05 febbraio, 2024

5 febbraio 1924 - Lil Hardin diventa Lil Armstrong

Il 5 febbraio del 1924 la pianista, cantante e compositrice Lilian Hardin sposa Louis Armstrong e cambia il suo nome d'arte da Lil Hardin a Lil Armstrong. È nata a Memphis, nel Tennessee, il 3 febbraio 1902 (o 1903 per alcune biografie). Proveniente da una famiglia della buona borghesia di Memphis, studia il piano e la musica classica. Proprio la sua cultura musicale favorirà la maturazione artistica di Louis Armstrong. La sua carriera inizia molto prima di conoscere il trombettista. Già nel 1918 si esibisce con Freddie Keppard e nel 1922 entra a far parte della Creole Jazz Band di King Oliver. Proprio qui incontra Louis Armstrong, con il quale Lil sviluppa una collaborazione importante i cui frutti sono percepibili soprattutto nelle prime sedute di incisione degli Hot Five. Nel 1925 forma un suo gruppo autonomo, i Lil's Dreamland Syncopators, nel quale suona a volte anche Armstrong. Nel 1932 il matrimonio tra Lil e Louis va in frantumi. Dopo la separazione Lil va a New York e suona in vari club sia come solista di pianoforte che con personaggi di spicco del jazz tradizionale come Henry Allen e Zutty Singleton. Accompagna anche il cantante di blues Lonnie Johnson. Nel 1952 si trasferisce a Parigi dove resta per alcuni anni. Dopo la morte di Louis, che avviene il 6 luglio del 1971 chiede e ottiene di partecipare al Tribute to Louis Armstrong" che si svolge al Civic Center Plaza. Proprio al termine dell'esibizione viene colta da un collasso e muore poco dopo. È il 27 luglio 1971 e dalla morte di Louis son passati soltanto ventun giorni.

04 febbraio, 2024

4 febbraio 1984 – Peter Garrett dei Midnight Oil candidato per il disarmo

Il 4 ottobre 1984 Peter Garrett, il cantante del gruppo australiano dei Midnight Oil, annuncia l’intenzione di candidarsi al Senato del suo paese per il neocostituito Australian Disarmement Party. La notizia fa scalpore perché la band è popolarissima in tutto il mondo dopo il successo del brano 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, ma non stupisce chi ne conosce la storia. I Midnight Oil sono, infatti, il gruppo più impegnato sul piano civile e sociale del rock australiano. Formatisi nel 1975 a Sydney, inizialmente con il nome di Farm, fin dall’inizio della loro carriera si caratterizzano per la resistenza opposta alle lusinghe e alle manipolazioni dello show-business. Decisi a rifiutare qualunque tipo di condizionamento creano una propria struttura alternativa di produzione che diventa il punto di riferimento per molte band australiane degli anni Ottanta. Nonostante varie forme di censura attuate dai mezzi di comunicazione nei loro confronti per le critiche contro l'establishment e per il sostegno dato ai movimenti antinucleari e pacifisti, i Midnight Oil riescono a conquistare un pubblico sempre più vasto nel loro paese con iniziative come il tour “Black fella white fella” in difesa degli aborigeni australiani. Nei primi anni Ottanta il loro successo diventa internazionale grazie al già citato 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1. Qualche tempo prima dell’annuncio della sua candidatura, Peter Garrett, interpellato sul legame che c’è tra il suo impegno politico e le canzoni della band così risponde: «Quel che vorrei fosse chiaro è che non abbiamo intenzione di trasformare i concerti in comizi: il nostro primo scopo è quello di far divertire i ragazzi. In Australia, però, abbiamo bisogno anche di qualcosa di diverso. Siamo una comunità relativamente piccola e isolata, ci sono poche idee che circolano e questo è un male. Ecco, noi cerchiamo di fare circolare un po’ di idee sfruttando la nostra popolarità utilizzando per comunicare il linguaggio del rock». La sua avventura elettorale si concluderà con un “bottino” di duecentomila voti di preferenza. Non verrà eletto ma non modificherà il proprio atteggiamento. Nel 1993, dopo la catastrofe ecologica provocata dalla petroliera Exxon sulle coste nordamericane i Midnight Oil terranno un concerto all'aperto nel centro di Manhattan per protestare contro i rischi connessi a uno sfruttamento non equilibrato delle risorse.


03 febbraio, 2024

3 febbraio 1920 - Chico Alfred Alvarez, la tromba del progressive di Kenton

Il 3 febbraio 1920 a Montreal, in Canada nasce il trombettista "Chico" Alfred Alvarez. Cresciuto alla scuola musicale di Los Angeles, vive il suo suo momento di gloria nel decennio dal 1941 al 1951 quando entra a far parte dell'orchestra di Stan Kenton mettendosi in evidenza come solista. La sua tromba ha un ruolo rilevante nel gruppo di Kenton che in quell'epoca vive il trapasso dallo swing al progressive jazz. La nuova esperienza consente ad Alvarez di evidenziare la propria versatilità, che bene si adatta alle esigenze della creatività kentoniana. Chiusa l'esperienza con Kenton suona in altre orchestre, in particolare con quelle di Charlie Barnet e Red Norvo e negli anni Ottanta si orienta verso la musica latino-americana. Muore il 1° agosto 1992.




02 febbraio, 2024

2 febbraio 1953 - Il primo disco di Gilbert Bécaud

Il 2 febbraio 1953 viene registrato il primo disco firmato da Gilbert Bécaud. Lo stesso giorno nasce sua figlia Gaya. Le due canzoni sono Mes mains con il testo di Delanoë e Les Croix firmato Amade.. È l'inizio di un'avventura destinata a durare a lungo. Vestito sempre di blu con la cravatta a pois, che si dice non cambi mai per scaramanzia, diventa uno dei primi idoli giovanili della storia della musica mondiale. Il 17 febbraio 1955 una sua esibizione all'Olympia verrà "festeggiata" da quattromila fans urlanti che distruggono letteralmente una parte della platea. L'episodio, più, che la notevole potenza della sua voce, gli varrà per sempre l'appellativo di "Monsieur 100.000 volts". All'inizio degli anni Sessanta arriverà anche la consacrazione internazionale con Et maintenant, il suo brano più famoso scritto su un testo di Pierre Delanoë, che conoscerà oltre centocinquanta versioni diverse in quasi tutte le lingue del mondo.




01 febbraio, 2024

1° febbraio 1968 - Elvis diventa padre mentre il suo mito scricchiola

Il 1° febbraio del 1968 nasce Lisa Marie Presley. La bimba apre gli occhi sul mondo a nove mesi esatti dal matrimonio di Elvis e Priscilla. La notizia fa il giro del mondo e sembra che non meno di diecimila telefonate da ogni parte del globo siano giunte al centralino della clinica. La nascita della bimba è utile per dare nuovo smalto alla popolarità di Elvis che, dopo l'avvento dei Beatles e del nuovo rock, soprattutto negli Stati Uniti si sta lentamente spegnendo. I suoi primi fans sono ormai genitori come lui mentre i ragazzi lo snobbano e lo considerano un rottame del decennio precedente da relegare nel passato. Lui fatica a trovare la sua dimensione. Anche i nuovi film si rivelano fallimenti commerciali, e si dice che nei primi giorni del 1968 Presley passeggi per il Sunset Boulevard, a Los Angeles, senza essere riconosciuto dai passanti, quando solo pochi anni prima sarebbe stata necessaria la polizia per proteggerlo dai fans. A cambiare la situazione arriva l'annuncio di un nuovo special televisivo, in preparazione per la rete NBC. In quel momento è chiaro a tutti che il "Re" non ha ancora abdicato. Lo show, subito ribattezzato "The '68 comeback" (il grande ritorno del'68), si trasformerà nel momento della verità, nel punto cruciale di tutta la carriera di Elvis Presley.




31 gennaio, 2024

31 gennaio 1955 - Muore Buck e Bubbles resta solo

Il 31 gennaio 1955 muore a New York il pianista, cantante e ballerino Buck Washington. Nato a Louisville, in Kentucky, il 16 ottobre 1903 in realtà si chiama Fard Lee Washington. Il suo nome d'arte è divenuto famoso sulla scena musicale insieme a quello di John W. Bubbles, con il quale ha formato il duo vocale Buck & Bubbles. Il sodalizio con Bubbles inizia nel 1917, quando il duo debutta con successo nei teatri di Louisville e dura fino alla fine degli anni Quaranta. Durante questo periodo Buck &Bubbles tengono concerti in tutte le maggiori città degli Stati Uniti, effettuano varie tournée in giro per il mondo, due delle quali toccano anche l'Europa, e pubblicano diversi dischi per la Columbia. Fuori dal duo Buck Washington non rinuncia alla sua attività di pianista e suona con Louis Armstrong, Bessie Smith e Coleman Hawkins. Il duo Buck & Bubbles appare anche in vari film come "Due cuori nel cielo" di Vincent Minnelli e "Venere e il professore" di Howard Hawks Sciolto il sodalizio con John Bubbles, Buck continua poi  a esibirsi come pianista sia da solista che con vari gruppi.

30 gennaio, 2024

30 gennaio 1969 – Ehi, ci sono i Beatles sul tetto!

Il 30 gennaio 1969 John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr con il tastierista aggiunto Billy Preston, saliti sul tetto dell'edificio che ospita gli uffici di ciò che rimane della Apple, iniziano a suonare all’aria aperta davanti a un pubblico composto dagli impiegati della loro etichetta e da nugoli di incuriositi passanti a faccia in su. Tra i brani che vengono eseguiti c’è anche Get back, una canzone che nella sua stesura originale attacca duramente le proposte di legge britanniche contro l’immigrazione il cui testo viene successivamente "ammorbidito". «Ci sono i Beatles sul tetto!» La voce corre di quartiere in quartiere e in breve tempo la folla a naso in su aumenta considerevolmente di numero. Tutti hanno la sensazione di assistere a un avvenimento storico, perché sono anni che il gruppo non si esibisce più dal vivo. L’unico a non sopportare quello che lui considera un “baccano infernale” è il capocontabile della vicina sede della Royal Bank of Scotland, un certo Stephen King, che, infastidito dal rumore, chiama la polizia. Dopo qualche minuto arrivano gli agenti che, tra i lazzi e i fischi del pubblico, salgono sul tetto del palazzo e obbligano i Beatles a smettere. Nessuno ancora lo sa ma è l’ultima esibizione dei Beatles in pubblico. Dall’inizio all’interruzione forzata è durata quarantadue minuti. La storia della band dei quattro ragazzi di Liverpool è vicina alla sua conclusione ufficiale che verrà sancita l’anno dopo dall’annuncio ufficiale dello scioglimento con relativi strascichi giudiziari.



29 gennaio, 2024

29 gennaio 1966 - Traditi i “capelloni” a Sanremo

Il Festival di Sanremo del 1966 sembra colto da un impeto giovanilistico e “apre” al beat. Per la prima volta il programma della rassegna comprende la musica dei ‘capelloni’ che tanto piace ai giovani. Il cast è di tutto rispetto e va dall’aggressivo (allora) soulman Lucio Dalla, agli Yardbirds di Keith Relf e Jeff Beck, all’Equipe 84, ai Renegades, agli Hollies, ai Ribelli, allo “scandaloso” P.J. Proby, censurato in Gran Bretagna per l’abitudine di sbottonarsi i pantaloni durante i bis. Sembra che davvero la rassegna sanremese si sia aperta alle novità. Non è così. Tra il 28 e il 29 gennaio si consuma quello che i magazine giovanili dell’epoca chiameranno «un massacro a tradimento dei nostri idoli». Problemi tecnici, canzoni inadatte, accoppiamenti incredibili (P.J. Proby è in coppia con il tenore Giuseppe di Stefano!) e un generale fastidio dell’ambiente festivaliero nei confronti degli ‘invasori’ portano alla immediata eliminazione di tutti gli esponenti delle nuove tendenze giovanili, con l’eccezione di Caterina Caselli e dei Ribelli. Lo stesso Celentano, con la straordinaria Il ragazzo della via Gluck viene buttato fuori dopo la prima serata. Tra il Festival di Sanremo e le nuove generazioni si apre un conflitto destinato a durare nel tempo.

28 gennaio, 2024

28 gennaio 1921 - Con "Sur un air de shimmy" Georgius diventa una star

Il 28 gennaio 1921 sul palcoscenico de l’Européen Georgius presenta per la prima volta al pubblico il brano Sur un air de shimmy, destinato a diventare l’anno dopo il suo primo successo su disco. Alla metà degli anni Venti è al culmine della popolarità e il suo nome viene inserito nella ristretta rosa degli chansonniers di maggior successo. A differenza di quanto accade ad altri protagonisti di quel periodo la cui popolarità è immensa nella capitale ma scarsa nel resto del territorio francese, Georgius ottiene consensi in tutta la Francia. Non esiste città in cui i suoi concerti e, soprattutto, le sue riviste non siano letteralmente prese d’assalto dal pubblico entusiasta. In qualche caso, come all’Alcazar di Marsiglia dove le persone che non riescono a entrare provocano tumulti, si rende necessaria l’aggiunta di alcune repliche a quelle già previste dal programma. La gente canta in coro le sua canzoni, soprattutto Plus bath des javas, un brano che si prende gioco della Java, il ballo di moda di quegli anni. Nel 1926 la sua compagnia cambia nome e Les Joyeux Compagnons diventano Le Théâtre Chantant. Dietro il cambiamento c’è anche una novità nell’impostazione perchè Georgius sostituisce all’impianto del teatro di rivista tradizionale uno spettacolo basato su una serie di canzoni sceneggiate. Nel 1929 il suo spettacolo “Allô, ici Paris...” scandalizza il pubblico borghese del Moulin Rouge che si sente bersagliato dalla sua vena satirica e reagisce con freddezza. Lui non se ne cura. Due settimane più tardi viene portato in trionfo dagli spettatori che affollano all’inverosimile il cabaret Aux Buffes du Nord.



27 gennaio, 2024

27 gennaio 1980 – Jimmy Crawford, il batterista dello swing

Il 27 gennaio 1980 muore a New York il settantenne Jimmy Crawford, all’anagrafe James Strickland, batterista fra i più potenti e precisi, adatto come pochi a sostenere lo swing delle grandi orchestre nere degli anni Trenta. Nato a Memphis nel Tennessee trascorre gran parte della sua carriera nella big band di Jimmy Lunceford, una delle più famose del periodo dello swing. È proprio Lunceford a intuire le sue capacità quando, diciannovenne, è ancora studente. Lo convince a la sciare tutto e a seguirlo nella sua avventura. Crawford ripaga la fiducia del suo scopritore con gli interessi restando con lui per quattordici anni filati, fino al 1943 partecipando alla registrazione di tutti i successi anche discografici dell’orchestra, da Harlem shout a Baby wont’ you please come home. La sua prima fonte d'ispirazione stilistica sono i batteristi di New Orleans, anche se filtrati attraverso la lezione di due maestri come Sidney Catlett e Chick Webb. Progressivamente, però, il ragazzo si libera dalle varie influenze ed elabora uno stile proprio, vigoroso ed energico, capace di emergere per il suo swing in un'orchestra come quella di Lunceford, ricca di strumentisti di valore. Quando lascia il suo scopritore è ormai considerato una stella di prima grandezza nell'universo dei batteristi jazz. Sono molti i direttori d'orchestra che vorrebbero inserirlo stabilmente nel proprio organico, ma lui preferisce non legarsi più per tanto tempo. Nel dopoguerra si diverte a vagabondare tra vari gruppi senza dimenticare qualche orchestra sopravvissuta alla fine delle big band come quella di Lionel Hampton. La sua non è una scelta esistenziale, ma professionale. Lo stimola l'idea di prestare la sua batteria a personalità molto diverse tra loro, alla quali regala la sua genialità tecnica, ma dai quali assimila nuovo spunti di crescita artistica. Il quel periodo dà il suo apporto ai gruppi di quasi tutti i leader più importanti della scuola post-swing. Tra le tante sono da ricordare le sue collaborazioni con Edmund Hall, Illinois Jacquet e, soprattutto, Milton Mezzrow, con il quale registra una memorabile session discografica che comprende fra gli altri brani come Hot Club stomp e Blues in disguise, destinati a diventare due classici della storia del jazz. Gli acciacchi e qualche incomprensione con l'ambiente ne condizionano la carriera negli anni Settanta, iniziati con la partecipazione al film "L’aventure du jazz", e quando la morte lo coglie non suona quasi più.


26 gennaio, 2024

26 gennaio 1962 - Muore Lucky Luciano

Il 26 gennaio 1962 muore d’infarto a Napoli, all’aeroporto di Capodichino, Salvatore Lucania, più conosciuto con il nome di Lucky Luciano, considerato l’ideatore della moderna struttura delle cosche mafiose. Espulso dagli Stati Uniti viveva da tempo in Italia. Il boss, provato dalla morte per cancro della sua compagna Igea Lissoni, si trovava all’aeroporto di Napoli per incontrare un produttore cinematografico, interessato a girare un film sulla sua vita. Il suo corpo viene seppellito al Saint John's Cemetery di Queens.

25 gennaio, 2024

25 gennaio 1958 - Napoli piange Gennaro Pasquariello

Il 25 gennaio 1958 muore Gennaro Pasquariello. Considerato uno dei più grandi interpreti della canzone napoletana è nato nel capoluogo partenopeo l'8 settembre 1869. A tredici anni canta già in un teatrino della sua città. Oggetto di una passione popolare al limite del fanatismo, negli anni Venti e Trenta si esibisce in tutti i principali locali d’Europa di fronte a folle di ammiratori entusiasti. Quando è all'apice del suo successo per lui scrivono tutti i più grandi autori della canzone napoletana. Nel 1950 decide di lasciare le scene è dà un ultimo, affollatissimo, concerto d’addio durante la festa di Piedigrotta. Memorabili restano le sue interpretazioni di Marechiare, Rundinella, E dduie paravise, N’accordo in fa, Era una bambola, 'O surdato 'nnammurato, Mandulinata a mare, Teresina, Funtana all’ombra e Indifferenza.
Dopo aver dilapidato le ingenti fortune accumulate nella sua carriera muore a Napoli il  25 gennaio 1958.

24 gennaio, 2024

24 gennaio 1962 - Il film simbolo della “nouvelle vague”

Il 24 gennaio 1962 viene presentato in prima mondiale “Jules et Jim”, un film diretto da François Truffaut e interpretato da Jeanne Moreau destinato a diventare uno dei manifesti della “Nouvelle Vague” e un simbolo dell’emancipazione e della ribellione femminile dell’epoca. Tratto dall'omonimo romanzo di Henri-Pierre Roché, racconta la storia di un “rapporto a tre” tra una donna e due uomini all’epoca considerato scandaloso. Jeanne Moreau, interprete di una donna che si permette di governare senza troppi problema una relazione così scabrosa diventa un mito e la scena in cui canta la canzone Le tourbillon entra nella storia del cinema e del costume.






23 gennaio, 2024

23 gennaio 1910 - Django Reinhardt, l'uomo che ha liberato il jazz

Il 23 gennaio 1910 nasce Django Reinhardt, destinato a cambiare la prospettiva del jazz europeo liberandolo dalle simmetriche ripetizioni delle esperienze statunitensi. Tutto inizia nei pressi di Liverchies, un piccolo borgo nelle vicinanze della città di Charleroi, in Belgio. Qui in un carrozzone di un gruppo di nomadi del nord, commedianti e musicisti vagabondi, vede la luce un bambino. Sua madre si chiama Laurence Reinhardt ed è un'acrobata dalla pelle così scura che nell’ambiente viene chiamata “la negra”. Il padre si chiama Jean Vées, anche lui è un acrobata ma alterna le acrobazie all'intrattenimento musicale degli spettatori con il violino e la chitarra. Ricco di charme sa come conquistare il pubblico, soprattutto quello di sesso femminile. Laurence accetta il figlio ma non vuole saperne d’unirsi al padre in modo definitivo. Quasi come a trovare una mediazione al figlio si dà il nome del padre e il cognome della madre. Viene così registrato all’anagrafe come Reinhardt Jean anche il nome prestatogli dal padre verrà rapidamente dimenticato e sostituito da quello di Django. I primi anni di vita li passa vagabondando al seguito della madre, impegnata a tenere se stessa e suo figlio fuori dai rischi di una comunità “civile” che nel frattempo ha trovato modo di scannarsi in quella che verrà chiamata la Prima Guerra Mondiale. Dopo aver girato Italia, Corsica e soprattutto Africa del Nord, nel 1918, quando la follia bellica sembra essere finita, la roulotte di Laurence Reinhardt torna a Parigi e si ferma in una zona che all’epoca si chiama la “barriera di Choisy”. Django ha otto anni e alla scuola preferisce i vagabondaggi in compagnia dei monelli del posto. Non imparerà mai né a leggere né a scrivere e solo in tarda età si aggiusterà a “firmare” i documenti con uno scarabocchio in stampatello. In compenso è un talento con la musica. A dodici anni suona da dio la chitarra e il banjo e a partire dal 1913 “lavora” nelle balere con alcuni dei più importanti fisarmonicisti dell’epoca. Ormai popolarissimo tra gli abitatori della notte parigina nel 1928 all’Abbaye de Thélème, un locale in Place Pigalle, ascolta per la prima volta dall'orchestra di Billy Arnold i nuovi ritmi che arrivano dall’altra parte dell’oceano e ne resta affascinato. Il 2 novembre di quello stesso anno la sua roulotte prende fuoco ed egli, intrappolato per qualche minuto tra le fiamme, rimane gravemente ustionato a una gamba e alla mano sinistra. Incurante del rischio di cancrena rifiuta l’amputazione. La sua fibra lo aiuta a guarire ma la sua vita sembra destinata a cambiare per sempre visto che perde l’uso di mignolo e anulare della mano sinistra, atrofizzati. Lui però non s’arrende e già nella lunga convalescenza mette a punto una tecnica che gli consente di suonare soltanto con due dita rivoluzionando la stessa storia dello strumento. Poco tempo dopo viene ingaggiato da Stephen Mougin, uno dei primi jazzisti francesi, che lo ingaggia nella sua orchestra e lo inizia ai misteri della “nuova musica americana”. È l’inizio di una straordinaria carriera che ha la sua prima tappa nella nascita del Quintette du Hot Club de France, una formazione nata quasi per caso da un gruppo di musicisti dell'orchestra di Louis Vola all'Hotel Claridge. Durante le pause Django Reinhardt e il violinista Stéphane Grappelli insieme all’altro chitarrista Roger Chaput e al contrabbasso dello stesso Louis Vola, improvvisano dei motivi jazz in un locale abituato a una musica commerciale e compassata. Le esibizioni non sfuggono a Pierre Nourry, uno dei principali animatori dell'Hot Club di France, cui viene l'idea di costituire un gruppo di strumenti a corda imperniato sul talento di Django e con l’aggiunta di un terzo chitarrista. Dal Quintette du Hot Club de France in poi la chitarra zingara di Reinhardt frantuma progressivamente ogni tipo di convenzione contribuendo a liberare il jazz europeo dalle regole antiche figlie di una evidente sudditanza nei confronti degli Stati Uniti. La sua musica è difficile da catalogare. È stata definita in vari modi: “jazz manouche”, “jazz tzigano”, “jazz gitano” e molti altri. Il critico francese Michel-Claude Jalard l’ha definita «...un universo a sé, nel quale si ritrovano tutti gli elementi propri per soddisfare gli amanti del jazz, ma anche "il grande pubblico", sensibile al carattere decorativo delle sue improvvisazioni, affascinato dalle sue lunghe note vibranti, dalla sua sensibilità, dal suo dinamismo...». All’epoca dei suo grandi successi non mancano i detrattori come il critico André Hodeir, per il quale quello di Django non è jazz, ma solo un “incidente pittoresco”. Ha torto. La rivoluzione musicale di Reinhardt cambia il destino stesso del jazz europeo. Se in America è stata strumento di riscatto dei neri privati dei diritti civili e trattati alla stregua di bestie da soma, nel vecchio continente con la chitarra e la genialità di Django diventa espressione di un altro popolo emarginato e invisibile come quello degli zingari trovando nuovi spazi, nuovi colori e soprattutto aprendosi a evoluzioni inaspettate. Il primo a capirlo è Eric Hobsbawm che nel 1959 scrive «è significativo che Reinhardt sia finora il solo europeo che abbia conquistato un posto nell’Olimpo del jazz... ed è significativo che si tratti di uno zingaro».

22 gennaio, 2024

22 gennaio 1908 - Alfredo Jandoli, il meccanico con la passione per il canto

Il 22 gennaio 1908 nasce a Napoli il cantante Alfredo Jandoli. Il suo vero nome è Alfredo De Nicola e fin da ragazzo coltiva la musica come una passione cui dedicarsi nel tempo libero. Fa il meccanico ma appena può corre a cantare ovunque lo chiamino. Proprio in una di queste esibizioni viene notato nel 1935 in un locale di Posillipo dal maestro Riccardo Conforti che lo invita a partecipare a un’audizione alla radio. Superato con successo l'esame, dopo un periodo di corsi destinato ad affinare le sue qualità nel 1938 entra a far parte dell’orchestra di Saverio Seracini. Nel 1939 canta con l’orchestra di Arturo Strappini. Dopo aver formato, nel 1941, il Sestetto Jandoli, ottiene un buon successo anche nel teatro di rivista in compagnie prestigiose come quelle di Totò, Nino Taranto, Aldo Fabrizi e Renato Rascel. Alla fine degli anni Quaranta è uno dei cantanti di punta della formazione di Giuseppe Anepeta ai microfoni di Radio Napoli. La sua voce viene utilizzata anche dal cinema per le colonne sonore di film come "Il voto" e "Simmo 'e Napule paisà".

21 gennaio, 2024

21 gennaio 1941 – Richie Havens, un folk singer dalla pelle nera

Il 21 gennaio 1941 nasce a Brooklyn Richie Havens, considerato uno dei migliori folk singer del periodo a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta. Figlio di un pianista del ghetto nero di New York, ultimo di nove fratelli impara ben presto le regole della sopravvivenza e per aiutare la famiglia inizia a cantare in pubblico quando ha da poco compiuto i sei anni. A quattordici forma un gruppo gospel, i McCrea Gospel Singers, insieme ai quali comincia ad allargare i suoi orizzonti al di fuori dei vicoli e dei locali della zona in cui è vissuto fino in quel momento. Chiusa la parentesi gospel, non ancora diciassettenne, saluta famiglia e amici e se ne va. Non lascia la musica, ma si adatta a qualunque lavoro pur di sopravvivere: il ritrattista per turisti nel Greenwich Village, il fattorino della Western Union e l'operaio. Nei primi anni Sessanta inizia a frequentare i circoli folk del Greenwich Village e resta affascinato dalla lezione politica e musicale dei vecchi folk singer bianchi come l’onnipresente Pete Seeger. Da quel momento la sua storia artistica si lega con quella degli emergenti profeti della nuova canzone di protesta. Nella sua voce calda e profonda, arricchita dall’emotività interpretativa di derivazione gospel, sembrano saldarsi le tradizioni musicali bianche e quelle nere. Nel 1968 è tra i protagonisti del commosso tributo alla memoria di Woody Guthrie che si svolge alla Carnegie Hall di New York e l’anno dopo entra nella leggenda aprendo con la sua Freedom il Festival di Woodstock. Gli anni Settanta lo vedono ancora sulla cresta dell’onda con una serie di album di qualità e con canzoni come l’indimenticabile Going back to my roots o la curiosa versione della beatlesiana Here comes the sun. Parallelamente all’attività discografica e concertistica sperimenta altre forme espressive, dedicandosi in particolare al teatro. Nel 1972 partecipa alla messa in scena sui palcoscenici statunitensi dell’opera rock Tommy e due anni dopo indossa i panni d’Otello nel musical Catch my soul. Con l’arrivo degli anni Ottanta inizia la sua parabola discendente anche se non sparirà mai del tutto dalla scena. Pubblica qualche album e spesso si ritrova a dare una mano in sala di registrazione ai suoi vecchi compagni del Greenwich Village, in particolare a Bob Dylan, ma gli anni d’oro e gli ideali di rivolta sono ormai lontani. Muore a Jersey City il 22 aprile 2013.


20 gennaio, 2024

20 gennaio 1965 – Alan Freed, il d.j. che combatteva la segregazione

Il 20 gennaio 1965 a Palm Springs, negli Stati Uniti, prima d'aver compiuto quarantaquattro anni, disoccupato, alcolizzato e distrutto moralmente, muore d'uremia Alan Freed, il disk jockey che ha fatto conoscere agli statunitensi e al mondo la musica nera contribuendo alla diffusione del rock and roll. Mentre la musica nera piange la scomparsa di un amico, gli ambienti più conservatori degli Stati Uniti lo ricordano come un truffatore da quattro soldi. Non dimenticano le sue feste contro la segregazione razziale, né la carica eversiva dei suoi spettacoli e non gli perdonano di aver difeso personaggi discussi come Jerry Lee Lewis. Nel 1951, quando ancora negli Stati Uniti ci sono due classifiche di vendita diverse, una riservata al pubblico nero e l'altra a quello bianco, lui inventa un programma radiofonico intitolato "Moondog's rock'n'roll party" che diventa un veicolo per far uscire la musica nera dal ghetto. Inizia così quella che negli anni successivi verrà chiamata la "rivoluzione del rock and roll". Suo malgrado assurge al ruolo di protagonista con migliaia di fans club a lui intitolati. Bersagliato da ricorrenti campagne di stampa comincia ad avere i primi guai con la giustizia. Il 3 maggio 1958 nell'arena di Boston, di fronte a migliaia di giovani in attesa di Jerry Lee Lewis, per protestare contro l'atteggiamento intollerante della polizia prende il microfono e con calma gelida annuncia: «Ragazzi, la polizia di Boston non vuole che vi divertiate». Dopo una notte di scontri il rock and roll viene bandito a Boston, nel Maine, nel Connecticut e nel New Jersey. Da quel momento la sua vita è sottoposta a un controllo spietato da parte dell'FBI. Nel 1963 viene accusato di aver accettato denaro dalle case discografiche per spingere alcuni dischi. Quando la WABC, l'emittente radiofonica per cui lavora, gli chiede di firmare una smentita ufficiale lui rifiuta. Sostiene che sarebbe ipocrita perché tutto il sistema radiotelevisivo si regge sui contributi delle case discografiche e si dice invece disponibile a firmare una dichiarazione dalla quale risulti che non ha mai promosso un artista in cui non credesse. La WABC lo licenzia. Contro di lui si scatena una campagna implacabile accompagnata da una procedura di accertamento fiscale su tutta la sua carriera. Gli adulatori scappano spaventati e Freed resta solo. È la rovina. Nel 1978 sulle vicende della sua vita verrà realizzato il film “American hot wax” di Floyd Mutrux

19 gennaio, 2024

19 gennaio 1951 - Mouloudji entra per la prima volta in sala di registrazione

Il 19 gennaio 1951, nell'anno in cui compie ventotto anni, lo chansonnier Mouloudjii entra per la prima volta in uno studio d’incisione accompagnato dall’instabile ensemble di Philippe-Gérard. In quel giorno vengono registrati brani destinati a una lunga vita come Rue de lappe, Si tu t’imagines e Barbara. Il primo a capire le potenzialità di Mouloudji è quel geniaccio della scena parigina che risponde al nome di Jacques Canetti, già direttore della scalcinata Radio Cité, scopritore di talenti e condottiero indiscusso del cabaret Les Trois Baudets, che lo scrittura e lo accompagna verso il successo. È proprio Canetti a convincerlo a registrare il brano Comme un p’tit coquelicot con il quale vince il Grand Prix de Disque nel 1953. Nonostante il successo Mouloudji non abbandona l’impegno politico e, in quegli anni che vedono i francesi impantanati nella guerra d’Indocina, mette le sue canzoni e la sua voce al servizio della causa antimilitarista. Nel 1954 incide Le déserteur, la canzone di Boris Vian ancora oggi considerata tra i brani più vivi del movimento contro ogni guerra. Lui la canta sul palco del Theatre de l’Oeuvre proprio il giorno in cui la guerra dell’Indocina si conclude con la sconfitta francese a Dien Bien Phu provocando uno scandalo. Censurata e messa al bando dalle radio allineate con il governo riesce comunque a essere diffusa dalle antenne di Europe 1. Da quel momento il suo nome resta per sempre legato a questo brano sia per chi lo seguirà con simpatia e passione nella sua carriera che per il potere politico e per l’industria discografica che non perderanno occasione per censurarlo ed emarginarlo.

18 gennaio, 2024

18 gennaio 1926 - Italia Vaniglio, una voce da swing

Il 18 gennaio 1926 a Pola, oggi in Croazia, nasce la cantante Italia Vaniglio, registrata all'anagrafe con il nome di Itala Vaniglio. È soltanto quattordicenne quando fa il suo debutto nell'avanspettacolo e nel 1942, a soli sedici anni, diventa popolarissima con l'orchestra di Alberto Semprini interpretando canzoni come L'usignolo triste e Nebbia. Interprete swing di grande talento dopo la fine del secondo conflitto mondiale e la Liberazione riprende a cantare con il Trio Gambarelli dai microfoni di Radio Tricolore. Il suo repertorio è prevalentemente impostato su canzoni jazzistiche e swingate. Ha anche l'occasione di esibirsi con l'orchestra del grande Duke Ellington in una sua fortunata tourneè italiana. Nei primi anni Cinquanta pubblica con l'orchestra del Maestro Piero Rizza brani divertenti come Ho un sassolino nella scarpa e Mamma voglio anch'io un fidanzato. Nel 1953 interrompe l'attività per sposare l'attore Febo Conti ma successivamente ritorna a cantare con musicisti illustri come il chitarrista Franco Cerri o i jazzisti Glauco Masetti e Romano Mussolini.

17 gennaio, 2024

17 gennaio 1937 - Ted Dunbar, un chitarrista senza paraocchi

Il 17 gennaio 1937 nasce a Port Arthur, in Texas, il chitarrista e compositore Ted Dunbar. Il suo vero nome è quello di Earl Theodore Dunbar e ha avuto una grande importanza nella storia del jazz non soltanto perchè ha fatto parte dei gruppi più significativi del be-bop, ma per la sua capacità di non farsi ingabbiare dalle mode e dai generi. Tra il 1955 e il 1959, dopo un periodo passato tra gruppi di strada e da ballo suona nelle jazzband della Texas Southern University. In quegli anni oltre alla chitarra si sperimenta in altri strumenti come la tromba e il trombone a pistoni. Negli stessi anni ha l'occasione di fare esperienza anche con le orchestre di Arnett Cobb, Don Wilkerson e Joe Turner. Nel 1959 termina l'università laureandosi in farmacia e contemporaneamente lavora sulle nuove teorie d'improvvisazione ipotizzate da George Russell con il suo trattato sul concetto cromatico Lidio di improvvisazione tonale. In questa avventura gli è compagno il trombonista David Baker. Tra il 1962 e il 1963, suona nel gruppo di Wes Montgomery e successivamente, tornato in Texas si esibisce con personaggi come Red Garland, Fathead Newman, Billy Harper e James Clay. Nel 1966 va a New York. Qui dà una prova della sua ecletticità suonando negli spettacoli di Broadway, allo Shakespeare Festival di New York, in concerti classici e iniziando anche a insegnare chitarra in vari seminari e nei laboratori del Jazzmobile e di Jazz Interaction. Tra il 1969 e il 1970 suona nel Ron Jefferson Choir poi se ne va per tre anni nell'orchestra di Gil Evans. Negli anni Settanta lavora con Sonny Rollins, Ron Carter, Billy Harper, Joe Newman, Roy Haynes, Frank Wess, Frank Foster, Richard Davis, i fratelli Heath e molti altri. Negli anni seguenti pubblica vari testi di teoria musicale e di metodo per chitarra. Muore il 29 maggio 1998.