trombone negli anni Venti, quando è ancora studente e suona con la banda del Morehouse College di Atlanta. Con il passare del tempo quello che sembrava un hobby diventa sempre più coinvolgente fino a quando, nel 1931, si trasforma definitivamente in un lavoro. Il primo direttore d'orchestra che gli offre un ingaggio professionale è Neil Montgomery. Per tutti gli anni Trenta la sua popolarità non va oltre i confini della Georgia dove suona con quasi tutte le orchestre impegnate nei locali jazz dello stato in cui è nato. Sono le cosiddette "territory bands", le orchestre territoriali che traggono vita e sostanza dal luogo dove sono nate e qui esauriscono il loro ciclo. La limitazione spaziale non ne diminuisce il valore, anzi. Alcune sono destinate a entrare nella storia del jazz e molte di queste schierano in vari periodi il trombone di Chambers. È il caso delle band di Doc Banks, Jack Jackson, Speed Weeb e Zack Whyte, solo per citare quelle più conosciute. Verso la fine degli anni Trenta Chambers è con l’orchestra del sassofonista Al Sears che lascia successivamente per passare a quella di Tiny Bradshaw. All’inizio degli anni Quaranta lascia la sua Georgia e se ne va a New York per suonare al Savoy Ballroom con Chris Columbus. Qui ha modo di farsi notare dalla critica e dal pubblico, suscitando consensi e stupore per il suo stile ricco di abbellimenti e sostenuto da una tecnica sopraffina. L’anno successivo viene ingaggiato da Louis Armstrong, con la cui orchestra entra per la prima volta in sala di registrazione nel 1941. Nel 1943 suona insieme a Don Redman e poi al clarinettista Edmond Hall, con il quale lavora per diversi anni. Proprio con l'orchestra di Hall accompagna il suo vecchio amico Louis Armstrong nel concerto alla Carnegie Hall dell’8 febbraio 1947, considerato uno dei migliori tra i tanti registrati dal trombettista nel corso degli anni Quaranta. Negli anni Cinquanta suona con Lucky Millinder, Count Basie, Buck Clayton, Cab Calloway, Duke Ellington e Mercer Ellington. Considerato ormai uno dei migliori trombonisti di scuola swing, rinuncia alla tentazione di dar vita a una propria orchestra e nel decennio successivo darà il suo contributo strumentale alla costruzione del mito di Ray Charles.
18 ottobre, 2023
18 ottobre 1973 - Addio Virgilio Crocco
«È morto Virgilio». Il 18 ottobre 1973 a La Crosse, nel Wisconsin, mentre sta attraversando la strada per rientrare in albergo insieme al suo amico Eugenio Malgieri, Virgilio Crocco viene travolto da un’auto e muore. Per Mina è un colpo terribile. Un altro pezzo della sua vita se ne va per sempre. Nonostante il fallimento del matrimonio era rimasta in ottimi rapporti con un uomo che stimava profondamente e dal quale aveva tratto la forza di rinnovarsi, di capire meglio quale strada prendere, come comportarsi e, soprattutto, come difendersi dall'aggressività dei “media”. La lenta consunzione della loro storia d’amore non aveva intaccato l’amicizia e la confidenza che, anzi, sembravano uscire rafforzati dalla fine di un ingombrante e ambiguo legame come quello matrimoniale. Il dolore è fortissimo e contribuisce a farla chiudere ancor di più in se stessa. Per qualche tempo neppure gli amici più fedeli possono nulla contro il muro impenetrabile di silenzio che si è costruita intorno. Pian piano ritrova se stessa, insieme alla consapevolezza che non ce la fa più a reggere gli obblighi di un mondo falso e artificiale come quello dello spettacolo.
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